Yehohanan ben Hagkol

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Crocefissione di Yehohanan ben Hagkol

Yehohanan ben Hagkol è il nome di un uomo che fu crocefisso a Gerusalemme nel primo secolo d.C. Nel 1968 la sua tomba fu scoperta durante lavori di costruzione nel quartiere ebraico di Giv'at ha-Mivtar, posto a nord-est della Città Vecchia.[1][2][3] La tomba conteneva un ossuario in pietra su cui era inciso il nome "Yehohanan ben Hagkol" (= "Giovanni figlio di Hagkol").[4] Un osso del calcagno contenuto nell'ossuario era ancora attraversato da un chiodo, che non era stato rimosso durante la sepoltura perché la sua punta era piegata. Fu la prima scoperta dei resti di un uomo crocefisso e sino ad ora l'unica in Palestina. Numerosi studiosi l'hanno utilizzata per discutere le modalità di crocifissione al tempo di Gesù.

Modalità di crocefissione di Yehohanan[modifica | modifica wikitesto]

I primi studi di medicina forense furono condotti affrettatamente per motivi di salute personale da Nicu Haas presso la Hebrew University, e pubblicati nel 1970. Haas ritenne che entrambi i piedi fossero stati inchiodati con un unico chiodo e che anche le ossa di un polso mostrassero scalfitture dovute ai chiodi. Una presentazione completa di questi studi fu pubblicata da Vassilios Tzaferis nel 1985[2], ma poco dopo i reperti furono riesaminati da Joseph Zias, un antropologo dello "Israel Department of Antiquities and Museums"[5] e dal dott. Eliezer Sekeles, un medico patologo della Hadassah Medical School sempre nella Hebrew University. Essi trovarono numerosi errori nel lavoro di Haas e di conseguenza anche nella interpretazione di Tzeferis. In particolare essi notarono che il chiodo, lungo 11,5 cm, era troppo corto per poter attraversare entrambi i calcagni e che i segni sulle ossa del polso potevano anche non essere stati causati da chiodi. Zias e Sekeles confermarono che un piede del condannato era stato inchiodato a un palo di olivo, ma dichiararono che i reperti archeologici da soli non consentivano affermazioni sulla posizione e modalità di affissione degli altri arti. In base anche a considerazioni tratte da fonti storiche Zias e Sekeles supposero che le braccia fossero state legate (e non inchiodate) ad un palo orizzontale collegato trasversalmente al palo verticale (palo detto "patibulum" dai Romani):

(EN)

«In reconstructing the crucifixion we have used the skeletal evidence which was available in conjunction with observations by Haas, Barbet[19] and the ancient historical sources. According to these sources, the condemned man never carried the complete cross, as is commonly believed; instead the crossbar was carried, while the upright was set in a permanent place where it was used for subsequent executions. Furthermore, we know from Josephus that during the first century C.E., wood was so scarce in Jerusalem that the Romans were forced to travel ten miles from Jerusalem to secure timber for their siege machinery.[20] Therefore, one can reasonably assume that the scarcity of wood may have been expressed in the economics of crucifixion in that the crossbar as well as the upright would be used repeatedly. Thus, the lack of traumatic injury to the forearm and metacarpals of the hand seems to suggest that the arms of the condemned were tied rather than nailed to the cross. There is ample literary and artistic evidence for the use of ropes rather than nails to secure the condemned to the cross.[21] Moreover, in Egypt, where according to one source crucifixion originated, the victim was not nailed but tied.[22] It is important to remember that death by crucifixion was the result of the manner in which the condemned man hung from the cross and not the traumatic injury caused by nailing. Hanging from the cross resulted in a painful process of asphyxiation, in which the two sets of muscles used for breathing, the intercostal muscles and the diaphragm, became progressively weakened. In time, the condemned man expired, due to the inability to continue breathing properly.»

(IT)

«Nel ricostruire la crocefissione abbiamo utilizzato i reperti scheletrici assieme a osservazioni di Haas, di Barbet [19] e delle fonti storiche antiche. Secondo tali fonti il condannato non portava mai la croce completa, come si ritiene di solito, invece veniva portata la traversa, mentre il palo verticale era collocato permanentemente nel sito, dove era utilizzato per le esecuzioni successive. Inoltre, sappiamo da Giuseppe Flavio che durante il primo secolo il legname era così scarso a Gerusalemme che i Romani furono costretti a recarsi a dieci miglia da Gerusalemme per procurarsi il legname necessario per le macchine d'assedio.[20] Perciò si può ragionevolmente assumere che la scarsità di legno possa essersi tradotta nell'economia della crocefissione nel fatto che la traversa e il palo verticale venissero usati ripetutamente. Così la mancanza di lesioni traumatiche nell'avanbraccio e nei metacarpi della mano sembra suggerire che le braccia del condannato fossero legate alla croce anziché inchiodate. Vi sono ampie evidenze letterarie e artistiche sull'uso di corde al posto di chiodi per fissare il condannato alla croce.[21] Inoltre, in Egitto, dove secondo una fonte ebbe origine la crocefissione, la vittima non veniva inchiodata ma legata.[22] È importante ricordare che la morte per crocefissione era il risultato del modo in cui il condannato era appeso alla croce e non delle ferite traumatiche causate dai chiodi. La sospensione dalla croce determinava un penoso processo di asfissia, in cui i due sistemi muscolari utilizzati per respirare, i muscoli intercostali e il diaframma, si indebolivano progressivamente. Col tempo il condannato moriva per l'incapacità di continuare a respirare adeguatamente.»

Possibili implicazioni sulle modalità di esecuzione di Gesù Cristo[modifica | modifica wikitesto]

Il rinvenimento di resti di un uomo crocefisso è rarissimo e perciò diversi studiosi hanno cercato di trarne indicazioni quanto più possibile dettagliate sulle modalità di esecuzione al tempo di Gesù. Oltre al caso di Yehohanan, è stato trovato sinora solo un altro scheletro con un calcagno perforato. Il ritrovamento è avvenuto in Italia nel 2007 ma è stato pubblicato solo nel 2018.[6] Il foro rotondo segnala un chiodo cilindrico (e non quadrato come per Yehohanan), che, tuttavia, non è stato tumulato con le ossa, come prevedibile a causa del suo valore intrinseco e del possibile riuso. Anche in questo caso non sono state trovate tracce di inchiodatura dei polsi. Sia in Italia sia in Palestina la perforazione del tallone è stata verificata sul solo piede destro perché il tallone sinistro non è stato reperito. In Italia la direzione di penetrazione è mediale cioè dall'interno verso l'esterno, mentre in Palestina è in direzione opposta. Ciò indica o una diversa posizione del crocifisso o una diversa forma del supporto.

L'inchiodatura dei piedi alla croce, che accomuna gli unici due casi di crocefissione documentati archeologicamente, era funzionale a dare al condannato un solido supporto, che impedisse un rapido soffocamento e ne prolungasse le sofferenze, mentre la modalità di sospensione delle braccia era meno cruciale. In nessuno dei due casi ci sono prove che indichino se le braccia fossero legate a una traversa, come descritto da numerosi autori pagani e cristiani del II secolo, o legate direttamente sopra la testa del condannato, come propongono i Testimoni di Geova sulla base di considerazioni esclusivamente filologiche. Secondo Joseph Zias, tuttavia, questa seconda modalità è da escludersi, almeno nel caso di Gesù, perché avrebbe determinato una rapida morte per soffocamento, senza le lunghe ore di agonia descritte dai vangeli.[7]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Tzaferis, V. 1970 Jewish Tombs at and near Giv'at ha-Mivtar. Israel Exploration Journal Vol.20 pp. 18-32.
  2. ^ a b https://www.baslibrary.org/biblical-archaeology-review/11/1/6
  3. ^ https://publicorthodoxy.org/2019/05/23/monk-archaeologist-crucified-man/
  4. ^ La corretta ortografia e il significato di questo nome, inciso in modo poco chiaro, sono stati oggetto di numerose discussioni. Secondo Naveh potrebbe equivalere a Ezechiele, mentre Yadin suppone si tratti di un nome non ebraico.
  5. ^ Nel 1991 questo dipartimento è stato sostituito dalla fondazione della Israel Antiquities Authority.
  6. ^ Gualdi, Emanuela, Thun Hohenstein, Ursula, Onisto, Nicoletta, Pilli, Elena e Caramelli, David, "A multidisciplinary study of calcaneal trauma in Roman Italy: a possible case of crucifixion?", Archaeological and Anthropological Sciences, April 2018. DOI 10.1007/s12520-018-0631-9.
  7. ^ RESTI DI UN GIUDEO OFFRONO INDIZI SULLA CROCIFISSIONE. Press Release Reuters riportato da Antikitera.net

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Tzaferis, Vassilios, "Jewish Tombs at and near Giv'at ha-Mivtar", Israel Exploration Journal, Vol. 20, 1970, pp. 18–32;
  • Joseph Naveh, "The Ossuary Inscriptions from Giv‘at ha-Mivtar", Israel Exploration Journal, Vol. 20 (1-2) (1970), pp. 33–37.
  • Haas, Nicu, "Anthropological observations on the skeletal remains from Giv'at ha-Mivtar", Israel Exploration Journal, Vol. 20 (1-2), 1970, pp. 38–59;
  • Yigael Yadin, “Epigraphy and Crucifixion”, Israel Exploration Journal. Vol. 23 (1973), pp. 18–22;
  • Kuhn H.W., "Zum Gekreuzigten von Giv'at HaMivtar", in Zeitschrift für neutestamentliche Wissenshaft, 69 (1978), pp. 118–122;
  • Tzaferis, Vassilios, "Crucifixion – The Archaeological Evidence", Biblical Archaeology Review 11 (February, 1985): 44–53
  • Joseph Zias ed Eliezer Sekeles, "The Crucified Man from Giv'at ha-Mitvar: A Reappraisal", Israel Exploration Journal, Vol. 35, 1985, pp. 22–27.
  • Zias, J., 'Death and disease in ancient Israel', Biblical Archaeologist, 1991, 54: 146-159.
  • Joe Zias e James H. Charlesworth, "Crocifissione: l’archeologia, Gesù, e i manoscritti del Mar Morto", in Gesù e la comunità di Qumran, PIEMME 1997, pp. 287–302 (traduzione di Jesus and the Dead Sea Scrolls, James H. Charlesworth ed., New York, NY: Doubleday, 1992).

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