Ponte Lupo

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca

Il ponte Lupo è un ponte di Roma costruito nel 144 a.C. situato nella tenuta San Giovanni in Campo Orazio, nel Comune di Roma.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Il ponte fu costruito nel 144 a.C. per portare l'Acqua Marcia a Roma[1], attraverso la Valle dell'Aniene ed è situato nella tenuta di San Giovanni in Campo Orazio di proprietà del Baliaggio Barberini dell'omonima famiglia e dove, secondo la leggenda, si sarebbe svolta la battaglia degli Orazi e Curiazi.[1][2] Era parte di un acquedotto romano costruito nel 144 a.C., che, lungo originariamente 91 km, portava acqua al Campidoglio, al Celio e all'Aventino.[1]

Lo studio della struttura[modifica | modifica wikitesto]

Nel progetto di mappatura degli acquedotti di Roma[3] il condotto idraulico Ponte Lupo venne ispezionato ed esplorato con tecniche speleologiche, nel corso del 2009. Accedendo dal centro del ponte attraverso un crollo, il canale in direzione Nord è occluso, mentre in direzione Sud è interamente percorribile.

Ancora oggi il canale è rivestito in opus signinum[4] e il fondo è mantenuto relativamente pulito, tranne qualche accumulo sporadico dovuto ai crolli.

Nella cultura di massa[modifica | modifica wikitesto]

Il ponte viene menzionato da Antonio Nibby in Analisi storico-topografico-antiquaria della carta de' Dintorni di Roma[5] e fu ritratto dal pittore Ettore Roesler Franz in un acquerello dal nome Tivoli Ponte Lupo – Poli 1898.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c Ponte Lupo, il frammento colossale dell’acquedotto restituito dal principe, in Corriere della Sera, 2 novembre 2014. URL consultato il 23 maggio 2019.
  2. ^ Ponte Lupo, su tibursuperbum.it. URL consultato il 23 maggio 2019.
  3. ^ Associazione Sotterranei di Roma - www.sotterraneidiroma.it
  4. ^ La malta impermeabilizzante
  5. ^ Nibby, pp. 33-34

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Antonio Nibby, Analisi storico-topografico-antiquaria della carta de' Dintorni di Roma, vol. 1, p. 33-34.