Al-Mansuriyya

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al-Mansuriyya
Le rovine del palazzo di Ismāʿīl al-Manṣūr
Nome originale المنصوريه
al-Manṣūriyya
Cronologia
Fondazione 946
Fine 1057
Causa distrutta dai Banu Hilal
Amministrazione
Territorio controllato imamato fatimide
Territorio e popolazione
Superficie massima 100 ettari
Localizzazione
Stato attuale Bandiera della Tunisia Tunisia
Località nei pressi di Qayrawan
Coordinate 35°39′29″N 10°06′50″E / 35.658056°N 10.113889°E35.658056; 10.113889
Cartografia
Mappa di localizzazione: Tunisia
al-Mansuriyya
al-Mansuriyya

al-Manṣūriyya, Arabo المنصوريه, fu una città dell'Ifriqiya - oggi non più esistente - che sorgeva nei pressi di Qayrawan, nell'attuale Tunisia.

La città fu capitale dell'imamato-califfato fatimide, costruita per volere del califfo Ismāʿīl al-Manṣūr (r. 946-953).

Costruita tra il 946 e il 972, al-Manṣūriyya era una città murata contenente lussuosi palazzi con giardini, piscine artificiali e canali d'acqua. Per un breve periodo al-Manṣūriyya fu il centro di uno Stato potente che comprendeva la maggior parte del Maghreb e la Sicilia. Ha continuato a servire come capitale anche sotto gli Ziridi, prima di venire distrutta dalla tribù Banū Hilāl nel 1057. Tutti gli oggetti di valore e le reliquie furono depredate nel corso dei secoli successivi. Oggi della città rimangono solo deboli tracce.

Contesto[modifica | modifica wikitesto]

Il califfato fatimide trae origine da un movimento sciita ismailita fondato in Siria da ʿAbd Allāh al-Wāfi.[1] La dinastia dei Fatimidi prende il nome da Fatima, figlia di Maometto.[2] Nell'899 ʿUbayd Allāh al-Mahdī bi-llāh divenne il capo del movimento. Per sfuggire ai suoi nemici si rifugiò a Sigilmassa nel Maghreb al-Aqsa (attuale Marocco), dove, fingendosi un mercante, fece molti proseliti.[1] Al-Mahdī venne sostenuto da un nobile di nome Abū ʿAbd Allāh al-Shīʿī, che sconfisse e rovesciò la dinastia degli Aghlabidi dell'Ifriqiya, invitando al-Mahdī ad assumere la carica di imam e califfo. La capitale venne fissata a Mahdia. Il califfato fatimide crebbe fino ad includere la Sicilia e tutto il Maghreb dall'oceano Atlantico alla Libia.[3]
Il terzo califfo fatimide fu Ismāʿīl al-Manṣūr bi-llāh. Fu incoronato imam il 12 aprile 946 a Mahdia. In quel periodo Mahdia era posta sotto assedio da parte dei ribelli kharigiti guidati da Abū Yazīd. Al-Manṣūr lanciò immediatamente la sua campagna contro Abū Yazīd, e nell'agosto 946 vinse la battaglia che gli assicurava il controllo di Qayrawan.[4] Dopo la vittoria, decise di fondare la sua nuova capitale nel luogo del suo accampamento, appena a sud di Qayrawan.[5] Al-Manṣūr dispose i suoi piani di costruzione subito dopo la battaglia, nel 946, anche se li ci volle un altro anno di lotta prima di sconfiggere definitivamente Abū Yazīd.[6]

Edificazione[modifica | modifica wikitesto]

Il califfato fatimide alla sua massima estensione, attorno al 969

Al-Manṣūriyya si trovava a meno di 2 km a sud della città di Qayrawan.[7] Al-Manṣūr abbandonò definitivamente Mahdia stabilendosi nella nuova capitale nel 948.[8] I ribelli kharigiti avevano distrutto la capitale aghlabide Raqqada, e i materiali di costruzione di al-Manṣūriyya furono presi dalle rovine di Raqqāda.[3] La nuova città coprì una superficie di circa 100 ettari.[9]

La città era circolare, come Baghdad, e la scelta della disposizione potrebbe essere stata una sfida al sunnita califfato abbaside.[10] Le mura erano vaste, fatte di mattoni bruciati mescolati con malta di calce.[11]

Il palazzo del califfo era vicino al centro della città, e conteneva un insieme di edifici utilizzati per scopi cerimoniali, diplomatici e amministrativi.[12] Il palazzo principale si chiamava Sabra. L'area del palazzo copriva una superficie di 44 ettari.[11] Lo storico Ibn Hammad descrisse gli edifici del palazzo come alti e splendidi, circondati da giardini e piscine.[13] Si conoscono i nomi di alcune sale del palazzo: la Sala della Canfora, la Camera del Diadema, la Camera dei Ricevimenti e la Camera d'argento.[14]

Al-Manṣūriyya venne completata sotto al-Muʿizz, figlio e successore di al-Manṣūr, che assicurò la fornitura d'acqua alla città tramite la costruzione di un acquedotto. Questo acquedotto, lungo 36 km, era ispirato ad una struttura simile costruita dagli Aghlabidi. Al-Muʿizz in seguito costruì un canale sull'acquedotto, aggiungendovi 9 km di estensione.[15] Al-Muʿizz fece costruire anche una nuova grande sala nel palazzo. Le sue colonne massicce furono portate da Sus, città ad un giorno di marcia di distanza da al-Manṣūriyya.[16] La costruzione della città fu completata nel 972, l'anno prima che al-Muʿizz si trasferisse in Egitto.[3]

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Moneta coniata ad al-Manṣūriyya, nel 953 o nel 954

La città era soprattutto una residenza reale. Conteneva palazzi, giardini, un serraglio con leoni, le caserme e le scuderie reali. Al-Manṣūr trasferì 14.000 famiglie Kutama nella città, istituendovi un suq. Ibn Muhadhdhab scrisse che: "al-Muʿizz comandò ai mercanti di Qayrawan di venire nei loro negozi e nelle loro botteghe ad al-Manṣūriyya la mattina, e di tornare a casa dalle loro famiglie la sera."[15] Ogni giorno venivano raccolti 26.000 dirham d'argento tramite i pedaggi sulle merci che venivano introdotte in città.[17]

Nel suo periodo di massimo splendore, al-Manṣūriyya era la capitale di un impero che comprendeva la maggior parte del Maghreb, dall'attuale Marocco all'odierna Libia, così come la Sicilia, anche se i Fatimidi dovettero fare attenzione agli attacchi bizantini e all'Imperatore Ottone I di Sassonia, entrambi attivi nell'Italia meridionale.[18] Dall'Italia al-Muʿizz pianificò l'invasione dell'Egitto.[19]

Il generale fatimide Jawhar al-Ṣiqillī conquistò l'Egitto nel 969. Il giorno stesso della conquista di al-Fusṭāṭ, il 6 giugno 969, Jawhar tracciò il progetto di una nuova città e ne procedette alla fondazione, chiamandola anch'essa al-Manṣūriyya. Ma quando al-Muʿizz vi giunse nel 973, il nome fu cambiato in al-Qāhira (Cairo). Entrambe le città avevano delle moschee di nome al-Azhar, ed entrambe avevano porte chiamate Bāb al-Futūḥ e Bāb Zuweyla.[3] Entrambe le città avevano due palazzi, uno per il califfo e l'altro per il suo erede, uno di fronte all'altro.[20]

Dopo che i califfi Fatimidi si trasferirono in Egitto, al-Manṣūriyya rimase la capitale degli Ziridi, i loro governatori vassalli.[21] Il sovrano ziride al-Manṣūr b. Baluggīn costruì un palazzo per se stesso ad al-Manṣūriyya.[5] Il matrimonio del nipote al-Muʿizz b. Bādīs, avvenuto nella città nel 1022 o nel 1023 fu particolarmente lussuoso. Furono costruiti padiglioni al di fuori della città, una vasta gamma di tessuti e manufatti furono comprati e la musica venne suonata da un gran numero di musicisti. Al-Muʿizz b. Bādīs, una volta salito al trono ziride, fece ricostruire le mura di Qayrawān e ordinò il trasferimento del commercio e dell'artigianato di al-Manṣūriyya a Qayrawān.[7]

Distruzione[modifica | modifica wikitesto]

La città subì i devastanti attacchi dei nomadi arabi Banu Hilal, mandati dai Fatimidi contro l'Ifriqiya, per punire gli Ziridi che si erano convertiti al sunnismo e avevano giurato fedeltà agli Abbasidi di Baghdad. Nel 1057 gli Ziridi si spostarono a Mahdia, abbandonando al-Manṣūriyya, che non fu mai più occupata di nuovo.[5] I materiali della città furono successivamente utilizzati dagli abitanti di Qayrawan.[22] Nel 2009 il sito della città era deserto, circondato da molti fossati e dalle case di povera gente. Tutto ciò che poteva essere riutilizzato per la costruzione o per altri scopi fu prelevato nel corso dei secoli. Pietre, mattoni, vetro e metalli sono stati tutti prelevati. Sopravvivono alcuni frammenti di stucco inutilizzabile.[5]

Archeologia[modifica | modifica wikitesto]

Indagini aeree del sito hanno confermato che c'era un grande recinto artificiale, di forma più o meno circolare, al cui interno rimangono i resti di diversi bacini circolari e rettangolari.[14] I bacini possono essere identificati con le piscine artificiali che circondavano il palazzo descritte dal poeta ʿAlī ibn Muḥammad al-ʿIyadi.[23] Le fondamenta sono state rivelate grazie agli scavi archeologici.[22] Tracce di colonne di una grande sala sono ancora visibili.[16] Anche alcune parti del canale sono ancora visibili.[15]

Uno scavo minore è stato condotto da Georges Marçais nel 1920. Slimane Mostafa Zbiss condusse uno scavo più approfondito nel 1950 nel palazzo del quadrante sud-est della città.[24] Ulteriori scavi da parte di un team franco-tunisino sono stati fatti intorno al palazzo est alla fine del 1970, e terminarono nel 1982.[24]

Un progetto più attento è stato realizzato tra il 2003 e il 2008. Sono emersi diversi stili di decorazione, con motivi geometrici e floreali, animali, figure umane e arabeschi.[25] Le prove di scambi culturali con l'Egitto sono inferiori a quelle che ci si potrebbero aspettare, mentre le rovine mostrano una sorprendente quantità di contatti con al-Andalus (Spagna islamica), nonostante la continue ostilità tra i Fatimidi e gli Omayyadi del Califfato di Cordova.[26]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b Yeomans 2006, p. 43.
  2. ^ "The Art of the Fatimid Period (909–1171)"
  3. ^ a b c d Yeomans 2006, p. 44.
  4. ^ Kupferschmidt 1987, p. 435.
  5. ^ a b c d Barrucand & Rammah 2009, p. 349.
  6. ^ Kupferschmidt 1987, p. 436.
  7. ^ a b Jayyusi, Holod & Petruccioli 2008, p. 128.
  8. ^ Halm 1996, p. 331.
  9. ^ Jayyusi, Holod & Petruccioli 2008, p. 129.
  10. ^ The Art of the Fatimid Period.
  11. ^ a b Ruggles 2011, p. 120.
  12. ^ Cortese & Calderini 2006, p. 71.
  13. ^ Tracy 2000, p. 235.
  14. ^ a b Grabar 1985, p. 28.
  15. ^ a b c Halm 1996, p. 345.
  16. ^ a b Halm 1996, p. 344.
  17. ^ Halm 1996, p. 361.
  18. ^ Halm 1996, p. 407.
  19. ^ Halm 1996, p. 408.
  20. ^ Safran 2000, p. 68.
  21. ^ Tracy 2000, p. 234.
  22. ^ a b Daftary 1998, p. 75.
  23. ^ Grabar 1985, pp. 28–29.
  24. ^ a b Barrucand & Rammah 2009, p. 350.
  25. ^ Barrucand & Rammah 2009, p. 351.
  26. ^ Barrucand & Rammah 2009, p. 352.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Barrucand, Marianne; Rammah, Mourad. "Sabra al-Mansuriyya and her neighbors during the first half of the eleventh century: Investigations into stucco decoration", su: Muqarnas. Brill. ISBN 9789004175891.
  • Cortese, Delia; Calderini, Simonetta (2006). Women And the Fatimids in the World of Islam. Edinburgh University Press. ISBN 9780748617333.
  • Daftary, Farhad (1998). A Short History of the Ismailis: Traditions of a Muslim Community. Edinburgh University Press. ISBN 9780748609048.
  • Deza, Michel Marie; Deza, Elena (2012). Encyclopedia of Distances. Springer. ISBN 9783642309588.
  • Grabar, Oleg (1985-06-01). Muqarnas, Volume 3: An Annual on Islamic Art and Architecture. BRILL. ISBN 9789004076112.
  • Halm, Heinz (1996). Der Nahe und Mittlere Osten. BRILL. ISBN 9789004100565.
  • Jayyusi, Salma Khadra; Holod, Renata; Petruccioli, Attilio; André Raymond (2008). The City in the Islamic World. Brill. ISBN 9789004171688.
  • Kupferschmidt, Uri M. (1987). The Supreme Muslim Council: Islam Under the British Mandate for Palestine. Brill. ISBN 9789004079298.
  • Ruggles, D. Fairchild. Islamic Art and Visual Culture: An Anthology of Sources. John Wiley & Sons. ISBN 9781405154017.
  • Safran, Janina M. (2000). The Second Umayyad Caliphate: The Articulation of Caliphal Legitimacy in Al-Andalus. Harvard CMES. ISBN 9780932885241.
  • Tracy, James D. City Walls: The Urban Enceinte in Global Perspective. Cambridge University Press. ISBN 9780521652216.
  • Yeomans, Richard (2006). The art and architecture of islamic cairo. Garnet & Ithaca Press. ISBN 9781859641545.

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