Mito della nobile menzogna

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Il mito della nobile menzogna è presente nel III libro della Repubblica di Platone[1] e rientra nel progetto paideutico dell'autore riguardante la kallipoli, la "la città bella" immaginata da Socrate nel dialogo.

La menzogna artefice dello Stato ideale[modifica | modifica wikitesto]

Il mito della nobile menzogna (in greco γενναῖον ψεῦδος) si differenzia dagli altri perché il narratore (Socrate) pone come esplicita premessa che esso è falso, tant'è vero che, al termine dell'esposizione della menzogna, il suo interlocutore, Glaucone non può che dichiarare:

«Non a torto, esclamò, prima ti vergognavi a proferire questa menzogna!»

Ma se Socrate - che il suo allievo Platone ci ha sempre descritto come un campione della verità - mente dichiaratamente, c'è un motivo: nell'ottica dello Stato ideale, bisogna abituare i cittadini dello stesso a coltivare il legame di fratellanza e renderli più sensibili alla stretta connessione che sussiste tra loro e la patria. Non solo, è necessario che gli abitanti accettino la gerarchia dello Stato considerandola legittima non in quanto frutto acritico della tradizione, bensì in quanto direttamente legata alla natura.

È dunque questo il motivo per cui Socrate elabora una vera e propria bugia: rafforzare la coesione statale:

«Ma anche questo, dissi, potrebbe essere un buon sistema per indurli a curarsi maggiormente della città e dei rapporti reciproci»

La terra patria degli uomini[modifica | modifica wikitesto]

Il mito-menzogna narrato da Socrate prende le mosse dall'origine degli uomini. Essi hanno solo sognato – argomenta Socrate – di essere allevati ed educati da noi. In verità essi si trovavano nelle viscere della terra, la loro madre, dove furono creati insieme alle loro armi e al loro equipaggiamento. Quando poi furono pronti – continua il filosofo – la terra li portò alla luce e da quel momento il compito degli uomini è difendere la terra, loro vera patria, e di preoccuparsi dei concittadini, che sono come fratelli.[4]

Tuttavia, la gerarchia dello Stato non è immutabile, visto che

«[...] il dio, quando vi ha plasmato, nella generazione di quelli tra voi che sono capaci di esercitare il potere ha mescolato dell'oro, perciò sono i più pregevoli; in quella delle guardie, argento; ferro e bronzo nei contadini e negli altri artigiani. In quanto dunque siete tutti congeneri, per lo più genererete una discendenza simile a voi, tuttavia può accadere che dall'oro nasca prole d'argento e dall'argento d'oro, e così via secondo tutte le possibilità. Perciò a coloro che detengono il potere il dio ordina in primo luogo e soprattutto che di nulla siano così buoni guardiani e di nulla abbiano una cura più attenta come dei loro figli, per vedere quale di questi metalli sia mescolato nella loro anima; e se uno di essi presenta tracce di bronzo o di ferro, non se ne impietosiscano in alcun modo, ma concedendo alla sua natura la dignità che le spetta, lo respingano fra gli artigiani o fra i contadini, e se d'altra parte nascono fra costoro alcuni che presentino tracce d'oro e d'argento, rendano loro l'onore dovuto ed elevino gli uni al rango di difensori, gli altri a quello di guardie»

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Precisamente in Platone, La Repubblica, III 414 B - 415 D
  2. ^ Platone, La Repubblica, Grandi tascabili economici Newton, a cura di Enrico V. Maltese, trad. di Giovanni Caccia
  3. ^ Vedi nota 2
  4. ^ «Cercherò di convincere in primo luogo i governanti stessi e i soldati, poi anche il resto della città, che solo in sogno essi pensavano che gli fosse capitato di ricevere da noi tutto quell'allevamento e quell'educazione; ma che in verità durante quel tempo essi si trovavano giù nelle viscere della terra, dove venivano plasmati e allevati, loro e le loro armi, ed era fabbricato ogni altro equipaggiamento. E quando furono perfettamente approntati, la terra come una madre li mandò fuori, ed ora quindi essi devono esser risoluti a proteggere il suolo in cui vivono come se fosse una madre e una nutrice [...] e darsi pensiero degli altri cittadini come fratelli anch'essi nati dalla terra» (Franco Ferrari (a cura di), I miti di Platone, BUR, 2006, trad. di M. Vegetti, pag. 111)
  5. ^ Franco Ferrari (a cura di), I miti di Platone, BUR, 2006, trad. di M. Vegetti (La Repubblica), pag. 112

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • A. Ghibellini, La nobile menzogna in Platone, in Giornale di Metafisica, n. 26, 2004, pp. 301-332.
  • F. Calabi, La nobile menzogna, in M. Vegetti, Platone, Repubblica, vol. 2, Napoli, Bibliopolis, 1998. pp. 445-457
  • M. Broze, Mensonge et justice chez Platon, in Revue Internationale de Philosophie, n. 40, 1986, pp. 38-48.
  • R.W. Hall, On the myth of the metals in the «Republic», in Apeiron, n. 1, 1967, pp. 28-32.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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