Discussione:Hatshepsut

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traduzione[modifica wikitesto]

ciao, sto lavorando io alla traduzione, per questo non ho inserito nessun template. BAXXX --T'aLon 00:04, 26 giu 2006 (CEST)[rispondi]

Paragrafo eliminato[modifica wikitesto]

Riporto qui un paragrafo inserito da un IP, e da me eliminato dalla pagina perché scritto in uno stile davvero poco enciclopedico, e comunque dal contenuto dubbio. È una ricerca originale? Sono supposizioni? C'è un fondamento storico delle affermazioni fatte dall'IP? Semolo75 17:15, 13 giu 2007 (CEST)[rispondi]

L'emblematica figura di Senenmut[modifica wikitesto]

Il principe Senenmut, architetto, capo di stato, consigliere della regina e tutore della sua primogenita (o unica figlia) Neferura, era anche segretamente il suo amante? Qualche pettegolo dei giorni nostri lo insinua pur non avendone prove concrete ma solo supposizioni. Forse tali insinuazioni potrebbero scaturire dal fatto che: uno dei suoi titoli era quello di “cortigiano molto amato”? o forse proprio perché tutore di sua figlia? oppure perché la sua effigie, appare varie volte (circa settanta) nel tempio di Deir El Bahari? oppure per le scene riportate dai graffiti erotici di Deir El Bahari? Anche i contemporanei di Hatshepsut, infatti, spettegolavano sulla loro probabile relazione. Alcuni graffiti “erotici”, per l’esattezza due, ritrovati in un sepolcro vuoto scavato nella falesia nord della terrazza superiore del Djeser Djeseru, raffigurano: un personaggio itifallico (che gli studiosi ritengono potesse essere Senenmut) che va incontro ad un’altra figura di dimensioni molto più grandi di lui e che indossa il Khepresh, il tipico copricapo reale. Di conseguenza il secondo personaggio non poteva che essere la regina ma l’unione carnale di un comune mortale con un semidio quale il faraone non era concepibile per la mentalità di quei tempi. Il secondo graffito è invece molto più esplicito: la donna indossa un’acconciatura regale, l’uomo la possiede, sono entrambe nudi. Le origini di Senenmut non erano certo nobili, suo padre Ramose e sua madre Hatnefer (dal simpatico nomignolo di Titutiu) erano originari del Sud, nella zona della prima cataratta, stabilitisi in segui-to a Erment, l’Eliopoli del Sud. Grazie ai ritrovamenti fatti nella cappella di Senenmut a Gurna siamo venuti a conoscenza dei nomi degli altri componenti della sua famiglia: le sue due sorelle Neferether e Iahotep (l’amatissima sorella) a cui forse Senenmut era maggiormente legato ed i suoi tre fratelli: Minhotep, Amenemhat e Pairi. Il primo era un sacerdote uab, il secondo, invece era sacerdote della barca sacra del dio Amon, mentre il terzo era semplicemente un guardiano di bestiame. A quanto pare nessuno dei suoi familiari trasse alcun beneficio dalla indiscutibile potenza che Senenmut riuscì a raggiungere grazie alla sua vicinanza con la sovrana. Era quindi un uomo integerrimo che non voleva usare il suo ascen-dente per scopi personali? o più semplicemente una persona egoista che non voleva compromettere la sua posizione con dei favoritismi? La carriera di Senenmut fu davvero impressionante, infatti dopo aver partecipato alle prime spedizioni belliche, ricevette il bracciale “menefert” (colui che rende belli) come riconoscimento del valore. Da qui la sua ascesa fu continua, tanto che in breve si stabilì a Tebe. Egli era anche: Responsabile della duplice casa dell’oro, Responsabile del giardino di Amon, Responsabile dei campi di Amon, Sacerdote della barca di Amon (l’Userhat), Intendente di Amon, Intendente della figlia reale Neferura, Responsabile delle greggi di Amon. Così è scritto su degli ostraka* rinvenuti nella sua cappella funeraria scavata sulla falesia rocciosa di Sheikh Abdel Gurna. Egli era molto fiero dei titoli acquisiti già sotto il regno di Thutmose I:

“Sono un nobile, amato dal mio Signore e sono entrato nelle grazie del Signore dei due Paesi, egli mi ha fatto diventare grande amministratore della sua casa e giudice del paese tutto intero. Sono stato al di sopra dei più grandi, direttore dei direttori dei lavori. Ho agito, in questo paese, sotto il suo comando, fino al momento in cui la morte non è giunta davanti a lui. Ora io vivo sotto l’autorità della Signora dei due paesi, Hatshepsut Maatkare, che viva eternamente”.

Senenmut tradotto letteralmente significa “fratello della madre”, tale allusione può riferirsi ad Hatshepsut in quanto madre della sua pupilla Neferura di cui, in tal caso, sarebbe stato lo zio ma questa è una congettura da annoverare tra le meno attendibili e totalmente prive di riscontro. Pare che Senenmut avesse conquistato non solo la fiducia di Hatshepsut ma anche della madre, la regina Ahmes dalla quale ricevette in dono una zona della regione di Gebel Silsila, già allora famosa per la ricchezza di cave di arenaria. Qui fece erigere un cenotafio a lui consacrato, dove nelle incisioni si legge “Governatore di tutti gli uffici della dea”. Di lui sono state ritrovate in eccellenti condizioni, numerose statue, (più di venti) alcune ottenute secondo le tecniche della statua cubo. La più conosciuta è esposta a Berlino all’Aegyptistiches Museum dove egli abbraccia protettivamente la piccola Neferura (disegno pag. precedente) della quale egli era il tutore. Le “statue cubo” erano tra le rappresentazioni scultoriche più frequenti e originali dell’antichità egizia. Esse erano ricavate da un blocco di pietra o di granito scolpito in forma cubica, raffigurante solitamente uno scriba (ma anche personaggi più importanti come in questo caso), in posizione accovacciata e completamente coperto dal mantello da cui emergevano solo la testa e le braccia incrociate sulle ginocchia, solo in qualche caso anche i piedi. Nella scultura qui riprodotta si vede chiaramente la testa della principessa Neferura con la classica acconciatura da adolescente, (una treccia ricadente su un lato), sulla fronte, l’ureo, e il dito indice destro davanti alla bocca (posizione di chi era destinato a regnare). Sul cartiglio accanto alla sua testa viene chiamata sposa divina…. amata da Amon. Non si può quindi dire che Senenmut non peccasse di immodestia, sembra, infatti, che il suo status fosse in continua ascesa. Benchè avesse raggiunto una posizione sociale di primo piano ed una indiscussa agiatezza economica, Senenmut non prese mai moglie, cosa molto rara per un egiziano, addirittura inconcepibile per un egiziano ricco. Infatti com’è noto questi ultimi non solo erano ammogliati ma potevano permettersi di mantenere più di una concubina. Una piccola statua lo ritrae in piedi mentre cammina con Neferura tra le braccia, sul retro della piccola scultura, una citazione dal Libro dei morti: Sono io colui che uscito dai flutti del fiume ebbe in dono l’Api (l’inondazione) per cui anche il Nilo è in mio potere. Oppure la statuetta conservata al museo del Louvre che lo raffigura con la corda da agrimensore. Quì viene citata la famosa stele della fame egli paragona addirittura al dio Khnum-Shu, l’agrimensore degli dei che presiedeva alle inondazioni. Senenmut si era montato la testa tanto da anticipare (cronologicamente) Akhenaton, proponendo al paese una sua riforma del sistema religioso? Sembrerebbe di si! Se fino ad allora le sorti dei defunti venivano decise misteriosamente e magicamente da Osiride, Senenmut, nel suo cenotafio di Gebel Silsila lascia chiaramente intuire quanto fosse più tangibile la rinascita dei defunti attraverso l’inondazione annuale delle acque del Nilo, piuttosto che la cieca fede nel mistero osiriaco. Hatshepsut, probabilmente appoggiò questa iniziativa e tutto ciò potrebbe aver dato luogo alle vendette attuate dopo la sua scomparsa che si suppone siano state operate dei seguaci del dio Osiride. Senenmut, in ogni caso, era davvero un uomo di grande intelligenza e di incontestabile sapienza, le sue conoscenze nel campo dell’astronomia, ancora oggi, stupiscono chiunque entri nel suo piccolo sepolcro di Deir el Bahari, poco distante dal Djeser Djeseru. Il soffitto evoca i dodici mesi dell’anno, dodici cerchi suddivisi in tre gruppi (le tre stagioni) ed ogni cerchio composto da ventiquattro spicchi, come quelli di un'arancia tagliata per metà (le 24 ore del giorno e della notte), col primo giorno eponimo* quello da cui scaturiva il nome del mese a cui dava inizio. Sembra quasi che egli abbia voluto costruire lì la sua dimora per l’eternità, così da rimanere il perenne guardiano della sua opera maestosa ma, strano a dirsi, egli non vi fu mai sepolto, il perché è ancora un altro mistero. Pare che alla morte della sua giovane pupilla egli cercò di riguadagnarsi le simpatie di Thutmose III e che per questo, la sovrana perse la fiducia che aveva riposto in lui. E’ strano che alla morte della regina, avvenuta a poco più di cinquanta anni di età, Senenmut era già da qualche tempo uscito di scena. Molti pensano che qualche grave contrasto lo avesse separato forse definitivamente dalla sua regina, altri addirittura che l’enigmatico personaggio fosse passato a miglior vita. Ipotesi che però fu verosimilmente smentita da una scoperta fatta nel 1960 dalla spedizione archeologica polacco egiziana. Una statua del Gran Maggiordomo recante il cartiglio di Menkheperra fu ritrovata tra le rovine del Djeser Akhet, ciò testimonierebbe che alla morte di Hatshepsut egli sarebbe entrato nelle grazie di Thutmose III. Forse il motivo di tale allontanamento del fedelissimo Senenmut dalla sua regina potrebbe celarsi in uno strano episodio. Nel tempio di Deir El Bahari, sulle pareti che dal vestibolo si accede alle cappelle di Hatshepsut e Thutmose I, sussiste una scena che rappresenta Senenmut inginocchiato in adorazione davanti al padre della regina. Una scena simile fu eseguita nella cappella dedicata alla dea Hator, un bassorilievo che lo vede rendere il culto alla dama d’occidente (Hator). L’inganno consiste nel fatto che queste rappresentazioni furono realizzate in punti strategicamente studiati per non essere mai scoperti, ovvero dietro ai battenti delle porte. Questi ultimi, nei luoghi consacrati al culto funerario, si dovevano, secondo i rituali cerimoniali, aprire o chiudere sempre dall’esterno e le cerimonie avvenivano sempre e comunque con le porte aperte. Anche se l’officiante della cerimonia fosse stato il faraone in persona, i battenti dovevano restare aperti, cosicché i rilievi che Senenmut aveva fatti eseguire clandestinamente sarebbero passati ai posteri ma occultati agli occhi dei suoi contemporanei. Qualcosa però trapelò e tutto venne scoperto. E’ probabile che egli abbia voluto giustificare il suo gesto inconsulto invocando una presunta autorizzazione di Hatshepsut che molto probabilmente non aveva accordato e che naturalmente smentì per non danneggiare la sua posizione religiosa. Fu questo il motivo per cui un uomo di così grande potenza cadde improvvisamente in disgrazia? Al di là di tutto questo non si conosce ancora la data precisa di quando egli morì ne tantomeno il luogo in cui fu sepolto. Altri personaggi di spicco condivisero l’avventurosa esistenza della “mia regina”: il nobile Pahery, padre putativo di Uazmes, probabilmente nativo di Nekheb, l’attuale el-Kab, città natale di Thutmose I e di cui il nobile Pahery fu Sindaco. Ahmes Pen-Nekhbet, padre putativo di Hatshepsut. Il suo nome significa quello della dea Nekhabit, anch’egli originario di Nekheb, valoroso ufficiale dell’esercito egizio fin già dai tempi di Ahmosi e di Amenofi I. Fu proprio durante le campagne Kushite di Amenofi che il giovanissimo Pen-Nekhbet riuscì a meritare l’oro del valore. Ahmes figlio di Abana (sua madre) anche lui originario di Nekheb fu capo rematore già sotto il regno di Ahmosi I, partecipò alla celeberrima presa di Sharuben (vicino Gaza) coprendosi anch’egli di meritati riconoscimenti. Questo valoroso soldato fece parte anche dell’esercito di Thutmose I e fu uno dei precettori di Hatshepsut. Il tesoriere Djehuty, il capo maggiordomo Amenhotep, il Visir User-amon e il cancelliere Uehesy, celebre comandante della altrettanto celebre spedizione nella terra di Punt, intrapresa per volontà di Amon e per ordine della regina durante il nono anno del suo regno.

Bibliografia[modifica wikitesto]

Ho aggiunto gli editori nella bibliografia; per alcuni libri di autori stranieri non sono riuscito a trovare riscontri in rete per il titolo italiano, per cui ho ripreso il titolo in lingua originale (con editore originale, naturalmente). Del libro "I due cartigli" non ho trovato l'editore.--Ptolemaios (msg) 01:54, 10 mar 2013 (CET)[rispondi]

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