Melrubio

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca

Melrubio, o Maelrubha (... – ...; fl. VII-VIII secolo), fu il fondatore e il primo abate del monastero di Applecross; il suo culto come santo fu confermato da papa Leone XIII nel 1898.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Secondo la tradizione, discendeva da Niall dei Nove Ostaggi, re supremo d'Irlanda: nato nel 642, abbracciò la vita monastica a Bangor e nel 671 partì come missionario per la Scozia orientale, dove fondò l'abbazia di Applecross.[1]

La sua opera ebbe una notevole influenza sulla diffusione del cristianesimo lungo la costa nord-occidentale e nelle zone settentrionali della Scozia.[1]

Si spense nel 722: secondo la tradizione irlandese morì per cause naturali; secondo la tradizione scozzese subì il martirio a Urquhart durante un'incursione dei pirati scandinavi.[1]

Il culto[modifica | modifica wikitesto]

Il suo culto era molto popolare nelle Highlands scozzesi. Ancora nel XVII secolo, ad Applecross venivano sacrificati tori in suo onore e sull'isola di Inch-Maree esisteva una fonte dedicata al santo la cui acqua veniva ritenuta miracolosa e utilizzata come rimedio per la pazzia.[2]

Mentre in Irlanda era commemorato il 21 aprile, in Scozia la sua festa era assegnata al 27 agosto, come attestato da breviario di Aberdeen: a causa del significato simile dei loro nomi (in gaelico Melrubio vuol dire "prete rosso"), infatti, il santo di Applecross era confuso con san Rufo.[2]

Il suo culto come santo fu confermato da papa Leone XIII con decreto dell'11 luglio 1898.[3]

Il suo elogio si legge nel martirologio romano al 21 aprile.[4]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c David McRoberts, BSS, vol. VIII (1966), col. 489.
  2. ^ a b David McRoberts, BSS, vol. VIII (1966), col. 490.
  3. ^ Index ac status causarum (1999), pp. 403 e 597.
  4. ^ Martirologio romano (2004), p. 344.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Il martirologio romano. Riformato a norma dei decreti del Concilio ecumenico Vaticano II e promulgato da papa Giovanni Paolo II, LEV, Città del Vaticano 2004.
  • Congregatio de Causis Sanctorum, Index ac status causarum, Città del Vaticano 1999.
  • Filippo Caraffa e Giuseppe Morelli (curr.), Bibliotheca Sanctorum (BSS), 12 voll., Istituto Giovanni XXIII nella Pontificia Università Lateranense, Roma 1961-1969.

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]