Lucio Sextio Laterano

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Lucio Sextio Laterano
Console della Repubblica romana e
tribuno della plebe
Nome originaleLucius Sextius Lateranus
GensSextia
Tribunato della plebedal 376 a.C. al 367 a.C.
Consolato366 a.C.

Lucio Sextio Laterano (... – ...; fl. IV secolo a.C.) è stato un politico romano del IV secolo a.C.

Tribunato della Plebe[modifica | modifica wikitesto]

Assieme a Gaio Licinio Calvo Stolone, fu uno dei due primi tribuni della plebe dell'antica Roma che aprirono ai Plebei la via del consolato, prima di allora riservato ai Patrizi. Lucio Sextio e il collega Gaio Licinio avrebbero posto il veto per 5 anni consecutivi all'elezione dei tribuni consolari (dal 375 a.C. al 371 a.C.), in risposta al veto posto dai colleghi tribuni, veto propiziato dai Patrizi alle loro proposte, volte a migliorare la situazione dei Plebei[1].

(LA)

«Creatique tribuni C. Licinius et L. Sextius promulgavere leges omnes adversus opes patriciorum et pro commodis plebis: unam de aere alieno, ut deducto eo de capite quod usuris pernumeratum esset id quod superesset triennio aequis portionibus persolveretur; alteram de modo agrorum, ne quis plus quingenta iugera agri possideret; tertiam, ne tribunorum militum comitia fierent consulumque utique alter ex plebe crearetur»

(IT)

«Vennero eletti Gaio Licinio e Lucio Sestio, i quali proposero solo leggi volte a contrastare l'influenza dei patrizi e a favorire gli interessi della plebe. Uno di questi provvedimenti aveva a che fare con il problema dei debiti e prescriveva che la somma pagata come interesse fosse scalata dal capitale di partenza e che il resto venisse saldato in tre rate annuali di uguale entità. Un'altra proposta riguardava la limitazione della proprietà terriera, e prevedeva che non si potessero possedere più di 500 iugeri pro capite. Una terza proponeva che non si eleggessero più tribuni militari e che uno dei due consoli fosse comunque eletto dalla plebe.»

(LA)

«Licinius Sextiusque tribuni plebis refecti nullos curules magistratus creari passi sunt; eaque solitudo magistratuum et plebe reficiente duos tribunos et iis comitia tribunorum militum tollentibus per quinquennium urbem tenuit.»

(IT)

«Licinio e Sestio vennero rieletti tribuni della plebe e non permisero la nomina di alcun magistrato curule. Questa carenza di magistrati andò avanti per cinque anni, poiché la plebe continuava a rieleggere i due tribuni e questi ultimi a impedire l'elezione di tribuni militari.»

Con il collega Gaio Licinio Stolone propose e portò ad approvazione le Leges Liciniae Sextiae, nel 367 a.C., che riformarono la figura politica dei consoli, assegnando ai plebei uno dei due seggi, limitarono l'estensione di terra pubblica che ogni cittadino era autorizzato a possedere e regolamentarono in senso favorevole ai più poveri l'esazione dei debiti.

Consolato[modifica | modifica wikitesto]

Nel 366 a.C. fu eletto console con il collega Lucio Emilio Mamercino; Sextio fu il primo plebeo eletto a questa magistratura, grazie alle Leges Liciniae Sextiae approvate l'anno precedente[2].

Il consolato, tranquillo dal punto di vista militare, nonostante il timore di un ritorno dei Galli sconfitti l'anno prima, fu contrassegnato dalle lotte politiche tra plebei e patrizi, per le elezioni dei pretori e degli edili.

Critica storica[modifica | modifica wikitesto]

Questo primato viene negato da alcuni storici i quali ritengono che almeno un terzo dei precedenti consoli provenissero dalle file della plebe. Quale che fosse stata la reale composizione del consolato, le leggi Liciniae Sextie stabilirono che almeno un console poteva essere eletto fra i plebei. Fu infatti la Lex Genucia (342 a.C.) a stabilire che uno dei consoli doveva essere plebeo.

Se ci affidiamo agli storici del periodo si può notare che, più che la legge in quanto tale, L. Sextio e G. Licinio mostrarono una eccezionale abilità nel rompere le tradizioni delle normali elezioni delle principali magistrature. Nessun magistrato, infatti, risulta eletto negli anni fra il 375 a.C. e il 371 a.C., fino a quando i problemi interni ed esterni dell'Urbe ne permisero l'elezione alle condizioni volute e quindi i due tribuni consolari riuscirono a preparare il percorso politico che, alla fine, nel 367 a.C. portò all'approvazione delle leggi Licinie Sextie.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Tito Livio, Ab Urbe condita libri, VI, 35
  2. ^ Tito Livio, Ab Urbe condita libri, VII, 1.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Fonti primarie[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Predecessore Consoli romani Successore
Marco Geganio Macerino, Aulo Cornelio Cosso II,
Lucio Veturio Crasso Cicurino II,
Marco Cornelio Maluginense II,
Publio Manlio Capitolino II, Publio Valerio Potito Publicola VI
366 a.C.
con Lucio Emilio Mamercino I
Lucio Genucio Aventinense I,
Quinto Servilio Ahala I