Lapis Satricanus

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Lapis Satricanus

Il lapis Satricanus ("pietra di Satrico") è un'iscrizione incisa su una pietra giallastra rinvenuta a Satricum (oggi località Le Ferriere nel comune di Latina) nel Latium vetus, datata tra la fine del VI e gli inizi del V secolo a.C.

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Il testo riportato è il seguente: [...]...IEI STETERAI POPLIOSIO VALESIOSIO / SUODALES MAMARTEI
ovvero: "... posero di Publio Valerio / i compagni a Marte", oppure "I compagni di Publio Valerio donarono a Marte"

Si tratta della base di un donario, reimpiegato come blocco nelle fondamenta del tempio dedicato alla Mater Matuta, dove venne trovato nel 1977[1].

L'iscrizione è in latino arcaico, ovvero in un dialetto molto simile[2]. Conserva un'antica desinenza in -osio per il genitivo singolare, corrispondente alla desinenza in i nel latino classico, e la forma raddoppiata in Mamars per il nome di Marte (Mars).

Il nome di Publio Valerio, citato nell'iscrizione, ha fatto pensare che si potesse trattare di Publio Valerio Publicola, primo console repubblicano, insieme a Lucio Giunio Bruto nel 509 a.C. Sebbene la città di Satrico non facesse ancora parte del territorio di Roma ai tempi del primo consolato, la pietra dell'iscrizione, reimpiegata in un'epoca successiva, potrebbe essere stata portata a Satrico da un altro luogo.

È vero che nel VI secolo a.C. i cognomina personali non erano ancora usati e che Publicola (protettore del popolo) è un cognomen parlante, ma Poplios cioè Publius, fu probabilmente alla base della più tarda ed errata invenzione annalistica di attribuzione del cognomen Publicola al console. In ogni caso, quand’anche nessuno possa essere certo che si tratti del console Publio Valerio Publicola degli inizi repubblicani o di un suo discendente, si tratta pur sempre di un solidissimo elemento, rafforzato anche dalla cronologia attribuibile alla base di pietra con seria plausibilità intorno al 500 a.C., al più tardi 450 a.C., e certamente precedente al rotacismo intervocalico come dimostra la forma Valesios. E’ davvero inequivocabile il valore del documento ai fini dell’identificazione di un leader politico legato a una consorteria di impronta militare data l’implicazione del culto di Marte (suodales Mamartei da intendersi plausibilmente come sodales martiales), assai aderente a quella figura consolare emergente dalla lettura tradizionale. In conclusione, l’iscrizione non si limita solo alla prova della storicità di Publio Valerio Publicola, ma conferma il ruolo di guida ricoperto dalla gens Valeria negli anni della difficile transizione dal regime monarchico a quello repubblicano consolare, che una tradizione anche indipendente dall’annalistica tramanda con costanza: Liv. 2.7.6: Consoli deinde qui superfuerat…arcem inexpugnabilem fieri.[3]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ C.M. Stibbe (a cura di), Lapis Satricanus: archeological, epigraphical, linguistic and historical aspect of the new inscription from Satricum, Roma 1980. L'iscrizione è pubblicata nel CIL: I 2, 2832a.
  2. ^ Più recentemente ne è stata proposta una pertinenza al falisco: Elisa Lucchesi, Elisabetta Magni, Vecchie e nuove (in)certezze sul Lapis Satricanus, ETS editrice, Pisa 2004 (riassunto di un intervento preliminare nel convegno 12th International Colloquium on Latin Linguistic (Bologna 2003).
  3. ^ Orazio Licandro, Ius Scriptum, 2020ª ed., Roma, "L'ERMA" di BRETSCHNEIDER.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Controllo di autoritàVIAF (EN204619750