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Incidenza (epidemiologia)

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L'incidenza è una misura della frequenza utilizzata in epidemiologia per indicare quanti nuovi casi di una data malattia compaiono in un determinato lasso di tempo (ad esempio in un mese o in un anno) all'interno di una popolazione.[1][2] Il suo fine ultimo è quello di stimare la probabilità di una persona di ammalarsi della malattia in oggetto di esame. L'incidenza non va confusa con la prevalenza, che invece indica una stima puntuale (vale a dire in uno specifico momento) del numero di malati in rapporto alla popolazione.[2]

Calcolo dell'incidenza

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L'incidenza viene calcolata mettendo al numeratore il numero di nuovi casi di malattia (o altro tipo di evento) registrati durante il periodo di osservazione e al denominatore il numero di persone sane all'inizio del periodo di osservazione:[3]

Il risultato così ottenuto poi può essere modificato a seconda dell'unità di misura che si voglia tenere a riferimento, a confronto. Le più utilizzate sono quella su base di 1 000 persone (e quindi si moltiplica il risultato per 1 000) o su 100 000 persone (in tal caso si moltiplica il numero ottenuto per 100 000). L'incidenza, visto che il numeratore è sempre inferiore al denominatore (perché una parte di esso), corrisponde sempre ad un numero compreso fra 0 e 1.[4]

Utilizziamo come esempio i dati SPES (rete italiana di sorveglianza dei pediatri di libera scelta) relativi all'incidenza del morbillo nel 2007 in Italia:[5] in quell'anno vennero diagnosticati 13 casi di morbillo su 168736 bambini osservati (quest'ultimo propriamente è il numero medio di bambini tenuti sotto osservazione nel periodo, ma assumiamo che rimanga stabile dal 1º gennaio). L'incidenza di morbillo nella popolazione si calcola dividendo il numero di casi di morbillo osservati durante l'anno per il numero di bambini osservati a partire dal 1º gennaio 2007). Per migliorare la leggibilità si può moltiplicare il risultato per 100 000 ottenendo 7,7: per effetto della moltiplicazione, esso rappresenta il numero di casi di morbillo verificatisi nel 2007 per ogni 100 000 bambini. In altri termini, il rischio di contrarre il morbillo nel 2007 è valutabile in 7,7 casi per ogni 100 000 bambini.

L'incidenza così ottenuta viene anche detta incidenza cumulativa.[4][6]

Tasso di incidenza

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Il tasso di incidenza (o densità di incidenza) rappresenta una stima più fine, in cui viene tenuto conto del tempo di comparsa dell'evento in questione[3] e della sua durata (in quanto un soggetto potrebbe ad esempio guarire e rientrare nel gruppo di soggetti sani).[4]

Esso viene calcolato ponendo ancora una volta al numeratore gli individui che sviluppano la malattia ma esprimendo il denominatore in termini di persone per unità di tempo. Ciascun soggetto che è seguito per un'unità di tempo (un giorno, un mese, un anno, ecc.) rappresenta 1 persona-giorno o 1 persona-mese o una 1 persona-anno.[7] Con questo calcolo un certo numero di persone (ad esempio 10) per anno possono essere la risultante del follow-up di altrettante persone seguite esattamente per un anno o 5 persone per due anni o qualsiasi combinazione tale che la somma dei periodi per cui essi sono seguiti dia 10 (ad esempio 1 seguito per un anno, e 3 seguiti per tre anni). Il tasso di incidenza è un rapporto tra numeri non negativi e, pertanto, può assumere valori compresi tra 0 e infinito.[4]

Differenza fra incidenza cumulativa e tasso di incidenza

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L'incidenza esprime, in percentuale, la probabilità che si manifesti una certa malattia in un campione di persone a rischio. Il tasso di incidenza invece non esprime una probabilità, ma la velocità con cui questa malattia si manifesta.[3] Il tasso di incidenza tiene conto del fattore temporale e del passaggio tra la popolazione sana e quella malata (e viceversa, come in caso di guarigione).[4]

Il rischio incidente converge con il tasso di incidenza quando si tratta di eventi rari (che colpiscono meno del 10% della popolazione) e il numero di soggetti persi durante il periodo di osservazione è trascurabile.

  1. ^ Jeff Keith, Patricia D. Novak e Douglas M. Anderson, Dizionario medico enciclopedico : illustrato a colori : (con oltre 2200 illustrazioni), 2. ed. italiana condotta sulla 6. americana, Piccin, 2004, p. 757, ISBN 88-299-1716-8, OCLC 799567126. URL consultato il 17 marzo 2022.
  2. ^ a b James F. Jekel, David L. Katz e Joann G. Elmore, Epidemiologia, biostatistica e medicina preventiva, 3. ed., Elsevier Masson, 2009, ISBN 978-88-214-3131-9, OCLC 879951940. URL consultato il 17 marzo 2022.
  3. ^ a b c Francesco Attena, Epidemiologia e valutazione degli interventi sanitari, Piccin, 2004, ISBN 978-88-299-1708-2, OCLC 800024144. URL consultato il 17 marzo 2022.
  4. ^ a b c d e Epidemiologia: morbilità e mortalità in "Enciclopedia della Scienza e della Tecnica", su treccani.it. URL consultato il 17 marzo 2022.
  5. ^ Risultati 2007 (archiviato dall'url originale il 10 febbraio 2012).
  6. ^ Ian B. Wilkinson, Oxford manuale di medicina clinica : Ian B. Wilkinson ... [et al.]., 10. ed, Edra, 2019, ISBN 978-88-214-5089-1, OCLC 1261860337. URL consultato il 17 marzo 2022.
  7. ^ Richard R. Monson, Occupational epidemiology, 2nd ed, CRC Press, 1990, ISBN 0-8493-4927-3, OCLC 20453882. URL consultato il 17 marzo 2022.

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