Battagia
I Battagia (talvolta anche Battaggia, Battaglia o Battaja) furono una famiglia patrizia veneziana, annoverati fra i Patrizi non veneziani.
Storia
[modifica | modifica wikitesto]Il casato dei Battagia era originario di Cotignola, in Romagna, località allora controllata dal ducato di Milano[1][2].
Famiglia di condottieri, per benemerenze nei confronti della Repubblica e per i servigi militari prestati a quest'ultima, furono aggregati al patriziato veneto nel 1439[2] e in seguito insigniti della nobiltà il 13 ottobre 1500 nella persona di Pietro Antonio Battagia[1]. Altre fonti riportano, invece, che quest'ultimo fosse il capitano del castello di Cremona, a servizio del duca Ludovico Sforza nel 1499, e che «per l'amor che portava alla Repubblica di Venezia le consegnò il Castello: per il quale benefizio fu ricevuto nella Veneta Nobiltà 'l 1500, in settembre»[3].
Dopo la caduta della Repubblica, il governo imperiale austriaco conferì loro la conferma della patente di nobiltà con Sovrana Risoluzione del 1º dicembre 1817[2].
Membri illustri
[modifica | modifica wikitesto]- Michele Battagia, detto Battaglin († 1500), capitano di ventura;
- Ludovico Battagia, detto Battagin († 1535), capitano di ventura, figlio del precedente;
- Pietro Antonio Battagia, detto Battaglion (XVI secolo), capitano di ventura, fratello del precedente;
Luoghi e architetture
[modifica | modifica wikitesto]- Palazzo Battagia, a Mira;
- Palazzo Belloni Battagia, a Santa Croce
- Villa Battagia, a Treviso;
- Villa Valier Battagia, a Silea.
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ a b Dizionario storico-portatile di tutte le venete patrizie famiglie: così di quelle, che rimaser'al serrar del Maggior Consiglio, come di tutte le altre, che a questo furono aggregate, Bettinelli, 1780. URL consultato il 17 marzo 2022.
- ^ a b c Franz Schroeder, Repertorio genealogico delle famiglie confermate nobili e dei titolati nobili esistenti nelle provincie venete..., Alvisopoli, 1830. URL consultato il 17 marzo 2022.
- ^ Nobili veneti, Libro dei nobili veneti, messo in luce [by J.T. Leader]., 1866. URL consultato il 17 marzo 2022.
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