Busto di Beatrice d'Este

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Busto di Beatrice d'Este
Il busto visto di tre quarti
AutoreGian Cristoforo Romano (attribuito)
Data1485-1490
Materialemarmo
Dimensioni0.595 m×0,3 m×0,243 m cm
UbicazioneDipartimento di Sculture del Medioevo, Rinascimento e Età Moderna del Museo del Louvre

Il Busto di Beatrice d'Este è una scultura in marmo raffigurante la duchessa di Bari Beatrice d'Este in età ancora adolescenziale, conservata al Museo del Louvre e attribuita allo scultore Gian Cristoforo Romano.[1]

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Proveniente dalla vecchia collezione Grimani di Venezia, il busto fu probabilmente venduto a Parigi nel 1837.[1] L'iscrizione presente sul piedistallo "DIVAE / BEATRICI / D[ucis] HERC[ulis] F[ilae]" (Alla divina Beatrice, figlia del duca Ercole)[1] indica che la giovane fu ritratta in un periodo precedente alle sue nozze con Ludovico il Moro, dunque negli anni che vanno dal 1485 al 1490, durante la sua permanenza alla corte di Ferrara.[2]

Dapprima attribuito a Desiderio da Settignano, poi perfino a Leonardo da Vinci,[3] una serie di studi di Lionello Venturi hanno portato ad avanzare il nome di Gian Cristoforo Romano per l'esecuzione del busto e una datazione all'incirca al 1490.[4] Esso sarebbe, secondo un'ipotesi, un ritratto commissionato da Ludovico il Moro per la fidanzata in procinto di divenire sua moglie.[2]

Il busto nella sua attuale collocazione al Louvre

La sua attuale collocazione è nel Dipartimento di Sculture del Medioevo, Rinascimento e Età Moderna del Museo del Louvre di Parigi.[1]

(FR)

«Sans le savoir davantage, le plus ignorant des visiteurs qui traverse la salle Michel-Ange, an Louvre, et qui rencontre cette petite figure joufflue et délurée, éprouve quelque chose qui n'est pas dans tous les bustes du Musée, et qu'il n'a pas éprouvé devant ses myriades de statues antiques : la présence d'une influence anima- trice et d'un pouvoir secret. Et c'est pourquoi, sans doute, voici que nous-mêmes, nous nous sommes arrêtés devant elle si longtemps...»

(IT)

«Senza saperlo più, il più ignorante dei visitatori che attraversa la sala di Michelangelo al Louvre, e che incontra questa figurina paffuta e sfacciata, sperimenta qualcosa che non c'è in tutti i busti del Museo, e che non ha provato davanti alle sue miriadi di statue antiche: la presenza di un'influenza animatrice e di un potere segreto. E questo è senza dubbio il motivo per cui noi stessi ci siamo fermati davanti ad esso per così tanto tempo...»

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Il busto a tutto tondo raffigura con assoluto realismo la giovane ritratta secondo la moda iberico-napoletana assunta durante l'infanzia a Napoli, col tipico coazzone (caratteristico di Beatrice in ogni suo ritratto) e la sbernia asimmetrica su una sola spalla ornata da larghi ed eleganti ricami.[5][3] I rilievi sul petto rappresentano la singolare unione tra l'anello diamantato degli Estensi, impresa personale di Ercole d'Este, padre di Beatrice, e il buratto, ossia le due mani nell'atto di strizzare un panno, impresa sforzesca assunta da Ludovico il Moro, marito della giovane. Ciò simboleggia dunque l'unione delle due casate, col panno strizzato nell'atto di fecondare il fiore, cioè Beatrice, che cresce all'interno dell'anello.[6][7][2]

Galleria fotografica[modifica | modifica wikitesto]

Profilo[modifica | modifica wikitesto]

Tre quarti[modifica | modifica wikitesto]

Frontale[modifica | modifica wikitesto]

Retro[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d Beatrice d'Este (1475–1497), su collections.louvre.fr.
  2. ^ a b c The Renaissance Portrait From Donatello to Bellini, Di Patricia Lee Rubin, Bode-Museum, Metropolitan Museum of Art (New York, N.Y.) · 2011, p. 255.
  3. ^ a b Archivio storico lombardo, giornale della Società Storica Lombarda, 1877, p. 1017.
  4. ^ Luzio e Renier, p. 19.
  5. ^ Malaguzzi Valeri, vol. 2, pp. 26-27.
  6. ^ Giordano, p. 72; Béatrice d'Este et sa cour, Robert de La Sizeranne, 1923, p. 7.
  7. ^ Domenico di Paris e la scultura a Ferrara nel Quattrocento, Vittorio Sgarbi, Alfredo Bellandi, Pietro Di Natale, 2006, p. 180.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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