Hansína Regína Björnsdóttir

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Hansína Regína Björnsdóttir, nota professionalmente come H. Eiríksson (Eskifjörður, 6 giugno 1884Djúpivogur, 5 febbraio 1973), è stata una fotografa islandese.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Figlia di Björn Eiríksson, falegname, e di Susanna Sophie Weywadt, ebbe sette tra fratelli e sorelle. Sua madre gestiva un caseificio e fu lei a crescerla. La sua famiglia discendeva anche da Hans Jonatan (1784-1827), originario di Saint Croix nelle Indie occidentali danesi, figlio di un danese e di una schiava di colore. Anche se aveva preso parte alla battaglia di Copenaghen, e sembrava che potesse ottenere la libertà, Jonatan fuggì in Islanda[1] dove fu il primo immigrato di origini africane. Sposò Katrin Antoniusdottir ed ebbe tre figli, due dei quali sopravvissero[2].

All'età di quattro anni, Björnsdóttir andò a vivere con la sorella di sua madre Susanna, la fotografa Nicoline Weywadt, nella fattoria di famiglia a Teigarhorn, vicino a Djúpivogur. Weywadt insegnò il mestiere di fotografa a Björnsdóttir e la mandò per ulteriori studi e approfondimenti a Copenaghen[1]. Dopo aver completato gli studi nel 1903, lo stesso anno in cui morì sua madre[3], Björnsdóttir tornò a Teigarhorn[4].

Björnsdóttir rilevò lo studio di sua zia che nel 1903 aveva deciso di abbandonare la professione e che gestì fino al 1911[4]. Quell'anno sposò Jón Kristján Lúðvíksson dal quale avrebbe avuto cinque figli. Forse a causa delle gravidanze e dei figli piccoli, per un po' di tempo smise con la fotografia. Riprese quindi la sua carriera firmando tutti i suoi lavori, per i quali è principalmente conosciuta, col nome d'arte "H. Eiríksson".
A causa di un incidente, parte del suo lavoro è andato distrutto, ciò che rimane sono immagini di persone e paesaggi intorno a Berufjörður[3].

Il Museo Nazionale d'Islanda di Reykjavík conserva circa 1 200 lastre e gli strumenti con i quali ha lavorato. Grazie a lei il Museo ha potuto recuperare anche parte del lavoro della zia Nicoline Weywadt.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b (EN) Gisli Palsson, The Man Who Stole Himself: The Slave Odyssey of Hans Jonathan, in University of Chicago Press, 2016. URL consultato il 31 luglio 2023.
  2. ^ (DE) Christoph Sedler, Die wundersame Geschichte des Hans Jonathan, in Spiegel Online, 8 aprile 2018. URL consultato il 31 luglio 2023.
  3. ^ a b (IS) Guðmundur Lúther Hafsteinsson, Teigarhorn við Berufjörð (PDF), in National Museum of Iceland, 27 febbraio 2015. URL consultato il 6 giugno 2023.
  4. ^ a b (IS) Magnea Bára Stefánsdóttir, Austfirskir kvenljósmyndarar 1871-1944 (PDF), in Háskóli Íslands, settembre 2014. URL consultato il 31 luglio 2023.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Gisli Palsson, The Man Who Stole Himself: The Slave Odyssey of Hans Jonathan, University of Chicago Press, 2016 - ISBN 978-0-226-31328-3.

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