Discussione:Biglietti della follia

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Citazione spostata dalla voce[modifica wikitesto]

Sposto qui una o piú citazioni che ho rimosso dalla sezione iniziale della voce, in quanto non rispettano Wikipedia:Citazioni. Reinseritele solo dopo aver corretto gli errori (tipicamente, lunghezza e/o numero eccessivi, e/o carenza di fonti). Grazie, Nemo 11:22, 18 dic 2011 (CET)[rispondi]

«Poco importa il giorno esatto dell'autunno 1888 in cui Nietzsche è diventato completamente pazzo e a partire dal quale tutti i suoi testi appartengono non più alla filosofia ma alla psichiatria: tutti, compresa la cartolina postale a Strindberg, appartengono a Nietzsche e sono imparentati con l'Origine della tragedia. Ma non bisogna pensare tale continuità sul piano di un sistema, di una tematicità e neppure di un'esistenza: la follia di Nietzsche, cioè lo sprofondarsi del suo pensiero, permette a questo pensiero di aprirsi sul mondo moderno. Ciò che la rende impossibile ce la rende presente; ciò che la strappava a Nietzsche la offre a noi.»

Riscrittura[modifica wikitesto]

Riporto qui testo cancellato dalla voce per opportunamente reinserirlo nella versione corretta:

Ma anche l'incoerenza di questi testi è un dato in qualche modo opinabile, sia per l'eloquente allusività degli pseudonimi prescelti, sia perché questa sorta di "fuoco d'artificio" finale era stato esplicitamente preconizzato dall'originale pensatore.
Quanto meno in Genealogia della morale, Nietzsche, stigmatizzando il Parsifal di Wagner, aveva auspicato il finale parodistico-paradossale per unpoeta tragico; più volte aveva dichiarato che l'unico modo di essere filosofi, ad un certo punto, è il silenzio, quello stesso silenzio cui lo condannerà, fino alla morte, la sua condizione certificata di "matto".

«Si potrebbe esser tentati di supporre il contrario e perfino di augurarci — che il Parsifal wagneriano sia stato inteso in senso giocoso, quasi come epilogo e dramma satiresco, con cui il Wagner tragico avrebbe potuto congedarsi da noi e anche da se stesso, ma soprattutto dalla tragedia, in una maniera dignitosa e appunto conveniente a lui, vale a dire con un eccesso di suprema e maliziosa parodia del tragico, di tutta la spaventosa serietà e desolazione terrena del passato, della finalmente superata più grossolana forma di contronatura dell'ideale ascetico.»

«A tutte queste domande trovai, osai, in me molte mie diverse risposte, differenzai epoche, popoli, gradi gerarchici d'individui, specificai il mio problema; dalle risposte nacquero nuove domande, indagini, supposizioni, probabilità: arrivai infine ad avere una mia propria regione, un mio proprio terreno, un mio mondo, tutto taciturno che cresce e fiorisce a somiglianza di quei segreti giardini, dei quali a nessuno è concesso avere un qualche presagio… Oh come siamo felici, noi uomini della conoscenza, posto che si sappia almeno tacere abbastanza a lungo…»


Questi scritti hanno anche un'importanza storico-biografica, perché, assieme al famosoepisodio di Torino,[1] sono stati ritenuti il più chiaro sintomo della definitiva compromissione della salute mentale di Nietzsche.

Occorre peraltro notare che non tutti i destinatari delle comunicazioni ne rilevarono prontamente l'incoerenza.

Note[modifica wikitesto]

  1. ^ Della cui veridicità si è recentemente peraltro dubitato. Si confronti: Anacleto Verrecchia La catastrofe di Nietzsche a Torino (Torino: Einaudi, 1978) alle pagg. 208 e 211.

--Gierre (msg) 08:51, 22 set 2013 (CEST)[rispondi]

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