Ius edicendi

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Lo ius edicendi è la potestà per i magistrati romani di emanare editti, inizialmente inteso come il programma che il praetor urbanus e quello peregrinus emanava dicendo quali sarebbero state le regole che avrebbe seguito nella sua opera di integrazione dello ius civile

Il giurista romano Gaio ricorda che analogo potere spettava anche ai presidi delle provincie senatorie e agli edili curuli: Questo il brano delle sue Istituzioni:

(LA)

«Ius autem edicendi habent magistratus populi romani; sed amplissimus est in edictis duorum praetorum, urbani et peregrini, quorum in provinciis iurisdictionem praesides earum habent; item in edictis aedilium curulium, quorum iurisdictionem in provinciis populi Romani quaestores habent»

(IT)

«Hanno il diritto di emanare editti i magistrati del popolo romano; ma il più esteso diritto appartiene ai due pretori, urbano e peregrino; un potere simile spetta ai presidi nelle province di loro competenza. parimenti spetta un potere di iurisdictio agli edili curuli, e un potere corrispondente ai questori nelle provincie del popolo romano (senatorie)»

La codificazione[modifica | modifica wikitesto]

Con il passare degli anni, avvenne sempre più di frequente che il nuovo Praetor si richiamasse all'edictum del predecessore anziché creare nuove regole e nuovi programmi di amministrazione della giustizia. Sul finire del I secolo d.C. l'editto pretorio finì così per perdere la sua funzione propulsiva del diritto romano. Ogni anno i magistrati riproducevano le medesime regole giuridiche e i principî che si erano andati consolidando nella prassi degli anni precedenti. Ma fu solo con l'imperatore Adriano che la possibilità per i pretori di introdurre modifiche all'Editto fu interrotta legislativamente. Da quanto risulta dalla costituzione imperiale Tanta emanata da Giustiniano, l'imperatore Adriano diede incarico al giureconsulto Salvio Giuliano di codificare e riordinare il testo dell'Edictum ormai divenuto perpetuum.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Otto Lenel, Das Edictum perpetuum, Lipsia, 1927
  • Emilio Betti, Iurisdictio praetoris e potere normativo, in Labeo, 14, 1968, pp. 7–23;

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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