Utente:Wiki.edoardo/prova2

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da sistemare Vladimìr Pàcl (si pronuncia Pazl) (Ceska Trebova, 11 febbraio 192431 dicembre 2004) è stato un fondista ceco. Nato in Boemia lasciò il suo paese dopo i fatti tragici e dolorosi della Primavera di Praga vivendo così in Italia da apolide.


Da anni un ictus lo blocca su una sedia a rotelle e, per uno come Vladimir Pacl che aveva trovato una ragion di vita nello sport e nel fitness, questo è il maggior tormento, ancor più dell'impossibilità di comunicare con la parola. "Riposo non è dolce far niente, ma mutar fatica alla fatica" è sempre stata la sua filosofia. E' rimasto lucido, si fa intendere a gesti e, per sua fortuna, può sempre contare sulla vicinanza di Antonia Pini che lo ha seguito nella sua avventura dello sci di fondo turistico e dell'orienteering, e lo assiste tuttora in ogni momento libero che il lavoro le lascia. Segue le vicende del mondo attraverso la televisione e la radio, si appassiona ai documentari naturalistici, ma quando arriva lo sport cambia il programma. Una reazione giustificabile per l'instancabile animatore di tante iniziative al quale la Val di Sole ha attribuito il primo premio "Una vita per lo sport", istituto destinato successivamente ad altri sportivi solandri. Profugo da Praga nel 1968, in Italia Vladimir ha scoperto una nuova patria: prima a nell'alta Val di Non, poi a Malè nella Val di Sole. Mentre scriviamo ha 78 anni; quando ne aveva 71 l'APT propose di dargli la cittadinanza solandra. Idea mai concretizzata, come del resto la cittadinanza italiana rimasta nel campo delle buone intenzioni. Fuggendo da Praga, dopo l'arrivo dei carri armati sovietici, ha pagato un duro prezzo, quello di vivere da apolide, cioè da cittadino senza cittadinanza per tutto il resto della sua vita. E quanto sia dura questa condizione ebbe a descriverlo con estrema incisività Remo Musumeci su Nevesport del 24 marzo 1983, in un bellissimo articolo che ripercorre le tappe della vita di questo uomo senza frontiere, di quella figura che Pietro Scaramella, presidente dell'Azienda di soggiorno e poi dell'APT che ne ha preso il posto, definisce "quasi leggendaria". A Malè, scrive Musumeci, vive un uomo dal nome esotico. Si chiama, infatti, Vladimir Pacl (si pronuncia Pazl) che è cecoslovacco senza esserlo. E’ nato infatti a Ceska Trebova, Boemia, l'11 febbraio 1924. Cecoslovacco non è più perché lasciò il suo paese dopo i fatti tragici e dolorosi della "Primavera di Praga", e campa la sua vita in Italia da apolide. Non che questo significhi che non mangia, non beve e che faccia cose strane. Campare da apolide significa non potersi considerare cittadino del mondo perché questa è una professione di fede da farsi con un passaporto nazionale in tasca. L'apolide è ristretto in uno spazio che non esiste, è un uomo senza essere un cittadino: c'è senza esserci.


In Italia ha trovato amici e lavoro ma chissà se pensa - e quanto vi pensa - di essere sempre e comunque un estraneo, che è qualcosa di peggio che essere straniero. Ma la sua anima è sua e lui sa, nell'intimo della sua anima, di essere un "uomo senza frontiere". E' laureato in pedagogia e in sport all'Università di Praga. Nel '49, a Spindleruv Mlyn, la più grande stazione invernale della Boemia, ha vinto il titolo mondiale universitario di sci di fondo con la staffetta cecoslovacca 3x10 km e si è piazzato sesto sui 30 km. Nel '61 è giunto quinto sui 50 km ai campionati cecoslovacchi, nel '47 ha vinto il titolo nazionale a squadre (ogni squadra composta di tre atleti, ma non si trattava di una staffetta ma proprio di una competizione a squadre) sulla distanza di 18 km. Nello stesso anno è stato campione cecoslovacco di rugby nelle file dello Sparta. In un incidente di gioco gli si è lacerato il naso che gli hanno ricucito con 18 punti. Dopo l'infortunio smise. Sostiene oggi che il rugby è una buona preparazione per lo sci di fondo. Ottimo navigatore, ha percorso 4.000 km con barche a vela nel Baltico. Ha pure un brevetto polacco di capitano. Ha praticato alpinismo, canoa fluviale, pallavolo, basket, atletica (11.7 sui 100 metri, 2.04 sugli 800 nel '39 quando fu quarto ai campionati giovanili cecoslovacchi). "Provavo tutto e i miei genitori mi dicevano che ero matto, spiega, ma mi lasciavano fare". Vent'anni fa ha organizzato i Mondiali di canoa in Cecoslovacchia. Era diventato un uomo di sport apprezzato e stimato dovunque entro i confini del suo paese e altrove. Giudice di gara per lo sci di fondo dal '51 al '57, allenò la nazionale femminile che ai Giochi di Cortina del '56 ottenne un ottimo quinto posto in staffetta. Ha praticamente inventato la scuola femminile di fondo cecoslovacca. Oggi è una grande scuola e può contare su talenti come Kveta Jeriova, Blanka Paulu e Anna Pasiarova. Si può dire che queste ragazze siano figlie sue, figlie cecoslovacche di padre apolide. Dal 1951 al 1963 fu, come vice presidente della federazione cecoslovacca degli sport invernali, responsabile di tutti i settori dello sci. Parlava 8 lingue (slovacco, ceco, tedesco, francese, inglese, polacco, russo, bulgaro) e così gli affidarono il delicato settore dei rapporti internazionali. Oggi le lingue che parla sono diventate nove perché s'è aggiunto l'italiano. Con la nostra storia siamo già abbondantemente nel dopoguerra. Torniamo indietro per ricordare che durante il conflitto ha fatto due anni di lavori forzati a Breslau prima e in Austria poi. Dal 1949 al 1972 ha lavorato nella FIS. Nel '72 si è dimesso perché apolide e la FIS non accetta "cittadini del mondo" nemmeno a livello onorario, perché se è vero che è un organismo internazionale, è anche vero che è composto da cittadini di vari Paesi. E qual è il Paese dell'apolide? Dal '63 al '69 fu nel consiglio della FIS, e dal '69 al '72 presidente della Commissione di sci di fondo con Bengt Herman Nilsson vice presidente. Era quindi l'uomo più importante nell'ambiente internazionale del fondo. E vennero i carri armati russi. Era la notte fra il 20 il 21 agosto 1968. "Ero iscritto al partito comunista ma stavo dalla parte di Alexander Dubcek. Mi criticavano perché cercavo un compromesso. Non ero e non sono anticomunista, ma stavo in una posizione di centro. Lo sport mi aveva insegnato a battermi, ma anche a cercare soluzioni, a studiare vie percorribili. Stavo al centro ma criticai e contestai l'ingresso dei russi e delle truppe del patto di Varsavia. Il Parlamento non era stato consultato, e nemmeno il partito comunista. Ho chiesto ad alcuni amici sportivi russi: "Perché i carri armati? Mi hanno risposto: "La Pravda dice questo". E infatti la Pravda diceva che la Cecoslovacchia aveva chiesto l'intervento dei Paesi del Patto di Varsavia. Ma non era vero. Ho detto, e ancora lo dico, che i carri armati non sono una soluzione. E così ho cominciato a scrivere su giornali illegali e semilegali. Scrivevo che l'occupazione di truppe straniere non corrispondeva alla Costituzione cecoslovacca. Fino al 1970 non mi hanno toccato, e infatti quell'anno sono stato direttore delle gare ai Campionati mondiali di fondo a Strbske Pleso e Vysoke Tatry. Le autorità temevano che, allontanandomi, si sarebbe scatenato un putiferio che avrebbe anche potuto mettere in forse la manifestazione. Nel maggio di quello stesso anno sono stato convocato dalla commissione di epurazione".

Cerco di immaginare lo stato d'animo di un uomo che ha sempre lavorato per lo sport e cioè per qualcosa che trascende le frontiere e che avvicina la gente. Forse capiva o forse non riusciva a capire. Nel bellissimo film di Ingmar Bergman "Il settimo sigillo", il cavaliere crociato sfida la morte a scacchi per permettere ai suoi amici attori e funamboli ambulanti di salvare la vita. La morte lo guarda e gli dice: "Perché mi sfidi? Tu sai che io non posso perdere". Vladimir Pacl sapeva di aver sfidato il potere e sapeva pure che il potere non poteva perdere. Ma sapeva soprattutto che un uomo può fare certe cose e che non può farne altre. Tra queste, accettare i carri armati come soluzione di un problema politico.

"Ero membro del Comitato olimpico cecoslovacco. Dal '66 secondo segretario dello stesso comitato e anche segretario del comitato che doveva preparare le Olimpiadi di Praga del 1980. Alla Commissione di epurazione mi dissero: "Puoi chiudere bottega perché i russi hanno detto che le Olimpiadi del 1980 le organizzerà Mosca". Poi mi chiesero di sottoscrivere che ero antisovietico, antisocialista, anticomunista e revisionista. Rifiutai. Il fatto che non avessi accettato l’occupazione non mi permetteva di firmare un simile documento. La storia di questa vicenda allucinante. Sentiamo ancora. “Ero membro supplente del Comitato nazionale sport ed educazione fisica, un organismo che si occupava soprattutto di programmazione. Ho avuto l’onore di esserne esonerato assieme a Emil Zatopek. Io e Emil eravamo molto amici. Avevamo fatto anche la naja insieme. Sono stato pure responsabile per l’atletica leggera e quindi ho avuto modo di lavorare anche con l’eroe dei Giochi di Helsinki. Poi mi hanno cacciato via dallo sci. Nel comitato olimpico hanno fatto lunghissime discussioni per decidere cosa fare di me. Avevo amici che mi hanno difeso, ma senza risultati. Facevano riunioni senza invitarmi, proprio per farmi capire che era meglio se mi dimettevo. Sono sparito dappertutto, un pezzo per volta. Mi hanno pure costretto a restituire la tessera del partito”. Vladimir Pacl racconta queste cose senza la minima acredine, con quel distacco dell’uomo saggio che è al di là del male, che ricorda senza provare dolore per averne provato troppo. “Dovevo andare all’estero per la FIS, ma non mi davano il passaporto. In Cecoslovacchia, infatti, il passaporto è di proprietà del Ministero degli Interni. Possono dirti “ non ti diamo il passaporto” senza fornirti alcuna spiegazione. Ma dopo sei mesi, finalmente, anche grazie agli interventi della FIS, ecco il prezioso documento con validità però solo di un mese. La situazione politica in Cecoslovacchia era inaccettabile. Mi son detto: “Se trovo la possibilità di lavorare all’estero senza danneggiare nessuno mi fermo”. Ho fatto un giro di esplorazione in Europa. In Italia, con un permesso di 5 giorni, sono andato a Ronzone dove avevo molti amici. Ho chiesto: “Posso restare qui per sempre? E da allora sono qui”. Ha creato un centro turistico per il fondo, ha inventato lo sci escursionistico, vera e propria attività sportiva con la parola d’ordine “uscire dai binari”, ha lavorato appassionatamente per promuovere lo sci di fondo nel Sud e ha inventato addirittura la “Silaloppe”, gara di granfondo nella Sila; ha creato la prima scuola italiana di sci di fondo a carattere escursionistico, ha promosso lo sviluppo nel nostro Paese dell’orienteering, affascinante specialità che assimila la corsa campestre e lo sci di fondo all’uso della carta topografica e della bussola e alla conoscenza della natura. Vladimir Pacl è partito dall’agonismo, che ha esplorato a fondo, per diventare tecnico dello sport e dirigente. Oggi lavora sul piano della promozione e penso che stia sveglio di notte per maturare le idee da esprimere di giorno. Il suo impegno ha poche pause perché non vuole che qualcuno possa dire che abusa dell’ospitalità ricevuta nel nostro Paese. Posso dire che il suo lavoro è superiore al ricavato. Ma le soddisfazioni intime, quelle che si vedono guardandosi nello specchio, hanno forse un prezzo? Credo di no. L’uomo senza frontiere, racchiuso nello spazio esiguo della parola “apolide”, vive panorami che pochi uomini sanno vivere. Il suo passato è solo suo e l’ha conquistato col dolore. E’ suo anche il suo futuro, pieno di invenzioni e della gioia di vivere. Dopo 11 anni gli hanno permesso di rivedere il figlio Ravdan. Nel ’70, quando Vladimir lasciò la Cecoslovacchia, aveva 19 anni. L’ha rivisto che di anni ne aveva 30. Si sono raccontati molte cose, ma forse non c’erano radici a unirli. Quel giorno di undici anni dopo si sono sentiti uniti esclusivamente nella commozione e nell’emozione. Mi sono chiesto quali siano le radici di Vladimir Pacl, provando tenerezza e simpatia per l’uomo apolide che ha saputo allargare le frontiere sui confini del mondo. Ha radici nelle cose che ha fatto e in quelle che sogna di fare. E nelle valli che percorre tutti i giorni per trovare sentieri e panorami nuovi. Fin qui le parole di Musumeci che danno una chiara idea di chi è stato, ma non di chi sarebbe potuto essere Vladimir anche in Italia se, insieme all’accoglienza, avesse trovato qualche appoggio in più quando, dopo aver tanto operato per gli altri, avrebbe avuto bisogno di una mano per se stesso. La questione della cittadinanza, che era prima di tutto un fatto di impegno politico che è invece venuto a mancare. Era ed è rimasto un apolide, con tutte le complicazioni del caso. Si aiutano gli immigrati che si sono introdotti illegalmente per delinquere, e non c’è stata la minima attenzione nei suoi confronti. E’ stato l’uomo che ha lanciato lo sci turistico in Italia, lo hanno chiamato a far parte della commissione che ha costituito la prima scuola maestri con i relativi programmi e, quando il settore è diventato di competenza delle Regioni, non gli hanno riconosciuto il titolo di maestro di sci. Pretendevano che frequentasse il corso e facesse gli esami sotto ragazzi che aveva contribuito a promuovere maestri. Giustamente si è rifiutato: questione di dignità, non di orgoglio. Eppure il patentitno di maestro ce l’aveva già, rilasciato da Svezia e Svizzera, due Paesi che ne avevano riconosciuto la competenza. Ha introdotto in Italia l’orieneering e, quando il Trentino ha organizzato i Mondiali di sci-orienteering, è stato escluso dal comitato organizzatore. Altri hanno raccolto i frutti, innanzitutto economici e di immagine, di quanto lui aveva seminato rimettendoci spesso di tasca sua. Per fare il caso specifico dello sci di fondo, è stato lui a inventare la Coppa del Mondo elaborando di propria iniziativa le prime classifiche – non ufficiali – che prendevano in considerazione le maggiori gare dell’epoca con un punteggio e un regolamento che sarebbe stato poi adottato quando la Coppa venne approvata dalla FIS. In precedenza era stata avversata dai nordici che, con lui alla presidenza della Commissione FIS del fondo, non avrebbero potuto imbastire i vari giochini che l’hanno caratterizzata nel passare degli anni. Mortificazioni che non gli hanno pesato più di tanto per il semplice fatto che al prestigio e al denaro, che pure gli era necessario, non ha mai dato peso più di tanto. Ha sempre anteposto la voglia di fare qualcosa per gli altri. Un’ingratitudine che l’ha ferito nell’animo prima che nel portafoglio. Ben diversa la sua concezione della vita e gli interessi che ne potevano derivare. Gli bastava, sempre affiancato dall’amica Antonia e dal gruppo degli “Orsi”, la soddisfazione di riuscire a promuovere in tutta Italia l’animazione di attività sportive ed escursionistiche. In particolare l’orientamento con e senza sci, lasciando ovunque una traccia del suo passaggio, testimoniato da segni, punti di punzonatura, palestre nel verde, manifesti e magliette che egli stesso disegnava in stile naif. Era uno studioso della tecnica dei passi, che illustrava con disegni semplici ma efficaci. Un messaggio che gli amici della Val di Non, Pietro Scaramella e Flavio Mosconi, allora sindaco di Vermiglio, hanno saputo raccogliere. Per quanto riguarda il fondo lo hanno fatto sul piano agonistico portando in Val di Sole, ripetutamente, la Coppa del Mondo femminile che a dieci anni di distanza riprendeva la “Settimana internazionale del fondo”, e anche i Mondiali di canoa del 1993. Una promozione durata solo per il tempo che hanno tenuto la presidenza dell’APT, quando Vladimir era ancora un condizione di dare una mano determinante. Poi, purtroppo, è sopravvenuto l’ictus che lo ha messo fisicamente a terra e costretto in carrozzella ma non ne ha fiaccato lo spirito. Però lo ha forzatamente emarginato da tutte quelle attività che, fino ad allora, erano state parte integrante della sua vita avventurosa e che, senza di lui e con i vecchi amici che ne avevano sostenuto le iniziative ritirati a vita privata, si sono man mano affievolite per spegnersi definitivamente.

fonti:

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