Cima alla genovese: differenze tra le versioni

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Versione delle 16:50, 28 mag 2016

Cima alla genovese
Cima alla genovese
Origini
Luogo d'origineBandiera dell'Italia Italia
RegioneLiguria
Zona di produzioneTutto il territorio regionale
Dettagli
Categoriasecondo piatto
RiconoscimentoP.A.T.
SettoreGastronomìa locale
Ingredienti principaliCarne bovina,Parmigiano reggiano,Uova

«A çimma pinn-a, u re di piatti frèidi»

Cima alla genovese

La cima (a çimma in ligure[2]) è un secondo piatto tipicamente ligure[1]. Consiste in un pezzo di carne di pancia di vitello tagliato in modo da formarvi una tasca e farcito di numerosi ingredienti. Una volta preparata viene chiusa, cucéndola a mano per evitare che la farcitura esca. Viene quindi bollita in brodo con verdure per alcune ore in un telo di lino e lasciata a riposo sotto un peso.

Gli ingredienti necessari sono: animella, cervella, testìcoli*, poppa*, uova, aglio, polpa di vitello, schienale, detto anche "filone", pinoli, Parmigiano Reggiano grattugiato, maggiorana, bietoline gióvani senza costa, dette erbette, messe prima a dar via la loro acqua verde ed amara, cospargéndole di sale grosso, quindi lavate e strizzate bene, prezzémolo, piselli, carote, prosciutto cotto* e mortadella*, mollica di pane bagnata nel latte e strizzata bene,olio extravèrgine d'oliva lìgure, sale e pepe.

  • I testìcoli, la poppa, il prosciutto e la mortadella sono facoltativi.

Uno degli elementi indispensàbili per la vera riuscita di questo sostanzioso piatto è la "pèrsa", ossìa la maggiorana. Il burro e i funghi secchi, a rigor di ricettà e di lògica, non sono consigliati, anche se da alcune fonti riportati, Il primo, perché nella bollitura si squaglierebbe rovinando il ripieno; i funghi secchi perché rilàsciano quel gusto predominante sul resto degli ingredienti e, nella bollitura, scurìscono il ripieno e la carne. L'animella, la cervella il filone ed, eventualmente, i testìcoli e la poppa, sono bolliti e passati in tegame a sgrassare, prima d'èssere inseriti nel ripieno con gli altri ingredienti. Molto diffìcile è calcolare la quantità di uova che serve per evitare che la cima "scoppi" che non sia abbastanza ripiena. Normalmente il nùmero di uova si calcola presentando il pugno posato sulla "tasca" di carne della cima ancora vuota e stesa sul tàvolo: si conta quanti pugni sèrvono per occupare tutta la superficie della tasca. Se il pugno è di mano maschile lo si appoggia di punta, col polso perpendicolare come se la si dovesse colpire con un cazzotto. Se, invece, il pugno è di mano femminile, quindi più pìccolo, lo si mette di piano, col polso piegato in avanti. A nùmero di pugni che sèrvono per occupare tutta la superficie della tasca di carne vuota, corrisponde quello delle uova che serviranno per il ripieno. La tasca di carne dovrà èssere riempita non per intero, perché con la bollitura le uova gónfiano e la farébbero scoppiare, ma per poco più di metà. Ultimate queste operazioni la cima viene cucita con filo o spago bianco per alimenti e gettata a bollire oin una péntola capiente in brodo di verdura a cui, a piacere, si può aggiùngere un altro pezzo di carne di vitello da bollito (testina, lingua, guancia, coda, punta di petto, biancostato, etc.) ed un osso tondo da brodo. Per far òttima la cima la si deve immèrgere nell'acqua già bollente. Il brodo, se non c'è altra carne a bollire in péntola, rimarrà meno saporito, ma la consistenza della cima, attuando le dovute attenzioni, sarà perfetta. Se, invece, la s'immerge ad acqua fredda, si farà certamente un òttimo brodo, ma la consistenza della cima potrebbe lasciare a desiderare. La durata della cottura, a fuoco moderato, è d'almeno due ore, secondo le dimensioni della cima (o la potenza del fornello), durante la quale la cima deve èssere sempre controllata e punzecchiata con uno spillone od un ago da materassaio, per evitare che scoppi. A cottura ultimata la si estrae dalla péntola e, bella gonfia ed ancora fasciata nella fédera di lino, la si mette sotto un peso, per darle la caratterìstica forma ellìttica, che ricompatta il ripieno al suo interno. La cima era, originariamente, un piatto pòvero di recùpero, reso gustoso e nutriente nel tempo, grazie al lungo lavoro delle massaie. Oggi s'è trasformato in una ricca pietanza, gioia, non solo per il palato, ma anche per gli occhi: tutti i colori degli ingredienti, messi insieme, réndono particolarmente bella alla vista la fetta di cima, denominata localmente "öggiu" (occhio). A volte, per variegare ulteriormente quest'effetto visivo di fantasìa multicolore al taglio, si mette nel suo ripieno, prima della chiusura e bollitura, una carota pelata intera ed un uovo già sodo decorticato.

La preparazione della cima è molto complessa e delicata: esiste sempre il rischio che possa "scoppiare" in fase di cottura rendendo vano tutto il lavoro. Questa difficoltà rendeva l'attività quasi un rituale. Oggi la cima viene preparata anche industrialmente, venduta come salume cotto e distribuita in molte regioni, anche se quella originale casalinga resta inimitàbile.

Media

Note

  1. ^ a b Ricetta Cima alla genovese, su GialloZafferano.it. URL consultato il January 11, 2016.
  2. ^ Amparo Machado, Chiara Prete, 1001 specialità della cucina italiana da provare almeno una volta nella vita, Newton Compton Editori, 2015, p. 350, ISBN 88-541-8648-1.

Bibliografia

Collegamenti esterni

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