Ferdinando Lanza

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Ferdinando Lanza (Nocera de' Pagani, 10 aprile 1785Napoli, 21 maggio 1865) è stato un generale italiano borbonico, tenente generale nell'esercito del Regno delle Due Sicilie nel corso della seconda metà del XIX secolo.

Proveniente dalla Cavalleria, solo nel 1848 fu promosso generale.

La prima azione militare di rilievo, che lo vide sonoramente sconfitto malgrado la sua forte superiorità numerica, fu quella che il 9 maggio 1848 lo portò a combattere contro le truppe di Giuseppe Garibaldi davanti a Palestrina, nel quadro delle vicende connesse alla Repubblica Romana e che aveva portato i 7.000 uomini della divisione francese di Oudinot, il cui 20º battaglione di linea era stato travolto il 30 aprile 1848 in un attacco alla baionetta dai garibaldini nelle operazioni che portarono alla conquista di Villa Pamphili e di Villa Corsini (in cui Garibaldi ebbe una ferita al fianco) e quelle borboniche a difendere le sorti del Papato. Partecipò nel 1849, agli ordini di Carlo Filangieri, alla spedizione di riconquista borbonica della ribelle Sicilia dopo i moti del 1848.

Lo stesso argomento in dettaglio: Insurrezione di Palermo.

Fu l'inetto Maresciallo di campo, delegato dal Re Francesco II delle Due Sicilie, alla difesa della capitale vice-reale di Palermo nel corso dell'impresa dei Mille di Giuseppe Garibaldi.

All'epoca, ormai settantacinquenne e obeso al punto di non poter quasi cavalcare, equivocò totalmente sulla presenza alla periferia di Palermo dei garibaldini (che pensava si fossero ritirati alla volta di Corleone e si fece di conseguenza trovare del tutto impreparato al momento dell'assalto che i Mille e i picciotti siciliani portarono attraversando il Ponte dell'Ammiraglio sul fiume Oreto (così detto perché costruito in età medievale dall'Ammiraglio Giorgio d'Antiochia) e la porta di Termini.

Lanza, reiterando la passata esperienza palermitana di 11 anni prima che era valsa al re Ferdinando II di Borbone il non onorevole soprannome di "Re Bomba", ordinò allora, come aveva più volte preannunciato, che le artiglierie dei forti e della flotta bombardassero Palermo, provocando la morte di circa 600 persone e la distruzione di un gran numero di abitazioni.

Se il generale pensava in tal modo di recuperare la situazione, il prosieguo degli avvenimenti doveva clamorosamente smentirlo. I palermitani tutti (clero e nobiltà isolana compresi) abbandonarono del tutto qualsiasi parvenza di lealtà verso la Corona borbonica e il suo esercito che, terroristicamente, cannoneggiava contro gli inermi civili palermitani. L'affluenza dei cittadini nelle file garibaldine divenne tanto massiccio da consentire a Garibaldi di occupare senza difficoltà e in breve tempo i più importanti punti strategici della capitale, costringendo Lanza (nonostante godesse di un'ampia superiorità in armi e mezzi) a richiedere una tregua, poi ripetutamente rinnovata, ed infine a reimbarcarsi tra il 7 e il 19 giugno 1860.

Dopo la fine della guerra, non vergognandosi del suo operato, si recò pure a palazzo d'Angri ad ossequiare Garibaldi.

Bibliografia

  • Roberto Maria Selvaggi, Nomi e volti di un esercito dimenticato. Gli ufficiali dell'esercito napoletano del 1860-61, Napoli, Grimaldi & C. editori, 1990, p. 32, ISBN 9788888338422.
  • Piero Pieri, Storia militare del Risorgimento. Guerre e insurrezioni, Seconda edizione, Torino, Giulio Einaudi editore, 1962.