London Film-Makers' Co-op

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London Film-Makers' Co-op
TipoCooperativa
Fondazioneanni '60
Scioglimento1997
Sede centraleBandiera del Regno Unito Londra
Sito web

La London Film-Makers' Co-op, conosciuta anche con la sigla LFMC, fu un laboratorio di produzione e distribuzione di cinema sperimentale di Londra fondato nel 1966. Nel 1999 si fuse con la London Video Arts per costituire la LUX[1].

Storia della cooperativa[modifica | modifica wikitesto]

La London Film-Makers' Co-op, fondata da Stephen Dwoskin e Bob Cobbing ispirandosi alla newyorkese Film-Makers' Cooperative di Jonas Mekas, iniziò la sua attività di proiezioni cinematografiche presso la libreria londinese Better Books, allora partecipe dei movimenti controculturali degli anni '60[2], prima di spostare le proprie attività presso l'Arts Lab al 182 di Drury Lane, ad est di Covent Garden, dove divideva gli uffici con la BIT, servizio di informazioni, editore e contro sociale gestito da John "Hoppy" Hopkins, all'interno del Institute for Research in Art and Technology. Nel 1971, con lo scadere del contratto d'affitto della IRAT, la Co-op si trasferì per un periodo in uno squat situato in una ex latteria al 13a Prince of Wales Crescent a Kentish Town[3], per poi spostarsi, dopo qualche anno, nella Gloucester Avenue a Camden, dividendo l'edificio per molti anni con la London Musicians Collective. Nel 1997, la London Film-Makers' Co-op viene trasferita, assieme alla London Video Arts al nuovo Lux centre, ad Hoxton Square, per poi fondere le due associazioni nell'attuale LUX.

A differenza della New York Film-Makers' Cooperative, la London Film-Makers' Co-op era organizzata come una cooperativa egualitaria basata sul worksharing, che assisteva sia la fase produttiva che quella distributiva[4].

Fu Carla Liss ad aprire un canale fra le due cooperative, trasformando così la London Film-Makers' Co-op in un archivio distributivo[5].

Fra gli autori associati al gruppo vi furono fra gli altri Malcolm Le Grice, Peter Gidal, Michael "Atters" Attree,[6] Annabel Nicolson, Lis Rhodes, Gill Eatherley, Roger Hammond, David Crosswaite[7] e William Raban, che amministrò la cooperativa tra il 1972 ed il 1976.

Molti dei film prodotti fra la fine degli anni '60 e gli anni '70 appartenevano alla corrente del Cinema strutturale ed all'evoluzione inglese di tale tendenza, che prese il nome di cinema strutturale-materialista[8].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ BFI website, accessed May 4, 2008, su ftvdb.bfi.org.uk. URL consultato il 25 novembre 2013 (archiviato dall'url originale il 28 settembre 2012).
  2. ^ Christoph Grunenberg and Jonathan Harris, Summer of Love: Psychedelic Art, Social Crisis and Counterculture in the 1960s, Liverpool University Press, 2005, p102. ISBN 0-85323-919-3
  3. ^ The Dairy.
  4. ^ David E. James and Rick Berg, The Hidden Foundation: Cinema and the Question of Class, University of Minnesota Press, 1996, pp198-199. ISBN 0-8166-2704-5
  5. ^ A.L.Rees, A History of Experimental Film and Video, 1999, BFI.
  6. ^ LFMC Cinema Events Programme: April/May 1987
  7. ^ Peter Gidal, Materialist Film (Routledge), Bart J. Moore-Gilbert, The Arts in the 1970s: Cultural Closure?, Routledge, 1994, p231. ISBN 0-415-09906-4
  8. ^ Tate Britain film programme, accessed May 4, 2008. (archiviato dall'url originale il 29 agosto 2011).

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]