Discussioni utente:El Roher/Sandbox

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Il cosiddetto programma "Flotta otto-otto" (八八艦隊 Hachihachi Kantai?) era una strategia navale giapponese formulata per lo sviluppo, l'espansione e il riarmo della Marina imperiale giapponese negli anni compresi tra il 1900 e il 1921. Questa strategia, di base, affermava che per essere competitiva contro le principali marine mondiali dell'epoca, come Gran Bretagna, Francia, Stati Uniti e Germania, il Giappone dovesse possedere un adeguata flotta di navi pesanti che comprendesse otto corazzate e otto incrociatori corazzati o incrociatori da battaglia.

Il Programma "Otto-Otto" fu concepito a seguito della Guerra russo giapponese e sviluppato nel Piano di difesa imperiale del 1907, e fu il risultato di dell'accordo di divisione del budget stanziato per la difesa tra l'Esercito e la Marina imperiali[1].

La fazione della Marina imperiale, in quegli anni influenzata dalle teorie sul dominio navale di Alfred T. Mahan postulate in The influence of sea power upon history 1660-1783, sostenuta dall'ammiraglio e teorico di strategia navale Sato Tetsutaro, affermava che la sicurezza nazionale giapponese dipendesse dal possesso o meno del Giappone di una potente flotta navale. Attraverso una marina forte, era possibile garantire e mantenere la sicurezza e il potere intorno alle proprie acque territoriali contro le principali minacce rappresentate dalle marine russe, americane e inglesi nella zona del Pacifico occidentale e l'Estremo oriente. Nel Piano di Difesa imperiale del 1907, l'obiettivo principale della difesa per i giapponesi era passato dalla Russia, sconfitta due anni prima e non ritenuta a seguito dell'affondamento della Flotta del Pacifico e del Baltico una seria minaccia alla sicurezza navale del Giappone, agli Stati Uniti, che erano invece considerati adesso la minaccia principale alla sicurezza nazionale giapponese[2].

. Nell'ottica giapponese, l'espansione degli Stati Uniti nella zona centro occidentale dell'Oceano Pacifico attraverso l'occupazione delle Filippine e l'annessione del Regno delle Hawaii, era una prova della volontà di Washington di espandere il loro potere politico e militare anche in Asia Orientale, e soprattutto nel vasto teatro commerciale e politico della Cina, a quel tempo spartita tra le principali potenze mondiali. La Politica della Porta aperta portata avanti dagli Stati Uniti, che proponeva una Cina sovrana su cui i commerci avvenissero senza che nessun nazione straniera ne avesse il monopolio assoluto, si scontrava gravemente con la politica giapponese di espansione nel Continente e le politiche discriminatorie degli Stati Uniti nei confronti degli immigrati giapponesi nei primi del Novecento, erano una dimostrazione dell'astio degli americani nei confronti della razza giapponese.

Basandosi su una teoretica forza degli Stati Uniti di 25 corazzate e incrociatori corazzati totali nel Pacifico, il teorici navali giapponesi postularono che il Giappone avesse bisogno di una flotta di almeno otto navi di linea e di otto incrociatori per rendersi competitiva contro gli Stati Uniti in caso di conflitto[3]. Quando il Ministro della Marina Yamamoto Gonbei presento il budget richiesto per la costruzione di queste sedici navi alla Dieta del Giappone, l'ammontare totale era più del doppio dell'intero budget nazionale di difesa del tempo[4].

La politica della Flotta Otto-Otto rimase controversa, in quanto l'enorme budget necessario per la sua realizzazione, e soprattutto per la costruzione delle corazzate, fu sempre avversato dalla Dieta imperiale, che concesse solo una volta lo stanziamento di fondi necessari alla realizzazione del piano. Inoltre, data la difficoltà a trovare i fondi necessari, il piano durò oltre un decennio e le corazzate ordinate nel 1910 agli inizi del programma risultarono essere già obsolete nel 1920.

A causa di questo, furono discusse alternative riguardanti una "Flotta Otto-quattro" (otto corazzate, quattro incrociatori) o la "Flotta Otto-sei".

La Prima Flotta Otto-Otto[modifica wikitesto]

Mutsu, a Nagato-class dreadnought battleship, at anchor, shortly after completion

Il primo vero tentativo di costruire la Flotta Otto-Otto iniziò nel 1910, quando il Quartier generale della Marina imperiale giapponese propose un programma di costruzione navale di otto corazzate e otto incrociatori corazzati. Il Ministero della Marina rifiutò questa richiesta per ragioni politiche, proponendo altresì un programma alternativo di sette corazzate e tre incrociatori. Il Gabinetto, a sua volta, propose intanto la costruzione di una corazzata e quattro incrociatori in attesa di altri fondi, costruzione che la Dieta autorizzò nel 1911. Gli incrociatori progettati diventeranno la classe Kongo, mentre fu commissionata una sola corazzata, la Fuso, all'epoca tra le navi più tecnologicamente avanzate tra le marine mondiali.

Nel 1913 fu autorizzata la costruzione di tre ulteriori corazzate, facendo arrivare il totale del programma a "Quattro -Quattro". Queste navi, la Yamashiro, la Ise e la Hyuga erano tutte sorelle della Fuso e appartenenti all'omonima classe di navi da battaglia[5].

.Nel 1915, la Marina imperiale propose la costruzione di altre quattro corazzate al fine di raggiungere il traguardo di una Flotta Otto-Quattro. Dopo un'iniziale rifiuto della Dieta, quest'ultima autorizzo nel 1916 l'aggiunta al programma della costruzione di un'altra corazzata e di altri due incrociatori corazzati. In risposta al programma di espansione navale americano del 1917, la Dieta autorizzò nel 1918 la costruzione di due incrociatori da battaglia, rendendo così il totale delle navi commissionate in linea con le richieste iniziali della Flotta Otto-Otto. Queste nuove navi erano due corazzate classe Nagato,, due corazzate classe Tosa, e quattro incrociatori classe Amagi, tutte navi con un dislocamento di venti e trentamila tonnellate e con cannoni da sedici pollici. Tuttavia, di queste navi saranno completate solamente le de corazzate classe Nagato, mentre un incrociatore classe Tosa e uno classe Amagi saranno convertiti in portaerei.

Seconda Flotta Otto-Otto[modifica wikitesto]

La differenza nelle prestazioni e nella tecnologia delle navi sviluppatasi in appena cinque anni dall'inizio del programma spinse i giapponesi a una revisione del programma Otto-Otto, da cui risulterà il riavvio totale del progetto: fu data la precedenza alla costruzione della classe più recente, la Nagato, e le navi corazzate e incrociatori più vecchie iniziarono ad essere eliminate dal progetto. Su questa nuova revisione, la Marina tornò al piano iniziale della Flotta Quattro-Quattro.

Una spinta ulteriore a raggiungere a completare la Flotta Otto-otto come base ideale per la Marina imperiale, fu data dal nuovo programma di riarmo navale degli Stati Uniti iniziato sotto la spinta del presidente Woodrow Wilson nel 1919, in cui era prevista la costruzione di altre 16 corazzate (in aggiunta alle 16 già autorizzate nel 1916)[6]. Nel 1920, sotto il Primo ministro Hara Takashi, la Dieta, seppur con riluttanza, diede il permesso di portare il piano della flotta da Quattro-Quattro a Otto-Otto entro il 1927. Questo avrebbe significato aumentare il numero degli incrociatori da battaglia classe Amagi con altre quattro corazzate veloci della nuova classe Kii, che erano di poco più lente ma più potenti in fatto di capacità offensiva. Altre quattro corazzate ( No.13-16) sarebbero state costruite con cannoni da diciotto pollici. Se completato il progetto avrebbe completamente raggiunto l'obiettivo della Flotta Otto-Otto; Se si includono ad esso anche le unità più vecchie della Marina, ovvero la classe Fuso e la classe Kongo, si sarebbe potuto superare l'obiettivo iniziale raggiungendo il grande risultato di una Flotta Otto-Otto-Otto con non due, ma ben tre quadroni da battaglia.

Akagi (A former Japanese battlecruiser converted to an aircraft carrier) being relaunched in April 1925.

Trattato Navale di Washington[modifica wikitesto]

Il Trattato Navale di Washington del 1922 pose tuttavia fine a questi piani di costruzione. Secondo i termini del trattato tutte le navi ancora in costruzione, ovvero tutte le navi varate dopo la costruzione della Nagato, la prima programma di espansione del 1916, dovevano essere demolite o convertite in portaerei. Una speciale eccezione fu fatta per la corazzata Mutsu, che al momento della firma del trattato era pressoche completata e la cui costruzione era particolarmente a cuore alla popolazione giapponese, giacché finanziata con denaro versato volontariamente dalla popolazione.

Il trattato stabilì un tonnellaggio massimo di navi per i giapponesi pari al 60% della marina degli Stati Uniti e della Gran Bretagna. Per questo motivo, molti membri della Marina imperiale, incluso l'Ammiraglio Sato Tetsutaro, protestarono vivamente contro la firma del trattato. Questo gruppo era formato dall'influente fazione per l'ampliamento della flotta che otterrà negli anni trenta il ritiro del Giappone dal Trattato di Washington. Ironicamente, il trattato limitò molto di più le marine di Stati Uniti e Gran Bretagna rispetto a quella giapponese se si prende in considerazione la capacità industriale dei tre paesi.

Tuttavia, gli ufficiali della Marina imperiale giapponese continuarono prevalentemente sulla stessa linea del progetto iniziale della Flotta Otto-Otto fino all'inizio della Seconda Guerra Mondiale, il cambiamento delle strategie navali e lo sviluppo dell'aviazione navale resero il termine ed il programma stesso un anacronismo entro gli anni trenta.

  1. ^ Stille, Mark, The Imperial Japanese Navy in the Pacific War., Londra, Osprey Publishing, 2014, p. 14, ISBN 1-47280-146-6..
  2. ^ 黒川雄三『近代日本の軍事戦略概史』(芙蓉書房出版、2003年) 68項 - 70項
  3. ^ Kowner, Rotem, Historical Dictionary of the Russo-Japanese War., The Scarecrow Press., 2006, ISBN 0-8108-4927-5:.
  4. ^ Evans, David C.; Peattie, Mark R.., -Strategy, Tactics, and Technology in the Imperial Japanese Navy, 1887-1941-, US Naval Institute Press., (1997), p. 151, ISBN 0-87021-192-7..
  5. ^ 牧野茂『艦船ノート』78頁(13号艦要目)
  6. ^ Phillips Payson O'Brien, Technology and Naval Combat in the Twentieth Century and Beyond, Londra, Routledge, 2001, p. 32, ISBN 0415449367.

Bibliografia.[modifica wikitesto]

  • Siegfried Breyer, Battleships and Battle Cruisers, 1905-1970: Historical Development of the Capital Ship, Doubleday & Co, 2002, ISBN 0-385-07247-3.
  • David C. Evans, Kaigun: Strategy, Tactics, and Technology in the Imperial Japanese Navy, 1887-1941, US Naval Institute Press, 1997, ISBN 0-87021-192-7.
  • Ian Gow, Military Intervention in Pre-War Japanese Politics: Admiral Kato Kanji and the Washington System', RoutledgeCurzon, 2004, ISBN 0700713158.
  • John Jordan, Warships after Washington: The Development of Five Major Fleets 1922–1930, Seaforth Publishing, 2011, ISBN 1-84832-117-1.
  • Mark Stille, The Imperial Japanese Navy in the Pacific War, Osprey Publishing, 2014, ISBN 1-47280-146-6.
  • Gerhard L. Weinberg, A World at Arms, Cambridge University Press, 2005, ISBN 0-521-85316-8.