Madonna di Costantinopoli tra i santi Andrea e Stefano

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Madonna di Costantinopoli tra i santi Andrea e Stefano
AutoreLeonardo Castellano
Datasconosciuta
Tecnicaolio su tavola
Dimensioni275×217 cm
UbicazioneChiesa di Santa Maria delle Grazie, Massa Lubrense

Madonna di Costantinopoli tra i santi Andrea e Stefano è un dipinto a olio su tavola realizzato da Leonardo Castellano e custodito nella cappella omonima della chiesa di Santa Maria delle Grazie a Massa Lubrense.

Storia e descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Il dipinto venne realizzato nella seconda metà del XVI secolo, nello stesso periodo, o comunque poco dopo, della fondazione della cappella della Madonna di Costantinopoli e dei santi Andrea e Stefano, avvenuta nel 1566[1]: il quadro infatti non presenta segni di adattamento al luogo a cui è destinato, testimonianza del fatto che venne realizzato proprio per essere esposto nella cappella in cui si trova[2].

Riccardo Filangieri definì la tavola come una replica di un non precisato quadro di Andrea del Sarto, mentre altri critici lo attribuirono a Pietro Negroni[1]. L'ipotesi più accreditata è che si tratti di un'opera di Leonardo Castellano, conosciuto anche con il nome di Maestro di Massa Lubrense[2]: infatti il quadro presenta notevoli somiglianze con altre opere attribuite a questo pittore come Madonna degli Angeli, nella chiesa di Santo Stefano a Sala Consilina, un'Ultima Cena conservata a Somma Vesuviana[1] e una serie di tre dipinti nella chiesa di Santa Maria d'Ajello ad Afragola[3]. Nel 1685, durante una Santa Visita, il quadro viene citato da monsignor Giovanni Battista Nepita[2].

Il dipinto si sviluppa in una sorta di forma piramidale: in alto la Madonna, seduta su una nuvola sorretta da angeli, con il Bambino Gesù tenuto in braccio; più in basso, a sinistra sant'Andrea mentre sulla destra è santo Stefano. Lo sfondo è caratterizzato da un paesaggio fatto di rovine in cui si intravede un lago con una barca di pescatori, forse un riferimento a sant'Andrea[3].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c Vari, p. 117.
  2. ^ a b c Vari, p. 101.
  3. ^ a b Vari, p. 102.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]