Necdet Kent

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İsmail Necdet Kent (Istanbul, 1º gennaio 1911[1]20 settembre 2002) è stato un diplomatico turco che ha affermato di aver rischiato la vita per salvare gli ebrei durante la seconda guerra mondiale. Mentre era viceconsole a Marsiglia tra il 1941 e il 1944, avrebbe consegnato documenti di cittadinanza a dozzine di ebrei turchi che vivevano in Francia per salvarli dalla deportazione nazista.

Queste affermazioni, pubblicate per la prima volta in un'appendice al libro di Stanford J. Shaw, Turkey and the Holocaust (1993),[2] non è stato possibile verificarle in modo indipendente; nessun ebreo superstite, o nessun loro discendente, ha confermato il racconto.[3] Marc David Baer e altri storici hanno documentato diverse incongruenze nella storia di Kent; Baer arriva a concludere che è un racconto "costruito" e Uğur Ümit Üngör lo ha definito una "completa costruzione".[4][5][6][7]

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Primi anni e istruzione[modifica | modifica wikitesto]

Necdet Kent è nato nel 1911 a Istanbul, si è diplomato al Liceo Galatasaray, come hanno fatto altri suoi colleghi del Ministero degli Esteri. Ha viaggiato negli Stati Uniti per i suoi studi universitari, conseguendo una laurea in diritto presso la New York University. È stato anche per breve tempo un calciatore professionista per la FC Hull.

Carriera[modifica | modifica wikitesto]

Tornato in Turchia, Kent entrò nel Ministero degli Affari Esteri nel 1937. Fu per la prima volta inviato come vice console ad Atene, in Grecia. Nel 1941 fu nominato vice console a Marsiglia, incarico che mantenne fino al 1944. Molti profughi si radunarono nel sud della Francia durante la guerra dove Marsiglia rappresentava un importante porto di imbarco.

Dopo la seconda guerra mondiale, Kent continuò la sua carriera nel servizio estero turco rivestendo la carica di console generale presso il Consolato Generale Turco a New York. È stato anche in tempi diversi ambasciatore turco per la Thailandia, l'India, la Svezia[8] e la Polonia.[9][10]

Necdet Kent si sposò ed ebbe un figlio:[9] Muhtar Kent, è stato presidente e CEO di The Coca-Cola Company da luglio 2008 a maggio 2017.

Rivendicazioni dei salvataggi[modifica | modifica wikitesto]

In un allegato al libro di Stanford J. Shaw, Turkey and the Holocaust (1993), furono pubblicate per la prima volta le affermazioni di Kent sul salvataggio degli ebrei durante l'Olocausto.[2]

Kent ha dichiarato che nel 1943 un assistente al consolato turco gli ha riferito che i tedeschi avevano appena caricato 80 ebrei turchi in vagoni bestiame, per il trasporto immediato verso la probabile morte in Germania. Kent in seguito ricordò:"Ancora oggi ricordo l'iscrizione sul carro: «Questo carro può essere caricato con 20 capi di bestiame e 500 chilogrammi di erba»".[9][11] Kent si avvicinò al comandante della Gestapo alla stazione e chiese che gli ebrei fossero rilasciati, poiché erano cittadini turchi e la Turchia era un paese neutrale. Il funzionario si rifiutò di farlo, dicendo che le persone non erano altro che ebrei.[11]

Secondo il suo stesso racconto, Kent e il suo assistente salirono rapidamente sul treno; l'ufficiale tedesco gli chiese di scendere, ma Kent rifiutò. Alla stazione successiva, gli ufficiali tedeschi salirono a bordo e si scusarono con Kent per non averlo fatto scendere a Marsiglia; un'auto lo attendeva per riportarlo in ufficio. Kent ha spiegato che l'errore è riferito agli 80 cittadini turchi caricati sul treno. "Come rappresentante di un governo che ha rifiutato tale trattamento per le credenze religiose, non potevo considerare di lasciarli lì", ha detto. Sorpresi dalla sua posizione intransigente, i tedeschi alla fine fecero scendere tutti dal treno.[9]

Kent ha anche affermato di aver contattato la comunità ebraica, rilasciando documenti di identità turchi a decine di ebrei turchi che vivevano nel sud della Francia, o a coloro che erano fuggiti e non erano in possesso di passaporti turchi validi.[9] Kent ha anche detto di essersi recato al quartier generale della Gestapo per protestare contro la denudazione degli uomini nelle strade di Marsiglia per determinare se fossero ebrei o meno in base alla circoncisione; Kent rimproverò il comandante tedesco e lo informò che la circoncisione non dimostrava necessariamente l'ebraicità di un individuo, poiché anche i musulmani sono circoncisi.[9]

Verifica delle attestazioni[modifica | modifica wikitesto]

Lo storico Marc David Baer nota diverse incongruenze nella storia di Kent, arrivando a concludere che è un racconto "costruito".[4] Lo storico Corry Guttstadt esamina le affermazioni fatte, concludendo che "l'azione eroica di Kent è semplicemente completamente infondata". Ha criticato i tentativi di utilizzare "un salvataggio immaginario degli ebrei come strumento pubblicitario".[12]

La Fondazione Internazionale Raoul Wallenberg ha studiato il ruolo dei diplomatici turchi durante l'Olocausto, riportando:

«ad oggi, non è stato possibile ricevere alcuna conferma indipendente e oggettiva da parte di terzi all'autotestimonianza del signor Necdet Kent, riguardo al suo essere salito a bordo di un treno di deportazione nazista e aver liberato un certo numero di ebrei turchi dalla deportazione o dalla morte. Nessun singolo sopravvissuto o discendente di sopravvissuti si è mai fatto avanti per verificare questo resoconto. Tutti i tentativi dell'IRWF di accedere agli archivi ufficiali turchi, utilizzati da Shaw, sono stati ignorati.[3][13]»

Kent non è stato riconosciuto come Giusto tra le Nazioni.[14]

Eredità e onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Nel 2001, Kent, Namık Kemal Yolga e Selahattin Ülkümen, anch'essi diplomatici turchi che avevano lavorato in Europa e salvato ebrei durante la seconda guerra mondiale, sono stati insigniti della Medaglia Suprema di Servizio della Turchia.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ in Turchia tutti avevano un anno di nascita ma non una data di nascita
  2. ^ a b Baer, p. 193.
  3. ^ a b Baer, p. 199.
  4. ^ a b Baer, p. 193–194.
  5. ^ (EN) I. Izzet Bahar, Turkey and the Rescue of European Jews, Routledge, 2014, p. 190, ISBN 978-1-317-62599-5.
  6. ^ (EN) Corry Guttstadt, Turkey, the Jews, and the Holocaust, Cambridge University Press, 2008, p. 220, ISBN 978-0-521-76991-4.
  7. ^ Uğur Ümit Üngör, Üngör on Burak Arliel, 'The Turkish Passport' | H-Genocide | H-Net, su networks.h-net.org. URL consultato il 25 dicembre 2020.
  8. ^ (TR) Büyükelçilik Tarihi ve Önceki Büyükelçilerimiz, su stokholm.be.mfa.gov.tr, T.C. Stokholm Büyükelçiliği. URL consultato il 4 aprile 2018.
  9. ^ a b c d e f "True courage of one who had to act: Necdet Kent, Turkish diplomat 1911-2002", The Daily Telegraph, London; reprinted on Sydney Morning Herald.com, 1 Oct 2002, accessed on September 25, 2008
  10. ^ (TR) Büyükelçilik Tarihi ve Önceki Büyükelçilerimiz, su varsova.be.mfa.gov.tr, T.C. Varşova Büyükelçiliği. URL consultato il 4 aprile 2018.
  11. ^ a b Etgar Lefkovits, "Necdet Kent: Le Consul turc qui a stoppé le train de la mort!" (The consul who halted the death train), su Bleublancture.net, 21 settembre 2000. URL consultato il 3 dicembre 2009 (archiviato dall'url originale il 20 dicembre 2006).
  12. ^ Film Review: Turkish Passport | Sephardic Horizons, su www.sephardichorizons.org. URL consultato il 14 gennaio 2021.
  13. ^ Turks saved Jews from Nazi Holocaust, in The International Raoul Wallenberg Foundation. URL consultato il 25 dicembre 2020.
  14. ^ Baer, p. 166.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Marc D. Baer, Sultanic Saviors and Tolerant Turks: Writing Ottoman Jewish History, Denying the Armenian Genocide, Indiana University Press, 2020, ISBN 978-0-253-04542-3.
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