Discussione:Giovanni Semerano (filologo)/Archivio1

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Cancellazione frasi prive di citazione e approfondimento

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"Nella premessa a questo volume, Semerano dichiara esplicitamente che le pagine di questa sua opera sono tese a colpire le ideologie che possono favorire il razzismo." Non si capisce quali siano queste ideologie e come Semerano intenda contrastarle. Sembra una frase buttata lì, senza riscontri. "Tra i vari uomini di cultura noti, che apprezzano il valore culturale del lavoro di Semerano o vi concordano per alcuni aspetti, vi sono: il filosofo Umberto Galimberti, il filosofo Massimo Cacciari, lo storico del Medioevo Franco Cardini, il filologo Luciano Canfora, il filosofo Emanuele Severino, il poeta Gian Ruggero Manzoni, il filosofo Elémire Zolla." Anche questa affermazione è priva di riscontri e citazioni. Uno potrebbe venire e aggiungere altri dieci nomi famosi del mondo culturale italiano. Peraltro, era inserita nella sezione "Critiche" (!!!).--Didimo Chierico (msg) 15:45, 7 gen 2013 (CET)[rispondi]

Non mi piace il tono del testo

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Non mi piace il tono sarcastico, presuntuoso e sprezzante verso i profani che affiora qua' e la' nel testo su Semerano. Ritengo che le critiche, legittime ma soggettive, debbano essere essere confinate nell'apposito capitolo. Non ritengo corretto che chi scrive si arroghi lui il diritto di far passare Semerano per un cretino: cosa che contesto fortemente (e non credo di essere il solo).

Riporto le parti che vorrei proporvi di rivedere (1) e spostare tra le critiche (2 e 3):

1) "(...) Non a caso, tra essi non figura nemmeno un linguista se escludiamo in parte Luciano Canfora (il cui sostegno a Semerano è peraltro più culturale che linguistico-, dal momento che le sue teorie, per quanto seducenti per i profani (in esse abbondano infatti i riferimenti eruditi alle più diverse lingue e culture) sono prive di una reale metodologia linguistica."

2) "(...) In tale ricostruzione, tuttavia Semerano sembra ignorare un fatto essenziale: nel dialetto ionico, a differenza che nell'attico e in molti altri dialetti greci, l'alternanza fra "e" ed "ei", fra vocale breve e dittongo, si trova spesso ed è originata da dinamiche linguistiche ben note. Sinonimi del termine usato dal filosofo, si trovano infatti in Omero, dove si parla di pòntos apèiritos, che secondo le tesi del Semerano dovrebbe essere tradotto dunque non come un "mare infinito", ma come un improbabile "mare terroso"."

3)"(...) Un altro esempio delle paretimologie di Semerano è dato dalla sua proposta per l'origine del latino res "cosa": egli lo fa infatti discendere dall'accadico rēš "testa" (costrutto rēšu), trascurando completamente il fatto che la -s finale del latino è la desinenza del nominativo (dunque il tema della parola latina è re- -*reh- non rēš). È legittimo ritenere[citazione necessaria] che, se avesse preso le mosse dall'accusativo rem sarebbe forse risalito all'accadico rēmu "ventre". È chiaro, da tutta la sua opera, che egli si è semplicemente servito, senza troppi scrupoli metodologici, di dizionari delle più svariate lingue, di cui spesso, deliberatamente, non prendeva in considerazione gli effettivi meccanismi grammaticali."

Probabilmente, inoltre, andrebbe anche scritto da qualche parte qualcosa come "Era inevitabile che Semerano si attirasse le ire dei linguisti: smontando alla radice tutte le tesi su cui si basa la teoria indoeuropea ha sbeffeggiato tutti coloro che hanno dedicato ad essa una vita di studi." (Scritto da Biol, 27/12/2006)

Un pensiero di Semerano sulla lingua umana: “La lingua di oggi è un mare di sabbia, sollecitato dagli apporti di tutte le lingue possibili e la nostra lingua è una sabbia mobile”.--Paolo Sarpi II 23:43, 21 feb 2006 (CET)[rispondi]

Critiche a Semerano

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Riporto da Discussione:Indoeuropeo: ho tratto da questi testi il paragrafo critiche che compare nella voce --MM (msg) 15:31, 26 feb 2006 (CET)[rispondi]


Quanto alle favole di Semerano, esse non sono né ben argomentate come sembra, né originali come parrebbe a prima vista. Non sono ben argomentate, perché in ogni campo della linguistica e della filologia si sono ovviamente avuti progressi, ripensamenti e avanzamenti, nell'ultimo secolo-secolo e mezzo, e sarebbe lungo farne la storia; ma attaccare la linguistica indeuropea perché essa, accanto ad alcuni forti nuclei tematici comuni, mostra un'evoluzione e delle ipotesi divergenti (non tutti accettano il monovocalismo *e e le laringali H1 H2 H3 H4 che trasformano *owis in *Hewis) è assurdo. Sarebbe come attaccare la fisica nucleare e dire che non è valida scientificamente (e parlare di favola dell'atomo) solo perché il modello di atomo da Rutherford, a Bohr, a Plank, a Pauli, ad Eisenberg cambia nel tempo e viene aggiornato. O dire che in generale la fisica è un fracco di fesserie, solo perché Newton, relativamente ai fenomeni dell'infinitamente grande e dell'infinitamente piccolo, è stato superato da Einstein e dalla meccanica quantistica. Quando Schleicher costruiva la sua favoletta "melensa" (facile, per altro, a valle di un eone e più di studi, agli albori del quale c'è anche uno Schleicher, denigrare un testo di prova senza pretese messo insieme da qualcuno che, pur con tutti i limiti e le sparate dei suoi pregiudizi romantici, stava contribuendo a fondare per la prima volta, dopo secoli di biascicata retorica dei mutamenti e di quadripertita ratio, un abbozzo di metodo comparativistico e di linguistica diacronica scientificamente decenti), quando fra linguisti neogrammatici si giocava a comporre nella lingua ricostruita delle frasette (non dissimili dai latinucci di chi approccia per la prima volta la lingua di Virgilio, dunque prove tecniche di plausibilità linguistica), l'idea di fondo era che il fonetismo indeuropeo si schiacciasse, relativamente alle vocali, sul sistema trivocalico dell'indo-iranico e sul sanscrito in specie, che tanto fascino esercita nell'Ottocento, particolarmente nella cultura tedesca, da Schlegel in poi. Chiaramente, le cose non stanno così, e lo si è compreso in séguito, a partire da prestiti che questioni di contiguità storico-geografica palesano essere di chiara origine indoiranica, prestiti rinvenuti in lingue non indeuropee e risalenti a una fase anteriore alle antichissime attestazioni del persiano gathico di Zarathustra e del vedico del Rgveda: quei prestiti fanno pensare che in una fase remota gli idiomi indoiranici avessero ancora *e ed *o distinte da *a. Quanto alla scarsa originalità, a contestare il modello genealogico e a proporre un'alternativa basata sulla convergenza linguistica e sulla contiguità culturale ci ha pensato tempo fa Trubeckoj, in modo molto meno spocchioso e più conseguenziale di Semerano, proponendo un minimo di modello autoconsistente di sviluppo, senza accozzaglie di glosse mal raffazzonate; e in ogni caso l'idea di Trubeckoj resta minoritaria nell'ambito degli studi comparativistici, visto che, pur ripulito dai suoi aspetti culturalmente deteriori, il concetto di base di famiglia linguistica e di sviluppo genealogico delle lingue (con l'opportuno correttivo della wellentheorie) resta un modello interpretativo valido per spiegare la ricorsività di fenomeni linguistici in gruppi di parlate anche totalmente diversi da quelle indeuropee.

(scritto di Amicusieus 19:59, 26 gen 2006 (CET))[rispondi]


Semerano ridicolizza i vecchi linguisti tedeschi, con le loro favolette in indoeuropeo ricostruito. Assumere questo atteggiamento, più che un atto di mancanza di riguardo, è prima di tutto antistorico e poi è anche sleale nei confronti di chi legge, se non è proprio un tecnico del settore. Prima dei denigrati (un po' folli) linguisti tedeschi che giocavano alle protoindoeurononne, non si concepiva l'idea del mutamento linguistico e non si riusciva nemmeno a spiegare come mai nei poeti ci fossero parole e forme arcaiche o in disuso. Si ragionava semplicemente nei termini di spostamento di lettere e di licenza poetica; in parole povere, si facevano affermazioni del tipo: "Omero usa la tal parola nella tale forma, perché gli serviva per i suoi bisogni espressivi: perciò si è preso la libertà di cambiare opportunamente l'ordine delle lettere, di aggiungerne alcune, di sottrarne altre e così via" (i mutamenti fondamentali erano di quattro tipologie di base, perciò i vecchi retori e grammatici parlano di dottrina quadripartita dei mutamenti, quadripertita ratio). Non si pensava per nulla che Omero si servisse di forme linguistiche risalenti a fasi remote dell'evoluzione del greco -oggi sappiamo invece che certi elementi della lingua di Omero, i cui poemi si collocano intorno all'VIII sec. a. C., risalgono alla civiltà micenea, cioè addirittura alla tarda età del bronzo (XVI-XIII sec. a. C.). Quest'idea del linguaggio che evolve è stata formulata per la prima volta proprio dai linguisti tedeschi noti come neogrammatici (nuovi grammatici, in contrapposizione a quelli vecchi, che non avevano idea dell'evoluzione linguistica nel tempo). Fu una grande scoperta, una sorta di rivoluzione copernicana. Tuttavia il nuovo strumento metodologico della comparazione linguistica andava rodato e affinato: molti errori di prospettiva furono commessi. Nell'ebbrezza di aver impresso al linguaggio il movimento della storia, i primi linguisti comparativisti si sono lasciati un po' andare, ma nulla di umano è perfetto. In un secondo momento si è per esempio capito che in un'area linguistica in cui si parlano idiomi caratterizzati da elementi comuni, che fanno pensare alla loro discendenza da una lingua madre, certi mutamenti si diffondono come onde in uno stagno a partire da centri di irradiazione: è la cosiddetta teoria delle onde di Schmidt (in tedesco wellentheorie). Così si è capito che una stessa lingua può avere diverse varianti dialettali, la cui disposizione è indagabile sul territorio. Ne derivò la geografia dei dialetti, prima della quale la sensibilità linguistica della diversità degli accenti e delle parlate non andava oltre l'identità di classe. Si diceva, con tono di irrisione e malcelata intolleranza: "Chi non parla "pulito" è un povero buzzurro ignorante e va bacchettato, cioè ridotto al silenzio". La geografia dei dialetti e la sociolinguistica, oltre ad aver destituito di fondamento le intolleranze linguistiche centralistiche di fascistica memoria, hanno fatto comprendere ai linguisti che una lingua non solo muta nel tempo, nella società e nello spazio, ma anche che ogni lingua non è un sistema monolitico, ma un diasistema, che comprende tante varianti linguistiche. Dato un lasso di tempo sufficiente, dal diasistema verranno fuori spontaneamente dialetti sempre meno capaci di garantire l'intellegibilità reciproca ai membri delle rispettive comunità di parlanti; quei dialetti diverranno poi lingue diverse, tanto diverse che, dopo molte migliaia di anni, si potrebbe perdere ogni traccia avvertibile della loro antica parentela. La levigatezza dei documenti e dei monumenti letterari di una lingua (dal poema di Gilgamesh a Omero, da Virgilio a Petrarca, dal codice di Hammurabi all'iscrizione di Gortina, dal "Corpus Theodosianum" allo statuto albertino) è ingannevole: essa riflette uno stadio definito di quella lingua, ed è frutto di una lunga e laboriosa selezione, anch'essa storicamente determinata. Dopo queste e altre acquisizioni di fondo (ad esempio la distinzione fra "lingua" e "parola" o fra "competenza" ed "esecuzione" da Saussure a Chomsky), gli stessi studi particolari di indeuropeistica sono andati avanti. Acquisizioni archeologiche, reperimento di materiale linguistico prima sconosciuto, hanno modificato il quadro di partenza. Veniamo ora a Semerano e alle sue briose arguzie. Semerano parte dal presupposto che l'indeuropeo sia una favola. Ma una favola non può generare in modo sistematico grosse scoperte, che determinino fondamentali acquisizioni, capaci di mutare la nostra prospettiva della storia. Al massimo da una favola o da una teoria campata in aria possono venir fuori delle acquisizioni casuali. Invece per l'indeuropeo non è così. Un caso tipico è la scoperta della civiltà ittita. La decifrazione delle tavolette ittite è stata possibile partendo dal presupposto che una lingua indeuropea fosse in esse riconoscibile, sotto i caratteri della scrittura cuneiforme nota per altra via. Così oggi noi sappiamo che nell'età del bronzo esisteva una potente compagine statale, che dominava l'Anatolia e la costa della Siria e del Libano e dava filo da torcere agli imperi della Mesopotamia; possiamo ricostruire la storia di questa grande nazione, il suo codice penale, la sua cultura, le trame e gli intrighi della sua diplomazia, le sue campagne militari, che prima ci erano note solo in modo indiretto, dalla Bibbia e dai geroglifici egizi; possiamo addirittura capire il significato originario dei nomi dei suoi re: Mursilis, Suppiluliuma etc. Questa è una grande e corposa acquisizione di conoscenze, che non può nascere casualmente da una favola. Un altro esempio: la decifrazione della grande iscrizione degli imperatori persiani della dinastia Achemenide: solo il riconoscimento di radici indeuropee sotto la scrittura, sempre cuneiforme, di una delle tre lingue in cui è redatta, ha permesso di capire quanto la lingua, la religione e la civiltà della Persia fossero realmente antiche, fornendo un'ulteriore documentazione dell'antico persiano al di fuori degli inni sacri dell' Avesta. Infine la decifrazione dei documenti altomedievali in Tocario nel Turkestan cinese: solo tenendo sott'occhio le forme ricostruite dell'indeuropeo si è riusciti a capirli, altrimenti sarebbero rimasti muti per sempre, come le tavolette ittite e le iscrizioni dei re di Persia. Una favola che funziona ha molte probabilità di essere una favola vera. Le teorie di Semerano invece non funzionano per niente. Un esempio per tutti: il suo libro sull'equivoco dell'infinito nella filosofia antica. Semerano parla della filosofia di Anassimandro, un filosofo greco di età arcaica, figlio della cultura delle colonie greche d'Asia Minore (odierna Turchia, ovviamente). Come tutti i filosofi greci dell'età arcaica, Anassimandro cerca di trovare l'elemento da cui hanno origine tutte le cose, il loro principio (in greco antico, principio si dice arkhé). Per Anassimandro il principio di tutto è un elemento che egli in greco antico chiama àpeiron. In genere, gli studiosi di lingue classiche traducono àpeiron con "indeterminato", "indefinito", "infinito". La parola àpeiron, dicono gli studiosi di lingue classiche, è formata da a- privativo ("senza") e péras, "determinazione", "termine". Dunque gli studiosi di lingue classiche dicono che per Anassimandro tutte le cose derivano da un elemento originario senza determinazioni. Nel momento in cui le cose nascono, assumono una determinazione, un'identità, una differenza. Ma nel momento in cui si differenziano e assumono un'identità, tutti gli esseri (noi compresi) è come se commettessero una colpa originaria, come se volessero sopraffare gli altri affermando se stessi (però intendiamoci: questa colpa originaria non è come il peccato di Adamo ed Eva: la colpa degli esseri per Anassimandro è inevitabile, necessaria; per gli Ebrei, per i Cristiani, per i Musulmani, per tutti i cosiddetti "figli di padre Abramo" insomma, Adamo ed Eva erano liberi di scegliere, perciò responsabili; inoltre tutte le cose, per Anassimandro, tornano nell' àpeiron, sparendo, per poi nascere di nuovo, dunque la colpa si ripete all'infinito senza redenzione, mentre l'atto di Adamo ed Eva è unico, non ripetibile e per i Cristiani è redento dal sacrificio di Cristo sulla croce). A causa della volontà degli esseri di affermarsi e di determinare la loro identità, esistono il male e la sofferenza, che sono inevitabili e senza via d'uscita. Semerano afferma che queste sono tutte sciocchezze. Secondo lui "àpeiron" deriva dall'accadico eperu, che significa "polvere". Dunque, secondo l'idea di Semerano, quando Anassimandro dice che tutto nasce dall' àpeiron e tutto torna nell' àpeiron, in realtà sta dicendo che tutto nasce nella polvere e ritorna nella polvere. Dunque, sempre secondo Semerano, Anassimandro ha preso a prestito un'idea del mondo semitico (idea che in parte si ritrova anche nella Bibbia). Semerano dà una cosiddetta prova linguistica del fatto che àpeiron deriva da apiru e non da péras. La parola péras ha una e breve, mentre àpeiron ha un dittongo ei che si legge come una "e" chiusa lunga. Questo dittongo non può derivare dalla e breve di péras. Con la buona grazia che gli appartiene, il buon Semerano aggiunge che di fronte a tali lampanti tracce della loro ignoranza, gli studiosi di lingue classiche dovrebbero tacere quando si parla di lingue semitiche. Il problema è che Semerano ignora un fatto essenziale. Nel dialetto di Omero, che è una lingua d'arte dell'epica, nello ionico (da cui in gran parte la lingua di Omero deriva), rispetto all'attico e a molti altri dialetti greci, l'alternanza fra e ed ei, fra vocale breve e dittongo, si trova spesso ed è originata da varie dinamiche linguistiche che qui è lungo dire, ma sono tutte ben note. In altre parole, in greco è perfettamente normale sul piano fonetico che à-peiron derivi da péras. La parola àpeiron (una forma sostantivata dell'aggettivo àpeiros, che quindi non è un nome; mentre in accadico apiru, "polvere", è un nome) ha poi vari sinonimi, tutti formati con la stessa radice e con l' a- privativo che vuol dire "senza", più l'aggiunta di un suffisso. Questi sinonimi sono apèiron e apèiritos. Apèiron è usato da Omero nell'espressione: ep' apèirona gàian (per i curiosi, controllate ad esempio l'Odissea, I libro, verso 98) che molti traducono sulla terra infinita e che a questo punto si dovrebbe tradurre sulla terra polverosa, e teoricamente potrebbe quasi andare. Il problema è apèiritos che, come apèiron è del tutto affine ad àpeiros - àpeiron sul piano della formazione delle parole. Sempre nell'Odissea (per i malfidati, Odissea 10,195) si parla di un'isola (un'isola in mezzo al mare) che è incoronata dal pòntos apèiritos, cioè dal "mare..." come lo tradurremo, "mare polveroso?", o "mare sconfinato"?. Il contesto fa capire che l'isola (o penisola in questione, il termine greco nèsos è ambiguo) in questione sta in mezzo all'acqua, perché è l'isola di Circe, poi identificata con il promontorio del Circeo, che non si protende certo in un mare polveroso! Ma, si potrebbe obbiettare, apèiritos non è àpeiron. L'obiezione non regge, perché il greco, come il tedesco, è una lingua che forma facilmente composti, e spesso ne forma molti con la stessa radice, aggiungendo suffissi, oltre che prefissi. Inoltre, ribadisco, sul piano fonetico l'alternanza dialettale peras peiras non è nulla di speciale. A tutti gli entusiasti adepti di Semerano consiglio di deporre per un momento le tavolette accadiche e di consultare il vecchio vocabolario di greco di Lorenzo Rocci. Lì troveranno che dopo il verbo peiràzo e prima del verbo peirào e dei suoi derivati c'è la parola pèiras, forma ionica dell'attico pèras, che vuol dire sempre termine, confine. Dunque, chi ha proposto la derivazione di àpeiron da eperu ignora il greco, e dovrebbe tacere lui. Oltretutto si deve spiegare come mai tutto il pensiero di Anassimandro è improntato sull'orrore della colpa originaria del determinarsi, se àpeiron non è indeterminato; si deve spiegare come mai questa colpa originaria, che Anassimandro prende dalle sette religiose della tradizione orfica, che rimontavano, secondo il mito, ad Orfeo, che è molto greco e poco semitico (manca l'innovativo concetto giudaico-cristiano di libertà di scelta, ai greci), sia in qualche modo latente in tutta la filosofia antica, specie nel periodo arcaico. Se al posto dell' indeterminato tutto greco mettiamo la polvere mesopotamica, salta la grammatica del greco e salta tutta la tradizione dei pensatori greci. Non degli studiosi di lingue classiche, ma dei greci stessi! L'ipotesi accadica di Semerano non sta in piedi. E un'ipotesi che non sta in piedi ha l'aria di essere una fandonia. Il resto sono sciocchezze. Sciocchezze che nascono da un'epoca di pensiero debole, che ha in mala fede abbandonato l'idea di sviluppo storico e contesta il concetto di evoluzione anche nella biologia, pur di dar voce al biascicare dei fanatici religiosi, un'epoca di profonda disonestà intellettuale. E la cosa più triste è che filologi di professione che hanno competenze e idee sono messi al margine di un mondo accademico pieno di clientelismi, promozioni d'alcova e corruzione, mentre bastano due sparate sensazionalistiche e un imparaticcio mal raffazzonato per ricevere calde attestazioni di stima in alto loco da parte di qualche cronista culturale d'accatto. Ma tant'è, a casa vostra potete dirmi quel che volete, diceva il Guido Cavalcanti della novella di Boccaccio. Addio

(scritto di Amicuseius 17:25, 27 gen 2006 (CET)[rispondi]


Non sono naturalmente un esperto di linguistica, purtroppo nemmeno di alcuna altra scienza, arte, disciplina, ma cerco di farmi qualche idea leggendo le opere altrui e cercando di ricavarne diletto e cultura. Per questo mi trovo a disagio per il tono, che a me pare esageratamente sarcastico, sprezzante e denigratorio, usato da Amicuseius quando svolge le sue dotte critiche sull'opera di Semerano. Con tutta sincerita' ho trovato la lettura di Semerano molto interessante e coinvolgente, avendo io un modesto interesse di linguistica, e reagisco con fastidio alle sgradevoli conclusioni di Amicuseius che non solo ha dure parole di rifiuto nei confronti di Semerano, e questo passi, ma rivolge lo stesso sarcasmo ed astio anche nei confronti di chi lo legge o ne fa oggetto di pubblicazioni editoriali: questo mi pare un po' troppo becero e fuori luogo, almeno qui su Wikipedia. Non vorrei si dimenticassero i riconoscimenti ottenuti da Semerano in ambito accademico, pur in assunzione di posizioni che contrastavano il mondo ufficiale che Amicuseius pare voler rapprsentare con cosi' forte convinzione ed ardore. In fondo un po' di relativismo fa bene proprio a tutti, a maggior ragione se non piace al Papa ed a Pera, che sono in buona compagnia di tutti i despoti della storia a partire da Stalin e Hitler. (scritto da Giampaolo Arienti 14-06-06)

Perche` non cancellarlo ?

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Credo di poter dire che Semerano possa essere considerato un dilettante, nella migliore delle ipotesi. Mi domando, ma proprio tutte le teorie piu` stravaganti meritano di stare su wikipedia? Semmai non si potrebbe riproporlo quando le sue teorie saranno accettate (cioe` secondo me mai)? Saluti Utente:Giorgiomugnaini.

Un tempo qualcuno avrebbe proposto la cancellazione tramite il rogo. Personalmente consiglio di leggere le sue opere, sono stupende.--Paolo Sarpi II 19:48, 7 mar 2006 (CET)[rispondi]
Wikipedia è un'enciclopedia neutrale, non sta a noi decidere quali teorie siano o meno stravaganti, noi possiamo solo riportarle e riportare le eventuali critiche e opinioni su di esse. Ovviamente non dare spazio a una teoria perché reputata infondata è una forma di censura, e quindi non in accordo con Wikipedia.

--Yupa 21:03, 7 mar 2006 (CET)[rispondi]

Non la butterai tanto sul drammatico. Forse ho interpretato male, ma che mi dite dello spirito e della lettera di Wikipedia:Niente_ricerche_originali ? --Utente:Giorgiomugnaini

Significa che che gli utenti non dovrebbero pubblicare proprie ricerche originali. Cioè: se ad es. io sono un pincopallino qualunque che ha elaborato una nuova teoria linguistica senza averla mai pubblicato in altri posti, allora non posso approfittare di Wikipedia per farlo (questo si intende per Wikipedia:Niente_ricerche_originali). Ma non è questo il nostro caso: questa è una voce su un personaggio che ha ricoperto incarichi di rilievo e ha pubblicato diversi testi per un editore di un certo prestigio. Magari le sue tesi sono tutte false e infondate, ma questo ci riguarda fino a un certo punto: noi dovremmo limitarci a riportarle e a riportare le critiche che sono state rivolte alle sue tesi, senza apporre alcun giudizio personale di merito.

--Yupa 09:50, 9 mar 2006 (CET)[rispondi]

Va bene, lasciamo stare la questione Semerano. Ma su wikipedia dovrebbero avere spazio anche le tesi piu` assurde su Atlantide (non mi riferisco alla blanda voce gia` esistente), UFO, mostro di Lochness ..., tipo Peter Kolosimo o E. Daniken, o i loro epigoni moderni... ? Dove e` che bisogna fermarsi? Dove sta la differenza tra una "teoria" cervellotica e incredibile e la vera robaccia (auspicabilmente) impubblicabile? --Utente:Giorgiomugnaini

Una precisazione: se qui si dice che nel 2004 Semerano ha compiuto novantatre anni dovrebbe essere nato nel 1911. Cosa confermata qui. Chi ha ragione?

εΔω ("sloggato").
Su alcuni siti si scrive 92 in altri 93 anni, su l'anno di morte mi pare che tutti siano concordi nel 2005. Personalmente non ho altre informazioni. Proverò a chiedere ad un suo editore. Ho saputo della sua esistenza e opera dopo la sua morte.--Paolo Sarpi II 18:33, 8 mar 2006 (CET)[rispondi]
È sicuramente morto nel 2005: La Repubblica aveva pubblicato per l'occasione un articolo scritto da Galimberti. Sulla data di nascita non so dire. --Yupa 20:24, 8 mar 2006 (CET)[rispondi]

Nascita e morte dovrebbero essere: Ostuni (BR) 21 febbraio 1911 - Firenze 21 luglio 2005.

Qualcuno ha inserito tale paragrafo nella voce alla sezione critiche.

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... Da un punto di vista linguistico la metodologia è del tutto dilettantesca. Per fare un esempio, egli fa discendere il latino res "cosa" dall'accadico rēšu "testa", trascurando completamente il fatto che la -s finale del latino è la desinenza del nominativo. È legittimo ritenere che, se avesse preso le mosse dall'accusativo rem sarebbe forse risalito all'accadico rēmu "ventre". È chiaro da tutta la sua opera che egli si è semplicemente servito, senza troppi scrupoli metodologici, di dizionari delle più svariate lingue, di cui spesso ignorava i meccanismi. ...

Se può essere utile, cosí scrive Semerano nel suo dizionario etimologico del latino e delle voci moderne a proposito di rēs:

rēs, rēī e rei oggetto, beni, sostanze, oggetto di interesse, di contesa, affare, etc. Si fecero richiami, senza affrontare il problema, al ved. rām (ricchezza), al sanscrito revān (ricco): per il quale cfr. ass. rabūm (grande, potente); “rēs” richiama la base di accad. rēš, st. c. di rēšu (oggetto, pezzo, capo nel senso lat. di “caput” nelle enumerazioni, cioè unità da computare, beni, ‘Stuck: Vieh; Haupt, Kopf, Bestes, Haupstuck’;rēš makkūri: ‘Kapital’).--Paolo Sarpi II 18:40, 24 mar 2006 (CET)[rispondi]


Appunto. Se si legge questo testo la maggiore, apparente, somiglianza tra "rēs" latino e "rēš" accadico, rispetto ai richiami proposti da altri con il vedico "rām" e il sanscrito "revān" sembrerebbero evidenti. Tuttavia l'assonanza è suggestiva ma niente affatto scientifica e mi pare assolutamente scorretto buttare sul piatto due parole che "suonano" allo stesso modo, ma in realtà sono due cose diverse (una è un termine declinato al nominativo e l'altra una "base") e senza spiegare affatto (e magari contestare se non si trovano validi) i motivi per i quali gli altri termini sono stati proposti come richiamo negli studi linguistici. Non so abbastanza di linguistica per sapere quali siano questi legami, ma ne ho una superficiale conoscenza, tanto da sapere che certamente non si basano sul fatto che i termini suonino più o meno uguali, ma sulla storia delle loro trasformazioni in base a regole ricostruite in modo preciso. Nessuno nega che si tratti di una ricostruzione e che pertanto possa essere contestata e discussa, ma per l'appunto bisognerebbe che questa contestazione venisse fatta perché una teoria contraria possa ritenersi parimenti scientifica. --MM (msg) 09:41, 31 mar 2006 (CEST)[rispondi]

L'assonanza è inesistente. La parola res indica la cosa come tale, nel suo senso più generico e materiale di oggetto (che si può possedere), essendo esclusa, in latino, ogni forma di connotazione affine a quella di caput, anche quando appare riferito ad oggetti inanimati. I paragoni col sanscrito e altre lingue indoeuropee sono invece fortissimi, considerando che la -m finale di rām è accusativo singolare, affine a re-m. Tenete conto che in vedico il nominativo di rām è rayis. La desinenza -s comune a re-s e rayi-s (o ray-as) non vi dice nulla? Possibile che non si capisca che la comparazione linguistica è basata sull'organico confronto di paradigmi di declinazione e coniugazione, uniti al confronto sistematico dell'evoluzione fonetica delle radici lessicali, e non si fonda su casuali assonanze di glosse qua e là? Quello che rende ancora più urtante il passo citato è la burbanza semeraniana di affermare che "si fecero richiami, senza affrontare il problema, al vedico...". Il problema fu affrontato e come: fu rivoltato come un calzino in decenni di studi accurati i cui risultati Semerano, per ritagliarsi nel modo più facile una nicchia cultural-editoriale, ha deliberatamente, e con malafede, ignorato! AMICUSEIUS non loggato.

Io credo, Amicuseius e MM, che voi malinterpretiate il testo: mi sembra che sosteniate che l'interpretazione del semerano è **alternativa** a quella ram/revan. Invece nel testo si dice soltanto che non bisogna fermarsi lì, ma si propone una ulteriore derivazione di res da res/resu: non c'entra tanto il suono simile - che come dite voi sarebbe piuttosto improprio citare a sostegno della tesi - quanto piuttosto il significato della parola. Res, come ousia in greco, ha un significato molto concreto, tanto che può essere usato per indicare le ricchezze: appunto, ram/revan, ma anche il resu accadico, che ha valore di unità da computare appunto come bene da quantificare. Di nuovo, Amicuseius, malinterpreti quando dici che Semerano dice che res equivale a caput. E' resu accadico che è usato nel senso in cui si usa caput latino. Kerux83

Atena nera

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Ci sono dei link incrociati fra questa voce e la voce "Atena Nera". Perché? Capisco che fra questi due studiosi (si fa per dire...) ci possano essere delle affinità, però in nessuna parte della voce su Semerano si parla di Bernal o del suo libro, né nella voce "Atena Nera" si nomina Semerano o i suoi libri.

In realtà la "Atena Nera" di Bernal un minimo di fondamento parziale lo possiede: la Neith (Lilith) camito-semitica dagli occhi di civetta e la Athena dagli occhi di civetta sono la stessa dea (dea uccello della morte e della rinascita) ereditata da due civiltà mediterranee diverse a partire da una comune, remota, base proto-neolitica. Si deve infatti tener presente che, al di là delle sue metodologie troppo disinvolte, c'è da riconoscere a Bernal il tentativo di scavare oltre gli strati storici recenti, sebbene con risultati non accettabili sul piano linguistico. Semerano dice cose totalmente infondate senza dire nulla di nuovo. AMICUSEIUS non loggato.

Il pregio di Semerano

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Il pregio di Semerano, per chì ha avuto la fortuna di conoscerlo e di studiarlo, è quello di aver trattato le lingue umane antiche, come entità viventi, costituite da un corpo fonetico-fonologico e da un'anima semantica, indissolubilmente legati e intrecciati. Mentre certi linguisti storici e certi filologi trattano la lingua umana come mera fonetica, credendo stoltamente che la lingua umana funzioni come una macchina o evolva come potrebbero evolvere dei robot programmati per riprodursi o come i suoni degli strumenti musicali che ovviamente non possiedono un'anima con la relativa arbitrarietà. A certi indoeuropeisti, Semerano non piace, perché ha smascherato la loro pochezza scientifica e la loro arroganza.

Lei AMICUSEIUS scrive:

La parola res indica la cosa come tale, nel suo senso più generico e materiale di oggetto (che si può possedere), essendo esclusa, in latino, ogni forma di connotazione affine a quella di caput, anche quando appare riferito ad oggetti inanimati.

Ma mi sa dire da dove arriva questa parola (res), quale si stata la sua evoluzione storica precedente al caso latino e non le sembra possibile che le parole nel corso dei secoli e dei millenni, passando di bocca in bocca, di popolo in popolo, di terra in terra, oltreché variare foneticamente, non possano anche variare semanticamente, assumendo nel tempo significati che vanno dal nominare cose concrete al nominare concetti astratti?

E perché limita la sua comparazione linguistica al sanscrito e al vedico?

Ultima risposta di un utente stufo

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Lei scrive (chiunque lei sia, ma temo di intuirlo): "Il pregio di Semerano, per chì ha avuto la fortuna di conoscerlo e di studiarlo, è quello di aver trattato le lingue umane antiche, come entità viventi, costituite da un corpo fonetico-fonologico e da un'anima semantica, indissolubilmente legati e intrecciati". Semerano ha semplicemente inventato una teoria sballata per farsi spazio sul mercato librario nella nazione europea col più basso tasso di lettori e col più alto tasso di analfabetismo scientifico. Nel fare questa bella operazione, ha avuto dalla sua molti bei nomi, della cultura e dell'accademia della nazione più cortigiana d'Europa; una nazione dove il titolo accademico è diventato di fatto, in un buon settanta per cento dei casi, un'onorificenza che si trasmette di padre in figlio o si attribuisce per mera rinomanza mediatica o simpatia; una nazione dove la scienza è finanziata meno che in tutto il resto del mondo occidentale... Questo è un dato. Le discussioni su Semerano e sull'indoeuropeo sono durate anche troppo. Se lei si fa un giro sulle Wikipedie di altre nazioni noterà che non si fa conto di lui, perché il suo metodo è oggettivamente ascientifico e non c'è altro da dire. Ci sono fior di filologi e linguisti che trattano le lingue antiche come entità viventi, leggendone l'evoluzione secondo leggi armoniche e dotate di autoconsistenza. Lei non li conosce, evidentemente. E del resto, è chiaro che a lei il concetto di evoluzione, per quanti resti fossili e reperti le si possano mostrare, sembra un'altra favola. Il dato a cui lei è stato messo di fronte è empirico: il confronto di Semerano non regge, perché non distingue una terminazione da una radice. In altre parole, ignora le basi della grammatica. Chi ignora le basi della grammatica non ha il diritto di accusare vigliaccamente di pochezza scientifica e di arroganza, solo per attrarre l'attenzione su di sé, chi fa con metodo e scrupolo il suo lavoro. E lei, che non si firma e insulta, ha trasformato un luogo di discussione in una gazzarra incivile.

Quanto alle "simpatiche" osservazioni di Giampaolo Arienti, che mi dà bonariamente del becero, ed è tanto fiducioso nel valore che automaticamente conferirebbero i titoli accademici,egli ammette di non essere un linguista. Be', io invece lo sono, e per formazione, lo ammetto, ammetto questa grave colpa... E conosco (da vicino) anche le dinamiche che governano gran parte del mondo accademico. Potrei raccontare di un amico, un filologo classico di grande acutezza, al quale fu detto, col sorriso sulle labbra, da qualcuno in alto nell'università, di non farsi illusioni su un eventuale sviluppo di carriera, perché tanto fra rampolli, nipoti e nipotini, c'era una lista d'attesa fino alla metà del XXI secolo... Se questo non le basta come esempio...--Amicuseius 23:52, 10 gen 2007 (CET)[rispondi]

Lebenswerk

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Questo paper fontato nella voce afferma che scrisse una sorta di vocabolario bilingue accadico-latino e accadico-greco, composo da 9.000 parole, senz abasarsi su precedenti lavori filologici, bensì su schede semantiche da lui raccolte con pazienza.La precedente versione più estesa, ultima "alla fien degli anni Sessanta", andò persa durante l'Alluvione di Firenze.

Nel 1984, si sarebbe rimesso al lavoro, recuperando il lavoro dei vent'anni precedenti (che conosceva a memoria), pubblicandone un compendio nello stesso anno. Fatto sta che uscì un libro di due volumi che è probabilmente quello che riporgta buona parte delle 9.000 parole. Fatto rilevanze per WP e per la sua disciplina.

Di interessante, vi è anche quanto segue:

«Il punto che non va passato in secondo piano è che il benché minimo sarcasmo sarebbe comunque fuori luogo: gli indo-europeisti sono i primi a maneggiare il loro paradigma ricostruttivo come un modello di comodo, non come una Bibbia granitica. Trattare con sarcasmo l’evoluzione e le criticità del paradigma PIE sarebbe come ridicolizzare la fisica del Novecento perché il modello atomico si è evoluto nel tempo, da Rutherford in poi. Il tono di Pisani (1969) è quello costruttivo di un intellettuale che dall’interno delle regole di ingaggio della indo-europeistica invitò i discepoli alla prudenza; il tono di Semerano è quello denigratorio di chi si pone fuori dalla cerchia. Si rifletta sul fatto che anche Vittore Pisani (come Semerano) era un autodidatta, in sanscrito, in glottologia come in linguistica comparativa; con ben altri risultati e ben altro seguito. Quindi il mondo accademico è in grado di recepire talenti quando rispondano a specifici requisiti di metodo; esiste una mobilità sociale all’interno dell’università. Tanto più che Semerano si atteggiò a escluso dal novero degli indoeuropeisti, ma non venne adottato nemmeno da quello dei semitisti.»

La discussione afferma che ridicolizzò l'evoluzionsmo, ma da nessuna parte si legge che era un'autodidatta come l'allora decano dei glottologi italiani, Pisani. Rilevante anche la frase non fontata, ma diuno specialista, secondi cui indoeuropeisti sono i pirmi anon credere vero quello che predicano, ma a considerarlo un "modello", un'astrazione selettiva delle realtà, che non è né vera né concreta né storica, ma soltanto comoda per l'apprendimento didattico e per fare calcoli che comunque riescono a prevedere e controllare i fenomeni noti, anche partendo da premesse false. Il paper non depone a favore di Semerano. Scrivo qui, anche per risponder eindirettamente al POV di cui sopra. Saluti--Philosopher81sp (msg) 20:15, 19 ago 2020 (CEST)[rispondi]

Semerano si occupò di Ieropoli e del suo spiritismo (p. 151). Forse per questo fu inviso a tanta gente che adora il massone Darwin.

Un po' di modestia (e di rispetto per gli altri) non guasta mai

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Vorrei avere anch'io le certezze ed il piglio di Amicuseius per il quale non è certo colpa essere linguista: anzi è così abile da dirottare l'argomento della sua risposta verso il mondo dei baroni accademici (non ACCADICI, mi raccomando)che ancora non era stato toccato e tutto sommato nulla c'entra con l'esperienza di Semerano. Il tutto condito da un accenno di petto tronfio che mi ricorda il Totò di "...ed io lo nacqui" oltre al tradizionale "Lei non sa chi sono io". Se permette sono stufo anch'io.( Giampaolo Arienti )

Totò era una persona seria. I linguisti sono persone serie. Semerano e i "semeraniani" no.

Questa discussione riguarda Giovanni Semerano e le sue opere, non il BON TON: temo lei abbia sbagliato sezione. In ogni caso non si dovrebbe nascondere dietro l'anonimato, mica sarà un ricercato per caso. (Giampaolo Arienti)

Sono Paolo Sarpi II

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Circa un anno e mezzo fa, iniziai questa voce che poi venne travolta da ondate distruttive. Ora, visto il generale disinteresse, mi provo a ridarle dignità e a ridare dignità a quest'uomo, già passato a miglior vita e che non può più difendere la sua memoria. Un uomo, Giovanni Semerano, che ci ha lasciato in dono, senza peraltro arricchirsi economicamente in vita, un'opera che merita tutto il rispetto che si deve alla fatica e all'impegno di chì ha cercato, pur con i suoi limiti, di fare un po di luce sul passato culturale e linguistico di noi uomini europei. Ed è certo che molto del suo lavoro è apprezzato da tanti.--Paolo Sarpi II 21:07, 9 ott 2007 (CEST)[rispondi]


Bentornato. Tempo fa ho effettuato la segnalazione di non neutralità ma, un po' per inesperienza, un po' perché in effetti la voce risultava abbandonata, non ho più dato seguito alla discussione. Spero di farlo produttivamente ora. In particolare non trovo molto consoni i seguenti passaggi:

  • Le teorie di Semerano sono fortemente criticate dalla maggior parte dei linguisti. Infatti, egli contesta la teoria dell'indoeuropeo appuntandosi in particolare contro i linguisti tedeschi degli inizi dell'Ottocento, ma senza tener conto della successiva evoluzione degli studi (per esempio la cosiddetta teoria delle onde, in tedesco Wellentheorie), che ha portato a una correzione e affinamento delle prime ipotesi. Inoltre, l'affermazione di Semerano, secondo cui l'esistenza dell'indoeuropeo sarebbe una "favola", si scontra di fatto con le scoperte filologiche ed archeologiche che a partire dalla fine del XIX secolo hanno verificato la teoria. Ci vorrebbe una citazione.
  • Infine, l'intera teoria di Semerano si basa su una vastissima serie di accostamenti di termini eterogenei, senza tuttavia che venga proposto un coerente modello alternativo a quello elaborato dalla linguistica tradizionale, senza che venga definito un metodo di fondo per il rinvenimento di prestiti e derivazioni, e senza che vengano spiegate e definite le leggi linguistiche (leggi fonetiche e regole di formazione delle parole) che avrebbero presieduto allo sviluppo delle varie lingue esaminate a partire dalle antiche lingue mesopotamiche. L'intero sistema di Semerano appare fondato sulla paretimologia, e poco serve a giustificarne l'orientamento il fatto che Semerano stesso critichi l'idea che le lingue vadano confrontate tenendo conto delle loro strutture grammaticali e fonetiche, a partire dai documenti più antichi realmente attestati, visto che i suoi scritti comprendono soprattutto assonanze. Idem, ma qui mi sembra particolarmente forte il punto di vista dello scrivente.
  • Questo però non implica discendenza linguistica fra l'accadico e il greco, il latino o il sanscrito, poiché la grammatica dell'accadico è incompatibile per struttura e fonetica con quella del greco, del latino e del sanscrito, tre lingue che invece hanno desinenze, sintassi e strutture assai simili. Popoli di lingue molto diverse condividono spesso la stessa cultura materiale: ad esempio, i Giapponesi e gli Americani condividono l'uso di computer e telefonia mobile e molte innovazioni dell'informatica vengono dal Giappone. Questo però non implica che la lingua inglese derivi dal giapponese. Sa di ricerca originale.
  • La ricostruzione di Semerano tuttavia non regge nemmeno a una prima analisi obbiettiva, poiché in realtà essa sembra ignorare che nel dialetto ionico, a differenza che nell'attico e in molti altri dialetti greci, l'alternanza fra "e" ed "ei", fra vocale breve e dittongo, si trova spesso ed è originata da dinamiche linguistiche ben note (ápeiron < *áperwon come peírar < *pérwar). Sinonimi del termine usato dal filosofo, si trovano infatti in Omero, dove si parla di pòntos apèiritos, che secondo le tesi del Semerano non dovrebbe essere più tradotto come un "mare infinito", ma come un improbabile "mare terroso" o "fangoso". Idem.
  • Non vale contro tale interpretazione, l'affermazione di Semerano, secondo cui, tra i fisici ionici, mancherebbe qualcuno che vede nella terra, l'arkhé o principio delle cose, così come Talete l'aveva visto nell'acqua, Anassimene nell'aria, Eraclito nel fuoco. In realtà, l'idea che la Terra fosse madre di tutte le cose era ben presente agli antichi: era al centro del mondo ideale tradizionale di Omero e di Esiodo, da cui i filosofi presocratici (se escludiamo solo in parte Talete, che si rifaceva al mito omerico di Oceano e di Tetide), tendono a prendere le distanze in modo più o meno netto. Perciò i filosofi presocratici non parlano della terra come di un principio informante: perché questa appariva come principio delle cose nel mito da cui spesso, anche se non sempre, cercavano di distaccarsi criticamente. Ma anche quanto c'è in mezzo.
  • Un altro esempio delle paretimologie di Semerano è dato dalla sua proposta per l'origine del latino res "cosa": egli lo fa infatti discendere dall'accadico rēš "testa" (costrutto rēšu), trascurando completamente il fatto che la -s finale del latino è la desinenza del nominativo (dunque il tema della parola latina è re- -*reh- non rēš). È legittimo ritenere che, se avesse preso le mosse dall'accusativo rem, sarebbe forse risalito all'accadico rēmu "ventre". Questo contiene perfino illazioni.

Non intendendomene, posso soltanto rilevare una lettura molto sbilanciata, e per il resto devo rimettermi agli esperti. Se si può fare qualcosa... Grazie. --l'Erinaceuschimmevò? 21:24, 9 ott 2007 (CEST)[rispondi]

Sono lieto del tuo intervento. Per il momento non entro nel merito delle critiche qui riportate, che peraltro come critiche, dovranno essere posizionate in un'apposita sezione con le controcritiche, come già esiste in altre voci, tipo Nostratico. Le sezioni dedicate alle opere del Semerano dovranno illustrare fedelmente il suo pensiero e i suoi testi, senza falsificazioni, poiché questa è la sua VOCE e non altre. Grazie ancora e se hai la voglia e la possibilità acquistati "Le Origini della Cultura Europea", così potrai farti un'idea (secondo me non sarebbe tempo perso e nemmeno soldi sprecati). Io posso dare soltanto un piccolo contributo e con gran fatica. Peccato non vi siano altri che si prendono a cuore la voce. Pasienza!--Paolo Sarpi II 23:05, 9 ott 2007 (CEST)[rispondi]
Molte grazie per il consiglio, un libro non è mai tempo perso (quand'anche talvolta, ma ho fiducia che non sia questa, denaro sprecato). Intanto seguo con interesse l'evoluzione della voce. Sono d'accordo sulla scelta di fare un'apposita sezione per le critiche. --l'Erinaceuschimmevò? 18:06, 11 ott 2007 (CEST)[rispondi]

Modifiche odierne

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Ho fatto un po di ordine, aggiunto qualche esempio della compazione lessicale dell'autore e aggiunta qualche nota con pagine esterne che possono contribuire a chiarire qualche punto. Ho raggruppato le critiche in due sezioni, una specifica per "L'infinito un'equivoco millenario" e una generica sulla "teoria" del Semerano; anche se Semerano non ha mai parlato ne scritto di star formulando "Teorie". Cosa ve ne pare?--Paolo Sarpi II 20:39, 10 ott 2007 (CEST)[rispondi]

Oggi ho fatto qualche aggiunta alla sezione "La favola dell'indoeuropeo"; poi ho raggruppato in un'unica sezione (suddivisa in tre parti) le critiche alle tesi di Semerano e aperto un'altra sezione ove ospitare eventuali controcritiche. Che ve ne pare?--Paolo Sarpi II 20:23, 11 ott 2007 (CEST)[rispondi]

Il discorso risulta però ora spezzettato e di più difficile comprensione: spostare le critiche ad un ragionamento tutte insieme in fondo, fa perdere il collegamento con il ragionamento stesso, che uno si dovrebbe andare a rileggere per ricordarsene, saltellando qui e là sulla pagina. Meglio analizzare e discutere una teoria per volta. Non avrei nulla in contrario a premettere un cappello introduttivo generale che dica l'essenza della teoria di Semerano, l'essenza delle critiche che vi vengono rivolte e l'essenza delle eventuali confutazioni a queste critiche. (msg) 03:11, 12 ott 2007 (CEST)[rispondi]

L'idea di mettere un "cappello sintetico, introduttivo", mi pare buona, magari con anche i rimandi alle varie sezioni ove si sviluppano e la voce che illustra più nel dettaglio il pensiero e le opere del filologo nonché il confronto critico.
Infatti avevo già inserito una sezione di sintesi del pensiero del Semerano, sia pure in fondo alla pagina.
Lo stato della voce di partenza e le mie possibilità, non mi hanno consentito di procedere diversamente.
Ora sto lavorando alle tesi a favore, che mancano e la voce è sbilanciata.
Posso spostare la sezione sintetica sotto alla biografia e contribuire a migliorarla restando il più stringati possibile, sia nell'illustrazione del pensiero di Semerano sia nel dibattito critico.--Paolo Sarpi II 19:09, 12 ott 2007 (CEST)[rispondi]

Ho seguito il suggerimento di MM, spostando, sotto la biografia, la sezione "Teoria" e predisponendo un abbozzo di testo da sviluppare e migliorare. Poi ho aggiunto tre nomi alle voci correlate; sono nomi di studiosi di lingue la cui opera innovativa è stata ed è criticata dai "linguisti tradizionali". Poi ho cercato anche di trovare, in internet (poiché non sono dell'ambiente ...), qualche nome di critici e contrari a Semerano ma non ho saputo cercare bene e ho trovaro soltanto questo : Giovanni Semerano Critiche Wikipedia : Le teorie di Semerano sono fortemente criticate dalla maggior parte dei linguisti. Infatti, egli contesta la teoria dell'indoeuropeo appuntandosi in ... it.wikipedia.org/wiki/Giovanni_Semerano - 40k -, scusatemi. --Paolo Sarpi II 21:22, 12 ott 2007 (CEST)[rispondi]

Mi sembra che la voce stia prendendo una buona piega, grazie al fattivo e positivo contributo di MM che ha un tocco magico, anche se ancora velato da qualche lieve idiosincrasia verso certi "rimandi esterni". Manca qualche aggiustamento quà e là e poi la voce, a mio avviso, potrebbe riternersi sbozzata discretamente.--Paolo Sarpi II 07:40, 14 ott 2007 (CEST)[rispondi]

Digitando su Google "Giovanni Semerano" esce questa dicitura:

  • Giovanni Semerano (filologo) Wikipedia...

(Reindirizzamento da Giovanni Semerano). Vai a: Navigazione, cerca ... [modifica] Critiche. Le teorie di Semerano sono fortemente criticate dalla maggior ... it.wikipedia.org/wiki/Giovanni_Semerano - 40k

Non so cosa dire.--Paolo Sarpi II 20:48, 12 ott 2007 (CEST)[rispondi]

Da ieri su Google Il commento è mutato: Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. (Reindirizzamento da Giovanni Semerano). Vai a: Navigazione, cerca. Questa voce è di parte ... it.wikipedia.org/wiki/Giovanni_Semerano - 40k ---Paolo Sarpi II 07:43, 14 ott 2007 (CEST)[rispondi]

  • Oggi su Google, la voce è così:

Giovanni Semerano (filologo) - Wikipedia

Giovanni Semerano (Ostuni, 1911 - Firenze, 2005) è stato un filologo italiano, studioso delle antiche lingue europee e mesopotamiche. ...it.wikipedia.org/wiki/Giovanni_Semerano - 56k - Mi pare buona! Paolo Sarpi II--82.106.121.52 22:16, 22 ott 2007 (CEST)[rispondi]

Critiche a Semerano

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Le critiche alle tesi del Semerano sono sprovviste della citazione delle fonti: nomi e cognomi, testi, articoli, documenti appropriati. Non credo che sia corretto mantenere in una voce delle critiche generiche sprovviste dei dati sulla fonte, perché potrebbero apparire ai non specialisti anche non veritiere e strumentali. In particolare quella su Ápeiron e su RES (con i suoi accenti appropriati). A pag 49 e d'intorni di L'Infinito :un equivoco millenario vi è l'esatto concetto espresso dal Semerano sulla sua interpretazione del pensiero di Anassimandro e d'intorni, legato alla parola Ápeiron (che significa anche polvere e sabbia, materia corpuscolare); tutti concetti che ci conducono all'idea più tarda di atomo. Ricordo come Anassimandro fosse un filosofo e non un linguista e ricordo anche che ai suoi tempi i filosofi erano pure scienziati e indagavano unitariamente il fisico e il metafisico che per loro erano un tutt'uno. Ricordo che i linguisti per interpretare la lingua dei filosofi debbono avvalersi necessariamente dell'ausilio dei filosofi e ricordo anche che i filologhi sono, tra gli specialisti, i più competenti a interpretare le parole dei testi antichi, molto più dei linguisti in quanto possiedono e le competenze filosofiche e le competenze linguistiche necessarie.

Poi non sarebbe una cattiva idea quella di discutere su questa pagina di discussione sulle modifiche importanti: Per esempio:

  • L'omettere dalla voce i riferimenti espliciti a parte dell'opera del Semerano come quella relativa ai suoi Dizionari Etimologici;
  • oppure quella relativa all'omissione dei riferimenti alla Teoria della Continuità (etnolinguistica) laddove questa concorda con le tesi del Semerano mi riferisco a una in particolare (nella teoria della continuità etnolinguistica Mario Alinei ritiene sbagliata la metafora dell'albero linguistico genealogico e insufficente la correzione/aggiunta della teoria delle onde che propone di sostituire o di correggere con la sua idea/innovazione/concetto di sequenza stadiale sociogeografica e con una visione a "rete, cespuglio, bosco stratificato" della complessita storica, sociale, geografica delle lingue e dei linguemi/dialetti);
  • oppure omettere il collegamento alla pagina esterna ove vi si svolge una comparazione di varie etimologie esistenti sul nome Marco, tra cui si trova anche quella proposta dal Semerano (riprodotta fotostaticamente); pagina esterna che potrebbe essere utile a chiarire l'opera del filologo.
  • oppure omettere nelle note la definizione esatta di RES(con i suoi accenti appropriati) contenuta nel testo di Semerano; così da poter verificare la pertinenza e la congruità della critica mossagli.

Non sarebbe male discuterne.

Nel complesso, la voce, a mio avviso, appare ancora di parte e sbilanciata contro Semerano.--Paolo Sarpi II 21:53, 14 ott 2007 (CEST)[rispondi]


  • Per il concetto di apeiron-secondo-Semerano come polvere e il collegamento al concetto di atomo, nulla vieta di esplicitarlo.
  • Non mi è chiaro per quale motivo i filologi dovrebbero possedere competenze filosofiche maggiori dei linguisti e perché i linguisti non abbiano la competenza di valutare linguisticamente la lingua utilizzata dai filosofi.
  • Non so quali dovrebbero essere le informazioni sui dizionari omessi nella voce. Ovviamente parto dal presupposto che inserire i particolari in nota non equivalga ad omettere.
  • La teoria della continuità è trattata in un'altra voce: ha senso ovviamente linkarla e darne una breve definizione, non ha molto senso trattarla nuovamente su questa pagina perdendo di vista il discorso che si sta facendo.
  • Il sito che riporta l'etimologia di Marco è un blog e non riporta nulla di nuovo rispetto a quanto già scritto nella nostra voce.
  • Quanto afferma il testo di Semerano sul termine res è riportato nella nostra voce: se ci sono errori vanno ovviamente corretti, ma non sembra necessario riportare il testo esatto non essendoci mi pare dubbi interpretativi su quanto abbia veramente detto per questo specifico argomento.

MM (msg) 01:19, 19 ott 2007 (CEST)[rispondi]

Infatti:

Sul richiamo alla Teoria della Continuità, si tratta soltanto di esplicitare poche frasi specificatamente connesse e non l’intera teoria, si tratta di una parte specifica che un generico rimando a una voce complessa come quella della Teoria citata risulterebbe vano e poco utile.
Sulla pagina esterna connessa al nome Marco, non entro nel merito delle impressioni soggettive, se sia o non sia un Blog; mi limito a far osservare come in queste pagine esterne intitolate “Marco Etimologia” si tratti prevalentemente dell’etimologia del nome Marco. In esse si trovano e le etimologie correnti del nome Marco, tra cui quella di wikipedia e anche quella data dal Semerano (visibile in copia fotostatica e tratta dalla sua opera pubblicata), più l’ipotesi etimologica che collega Marco a Mako: una delle 27 etimologie globali di Merritt Ruhlen.In pratica tre ipotesi etimologiche con cronologie diverse, una prima e tradizionale che fa risalire tale nome al latino, una seconda con una ipotesi cronologica più antica che mette Marco in relazione con le vecchie lingue mesopotamiche e una terza che la mette in relazione con una cronologia che ci riporta alle prime comunità umane parlanti dell’ipotesi Africana, prima della loro dispersione nel resto del mondo.
Non mi pare proprio un collegamento inutile e privo di interesse culturale utile alla voce; e non nuoce il fatto che in queste pagine si trovino testi in lingua italiana e testi in lingua veneta, come altrove si trovano testi in lingua inglese o tedesca.
mi pare che la cosa sia in parte risolta anche se il trasferimento alle note, degli esempi (certi esempi) riduce l’importanza degli esempi stessi (un pò come esporre la merce nelle vetrine dei negozi o lasciarla chiusa negli scaffali o nel retro bottega) o alla voce lingua indoerupoea dove i casi lessicali e verbali trattati sono molti e ampiamente illustrati, nelle specifiche sezioni e non rimandati alle note.
Gli esempi sul lessico comparato dal Semerano sono importanti perché chiunque abbia una certa dimestichezza con i libri e le lingue, può rendersi conto da sè, e senza la mediazione di “esperti”.
Il mettere gli esempi nelle note (è come metterli nel retrobottega) da la sensazione che si voglia sminuire il lavoro del Semerano o comunque non illustrarlo con la stessa amorevolezza e la dovuta chiarezza con cui si illustrano altre voci.
  • Sui filologhi, filosofi, linguisti
C'è stato chi in questa pagina di discussione ha affermato che tra gli uomini di cultura che apprezzano il lavoro di Semerano vi siano soltanto filosofi e nemmeno (quasi) un linguista, come a dire che i filosofi non capiscono nulla di filologia e di linguistica e che solo i linguisti possono decifrare correttamente le parole antiche per poi concederle alla trattazione dei filosofi e dei filologhi. Le puntualizazione della specificità (scientifica) tra parantesi, accanto a ogni nome dei sostenitori di Semerano da l’impressione di avere la funzione di lasciar intendere che in quanto filosofi ne capiscono poco di lingua(nei suoi aspetti filologici ed etimologici).
Faccio osservare che forse, i più grandi tra loro (filologhi, filosofi, linguisti) sono anche i più umili e i più umani.
  • Su Res(?)
Finché restano le "critiche" è indispensabile che vi sia anche il testo criticato di Semerano, affinché ci si possa rendere conto del valore/bontà/correttezza delle critiche al testo stesso; omettere il testo criticato (o rimandarlo alle note) equivale ad avvalorare in tutto o in parte le critiche anche se fossero errate (il confronto critico dev'essere alla pari).

--Paolo Sarpi II 23:21, 20 ott 2007 (CEST)[rispondi]

Dizionari etimologici

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Credo sia fondamentale non omettere nella voce parte rilevante dell'opera di Semerano, costituita dai due volumi denominati Dizionari etimologici: Così li ho reinseriti nella voce:

Le origini della cultura europea è l'opera principale di Giovanni Semerano, pubblicata in quattro volumi tra il 1984 e il 1994. L'opera è articolata in 4 volumi, singolarmente autonomi, pubblicati nell'arco di dieci anni (1984-1994). Due volumi sono denominati "Dizionari etimologici": 1) Dizionario della lingua latina e delle voci moderne. 2) Dizionario della lingua Greca. Entrambi con il sottotitolo : Basi semitiche della lingue Europee. Gli altri due volumi sono entrambi sottotitolati: Rivelazioni della linguistica storica - in appendice il messaggio etrusco.


I volumi riguardano l'etimologia: uno della lingua greca e uno della lingua latina e delle voci moderne; gli altri due consistono nella disanima di migliaia di parole antiche e moderne presenti nelle lingue europee, di cui vengono stabilite relazioni e corrispondenze con le antiche lingue semitiche (accadico e sumero), con l'ebraico e con l'arabo. Parte dell'opera è dedicata all'etrusco.[2] I due volumi d'etimologia sono i primi dizionari etimologici, delle lingue latina e greca, mai pubblicati prima d'ora in Italia, scritti da un italiano in lingua italiana. In Europa esistono da decenni altri dizionari delle lingue latina e greca, scritti nelle lingue francese e tedesca ma non sono ancora stati tradotti in lingua italiana.--Paolo Sarpi II 22:29, 14 ott 2007 (CEST)[rispondi]

Il redirect

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Perché Giovanni Semerano reindirizza a Giovanni Semerano (filologo)? Ci sono casi di omonimia? Grazie. --l'Erinaceuschimmevò? 20:42, 18 ott 2007 (CEST)[rispondi]

Non lo so, non ho molta pratica. Però posso immaginare che la specifica "filologo" possa essere intesa come "non linguista" o "filosofo" e quindi di scarsa credibilità scientifica. Sottigliezze!--Paolo Sarpi II 23:17, 18 ott 2007 (CEST)[rispondi]
No, no. Mi sono appena accorto che è stato spostato perché esiste un Giovanni Semerano chimico, anche se non ha una voce su Wiki. Come non detto. Al più, se è sbagliata la qualifica di filologo, si può spostare a linguista. --l'Erinaceuschimmevò? 00:15, 19 ott 2007 (CEST)[rispondi]

Sezioni POV

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Quale sarebbe il senso di connotare una sezione che, come da titolo, riporta le critiche alla teoria di Semerano come POV, cioè che riporta un punto di vista specifico in quanto lo critica? In questo caso dovremmo connotare come POV anche la sezione che riporta la sua teoria, visto che indubbiamente vi si trova il POV di Semerano stesso.... Il template più adatto a quanto si voleva esprimere non sarebbe piùttosto {{citazione necessaria}}? MM (msg) 01:02, 19 ott 2007 (CEST)[rispondi]

Ma non so se il senso fosse quello. Certo il paragrafo ora si presenta molto meglio. A me personalmente resta qualche dubbio su alcuni passaggi che credo risentano ancora delle opinioni di chi ha steso il tutto in prima battuta.
Per esempio, che ne pensi di questo?
Inoltre, sul piano filosofico, le fonti greche che parlano di Anassimandro, ed erano linguisticamente e culturalmente molto più vicine di noi al filosofo di Mileto, alludono chiaramente al fatto che ...
Emendabile, non ti pare? Secondo me starebbe meglio come:
Inoltre, sul piano filosofico, si sottolinea{{citazione necessaria}} come le fonti greche che parlano di Anassimandro, ed erano linguisticamente e culturalmente più vicine di noi al filosofo di Mileto, alludano al fatto che ...
Non credo sia un problema ribadire il più possibile la natura critica con attribuzioni anche vaghe, se si tratta di superare un PoV (tanto le fonti non ci sono lo stesso), o togliere avverbi che sono semplicemente arbitrari ("molto": quanto? "chiaramente": per chi?). Per il resto c'è il tmp {{citazione necessaria}}.
(C'è qualcosa, credo, anche nell'altra sezione; mi scuso se per ora non guardo meglio ma ho fatto un po' tardi). --l'Erinaceuschimmevò? 01:59, 19 ott 2007 (CEST)[rispondi]
    • Sul POV, solo alcune considerazioni:
una voce enciclopedica che concerne uno studioso, a mio modesto parere (traendo spunto e modello da altre voci wikipediane), dovrebbe contenere innanzitutto oltre il nome e il cognome e la specializzazione di studio, la biografia e le opere (testi, pensieri o teorie, sufficentemente illustrate); poi, se ve ne fossero anche eventuali critiche alle sue opere e al suo pensiero e qualora ve ne fossero anche le controcritiche.
Tralasciando i trascorsi e limitandosi a osservare lo stato odierno della voce, si ha l’impressione che la distribuzione delle critiche in tre parti: nelle sezioni “Teoria”, “Critiche” e “Dibattito critico” sia palesemente eccessiva, una forma di accanimento critico non terapeutico (al confronto con altre voci analoghe in wikipedia) e che abbia ancora in sè la tendenza inerziale a tacitare e a confondere la voce e il pensiero di Semerano (e questa non è solo un'"impressione").
Parrebbe che non si voglia ch’esso possa esprimersi interamente e compiutamente, per poi eventualmente criticarlo, con argomentazioni valide.
È come se si fosse a una conferenza o a un incontro pubblico in cui l’oratore a cui spetta il diritto di parola, venisse subbissato da grida e urla per impedirgli di parlare o di svolgere compiutamente il suo discorso.
Poi si nota come le critiche siano estremamente generiche e prive di argomentazioni credibili sostenute da fonti autorevoli (studiosi e documenti) con cui poterle verificare.
Se poi si considera che le critiche fatte, in più di un anno da quando è iniziata la voce, non sono mai state dotate delle fonti necessarie, in totale indifferenza per le buone regole wikipediane e del dovuto rispetto per gli utenti ignari e in buona fede, c’è da stupirsi che non siano state rimosse completamente da tempo, per manifesta infondatezza e inconsistenza; oltre tutto, cercando le critiche, parrebbe che esse esistano soltanto nella voce Giovanni Semerano di Wikipedia.
Per quanto concerne le presunte critiche in sè:
non meritano alcuna considerazione poichè sono generiche, palesemente assurde e del tutto prive di consistenza argomentativa nonché del sostegno di fonti autorevoli.
Basta soltanto questo esempio:
Ecco quanto scrive Semerano nel suo dizionario etimologico del latino:
rēs, rēī e rei oggetto, beni, sostanze, oggetto di interesse, di contesa, affare, etc. Si fecero richiami, senza affrontare il problema, al vedico rām (ricchezza), al sanscrito revān (ricco): per il quale confrontare assiro rabūm (grande, potente); “rēsrichiama la base di accadico rēš, st. c. di rēšu (oggetto, pezzo, capo nel senso lat. di “caput” nelle enumerazioni, cioè unità da computare, beni, ‘Stuck: Vieh; Haupt, Kopf, Bestes, Haupstuck’;rēš makkūri: ‘Kapital’).
Questa è la critica al Semerano:
Un esempio delle paretimologie di Semerano è dato dalla sua proposta per l'origine del latino res "cosa": egli lo fa infatti discendere dall'accadico rēš "testa" (costrutto rēšu), trascurando completamente il fatto che la -s finale del latino è la desinenza del nominativo (dunque il tema della parola latina è re- -*reh- non rēš).
Seguendo il medesimo metodo e prendendo le mosse dall'accusativo rem, si potrebbe risalire all'accadico rēmu "ventre".
Un’annotazione :
Si noti soltanto l’asterisco * di -*reh- che (di solito e se non erro ?) serve a indicare una parola o un tema non attestato o ipotetico o (forse da spiegare, ma mai spiegato) e poi la falsità (?) nell’affermare che Semerano “fa discendere” quando lo stesso usa la parola “richiama”.
Inoltre questa palese falsità (?) nell'attribuire fa discendere (che mai il Semerano adopera) al posto del vero richiama o corrisponde(termini che sempre usa il Semerano) è ripetuta più volte.
E comunque anche se nei 9000 e più lemmi indagati dal filologo, se ne incontrasse qualcuno di maleinterpretato (sempre possibile per chiunque qualche errore), questo o questi casi minoritari non possono essere utilizzati tendenziosamente-surrettiziamemente per dimostrare che in tutti gli altri vi è errore, anche quando non vi sia o non sia dimostrato o non sia dimostrabile.
Inoltre la critica a una diversa interpretazione in un caso, non può costituire di per sè una critica all'intera opera di uno studioso e nemmeno costituisce una prova per sostenere la totale incompetenza dell'autore o la sua completa inaffidabilità scientifica.
L'unica critica che potrebbe/dovrebbe essere riportata, qualora vi fossero fonti autorevoli e "citando i casi specifici" potrebbe essere quella: che alcune etimologie tra le tante, approfondite/proposte dal Semerano, risultano sbagliate; altro di critico non c'è e la critica dovrebbe essere riportata esclusivamente in un'apposita sezione, in fondo alla voce e non ripetuta più volte ovunque.--Paolo Sarpi II 22:25, 20 ott 2007 (CEST)[rispondi]
@Erinaceus Sono sempre favorevole a togliere gli avverbi inutili. D'accordo sulla modifica, compresa la necessità di citazione.
@Paolo Sarpi: Semerano dovrebbe aver compilato un dizionario etimologico o almeno così si dice nella voce. In un dizionario etimologico ci dovrebbe essere l'origine delle parole, da dove derivano, se non mi sbaglio. Se (sottolineo se) il suo dizionario etimologico è fatto come è fatta la voce sul termine latino res, che viene riportata qui sopra, hai certamente ragione a dire che non dovremmo scrivere che Semerano faccia derivare il termine latino dal vocabolo accadico: in effetti io ci leggo che Semerano si limita ad esporre le assonanze del termine in esame con altri termini in altre lingue ("richiamano", appunto), ossia somiglianze di suono e presunti legami di significato, non provati da nessun dato di fatto concreto. Si aggiunge che queste somiglianze di suono non sembrerebbero tener conto della differenza tra radice e parola declinata (cosa che mi sembra un dato di fatto: magari Semerano altrove spiegherà i motivi del suo procedere in questo modo che sembra a prima vista così insensato, ma andrebbe detto). Il problema non è un errore, che come giustamente dici sarebbe sempre possibile in una simile mole di materiale: il problema è il metodo utilizzato, se questa voce ne è un esempio efficace (se no ne andrebbe riportata un'altra). In questo caso, almeno in questo caso, in realtà la voce del "dizionario etimologico" non dice un bel nulla sull'etimologia del termine: né ne propone una nuova, né viene veramente contestato il ragionamento per cui non funzionerebbe l'ipotesi tradizionale della provenienza da un termine ricostruito indoeuropeo, basata invece su una serie di regole linguistiche secondo le quali sembra essere stato provato come le parole si sono trasformate (per carità, nessuna regola ipotizzata è una verità assoluta, ma una regola che sembra funzionare dovrebbe essere smontata nel ragionamento che permise di definirla prima di dire che è una sciocchezza: Semerano lo fa? o si limita a dire che ci sono anche altri termini che suonano simili, cosa che io non riesco a comprendere a quali conclusioni dovrebbe portarci e perché dovrebbe comportare che il latino derivi dall'accadico e la parallela non verosimiglianza dell'ipotesi dell'indoeuropeo) . Alla fine se lo stesso vale anche per le altre voci il suo lavoro dovrebbe considerarsi un elenco di suggestioni poetiche, e non un dizionario etimologico (mi pare un dato di fatto, se è vero che non offre etimologie, ma solo "richiami", che l'opera non sia in realtà un dizionario etimologico, ma che sia solo così intitolato, e se è così questo dovrebbe essere doverosamente detto nella voce, proprio per non trarre in inganno chi legge.
Io (tutto ciò che segue si limita ad essere un parere personale, che lascia certo il tempo che trova) non avrei nulla in contrario a rintracciare le origini della civiltà greco-romana in qualcosa di diverso da quello che si è sempre pensato, e sono persino interessata a individuare le ragioni di quell'apparente miracolo che è (un esempio nel mio campo specifico, che è comunque collegato naturalmente al resto) il Partenone, ma mi serve che qualcuno ne offra davvero una spiegazione, un ragionamento, dei dati di fatto: se no, non vedo ragioni di aderire alla personale mitografia costruita nella propria testa da qualcun altro.
Mi sembra indispensabile spiegando la teoria di qualcuno, esporne, ovviamente in sintesi, il ragionamento e i dati di partenza: se non ci sono, o cosa sono esattamente (in questo caso solo assonanze e non etimologie, tanto per sintetizzare) sono costretta pur a dirlo in qualche modo (e si può discutere come) se voglio esplicitare, come penso che siamo obbligati a fare, in cosa la teoria consista: non sarebbe neppure una critica e la fonte ne sarebbe il testo stesso di Semerano...
MM (msg) 21:47, 21 ott 2007 (CEST)[rispondi]
  • Mi pare che la tua definizione e concezione di etimologia sia in contrasto con quanto è riportato anche nella voce wikipediana Etimologia; pertanto suggerisco di valutare la possibilità di modificare anche la definizione data nella voce enciclopedica per adattarla alla tua.--Paolo Sarpi II 08:33, 22 ott 2007 (CEST)[rispondi]
In che modo la definizione di "etimologia" come "studio dell'origine delle parole" non dovrebbe farmi aspettare che in un dizionario etimologico si riporti un'ipotesi su quale sia l'origine del termine in esame? MM (msg) 08:44, 22 ott 2007 (CEST)[rispondi]

Scusate la parziale digressione. Vorrei spendere due parole sul passaggio segnalato da Paolo, ossia il seguente.

Un esempio delle paretimologie di Semerano è dato dalla sua proposta per l'origine del latino res "cosa": egli lo fa infatti discendere dall'accadico rēš "testa" (costrutto rēšu), trascurando completamente il fatto che la -s finale del latino è la desinenza del nominativo (dunque il tema della parola latina è re- -*reh- non rēš).
Seguendo il medesimo metodo e prendendo le mosse dall'accusativo rem, si potrebbe risalire all'accadico rēmu "ventre".

Devo dire che mi è sempre stato sullo stomaco come colmo della misura di parzialità della voce. Quando si dice "trascurando completamente il fatto" si suggerisce senza possibilità d'equivoco che un'ipotesi è sicuramente scorretta. L'ultima frase è poi una mera illazione, completamente ingiustificata: un gioco retorico ben conosciuto e diretto a squalificare, che nulla ha di obiettivo. Chi ha detto che Semerano avrebbe seguito un tale procedimento? Ovvio: l'enciclopedia. Questo non va bene. Adesso è in nota, ma secondo me va segato senza pietà, almeno nell'ultima parte. --l'Erinaceuschimmevò? 12:06, 22 ott 2007 (CEST)[rispondi]

Rimane come dato di fatto che il confronto fatto è con la forma declinata al nominativo, invece che con la radice re-, o invece che con la forma declinata in un'altro caso o numero: possiamo esprimerlo in forma più asettica, e mi sembra giusto, ma vorrei sottolineare che il fatto rimane ed è inequivocabile, dato che lo attesta lo stesso testo di Semerano riportato (e onestamente se la scelta di basarsi solo sulle assonanze di suono e significato, che ripeto mi pare proprio un dato di fatto, è voluta, mi piacerebbe che si riportassero nella voce anche le ragioni per cui è stata compiuta, visto che per ritenerlo un metodo scientifico sarebbe necessario che queste ragioni ci siano. MM (msg) 17:30, 22 ott 2007 (CEST)[rispondi]
D'accordissimo, ma ritengo necessaria molta cautela, perché in fondo si tratta di un esempio estrapolato; forse significativo, però di certo non capitale. C'è una precisa critica al riguardo e una fonte che la attesti? In quel caso, nulla da obiettare. Diversamente, possiamo anche riscriverlo, temo che rischiamo sempre di farla apparire come una prova a carico. Il mio sospetto infatti è che la critica sia dell'estensore dell'articolo su Wikipedia: uno spunto di ricerca originale. Sarò lieto di essere smentito. --l'Erinaceuschimmevò? 23:13, 22 ott 2007 (CEST)[rispondi]

Serietà e misura nei rilievi critici all'opera di Giovanni Semerano

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Chiedo a Wikipedia, con Paolo Sarpi II, di non permettere che l’opera di un uomo di straordinaria cultura come Giovanni Semerano sia liquidata ed irrisa da motti di spirito d’incredibile pochezza, quale il riferimento al “mare fangoso” di Omero. È sufficiente una lettura non malevola delle riflessioni di Semerano sull’infinto per comprendere che il suo ragionamento prende le mosse proprio dalla considerazione del significato di “senza limiti” attribuito comunemente dai greci ad Απειρον intendendo la sua etimologia connotata da “alfa” privativa anziché dalla ben più remota origine nell’accadico eperu.

I presocratici, di fronte all’enigma dell’infinito di Anassimandro come “principio”, lo intendono non tanto quale spazio senza limiti quanto piuttosto nel senso di differenziazione dalla infinita numerosità degli elementi, in opposizione alla generazione da uno solo. Aristotele nega che l’infinito possa essere il principio generatore non solo come spazio senza limiti ma anche come tempo e pluralità. L’infinito come illimitata molteplicità ricorre, tuttavia, anche nella sua originale elaborazione quando sostiene che “L’infinito mediante composizione è in certo modo il medesimo dell’infinito mediante divisione” (Phys, III, 6. 206b, 3-6). L’Universo di Platone nel Politico, abbandonato dagli Dei, sprofonda nel “mare infinito della dissomiglianza” (ton tes anomoiotetos apeiron onta ponton). In tale accezione ritorna, implicito, l’infinito di Anassimandro “dove gli esseri hanno origine, ma anche la dissoluzione secondo necessità”. Essi pagano infatti a vicenda la pena…” e trovano dissoluzione non nella sconfinata superficie (che è una sciocchezza almeno quanto “il mare fangoso”) ma nella illimitata diversità del mare, e nel disordine (ataxia, anarmostia). Oggi diremmo entropia.

Così nella poetica di Omero il mare infinito, di cui narra l’Odissea, è anche il mare infinitamente vario e mutevole, che sconvolge il destino degli uomini per l’assenza o il capriccio degli Dei. Così anche nella mitologia dei tremila anni di civiltà che hanno preceduto Omero, e nell’esperienza diretta dei saggi in Eridu, in Agade o sulle sponde limacciose del Nilo, dalla differenziazione della infinita molteplicità degli elementi costitutivi il fango hanno origine tutti gli esseri e nella infinita molteplicità della polvere ritornano.

Astratto dalla fisicità dell’accadico "eperu", del semitico "apar", dell’ebraico "aphar" l’Απειρον di Anassimandro ha sublimato, nella successiva elaborazione dei filosofi, l’antica accezione di illimitata numerosità e molteplicità, generalizzandola allo spazio ed al tempo senza limiti.

Vi prego, Giovanni Semerano è stato uno studioso di straordinaria serietà e profondità. Il patrimonio inestimabile che ci ha lasciato davvero merita una lettura critica non superficiale ed irrispettosa (Utente Franco Sarbia 22/10/2007).

Tutto questo è una riflessione interessante, ma è una riflessione personale generata dalle osservazioni di Semerano, non quello che Semerano dice (o quello che a Semerano viene fatto dire in questa voce). La quantità enorme di osservazioni fatte da Semerano sono certamente da prendere in considerazione e da discutere. Ma vorrei far notare che per questa particolare riflessione (il concetto di infinito come infinita diversità, legato al mare) non c'è necessità di rifarsi al concetto di "numeroso come i granelli di polvere" della cultura semitica: il concetto dell'infinita diversità può essere passato attraverso i contatti, già noti, della cultura greca delle origini, con il mondo orientale, ma proprio il suo legame con il mare, così ben evidenziato qui sopra, e non con la polvere, sembrerebbero indicarne una rielaborazione legata al diverso "ambiente" in cui la cultura greca si evolse. E una rielaborazione che giunge ad un risultato diverso dal "polvere sei e polvere ritornerai" della Bibbia, o dall'identificazione dell'apeiron-principio di tutte le cose di Anassimandro con la terra-polvere. Insomma riflessione interessante, ma con Semerano (e i suoi discutibili metodi etimologici) c'entra pochino. MM (msg) 08:41, 22 ott 2007 (CEST)[rispondi]

Decisamente l'Infinito non cessa di essere fonte di equivoci. La mia riflessione è precisamente volta ad evidenziare quanto sia poco congruente e pertinente, con il pensiero di Giovanni Semerano, la "battuta" sul mare terroso e fangoso, riportata nella voce come critica.--Franco Sarbia 09:25, 22 ott 2007 (CEST)[rispondi]

Non vedo perché: sarebbe poco sensata probabilmente con le tue riflessioni qui sopra, che non sono però quelle di Semerano a quanto leggo nella voce. MM (msg) 17:37, 22 ott 2007 (CEST)[rispondi]

La voce su "L'infinito: un equivoco millenario" opera una sintesi che, effettivamente, non sfugge ad una certa banalizzazione del pensiero di Semerano, non so quanto evitabile. La riflessione dell'Autore, tuttavia, parte dalla constatazione che i greci attribuivano ad Ápeiron il significato d'infinito, illimitato, indeterminato. Da ciò muove la considerazione che Ápeiron, in quanto spazio illimitato, rende incomprensibile la sua assunzione come principio da parte di Anassimandro. Trova quindi risposta all'equivoco nell'etimologia e nel significato originario di Eperu.

Il "motto di spirito" non si preoccupa di approfondire quale fosse l'accezione intesa da Anassimandro per Ápeiron o da Omero per Apèiritos. Sostiene implicitamente che Apèiritos riferito al mare Mediterraneo significhi, per Omero, esclusivamente senza limiti o indeterminato (mi permetto di dubitarne). Quand'anche valesse attribuire al Mediterraneo la supposta illimitata superficie, estenderne il significato ad Ápeiron come principio è una sciocchezza ampiamente confutata da Semerano, alla quale il critico corrisponde con un ridicolo "mare terroso" ancor più privo di senso.

È il solito giochino di deformare a piacimento il pensiero dell'oppositore per ridicolizzarlo. Qesto Wikipedia non può permetterlo. Semerano, infatti, non ha mai sostenuto che i Greci attribuissero ad Ápeiron il significato di terroso o fangoso né riferito al mare né riferito ad infinito come principio. Non gli si può quindi attribuire in buona fede una posizione non sua. -- Franco Sarbia 10:48, 23 ott 2007 (CEST).[rispondi]

Contributi esterni alla discussione:

Il critico di Giovanni Semerano argomenta la riflessione sull'alternativa tra "mare indeterminato" e "mare terroso" nel proprio blog: il non meglio identificabile Bostonian. Qui, a premessa del suo ragionamento, ammette candidamente di non aver mai letto l'opera "L'infinito: un equivoco millenario" a cui dedica un articolo di circa 3.500 parole.

Rinnovo la richiesta di serietà e misura nei rilievi critici all'opera di Giovanni Semerano. In particolare chiedo che:

  • siano eliminati i contenuti irridenti alla sua opera ed alla sua dignità di studioso;
  • riferimenti ad elaborazioni teoriche alternative non siano sviluppati nella Voce dedicata a Giovanni Semerano ma siano richiamati con link ad altre specifiche Voci su Teorie, Opere o Studiosi, che le qualifichino e le rappresentino compiutamente, ad un livello adeguato di qualità e serietà.

-- Franco Sarbia 21:16, 24 ott 2007 (CEST)[rispondi]


Umberto Galimberti (testo leggibile qui], in un articolo su "La Repubblica" del 22 luglio 2005), riferendo degli ultimi lavori di Semerano indica che apèiron significherebbe secondo la scoperta fatta da Semerano stesso, "terra", "polvere", "fango"; Galimberti vi legge un'affinità con la cultura semitica per la quale l'uomo viene creato dalla polvere/terra/fango (apar in lingua semitica e aphar in lingua ebraica, corrispondenti all'accadico eperu) e dopo la morte ritorna alla terra/fango/polvere (analogo al "polvere sei e polvere ritornerai" biblico. Non ho letto personalmente l'opera ma mi fiderei di questo parere autorevole e ritengo dunque che Semerano abbia affermato che il termine apèiron usato da Anassimandro avesse il significato di polvere/terra/fango. E questo è il primo dato di fatto, mi pare (nè vedo dove in questo ci sia "deformazione" del pensiero che si intenderebbe confutare).
L'aggettivo greco usato nella locuzione omerica pòntos apèiritos (in Odissea, X, 195) dovrebbe avere lo stesso significato del sostantivo omologo apèiron (terra>terroso/polvere>polveroso/fango>fangoso): ne consegue che Omero parlerebbe di un mare terroso/polveroso/fangoso, invece che di mare infinito/senza limiti, significato che viene fuori invece se consideriamo l'apèiron=infinito della tradizione. Anche questo mi pare un dato di fatto e mi pare dunque necessario citarlo.
Personalmente ritengo che il modo in cui Omero, "vissuto" prima di Anassimandro e dunque più vicino ai supposti precedenti nel mondo semitico, abbia utilizzato il termine, sia molto significativo per comprendere quale significato avesse presso i locutori dell'epoca di Anassimandro. Ma possiamo non sottolinearlo e lasciare che i lettori si formino da soli la propria opinione. Non capisco perché il fatto che Semerano non citi la locuzione omerica impedirebbe a noi di citarla, visto che è del tutto attinente con l'argomento trattato.
Che apèiron come "spazio illimitato" (tralasciando che il concetto di spazio non mi pare entri nel significato attribuito al termine dai filosofi posteriori) non sia comprensibile come "principio di tutte le cose" è solo un'opinione e un'interpretazione, che parte da un preconcetto (che tutti i primi filosofi dovessero individuare come principio uno dei quattro elementi, così ne possiamo fare una bella serie ordinata) e che si scontra con l'interpretazione di "esperti" (come sono certamente Platone e Aristotele) che potevano leggere qualcosa di più dei miseri frammenti di frasi giunti fino a noi e che parlavano oltretutto la stessa lingua e dovevano pur capire i termini utilizzati nel loro giusto significato.
Preoccupandoci piuttosto dell'accezione che voleva dare al termine Anassimandro, vedo che Galimberti, nello stesso testo già citato sembra suggerire (ma non capisco se è cosa detta già da Semerano o costituisca una riflessione dello stesso Galimberti) che il termine con il significato di "polvere/terra/fango" potrebbe essere legato ad un significato, diciamo più simbolico che materiale (sono sicura che esistono termini tecnici più precisi per quello che voglio dire, ma non li conosco: spero che si capisca ugualmente il senso) e riferirsi al concetto di "numerosità" (come i granelli di sabbia, o di polvere, concetto del resto già presente nella Bibbia, quando si riferisce alla discendenza di Abramo). Il concetto sarebbe poi passato agli atomi di Democrito, eredi dei "granelli di polvere" di Anassimandro (questa è una mia sintesi forse imprecisa). Ovviamente non ho nulla in contrario, se questi concetti sono effettivamente presenti nel testo di Semerano, alla loro introduzione nella voce.
Se non è possibile che pontos apèiritos significhi "mare infinito" e/o che l'apèiritos abbia lo stesso significato di apèiron, e nemmeno che pontos apèiritos significhi "mare terroso/fangoso/polveroso", allora, appunto prendiamo in esame anche il significato del termine omerico: cosa dovrebbe significare dunque pontos apèiritos sulla base delle tesi di Semerano? Non mi pare basti la pura e semplice affermazione "non è così" per risolvere la questione.
Naturalmente non considero affatto la citazione della locuzione omerica eliminabile. Non si tratta affatto di un contenuto "irridente alla serietà dello studioso": si tratta piuttosto di una verifica dell'ipotesi presentata, verifica alla quale l'ipotesi non regge: la cosa è alla base del metodo scientifico e Semerano si propone in questo campo e alle sue regole, compresa la possibilità di critica, è dunque soggetto. Le critiche alla teoria di Semerano non vedo proprio dove altro dovrebbero essere riportate se non nella pagina in cui si parla della teoria che viene criticata: un quadro completo della sua figura non sarebbe tale senza le discussioni che ha suscitato e rischierebbe di dare un quadro distorto della sua opera.
Vorrei infine proporre alla lettura anche la recensione di Massimo Pulpito (Massimo Pulpito (2003), Recensione di G.Semerano, L'infinito: un equivoco millenario. Le antiche civiltà del vicino oriente e le origini del pensiero greco, a cura di A. Rossetti, in SWIF – Servizio Web Italiano per la Filosofia (www.swif.it), lgxserve.ciseca.uniba.it/lei/archivio/ filearchiviati/recensioni/N3_AIV_marzo2003.pdf).
MM (msg) 01:17, 31 ott 2007 (CET)[rispondi]
Ho letto la recensione di Massimo Pulpito.
  • Nelle tre pagine dedicate a "L'infinito: un equivoco millenario" non vi è alcuna attribuzione di "paretimologia" al lavoro filogico ed etimologico del Semerano, anzi gli elogi e gli apprezzamenti sono numerosi; si afferma anche che tale lavoro etimologico e filogico è del tutto convincente (intelligente, erudito, competente). Tanto meno si mette in discussione la validità, la profondità e l'estensione del legame linguistico e culturale tra l'Europa e la Mesopotamia evidenziate da Giovanni Semerano nel suo lavoro.
  • Il recensore lamenta soltanto che talvolta il Semerano parrebbe mostrare una qualche arroganza (su certe ricostruzioni etimologiche) rispetto ad altri studiosi discussi dal Semerano.
  • Invece laddove il Semerano si addentra nelle interpretazioni del pensiero filosofico degli antichi filosofi, come nel caso di "apeiron" allora lì Massimo Pulpito esprime qualche perplessità e dubbio. Perplessità e dubbi provocati dalle interpretazioni eterodosse del Semerano, che però fanno discutere e pensare.

Non mi pare proprio che quest'unica fonte (apparsa finalmente) sia contro il Semerano, anzi a me pare proprio una critica complessivamente favorevole e mille miglia lontana da quanto è apparso (fonti anonime) finora in questa voce e nella sua pagina di discussione. Non esistono da nessuna altra parte, critiche negative (anonime, infondate e assurde) come queste apparse soltanto in wikipedia.--Paolo Sarpi II 21:38, 31 ott 2007 (CET)[rispondi]

Dato che non starei facendo una battaglia pro o contro qualcosa, non vedo per quale motivo bisognasse dare per scontato che citare una fonte da parte mia dovesse essere per forza una contraria a Semerano. Peraltro il discorso che stavo cercando di approfondire per vedere di inquadrare queste tesi era quello filosofico, quello che lascia meno soddisfatto l'autore della recensione. Mi sembravano semplicemente osservazioni utili per risintetizzare meglio il testo che abbiamo nella voce (per esempio la faccenda della "polvere infinita", di cui per ora nella voce non si dice nulla. MM (msg) 22:43, 31 ott 2007 (CET)[rispondi]

Modifiche odierne

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Oggi ho spostato i riferimenti sulle reazioni alle opere di Semerano, nelle Note; secondo l'ottimo consiglio dell' utenteFranco Sarbia, poi ho accorpato le critiche nella voce Dibattito critico. Ringrazio Franco Sarbia per il suo intervento chiarificatore, che mancava, speravo tanto che qualcuno intervenisse in tal senso. Grazie ancora. Paolo Sarpi II--82.106.121.52 22:09, 24 ott 2007 (CEST)[rispondi]

A Paolo Sarpi II non funziona più la password

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Non mi funziona più la password, né me ne arriva una nuova. Forse MM può fare qualcosa! Grazie.--Paolo Sarpi II 22:11, 22 ott 2007 (CEST)[rispondi]

Oggi m'è tornata la password--Paolo Sarpi II 22:17, 29 ott 2007 (CET)[rispondi]

Opinioni comunemente accettate dai filologi

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Caro Paolo Sarpi, basta che consulti la voce Indoeuropeo per conoscere quali sono, mi pare, le opinioni dei filologi. Poi, appena posso citerò fonti. Può benissimo darsi che Semeraro sia un "genio incompreso", ma decidere se è così o meno non è compito di wikipedia. Adesso come adesso le teorie di Semerano non sono accettate dalla comunità scientifica. E possono essere citate su wikipedia solo in quanto opinioni di questo tipo. Ciao,--Pop Op 11:00, 2 nov 2007 (CET)[rispondi]

Forse la Teoria Indoeuropea non ha 200 anni e forse i Filologhi sono qualcosa di leggermente diverso dai "linguisti indoeuropeisti" o da altri tipi di "linguisti" (di studiosi che si occupano dei molteplici aspetti della lingua umana se ne trovano di varie specialità e competenze, per esempio: glottologi, dialettologhi, neurolinguisti, sociolinguisti, ecc.). Non so a quale tipo di "comunità scientifica" tu ti riferisca perché stando per esempio: alla "comunità scientifica dei filosofi e dei filologhi" (almeno di una loro parte e di cui troviamo fonti anche nella voce) mi pare che non siano del tutto sfavorevoli o contro il lavoro filologico del Semerano.
Poi credevo che wikipedia fosse un'enciclopedia più che una una comunità scientifica che include o esclude chi gli garba; ho sempre creduto (forse a torto) che fosse compito di una enciclopedia quello di riportare tutte le voci e non soltanto quelle che garbano a qualcuno, ma forse anche in questo mi sbaglio.
Mah, può anche darsi che mi sbagli in tutto, perché è così facile prendere cantonate a questo mondo, sarebbe buona cosa, però, se tu ci aiutassi a capire meglio.--Paolo Sarpi II 17:53, 2 nov 2007 (CET)[rispondi]
Lo studio dell'indoeuropeo è regolarmente praticato nelle università, nonostante che Semerano lo ritenga "una favola" (per esempio a Verona o a Roma, Bologna), è argomento di dottorati di ricerca ("linguistica storica ed indoeuropeistica" a Pavia) e gode di finanziamenti per la ricerca (ad esempio a Firenze), ma insomma basta ricercare "indoeuropeistica" e "università" per rendersene conto.
Un aderente alla teoria della continuità, che risulterebbe affine alle teorie di Semerano come attualmente riferito nella nostra voce, ossia Gabriele Costa, definisce Semerano un "presunto linguista" (Gabriele Costa, Linguistica e preistoria. II: linguaggio e creazione del sacro, in Quaderni di Semantica, 27, 2006, nota 22; il testo è leggibile qui (PDF))
A margine la correzione, sottolineata dal corsivo di filogi in filologhi in italiano non ha ragione di essere: secondo un autorevole parere, su demauroparavia.it (archiviato dall'url originale il 1º gennaio 2008). il plurale di "filologo" può essere in entrambi i modi e peraltro sembra normalmente assai più esteso l'uso del da te deprecato "filologi" (86.600 pagine su google) a fronte di "filologhi (126 pagine su Google).
MM (msg) 14:27, 3 nov 2007 (CET)[rispondi]
OK, penso di poter togliere i vari template: le opinioni di Semerano vengono presentate, vengono presentate come sue opinioni, e le critiche alle sue teorie vengono presentate, MM ha citato le fonti. Grazie a tutti per i contributi.Pop Op 16:04, 3 nov 2007 (CET)[rispondi]

Beh! Io da buon veneto affronto l’italiano con “filologhi” più che con “filologi” e mi viene spontaneo così, tantomeno lo cambio; quello che è capitato invece è tutt’altro, ho corretto semplicemente “filogi (e no filologi)” in “filologhi”, tu stessa hai scritto, or ora, “filogi (e non filologi)”. Che al mondo vi siano 1.000.000 di occorrenze, non m’importà alcunché, io non modifico la mia fonologia naturale per parlare con quella di altri, non sono una scimmia da laboratorio o un'animale da allevamento, tantomeno una macchina riprogrammabile e nemmeno pretendo che lo facciano gli altri, se a te da fastidio “filologhi” non so cosa farci, di certo non ti correggo il "filologi" ma di sicuro il "filogi" che nella mia bocca e nella mia mano diviene "filologhi", spontaneamente.

Sono contento che sia stata finalmente trovata una fonte, anche se la critica di "para-etimologia" in essa espressa è alquanto generica e priva di esempi (e perciò, al momento, senza alcuna credibilità). Gabriele Costa, glottologo italiano all’Università di Bologna (facoltà di filologia) che ha aderito alla Teoria della Continuità di Mario Alinei, forse non ricorda quanto scritto da Alinei (e detto con parole mie) in merito ai rapporti preistorici tra le lingue dette “indoeuropee” e quelle dette “semitiche” (rapporti preistorici e storici ben messi in rilievo da Semerano nella sua modalità non glottologica che tanto infastitisce l’accademico Costa) : Inoltre (pagina 554 del I volume Origini delle lingue d'Europa) Alinei concorda (ma con tutt'altra cronologia) con la visione degli studiosi Gamkrelidze e Ivanov, per quanto concerne il ruolo chiave dell'area dell'Asia sud-occidentale nelle fasi iniziali della differenziazione indoeuropea. Per Alinei sono innegabili le affinità tipologiche fra le lingue indoeuropee e le lingue semitiche e cartveliche (lingue marcatamente flessive e da connettere alle industrie litiche bifacciali, che caratterizzano l'Asia sud-occidentale); e le affinità lessicali (indipendentemente se genetiche o acquisite) fra le lingue indoeuropee e le lingue: semitico, sumero, cartvelico ed elamita. Forse Gabriele Costa non si rende conto della portata dirompente della Teoria della Continuità, che non solo demolisce la Teoria indoeuropea tradizionale ma anche quella Romanza. Gabriele Costa ha risposto come “poteva ?” all’accusa di Semerano: che la teoria indoeuropea è una favola, a cominciare dal suo nome “indoeuropeo” un’invenzione ottocentesca (lo stesso Costa così critica la teoria indoeuropea tradizionale: [3] ). Inoltre Costa lavora in Italia (dove i linguisti ancorché glottologhi trascurano i dialetti) mentre Alinei ha lavorato in Europa più con i dialetti che con le lingue (che lui chiama entrambi con il termine “linguemi”). Dialetti che per Alinei sono un tesoro inestimabile e che non derivano affatto dal latino, dal germanico, dallo slavo (propriamente intesi e riferiti alla sola versione attestata dalla scrittura). Il termine "indoeuropeo" è inadeguato a rendere efficacemente la complessa e variegata realtà etnolinguistica europea, come altrettanto inadeguati e ambigui sono i termini "lingue romanze, neolatine e volgare latino" (tutti termini che Alinei auspica si cambino). Personalmente, da appassionato della lingua umana a cominciare dalla mia madre lingua veneta, non legato a botteghe o a ideologie, apprezzo senza pregiudizi sia il buono che c’è in Costa e in Alinei sia quello che c’è in Semerano e mi arricchisco d'umanità e di "scienza" (siensa) grazie anche a loro.--Paolo Sarpi II 22:36, 3 nov 2007 (CET)[rispondi]

Mi fa piacere che tu sia appassionato di queste materie, ma ti renderai conto che le tue personali opinioni sui vari studiosi e sul contributo che ne trai, per la scrittura della voce di cui questa è la pagina di discussione, lasciano il tempo che trovano. MM (msg) 08:05, 7 nov 2007 (CET)[rispondi]

Buongiorno a tutti E' da tre ore che leggo tutto ciò che avete scritto e sento il bisogno di dire la mia. Vorrei farvi notare come il linguista (Amicuseius) critica Semerano sulla scienza linguistica mentre il filosofo Pulpito la esalta per confutarne nel contempo la parte più propriamente filosofica. Questo dovrebbe farci riflettere, a mio avviso, sullo spessore della sua opera, e volendo anche sulla sua qualità. Non mi sembra il caso di mettersi a disquisire sulla validità scientifica della sua opera; da utente, voglio semplicemente sapere chi fosse Giovanni Semerano e per quale motivo egli fosse noto. Certo, una volta informato della sua opera, è giusto che venga anche a sapere che la gran parte del mondo scientifico-accademico non accetta la sua 'teoria', ma da questo, mi sembra sbagliato citare singole argomentazioni il cui scopo sia inficiare la validità intrinseca dell'autore, non dovrebbe essere questa la sede per questo genere di dispute, e non dovrebbe essere questo lo scopo di una critica enciclopedica. Mi piacerebbe entrare poi nel merito di certe disquisizioni, ma non voglio riaccendere focolai inutili, concludo ringraziando Paolo Sarpi II per essersi interessato a questa voce.

Nella sezione dibattito critico, sta scritto:

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1) ...Lo stesso Semerano[15] afferma di basarsi non sul metodo scientifico elaborato dalla linguistica comparata ma su assonanze fonetiche e su affinità di significato, seguendo dunque un procedimento paretimologico[16]. Non vengono inoltre definite le leggi linguistiche che avrebbero presieduto alla trasformazione dell'accadico nelle diverse lingue esaminate[17] e non vengono presi in considerazioni gli aspetti morfologici e grammaticali[18].... (vedere anche nota 15)

Il Semerano, primo, non afferma nulla di quanto si dice in queste righe, secondo, nelle opere del Semerano sono prese in considerazione proprio taluni aspetti fonetici, morfologici e grammaticali (nei 4 volumi costituenti l'opera principale del filologo, intitolati: Le origini della cultura europea) e più precisamente nel volume I, eppoi basta scorrere la bibligrafia per rendersi conto delle fonti e del metodo seguito, tutt'altro che paraetimologico. Certamente il Semerano non arriva all'assurdità di inventarsi ipotetiche lingue inesistenti come hanno fatto gli indeuropeisti, credendo tralaltro di poter imitare gli astronomi che nel passato hanno ipotizzato (giustamente) l'esistenza di taluni pianeti, pur non vedendoli.

2) Nota 16: ...L'accusa di utilizzare un metodo paretimologico è stata fatta a Semerano da Gabriele Costa, Linguistica e preistoria. II: linguaggio e creazione del sacro, in Quaderni di Semantica, 27, 2006...

Il Gabriele Costa, in questo scritto, non produce alcun esempio a sostegno della sua critica al Semerano. Pertanto la cua critica risulta insensata e priva di ogni fondamento, perciò inutizzabile.

Si prega chi ha composto tale versione della voce di porre rimedio a queste distorsioni e falsità.--Paolo Sarpi II (msg) 07:19, 24 dic 2008 (CET)[rispondi]

Il testo di Semerano che dice di basarsi su assonanze fonetiche e affinitià di significato è citato: si prega nel caso di riformulare la frase (qui sopra) per capire cosa c'è che non andrebbe nel modo in cui ciò che dice non sarebbe espresso chiaramente.
Nelle opere di Semerano, da quanto stesso postato come esempio all'inizio e che non ho motivo per ritenere esempio fuorviante (nel caso spiegarne le motivazioni) vengono confrontarti termini senza badare alla loro forma grammaticale (al caso declinato e/o radice tematica).
Se vengono definite da qualche parte leggi linguistiche che governerebbero le trasformazioni delle parole, si prega di riportare la citazione (e magari sarebbe utile spiegare quali siano)
Le critiche di Costa sono state fatte e dunque vanno citate. Poi ognuno leggerà e valuterà da sè a chi dare credito.
MM (msg) 21:56, 12 gen 2009 (CET)[rispondi]

Evviva l'intuizione di Giovanni Semerano

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Leggo polemiche che sfociano nella disistima, spero non essere invidia pura: come non riconoscere a uno studioso come Giovanni Semerano, che ha dedicato tutta la vita allo studio delle origini del linguaggio, un'apertura mentale eccezionale e una profonda ricerca anche se provocatoria, che, uscendo dagli schemi accademici, già allora, obsoleti e datati, ha aperto a tutti noi spazi interpretativi inesplorati e ricchi di possibilità ? Sicuramente ha voluto rompere con la vecchia scuola «indoeuropea» buttando tutto e forse qualcosa avrebbe potuto salvare , ma come biasimarlo quando non esisteva altro modo per farsi ascoltare? Le ultime ricerche geologiche sul mediterraneo prima del diluvio confermano che, circa 10.000 anni fa, la «nostra» Grecia attuale e la costa del vicino oriente erano attaccate o quasi (fatto che indubbiamente ha facilitato i contatti e un'originaria κοινὴ che ha accomunato mediterraneo, Asia e persino la valle dell'Indo) e, essendo la civiltà sumerica la più progredita in uno spazio davvero sterminato, deve aver dominato in ogni campo, non solo nelle lingue orali e poi nella scrittura: penso ad esempio alle scienze matematiche e astronomiche con l'invenzione del calcolo sessagesimale, mai più superato. È necessaria, in filologia (ma credo in ogni ambito della vita e della conoscenza), una certa intuizione di primo approccio non sempre esplicabile e definibile, anzi direi, sicuramente indispensabile; pertanto rigetti totali delle motivazioni, intrise di intuizioni, di Semerano mi sembrano del tutto fuori luogo. Andando al concreto, oltre le mie supposizioni, vado ad esaminare il Rocci, vocabolario Greco Italiano: ἀ-όριστος = indeterminato, senza limiti, indefinito e naturalmente Aoristo, che sui vari dizionari della lingua italiana indica azione momentanea priva di determinazioni temporali (anche se al liceo classico veniva presentato come un passato remoto della lingua greca classica): che facciamo, lo vogliamo intendere in maniera letterale come sinonimo di infinito............? Avremmo così l'infinito (tempo verbale), quando esiste, e il suo doppio, l' aoristo? Ancora, ἀπειρἄτος (da πειράο): senza esperienza, ignorante, inaccessibile; e pure ἀ-πειρος con un primo significato di inesperto, ignorante ed un secondo di infinito, illimitato, innumerevole, «indeterminato», inestricabile, e in senso lato cerchio (che circonda). E l'entità " ἀ-πείρων " , la monade-atomo-molecola-sabbia inestricabile, incommensurabile e innumerevole, infinitamente piccola e infinitamente grande di Semerano, oppure la «semplice» e vaga definizione di "infinito" per i fautori delle teorie indoeuropeiste, è spiegata meglio e più concretamente (direi in modo tangibile) da Semerano o ci si può accontentare della indoeuropea che non definisce nulla? Qualcuno mi può dire quale è la differenza tra le due concezioni se non nel fatto che Semerano scenda in profondità, definendo con l'aiuto dell'accadico concretamente ciò che per gli «accademici» è considerato "infinito" (e quindi «inesistente» a mio modesto parere), come pure per gli indoeuropeisti che restano nel vago e nell'ovvio? Πόντος ἀ-πείρων può significare mare incommensurabile e inconoscibile e mare-cerchio che circonda? O deve significare per forza mare terroso per negare l'interpretazione di Semerano che nei suoi dizionari etimologici non ha mai detto che Πόντος ἀ-πείρων significhi mare polveroso ma semmai mare infecondo (le origini della cultura europea, vol. II, dizionari etimologici, Dizionario della lingua greca, pag. 33, alla voce ἀπειρέσιος) o illimitato? Inoltre sia πείρω, sia περάω hanno significato di: attraversare, passare da una parte all'altra, dividere tra parti e non «limitare» in senso stretto e in conseguenza di ciò il primo significato col privativo α, di ἀ-πείρων è appunto inesperto, probabilmente nel senso che non può passare da una parte all'altra o attraversare per poca esperienza e conoscenza, nè tanto meno riunire ciò che è limitato e diviso e quindi rimane “infinito“ nella sua ignoranza ed incapacità ad agire e comprendere! Inoltre sarebbe da approfondire il simbolo matematico dell'infinito e la sua origine ∞: secondo me resta fuori da una concezione della φῦσις greca, basata invece su elementi concreti come terra aria-fuoco e acqua, andrebbe studiato a fondo e aspetto notizie in merito. Antonio Costa


Nella storia del Pensiero umano è abbastanza frequente che un teorico geniale e rivoluzionario sia considerato eretico ed osteggiato dai suoi contemporanei, troppo spaventati da novità che metterebbero in discussione ciò a cui hanno dedicato una vita di studi basati su postulati fragili che diventano nella mente di costoro dogmi inattaccabili. Semerano, che piaccia o no, ha gettato le basi per un nuovo modo di pensare la storia del mondo antico; tra qualche decennio i suoi libri saranno studiati sui banchi di scuola, con buona pace di chi oggi cerca disperatamente di farne ignorare agli altri gli insegnamenti, fino a proporre di rimuovere la voce da wikipedia: puro oscurantismo. Nicola Sisci

Giovanni Semerano editore

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È stata da lui fondata [4]? Qualcuno può presentare informazioni?--93.71.104.1 (msg) 03:21, 25 lug 2013 (CEST)[rispondi]

Collegamenti esterni modificati

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Gentili utenti,

ho appena modificato 7 collegamento/i esterno/i sulla pagina Giovanni Semerano (filologo). Per cortesia controllate la mia modifica. Se avete qualche domanda o se fosse necessario far sì che il bot ignori i link o l'intera pagina, date un'occhiata a queste FAQ. Ho effettuato le seguenti modifiche:

Fate riferimento alle FAQ per informazioni su come correggere gli errori del bot

Saluti.—InternetArchiveBot (Segnala un errore) 02:19, 9 mar 2018 (CET)[rispondi]

Collegamenti esterni interrotti

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Una procedura automatica ha modificato uno o più collegamenti esterni ritenuti interrotti:

In caso di problemi vedere le FAQ.—InternetArchiveBot (Segnala un errore) 05:46, 4 lug 2021 (CEST)[rispondi]