Burda (abbigliamento)

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Il termine arabo burda (lett. "mantello") sta a indicare il pezzo di stoffa indossato fin dall'età preislamica dagli Arabi sui vestiti per coprirsi dal rigore del freddo notturno ma anche dalla calura, riuscendo a fungere da isolante rispetto alle temperature esterne diurne col mantenere la temperatura corporea a un livello di poco superiore ai 36,5-37 gradi centigradi.

La burda in assoluto più famosa è quella del profeta Maometto che in essa già si avvolse la sera stessa in cui ricevette dall'arcangelo Gabriele la prima Rivelazione (i primi 5 versetti della sura 96 "del grumo di sangue").

Tornato sconvolto a casa egli infatti in essa si fece avvolgere, gridando «Zammilūnī! Zammilūnī» (Copritemi! Copritemi), quasi a voler cacciare dalla sua mente il ricordo visivo di quell'apparizione che seguitava a sconvolgerlo.

A lui si rivolgerà Dio nel terzo e nel quarto passaggio rivelativo portatogli dal medesimo essere soprannaturale, indicandolo come "l'avvolto nel manto" (sura LXXIII): «O tu che t'avvolgi nel manto[1]» ovvero O Avvolto nel Mantello (sura LXXIV[2]), esortandolo ad accettare il suo ingrato ruolo di apostolo e messaggero.

Il mantello del Profeta è ricordato come simbolo di sovrano potere nell'episodio in cui Maometto perdona il poeta pagano Kaˁb b. Zuhayr che lo aveva dileggiato e che, saputo della collera di Maometto , si presenta a lui pentito, enunciando il suo proposito di conversione all'Islam. Il gesto con cui Maometto mette indosso al poeta la sua burda stette a significare visibilmente il perdono ottenuto e la totale sicurezza per chi ne era stato rivestito dalle stesse mani del Profeta.

La burda, conservata con venerazione dopo la morte di Maometto, fu trasmessa ai califfi che la conservarono non solo come reliquia santa ma come massimo simbolo del potere sovrano dei "vicari" dell'Inviato di Dio ( rasūl Allāh ), più ancora della sua lancia e del suo vessillo di guerra.

Come tale fu portato con sé dall'Abbaside sfuggito ai massacri mongoli al momento della caduta della capitale Baghdad nel 1254 e, quindi, conservato al Cairo dai Mamelucchi che offrirono a lui e ai suoi discendenti la loro interessata ospitalità, avvalendosi del forte portato carismatico della burda.

Fu dal Cairo che essa fu prelevata dal vincitore Sultano ottomano Selim II Yavuz nel 1217 e portata a Istanbul dove tuttora si trova, conservata nel Topkapı Müzesi.

Un celeberrimo componimento in tutto il mondo islamico è la Burda di al-Būsīrī (il titolo del carme è in realtà al-Kawākib al-durriyya fī madh khayr al-barriyya, ossia "Le stelle di perle nell'elogio di chi è ottimo sulla terra", vale a dire il Profeta) che la tradizione leggendaria vuole composto in seguito a una miracolosa guarigione del poeta da parte di Maometto, avvenuta sempre grazie all'imposizione della sua burda sul corpo semi-paralizzato di al-Būsīrī. La sua recitazione ha per questo diffusamente acquistato nel sentimento popolare islamico un preciso valore taumaturgico.

Tra i vari studiosi del carme si ricorda Giuseppe Gabrieli, padre del più famoso Francesco che lo tradusse nel 1901.

Note

  1. ^ Il termine è muzammil.
  2. ^ Il termine qui usato è invece muddathir.

Bibliografia

  • Giuseppe Gabrieli, Al-Burdatān: ovvero, I due poemi arabi del mantello in lode di Maometto: contributo storico critico allo studio della leggenda di Maometto nell’Oriente musulmano, Roma, Istituto per l'Oriente, 1972.

Voci correlate