Utente:Gianreali/prova 36

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Aspetti religiosi (già fatto)
Legame con la regolazione delle acque (già fatto)
in parte La famiglia e la stirpe

Alcuni aspetti sociologici generali della religiosità cinese[modifica | modifica wikitesto]

Aspetti religiosi[modifica | modifica wikitesto]

Per comprendere le peculiari caratteristiche della religiosità cinese è necessario considerare alcuni concetti generali:

Approssimativamente si può sostenere che la religione cinese, abbia un punto cardine: l'assenza di interessi puramente individuali [1]; che si esprimono poi in due filoni preincipali:

  1. un culto di stato ufficiale che persegue gli interessi della comunità[1], ed in cui sono presenti spiriti della natura fortemente spersonalizzati[1] svuotati di tutti i fattori emozionali[1], accompagnato dall'orgogliosa rinuncia all'aldilà[1].
  2. una religione popolare costituita dal culto degli antenati al servizio del gruppo familiare stesso[1] e con la comparsa di divinità di funzione (che presiedevano quindi alle varie attività umane[senza fonte]);

Secondo Weber il culto ufficiale (fortemente impersonale) era fondamentalmente incomprensibile per la grande massa di contadini che, di conseguenza, si rivolgevano alle suddette divinità di funzione (vedi anche qui sotto), ignorate invece dal potere centrale[2]. Non solo, ma la "intelligentzia" considerava eterodossa la cosiddetta religione popolare (con esclusione del buddismo) che aveva un considerazione a parte[senza fonte], manifestando invero un certo imbarazzo nei suoi confronti pur sospendendo qualsiasi giudizio su questo genere di approccio (in modo non dissimile a quanto accadeva nella Grecia classica tra filosofia e religione)[3].

Tipicamente cinese è anche il sentimento per cui il mondo della natura e la società umana, siano strettamente legati e solidali. Questo sentimento, secondo Marcel Granet, per lo più solo emotivo all'inizio, diventò, col tempo, fortemente dogmatico[4]

Fin dall'epoca feudale (all'incirca il IX secolo a.C.) ed andando via via un poco attenuadosi, si evidenzierà una grande scissione tra la vita dei contadini e quella dei cittadini.[5] Già sopra abbiamo menzionato come il potere centrale si disinteresserà delle divinità di funzione, preferite invero dal mondo contadino.

Indubbiamente questa scissione tra daoismo "istituzionalizzato" e religione popolare è rigida. Questi due momenti sono invece estremi in un costante dialogare. Ad esempio nella moderna pratica nella regione meridionale di Taiwan hanno molta importanza i medium tra l'uomo e la divinità(Pregadio, vol 1 p. 145-46)

Legame con la regolazione delle acque[modifica | modifica wikitesto]

Secondo la teoria idraulica di Karl August Wittfogel, il controllo delle acque viene considerato basilare nella genesi di una civiltà. In Cina essa era intesa come necessità di protezione contro le inondazioni ottenuto tramite la costruzione di dighe, con una precisazione: nella Cina (per lo più settentrionale ma in minor misura anche meridionale) non si percepiva la necessità di avere canali per l'irrigazione, bensì il pericolo era composto dall'ingrossamento delle acque[6].

Il fulcro portante di questo meccanismo era l'immutabilità. I sovrani quindi, dovevano legittimarsi come supremi, come "figli del cielo" (e se, per caso, vi fosse stata una inondazione, il sovrano doveva rendere pubblica penitenza).[7] L'inviolabilità e l'uniformità del rituale magico, unito alle leggi naturali, generava quell'unità (unità del dao) tramite l'elevazione dell'atemporale e dell'immutabile a suprema potenza[7] La garanzia dell'ordine (e quindi della stabilità delle acque) era conseguenza di una potenza impersonale, estranea alla passione ed all'ira, che donava tranquillità,[8][9] Per il mondo cinese l'ordinamento della vita sociale, sempre costante, era tutto. Per esempio, a partire dal III secolo a. C. nelle rare invasioni (come ad esempio i mongoli del XIII secolo), i sudditi cambiavano solo e semplicemente padrone, in quanto la garanzia dell'ordine interno era garantito dalla impersonalità del sovrano stesso.[10]

Il cielo non parlava più e si rivelava attraverso il governo terreno[non chiaro][11].

Dio[modifica | modifica wikitesto]

Nelle religioni centroasiatiche e mongole il Dio è, assieme al Sovrano, il garante dell'ordine universale. Si tratta di un Dio distante: se non interviene l'uomo, ancor meno interviene Lui. [12]. Si parla quindi di un Dio impersonale [13]

La famiglia e la stirpe[modifica | modifica wikitesto]

Il concetto di stirpe ha una grande importanza in Cina. Anticamente ( fino all'inizio del 900[senza fonte] ) la vita sociale e le tradizioni erano organizzate intorno ad un antenato cui era rivolta devozione [14]. Per ogni stirpe esisteva un dio contadino duplice, (ovvero la fusione di uno spirito della terra fecondo e lo spirito del raccolto) ed uno spirito antenato[non chiaro][15] Con l'accrescersi dei "principi" nel potere centrale essi divennero spiriti del territorio del principe, fino a divenire un Dio personale sul tipo del greco Zeus. Con l'ulteriore salita del potere centrale lo spirito celeste assunse una impronta sempre più impersonale a differenza di quanto avvenne in territorio mediorientale[non chiaro][16]

Anche la famiglia aveva (in epoca feudale) una vita particolare, essa era identità sostanziale, generalmente isolata, si scambiava coi vicini in due momenti particolari ovvero:

  1. ad ogni generazione metà dei figli del medesimo sesso andavano a sposarsi in un paese vicino, in cambio di un lotto di figli de medesimo sesso;
  2. in primavera con grandi feste sessuali in cui avvenivano scambi tra gruppi diversi e rompevano la monotonia della vita contadina.[17]

Assenza di una casta guerriera[modifica | modifica wikitesto]

Il carattere tipicamente pacificato verso l'esterno dell'impero cinese, dopo una prima fase militaristica, non ha permesso la "scalata del potere" al cavaliere addestrato alle armi.[18] Gli dei guerrieri non salirono mai l'Olimpo[19]. E se gli imperatori compivano l'aratura, mai si trattava di principi cavallereschi.[19] È noto che in epoca storica solo un generale vittorioso sia stato proclamato imperatore dall'esercito (ovvero Wang Mang intorno all'anno 1)[20]

Rapporti con la religione popolare[modifica | modifica wikitesto]

La religione costituita (vedi religione popolare cinese) era di ben scarso interesse per il mistico cinese (si pensi a Laozi) oppure per Kǒngzǐ (latinizzazione di Confucio), entrambe le correnti però la accettavano[21]. Si dice in Cina che "il Cielo è uno e la Terra molteplice". Ciò starebbe a significare che il Cielo era unitario in quanto oggetto del culto del sovrano, mentre i culti contadini si rifacevano a multiple divinità agrarie'[22]

Predominio della lingua scritta[modifica | modifica wikitesto]

La tipica scrittura cinese, ovvero l'ideogramma, a differenza della scrittura alfabetica, era orientata principalmente alla vista e non all'udito. Secondo Max Weber questa caratteristica diede alla letteratura cinese un'impronta intuitiva a discapito del pensiero sistematico e della retorica. Il letterato quindi "trovava rifugio" nella bellezza dell'ideogramma, mentre il parlare rimase solo un affare della parte povera della popolazione. Una grande antitesi con la grecità per cui il dialogo (logos) era tutto[23].

Conclusione[modifica | modifica wikitesto]

In Cina l'antico ordinamento sociale era intoccabile. Il cielo era custode della stabilità. "La garanzia della tranquillità e dell'ordine interno era offerto nel migliore dei modi, da una potenza qualificata nella sua impersonalità [...] alla quale dovevano rimanere estranee la passione e soprattutto l'ira"[10]

I due principali paradigmi della religiosità cinese sono: il culto di stato ufficiale che serviva gli interessi della comunità e il culto degli antenati che serviva agli interessi del gruppo familiare[1]

Gli interessi personali in entrambe le linee religiose erano impensabili.[1] "Il cielo, la potenza celeste impersonale non parla agli uomini, si rivela attraverso il modo del governo terreno e quindi nell'ordine stabile della natura e della tradizione, che è parte dell'ordine cosmico."[11]

«In luogo di un dio creatore sopramondano si considerava come essere ultimo e supremo un essere sopradivino, impersonale, sempre identico a se stesso, eterno nel tempo, che rappresentava al tempo stesso la validità intemporale di ordinamenti eterni. La potenza celeste "non parlava" agli uomini si rivelala loro attraverso l modo del governo terreno, e quindi nell'ordine stabile della natura e della tradizione, che era parte dell'ordine cosmico, nonché, come ovunque attraverso ciò che accadeva agli uomini.»

In ultimo:

«l'assenza di un Dio personale, che disponesse a piacere di tutto ciò che è creaturale, [..precludeva..] la via verso un'etica ascetica orientata in base all'antitesi tra Dio e la creatura»

  1. ^ a b c d e f g h Weber 1982, p. 233
  2. ^ Weber 1982, p. 234
  3. ^ Weber 1982, p. 235-237. In modo interessante, Weber fa notare come in Grecia il culto degli dei omerici e degli dei popolari rimase istituzione ufficiale, con una dottrina filosofica fondamentalmente privata, mentre in Cina sussisteva una religione ufficiale statale assieme a divinità di funzione, il cui culto era un fatto privato
  4. ^ Granet 1973, p. 23-24
  5. ^ Granet 1973, p. 9-10
  6. ^ Situazione ben diversa quindi dal nostro Medio Oriente ove era prioritaria l'irrigazione, essendo l'ambiente desertico[senza fonte]. Per il suddito mesopotamico od egiziano era basilare che dal re e dalla sua amministrazione derivasse la tranquillità del raccolto. Da tale processo ne derivava quindi la vita...il re creava il raccolto(Weber 1982, p. 65)
  7. ^ a b Weber 1982, p. 72
  8. ^ Weber 1982, p. 77
  9. ^ Ben diverso Jahvè che era un dio guerriero, alleato, personale (Weber 1982, p. 67)
  10. ^ a b Weber 1982, p. 71
  11. ^ a b Weber 1982, p. 73
  12. ^ Mircea Eliade, XVIII. Dei del cielo presso le popolazioni artiche e centroasiatiche, in Trattato di Storia delle religioni, Torino, Editore Boringhieri, 1976.
  13. ^ Weber 1982, p. 66-67
  14. ^ Pregadio, Enciclopedia of Taoism, I, 11
  15. ^ Weber 1982, p. 66
  16. ^ Weber 1982, p. 66-67
  17. ^ Granet 1973, p. 9-23
  18. ^ Weber 1982, p. 68-69
  19. ^ a b Weber 1982, p. 69
  20. ^ Weber 1982, p. 70
  21. ^ a b Errore nelle note: Errore nell'uso del marcatore <ref>: non è stato indicato alcun testo per il marcatore Weber 1982 p. 245
  22. ^ Granet 1973, p. 64-65
  23. ^ Weber 1982, p. 184-185
  24. ^ Weber 1982, p. 72-73