Amanishakheto

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Amanishaketo
Dettaglio di un bassorilievo che ritrae la regina, situato a Meroe
Regina di Kush
In carica10 a.C. - 1 d.C.
PredecessoreAmanirenas
SuccessoreAmanitore
Nascitasconosciuta
Morte1 d.C. circa

Amanishaketo (... – ...; fl. I secolo a.C.-I secolo) fu una regina del Regno di Kush in un periodo compreso approssimativamente tra il 10 a.C. e il 1 a.C. circa[1]. Secondo alcune fonti era la figlia di Amanirena e la madre di Amanitore.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Non si hanno molte notizie sulla vita della kandake prima del suo regno. Nel 24 a.C. ella ordinò alle sue truppe di fare un'incursione in Egitto e le inviò nella Tebaide per saccheggiare l'isola di File. Un esercito di 30.000 cusciti e nubiani annientò tre coorti romani di guarnigione a Siene (oggi Assuan),[2] saccheggiando tutte le città sul suo cammino fino a Elefantina. Il prefetto romano Gaio Petronio contrattaccò, ma la conquista della Nubia da parte dei romani venne fermata dalla regina.[3] Un accordo a vantaggio dei nubiani, rappresentati dagli ambasciatori di Amanishakheto, venne concluso con l'imperatore Augusto nel 22-21 a.C.: i nubiani avrebbero mantenuto le loro città a patto di risarcire i danni della guerra.[3] La frontiera venne posta presso Maharraqa e rincominciarono gli accordi commerciali tra le due civiltà. Anche dopo la morte della kandake, il regno cuscita continuò a prosperare per altri duecento anni circa.[4]

Monumenti[modifica | modifica wikitesto]

La piramide della sovrana prima della sua distruzione.

Amanishakheto è nota per aver innalzato vari monumenti. Ella è menzionata nei rilievi del tempio di Ammone a Kawa, in una stele meroitica,[5] nelle iscrizioni ritrovate in un palazzo di Wad ban Naqa, in una stele ritrovata a Qasr Ibrim, un'altra stele a Naqa[6] e la sua piramide a Meroe (indicata come N6 tra quelle meroitiche).[7] Amanishakheto doveva essere ricca e potente, data la piramide nella quale era stata interrata e i tesori sepolti con lei.[8] La sua residenza e molti templi si trovano a Meroe e il suo palazzo venne scoperto dall'esploratore e tombarolo italiano Giuseppe Ferlini: il pianterreno dispone di più di sessanta stanze ed è presente un bassorilievo che la raffigura armata di arco e mentre domina un esercito di schiavi.[4]

La piramide dopo la distruzione.

La regina è inoltre nota per una collezione di gioielli rubati dalla sua piramide nel 1834 dal tombarolo Giuseppe Ferlini, che fece esplodere la struttura in cerca di reperti.[9][10] Oggi della piramide rimane solo la base, mentre i gioielli furono venduti in Germania: una parte fu acquistata da Ludovico I di Baviera ed è ora in esposizione nello Staatliches Museum Ägyptischer Kunst di Monaco, mentre il resto – su suggerimento di Karl Richard Lepsius e di Christian Karl Josias von Bunsen – fu comprato dal Museo Egizio di Berlino, dove ancora si trova[11].

Galleria d'immagini[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ (EN) Collections Online | British Museum, su www.britishmuseum.org. URL consultato l'8 marzo 2022.
  2. ^ Jolly 1996, p. 236.
  3. ^ a b (EN) Women's leadership: Kushite Queen Amanishakheto, su THE OTHER VIEW, 14 novembre 2020. URL consultato l'8 marzo 2022 (archiviato dall'url originale l'8 marzo 2022).
  4. ^ a b (FR) Carnet de voyage au Soudan, sur les traces des pharaons noirs, su LEFIGARO, 9 aprile 2021. URL consultato l'8 marzo 2022.
  5. ^ (EN) Poznań Archaelogical Museum - Excavations, su web.archive.org, 11 giugno 2007. URL consultato l'8 marzo 2022 (archiviato dall'url originale l'11 giugno 2007).
  6. ^ (EN) Stela of Queen Amanishakheto | Naga, su naga-project.com. URL consultato l'8 marzo 2022.
  7. ^ (EN) THE 1905-1907 BREASTED EXPEDITIONS TO EGYPT AND THE SUDAN - II1D3, su web.archive.org, 21 novembre 2005. URL consultato l'8 marzo 2022 (archiviato dall'url originale il 21 novembre 2005).
  8. ^ (EN) Facts about the great and wealthy Nubian Queen Amanishaketo who fought off the Romans, su Face2Face Africa, 8 febbraio 2021. URL consultato l'8 marzo 2022.
  9. ^ Welsby 1998, pp. 86 e 185.
  10. ^ Annalisa Lo Monaco, Giuseppe Ferlini: il cacciatore di tesori che distrusse 40 piramidi nubiane, su Vanilla Magazine, 25 febbraio 2021. URL consultato l'8 marzo 2022.
  11. ^ Franco Cimmino, Storia delle piramidi, Milano, Rusconi, 1996, pp. 416–17, ISBN 88-18-70143-6.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Jean Jolly, Histoire du continent africain: de la préhistoire à 1600, vol. 1, Éditions L'Harmattan, 1996.
  • Laszlo Török, in: Fontes Historiae Nubiorum Vol. II, Bergen, 1996, p. 723–725.
  • Derek Welsby, The kingdom of Kush: the Napatan and Meroitic empire, Princeton, Markus Wiener, 1998.

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