Palazzo Pretorio (Vicopisano): differenze tra le versioni

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
replaced: → (9), madonna → Madonna , .. → ., removed: purtroppo, typos fixed: ⌊⌊⌊⌊M31⌋⌋⌋⌋miniatura|Palazzo Pretorio]] Il '''Palazzo Pretorio''' di ⌊⌊⌊⌊M32⌋⌋⌋⌋ è uno degli edifici using AWB
Riga 13: Riga 13:


=== Osservazioni sul sito del palazzo ===
=== Osservazioni sul sito del palazzo ===
Il palazzo pretorio sorge nel centro del comune pisano, luogo significativo per la presa di posizione del governo pisano e non solo. La scelta di questo sito per la sede governativa del comune investì i le aree più migliori di Vicopisano, il palazzo infatti sorge sulla zona sommitale del castello, in posizione sopraelevata rispetto al resto delle abitazioni. Diventa, per così dire, baricentro urbano del [[Comune di Pisa|Comune]], scelto quindi non solo per motivi strategici per soprattutto per motivi che innalzavano il valore e il prestigio del potere civile di Vicopisano. Vicopisano divenne un comune effettivo di Pisa nel 1161, anche se negli anni a seguire, il vescovo continuò a reclamare la sua supremazia e il suo potere su tale comune. Solo nel 1317 il comune di Pisa acquisì il completo potere di Vicopisano. Da questo momento in poi il governo della città pose il proprio centro di controllo nel castello, facendo di Vicopisano un importante fortezza. Fu quindi intorno al 1300, dopo la presa di potere e la supremazia di Pisa su tale comune, che iniziò la costruzione del palazzo pretorio. Questa struttura possiede molte affinità stilistiche con le varie torri che si ritrovano nel territorio comunale di Vicopisano, principalmente con quella dell’Orologio, per motivi pratici, dal momento che la costruzione di questi edifici avviene, più o meno, nello stesso periodo. Ad esempio vengono impiegate le medesime pietre conce, silicee, provenienti da cave locali, con il medesimo modo di lavorazione dei vari blocchi con il bordo levigato; ma non solo, anche la forma dei penducci con motivi decorativi è simile, ad esempio il braccio scolpito con la mano aperta a sostegno della mensola stessa o il nastro intrecciato.
Il palazzo pretorio sorge nel centro del comune pisano, luogo significativo per la presa di posizione del governo pisano e non solo. La scelta di questo sito per la sede governativa del comune investì le aree migliori di Vicopisano, il palazzo infatti sorge sulla zona sommitale del castello, in posizione sopraelevata rispetto al resto delle abitazioni. Diventa, per così dire, baricentro urbano del [[Comune di Pisa|Comune]], scelto quindi non solo per motivi strategici per soprattutto per motivi che innalzavano il valore e il prestigio del potere civile di Vicopisano. Vicopisano divenne un comune effettivo di Pisa nel 1161, anche se negli anni a seguire, il vescovo continuò a reclamare la sua supremazia e il suo potere su tale comune. Solo nel 1317 il comune di Pisa acquisì il completo potere di Vicopisano. Da questo momento in poi il governo della città pose il proprio centro di controllo nel castello, facendo di Vicopisano un'importante fortezza. Fu quindi intorno al 1300, dopo la presa di potere e la supremazia di Pisa su tale comune, che iniziò la costruzione del palazzo pretorio. Questa struttura possiede molte affinità stilistiche con le varie torri che si ritrovano nel territorio comunale di Vicopisano, principalmente con quella dell’Orologio, per motivi pratici, dal momento che la costruzione di questi edifici avviene, più o meno, nello stesso periodo. Ad esempio vengono impiegate le medesime pietre conce, silicee, provenienti da cave locali, con il medesimo modo di lavorazione dei vari blocchi con il bordo levigato; ma non solo, anche la forma dei penducci con motivi decorativi è simile, ad esempio il braccio scolpito con la mano aperta a sostegno della mensola stessa o il nastro intrecciato.


=== Caratteristiche stilistiche e funzionali dell’edificio medievale ===
=== Caratteristiche stilistiche e funzionali dell’edificio medievale ===

Versione delle 15:02, 25 mag 2016

Palazzo Pretorio

Il Palazzo Pretorio di Vicopisano è uno degli edifici pubblici che meglio incarna l’idea di edilizia civile medievale che ritroviamo in tutto il territorio adiacente a Pisa.

Storia

Nel luglio del 1406, dopo un lungo periodo di assedio, le milizie fiorentine riuscirono a conquistare il castello di Vicopisano, un importante baluardo difensivo, all’epoca, per Pisa e il proprio territorio. I fiorentini dimostrarono grande interesse per questo comune pisano, tanto da renderlo sede di un Vicariato detto appunto Vicopisano. Questa nuova conquista pose dei problemi giurisdizionali e politici legati al fatto di dover individuare un edificio che fosse adeguato per svolgere le funzioni proprio del vicariato, tra le quali l’amministrazione, non solo giuridica, anche criminale, e quella civile. A Vicopisano la struttura ritenuta idonea e già preesistente era il Palazzo Pretorio. Prima della conquista fiorentina il Palazzo non era stato pensato per assolvere alle richieste sopra elencate, si trattava infatti di una residenza patrizia, molto probabilmente appartenente alla famiglia Berci, di origine vicarese. Il palazzo fu costruito presumibilmente intorno al XII secolo sotto commissione del vescovo di Pisa quando ancora esercitava poteri feudali nei confronti del castello di Vicopisano. Nata quindi come struttura di ordine privato, il nucleo originale del palazzo presentava le caratteristiche delle domus urbane di Pisa. La struttura quattrocentesca non era considerata del tutto idonea ad accogliere i le funzioni svolte dal vicariato, che oltre a svolgere ruoli giuridico amministrativi aveva fatto, del palazzo, la propria abitazione, all’interno della quale si ritrovava anche la corte composta da un cavaliere, un notaio e quattro “sbirri” che assicuravano la messa in pratica delle decisioni del vicario. Subito dopo la conquista di Vicopisano furono ritenuti necessari degli interventi di ristrutturazione dell’intero Palazzo, rendendolo così un edificio pubblico che, dall’inizio del Quattrocento, fino al 1923, ospitò i funzionari che si occuparono di svolgere l’amministrazione criminale e civile di questa provincia pisana. Le operazioni di ristrutturazione furono le seguenti:

  • installazione nel piano nobile del palazzo la residenza privata del vicario
  • costruzione della sede del tribunale e delle prigioni ad esso collegate, sia al piano terra che al secondo e terzo piano
  • creazione di uffici dove notai civili e militari esercitavano le loro funzioni

Descrizione

Nella maggior parte delle città toscane, con la nascita dei comuni, nacquero all’inizio del 200, anche le sedi pubbliche e medievali di organizzazione del territorio. Il palazzo pretorio è una struttura che fu utilizzata per assolvere questi compiti, ma costruita solo all’inizio del 300. costruito intorno al XIII secolo, sorge sulla sommità del colle di Vicopisano, sulla via principale del comune pisano, e ad esso omonima, via del Pretorio. l’edificio che possiamo osservare oggi, ha mantenuto intatte solo poche parti di quelle originali, l’intera struttura in legno è andata perduta, ma la facciata del palazzo ci fa capire quale fosse la struttura originaria. Osservando le pietre di verrucana, senza badare alle costruzioni in mattoni, è possibile immaginare la facciata con alti montanti intervallati da grandi finestre anticamente chiuse da due balconi in legno. Anticamente infatti anche Palazzo pretorio era costruito secondo il modello delle case torri, che ricordiamo, erano costruite per assolvere ad una doppia funzione, da casa privata, in periodi di pace, e da torre di attacco, in periodi di guerra. Il maestoso aspetto originario della struttura è andato perduto con le successive ristrutturazioni e riorganizzazioni del palazzo in base al variare delle funzioni. Secondo alcuni saggi relativi alla struttura, il corpo principale del palazzo, relativo al secolo 300, è stato costruito nel sito di strutture castellane preesistenti

Osservazioni sul sito del palazzo

Il palazzo pretorio sorge nel centro del comune pisano, luogo significativo per la presa di posizione del governo pisano e non solo. La scelta di questo sito per la sede governativa del comune investì le aree migliori di Vicopisano, il palazzo infatti sorge sulla zona sommitale del castello, in posizione sopraelevata rispetto al resto delle abitazioni. Diventa, per così dire, baricentro urbano del Comune, scelto quindi non solo per motivi strategici per soprattutto per motivi che innalzavano il valore e il prestigio del potere civile di Vicopisano. Vicopisano divenne un comune effettivo di Pisa nel 1161, anche se negli anni a seguire, il vescovo continuò a reclamare la sua supremazia e il suo potere su tale comune. Solo nel 1317 il comune di Pisa acquisì il completo potere di Vicopisano. Da questo momento in poi il governo della città pose il proprio centro di controllo nel castello, facendo di Vicopisano un'importante fortezza. Fu quindi intorno al 1300, dopo la presa di potere e la supremazia di Pisa su tale comune, che iniziò la costruzione del palazzo pretorio. Questa struttura possiede molte affinità stilistiche con le varie torri che si ritrovano nel territorio comunale di Vicopisano, principalmente con quella dell’Orologio, per motivi pratici, dal momento che la costruzione di questi edifici avviene, più o meno, nello stesso periodo. Ad esempio vengono impiegate le medesime pietre conce, silicee, provenienti da cave locali, con il medesimo modo di lavorazione dei vari blocchi con il bordo levigato; ma non solo, anche la forma dei penducci con motivi decorativi è simile, ad esempio il braccio scolpito con la mano aperta a sostegno della mensola stessa o il nastro intrecciato.

Caratteristiche stilistiche e funzionali dell’edificio medievale

il Palazzo pretorio è costruito su un impianto originario rettangolare e possiede tutte le caratteristiche delle comuni edilizie private di Pisa e i suoi comuni relative al periodo romanico.

La facciata dell’edificio è così strutturata: è divisa in tre vani, incorniciati da archi a sesto acuto. Le pilastri di appoggio sono fatte di pietra e sono più grandi rispetto ai vani intermedi. I tre piani sono così suddivisi da architravi posti tra i pilastri, le mensole infatti servivano come appoggio ai ballatoi di legno. Questa porzione di edificio è ricca di decorazioni, ritroviamo motivi geometrici e antropomorfi.

l’ultima parte del palazzo così com’è visibile oggi, ossia dalla parte inferiore delle finestre dell’ultimo piano, fino al tetto, è priva di omogeneità rispetto al resto del palazzo, infatti, dall’utilizzo differente dei mattoni, si capisce che questa parte fu aggiunta in un secondo momento, probabilmente intorno al cinquecento, per aggiungere un vano all’intera struttura.

Tutte le finestre, con le rispettive incorniciature, sono state ripristinate e ritoccate solo in tempi moderni, ad esempio le finestre del secondo piano sono state ingrandite nel 1782, mentre relative al seminterrato sono state modificate nel 1846.[1]

Nonostante l’edificio venne più volte rimaneggiato, nel suo complesso appare come una struttura relativamente omogenea, anche rispetto ai palazzi pubblici non solo della provincia di Pisa ma di tutta la regione Toscana.

Per quanto riguarda la facciata principale, le pietre di impiego sono state disposte a strati orizzontali, lavorate in maniera da lasciare la superficie dentellata e il bordo levigato. Mentre le facciate ad est e ad ovest hanno delle caratteristiche ben diverse. Le pietre utilizzate sono più piccole e sono lavorate in maniera differente. Il materiale utilizzato, in sé, non è omogeneo.

In più la facciata ad est è stata ricostruita nel 1639, in seguito al crollo del campanile a vela, e in questa occasione il materiale impiegato non corrispondeva con quello originario.

La facciata ad ovest è stata costruita con materiali simili a quelli della facciata ad est, e anch’essa presenta dei segni di un’aggiunta su di un lato.

Mentre, per quanto riguarda la facciata posta a nord, essa possiede degli elementi originali all’altezza del secondo piano, ossia due finestre racchiuse da un timpano triangolare ma con grandezze diverse e asimmetriche. Le pietre utilizzate per la costruzione di questa facciata invece sono simili a quelle impiegate per la facciata ad est e ad ovest.

Il piano terra non può essere analizzato con tanta precisione perché venne più volte rimaneggiato e questo non permette di trovare spiegazioni precise sull’impiego dei materiali, quindi sulla loro provenienza etc.

per quanto riguarda invece l’altezza dei solai e i loro rispettivi livelli, questi non coincidono con le misure originali, ad esempio il secondo piano risulta essere innalzato di 30 centimetri rispetto alla versione originale [1]. mentre la suddivisione dei tre piani in tre vani, come si può notare dalle fattezze della facciata, corrisponde allo schema originario.

L’edificio, al suo interno infatti, è così articolato: vi sono tre piani che conservano l’aspetto medievale della struttura. Il pian terreno è completamente occupato dalle celle delle prigioni, utilizzate sin dal quattrocento, alle quali si accede tramite due angusti portali che si aprono sotto la volta dell’ingresso del cortile interno. Le pareti delle celle recano, oltre ad alcuni elementi di arredo, numerose incisioni fatte dai prigionieri.

Al primo piano si trovano le sale di rappresentanza come la sala di Udienza, la sala del Consiglio, e la prima cappella del palazzo, come suddetto. Durante dei recenti lavori di restaurazione sono emersi affreschi celati da ripitture successive, risalenti al quattro-cinquecento. A questo piano del palazzo si accede mediante una scala posta sul lato ovest del cortile.

L’ultimo piano si raggiunge tramite una scala interna e doveva ospitare i locali dei servizi. Ma questo lato, come tutta l’ala orientale e settentrionale del cortile oggi è adibita ad uso privato. In questa parte del palazzo si trovano affreschi raffiguranti motivi araldici, una Madonna con il bambino, un affresco raffigurante la “Pietà”, oggi però trasferito nel palazzo comunale.

Infine la torre situata nell’angolo sud orientale oggi è utilizzata come magazzino.

Gli interventi durante la prima dominazione fiorentina e nel cinquecento

A partire dal XIV la prosperità e la pace di Vicopisano finirono. Prima minacciato dagli assedi dei lucchesi e dopo da quelli fiorentini, dopo otto mesi di assedio, il Comune cadde sotto la giurisdizione di Firenze. Più volte Vicopisano cercò di riprendersi la proprio autonomia, senza successo, finendo per cadere sotto il definitivo controllo di Firenze nel 1503.

le modifiche attuate al Palazzo Pretorio intorno al XIV-XV secolo sono dovute prevalentemente alle diverse esigenze che il nuovo governo aveva. I lavori che furono realizzati in questo periodo sono testimoniati dall’iscrizione sull’arco in pietra serena della volta d’ingresso dell’edificio “bernardus or… el… a… us” che però oggi sono in parte scomparsi perché rovinati da agenti atmosferici. La plausibile ricostruzione della scritta sulla facciata lascia ad intendere che fu Bernardus Oricellarius, probabilmente il primo vicario fiorentino dopo il 1406, che si occupò di ricostruire l’ingresso dell’edificio, più in particolare si occupò di modificare la volta con il terrazzo sovrastante che metteva in comunicazione il corpo principale del palazzo con le altre strutture situate nella parte nord dell’edificio.

l’edificio del XV, innanzitutto assume una pianta poligonale irregolare, in seguito alle aggregazioni dei nuovi edifici costruiti tra XV secolo e XVIII secolo, intorno al nucleo principale, ma nell’impianto del XV secolo possedeva un sistema di terrazzi ai quali si accedeva tramite una scalinata esterna, sovrastati da un loggiato. Per cui il cortile doveva essere sovrastato e circondato da una serie di arcate, in particolare sui lati ad est e a sud, i quali infatti sostenevano i terrazzi che fungevano da disimpegno per i vani.

La stanza dalla quale si entrava nel palazzo è ricoperta da una volta a crociera decorata con l’affresco di quattro stemmi (che oggi sono poco leggibili, se non quasi completamente), probabilmente eseguiti nello stesso periodo dei lavori quattrocenteschi. La decorazione della volta ha un valore identificativo, indica l’importanza funzionale di questo vano che anticipa il resto del palazzo e costituisce una sorta di incipit introduttivo al resto dell’edificio (l’uso delle decorazioni con stemmi negli ambienti pubblici dei palazzi è molto diffusa in toscana). La posizione di questa sala è degna di nota, dal momento che ha accesso indipendente dall’esterno e facilmente si collega alle carceri, anch’esse situate all’interno del palazzo, è molto probabile che prima del 1600 fosse utilizzata o come locale di udienza o come cappella. Probabilmente anche gli affreschi situati sulla facciata nord dell’edificio, prospiciente al cortile, fanno parte dei lavori di abbellimento compiuti per i soggiorni dei primi vicari.

Nel cinquecento gli interventi di ristrutturazione e di modifica furono rivolti soprattutto alle strutture che circondavano il cortile. Ad esempio venne modificano l’aspetto dell’atrio, dal momento che il lato est del loggiato fu adibito ad un vano a due piani dove furono inseriti gli uffici del notaio.

Il corpo est dell’edificio venne costruito in tre fasi differenti, il primo edificio ad essere realizzato fu quello adiacente alla torre, il secondo quello confinante con il precedente ed infine, l’ultima parte, venne realizzata un secolo più tardi nel 1663.

la prima parte ad essere ritoccata fu appunto la porzione dell’edificio ad est che venne ripresa verso la metà del 500 o poco dopo. Mentre la seconda parte venne creata solo dopo la nascita della parte dell’edificio sul quale poggia, quindi intorno al 1592. alla fine del cinquecento quindi di distinguevano molto bene le carceri pubbliche, che si trovavano all’interno dell’edificio principale e le carceri segrete poste invece nei seminterrati del palazzo e della torre. Nel 1603 fu costruita anche una cella nella stanza centrale del secondo piano del palazzo, che molto probabilmente veniva destinata a persone di riguardo e infatti in questo vano della stanza fu creata una “pittura di un crocifisso”. Alla stanza furono aggiunti un camino e una zona adibita a servizio igienico che resero questo vano migliore rispetto alle carceri inferiori.

L’organizzazione spaziale del palazzo venne ridimensionata notevolmente con l’annessione, nel 1629, delle carceri nuove, che furono allestite nel corpo centrale del palazzo, nel secondo e nel terzo piano. Oltre a questi lavori venne anche ricostruito il tetto del “salone del tormento” una stanca che era situata tra il copro principale e le strutture a nord.

Le modifiche all’intera struttura continuarono fino all’ottocento e furono più o meno invasive. I cambiamenti della legislazione penale e civile determinarono la modifica dell’edificio, ad esempio vennero costruire delle stanze apposite per poter rendere indipendente l’ufficio del “cursore”. Ad esempio l’attuale aspetto del cortile ha un’impostazione ottocentesca. Quando nel 1838 il vicario perse quasi tutti i suoi poteri giurisdizionali, nel Palazzo Pretorio, venne stabilita la sede del Tribunale Collegiale.

La struttura del palazzo rimase sempre piuttosto confusionaria dal momento che, ad esempio, alle carceri del secondo piano si accedeva tramite la scala interna, questo determinò una mancata e adeguata suddivisione tra la parte delle prigioni e quella delle abitazioni e degli uffici. Così nel 1838 furono proposti due progetti per il miglioramento del palazzo che prevedevano, il primo, la ristrutturazione delle stanze del vicario, con la modifica dell’ambiente della cucina e la restaurazione delle stanze del primo piano nell’edificio principale, il secondo progetto prevedeva invece l’adattamento della stanza dell’udienza a nuova stanza del vicario. Furono anche migliorati i vani del custode delle carceri, alla stanza originaria non si accedeva più tramite la scala interna ma tramite la scala principale dell’intero edificio. Venne migliorata la sala dell’udienza e le strutture ad essa collegate, in base alle nuove regole del tribunale dell’ottocento, le carceri necessitavano di miglior condizioni igieniche, sia quelle di livello inferiore, nel seminterrato, che quelle situate al secondo e terzo piano.

Questa lista contiene tutti gli interventi più importanti condotti su Palazzo Pretorio [2]

  1. inizio ‘300 – edificazione del palazzo del podestà inserito nel sito delle strutture preesistenti.
  2. 1406 – costruzione dell’ingresso a volta al complesso edilizio del vicariato; formazione della piazza davanti al Palazzo destinata ad uso pubblico e del cortile interno circondato dal porticato.
  3. 1460 – costruzione dell’involucro della cisterna del palazzo nel piazzale.
  4. metà del ‘500 e fine del ‘600 – edificazione in tre fasi del corso est del complesso del vicario
  5. 1583 – realizzazione, nel corpo est del palazzo, dell’affresco della Pietà, affiancato da due stemmi e dotato di una scritta sotto
  6. 1594 - restauro del tetto del palazzo e delle segrete della torre
  7. 1596 – restauro delle carceri segrete della torre e di quello pubblico
  8. 1601 – formazione del nuovo carcere ampio e ben fornito (con caminetto etc.. ) destinato agli ufficiali.
  9. 1626 – rialzamento della sponda del “verone” scoperto, sopra la porta del palazzo del vicario
  10. 1639 – risanamento del tetto del salone del “tormento”
  11. 1639 – ricostruzione dei pilastri che reggono il tetto della loggia davanti alla scala del palazzo e restauro del “verone”
  12. 1629/45 progetto e realizzazione delle nuove carceri segrete al secondo piano del palazzo
  13. 1653 – restauro della strada che metteva in comunicazione la chiesa di San Francesco e il Palazzo Pretorio
  14. 1669 – restauro dell’andito del palazzo del vicario comunicante con le carceri segrete
  15. 1670 – restauri della stalla del palazzo del vicario acquistata nel 1663; restauro del “salone del tormento”
  16. 1690 – spese per ammodernamento delle carceri pubbliche a tetto e delle sei carceri segrete dove furono inserite anche le nuove finestre
  17. 1693 – formazione di due carceri nelle vecchia stanza d’archivio e restauro delle vecchie carceri segrete
  18. 1702 – crollo di una parte del muro sotto la torretta campanaria e distruzione di una parte del terrazzo sopra la volta d’ingresso, seguiti, poi, dai dovuti rifacimenti
  19. 1745/46 – rifacimento della scala principale del Pretorio, del lastrico dell’atrio e altri rifacimenti generali
  20. 1746 – rinforzo del muro esterno del corpo est del complesso del Pretorio con l’aggiunta di una cortina in mattoni collegata con il muro vecchio
  21. 1778 – costruzione della scala esterna nel corpo est del complesso sopra il terrazzo, ottenuta allargando la volta d’ingresso
  22. 1781 – restauro della cappella dei carcerati
  23. 1782 – ingrandimento delle piccole finestre “ a feritoie” delle carceri del secondo piano del Palazzo
  24. 1819 – esecuzione del muro “a fodera” applicato alle pareti delle carceri del seminterrato del palazzo
  25. 1827 – progetto e realizzazione della ristrutturazione della cappella di Sant’Antonio
  26. 1829 – altro miglioramento della cappella
  27. 1830 – lavori di ammodernamento delle stanze del quartiere del vicario, cioè quelle situate al primo piano del corpo principale del pretorio
  28. 1833/34 – costruzione di una nuova stanza per “comodo dei cursori”
  29. 1838 – progetto di miglioramento spaziale e funzionale del complesso del pretorio
  30. 1840 – demolizione della vecchia scala esterna e edificazione al suo posto di una nuova. Demolizione di una scaletta d’accesso alle soffitte e restauri della camera del vicario
  31. 1843 – ampliamento dei vani del custode delle carceri
  32. 1846 – ristrutturazione delle carceri in tutti i vani del palazzo, innalzamento delle finestre, si eleva il pavimento Si ingrandiscono anche le finestre del secondo piano, le carceri del terzo piano vengono adattate a segrete
  33. 1847 – demolizione della “chiesina delle carceri”
  34. 1850 – progetto non realizzato della nuova sala d’udienza da situarsi nella sala della cappella
  35. 1853 – adattamento della sala d’udienza ad uso di cappella e ingrandimento della sala grande del vicario che viene adibita a sala d’udienza
  36. 1956/57 – distacco dell’affresco della Pietà assieme ai due stemmi laterali
  37. 1966 – lavori di sistemazione della piazza davanti al Palazzo; rialzo del livello del piazzale di circa 70 centimetri; demolizione dei resti dei muri della cappella di Sant’Antonio
Alcuni stemmi di Palazzo Pretorio

Gli stemmi di Palazzo Pretorio

In quanto sede del Vicariato, il Palazzo Pretorio venne, nel corso degli anni in cui Vicopisano rimase sotto la giurisdizione di Firenze, decorato dagli stemmi delle famiglie vicariali che si susseguirono al potere del Comune. Gli stemmi in generale, compresi quelli che si trovano sulle pareti del Palazzo di Vicopisano, rappresentano la manifestazione e la codificazione del potere nobiliare attraverso simboli ben precisi. Uno stemma infatti è sempre caratterizzato da alcuni elementi particolari che permettono di riconoscere, agli occhi di un osservatore attento, le caratteristiche ben precise che simboleggiano il potere. Gli stemmi nascono proprio con questo intento, quello di descrivere con quanta più precisione possibile, i simboli delle famiglie della nobiltà. La costruzione di araldi e stemmi viene considerata una vera e propria disciplina, nata con lo sviluppo dl feudalesimo e della nobiltà cavalleresca, a cavallo tra il IX e l’XI secolo, quando infatti la crisi dell’autorità centrale e la redistribuzione del potere tra le varie famiglie dell’imperatore necessitava di distinzione tra i vari casati e le varie famiglie con più potere, anche attraverso l’adozione di segni che identificassero l’appartenenza ad una determinata casata.

Le pareti del Palazzo Pretorio di Vicopisano sono ricche di Stemmi, i quali però non sono posti in maniera ordinata, ma in disordine, con una palese mancanza di criterio e metodo di affissione. Infatti vi sono stemmi in marmo relativi ad un vicariato del quattrocento, vicini a stemmi di circa un secolo dopo. Questa peculiarità, è sì in parte voluta, ma a volte anche frutto del caso, dal momento che molti di questi stemmi hanno subito delle risanature in seguito ad una caduta o un’erosione e nel corso di queste sono stati spostati. Nonostante questa variabile, la disposizione originaria degli stemmi non va incontro a nessuna pianificazione cronologica, ma è completamente dedita al caso.

Al termine del mandato di vicariato, che durava sei mesi circa, c’era la volontà, da parte della famiglia, di apporre il proprio stemma in una posizione, ritenuta da essi, migliore, dove i posteri avrebbero fatto cadere più facilmente l’occhio. Questo metodo andava a discapito delle famiglie che cronologicamente li avevano preceduti, soprattutto per quanto riguarda gli affreschi degli stemmi, dove quelli più recenti andava a sovrapporsi ai loro predecessori però cancellandoli. La datazione cronologica degli stemmi, se non possibile a livello organizzativo, lo è a livello di impiego dei materiali, in questo modo, con lo studio dettagliato dei costituenti dei singoli elementi decorativi, si può tracciare una linea cronologica ben precisa:

Gli stemmi di fattura più antica sono quelli di tipo lapideo, realizzati nel corso del XV secolo. Questo secolo rappresenta un periodo di passaggio importante per la rappresentazione degli stemmi che dimostrano la variabilità dei temi in base alla corrente artistica a cui sono legati. Lo scudo è l’elemento che meglio rappresenta la variabilità della corrente artistica. Mentre per quanto riguarda lo stile decorativo esso mantiene ancora l’aspetto medievale, nonostante il XV secolo sia ormai il secolo del Rinascimento. Questo per un motivo fondamentale, perché gli stemmi, data la loro intrinseca natura celebrativa, rimangono legati al passato e non tanto alle forme d’arte contemporanea. I primi stemmi che si trovano sulla facciata del Palazzo Pretorio sono costruiti in pietra Serena, una particolare pietra che Brunelleschi utilizzò per molti degli edifici che progettò. Mentre un elemento che simboleggiava, in un certo senso, una matrice del tutto nuova, era la forma rotonda dello stemma, circondato da una corona di foglie d’acanto (forte richiamo al mondo classico, secondo le teorie professate dal Rinascimento). Il primo stemma del Palazzo Pretorio che dimostra uno stile più rinascimentale è quello del 1454 di Giovanni di Iacopo Venturi [3], che possiede una corona d’alloro tipica degli stemmi dei secoli successivi.

Stemma cinquecentesco di Zanobi di Paolo de' Cattani da Diaceto

Se il Quattrocento fu un secolo in cui questa pratica era ancora agli albori e non badava alla completa realizzazione stilistica, con il trascorrere degli anni, già agli albori del Cinquecento, l’impiego dei materiali per la creazione degli stemmi divenne un punto fondamentale. Gli stemmi cinquecenteschi sono infatti costruiti in ceramica, quasi sempre policroma. Ed è in questo stesso periodo storico in cui le botteghe degli artisti riescono ad innalzare il valore della ceramica, impiegandola in largo uso nelle decorazioni, che gli scudi degli stemmi perdono il loro stampo medievale, avvicinandosi sempre più allo stampo “accartocciato” tipico di questo secolo. Una standardizzazione dei modelli si avrà solo a fine secolo. Infatti a partire dal 1594 iniziò un vero e proprio stile nella presentazione dello stemma: il blastone è inserito all’interno di una corona d’alloro circolare, mano a mano sempre più stilizzata, circondata a sua volta da dei nastri di colore blu e/o rosso, interrotti da foglie verdi, come lo stemma del 1592, il quale possiede un particolare prima di allora mai utilizzato e da questo momento in poi accompagnerà sempre gli stemmi dipinti, ossia l’elmo. La raffigurazione dello stemma in questione rappresenta il vicario Niccolò di Tommaso Manelli[4], antica famiglia fiorentina la quale si divise in sostenitori dei guelfi e dei ghibellini. L’elmo viene raffigurato nella parte alta dello stemma; è un elmo che veniva indossato dai cavalieri o da nobili antichi, sormontato da cercine con colori dello stemma stesso. Tutti gli stemmi di questo secolo sono stati costruiti in pietra serena, un materiale che non consentiva di poter modellare con estrema finezza i particolari, come invece accadeva con il materiale degli stemmi precedenti.

Gli stemmi seicenteschi appesi alle pareti del Palazzo Pretorio sono più di sessanta, per questo motivo risulta difficile dare una corretta cronologia di sviluppo, a causa anche della variabilità dei gusti e degli stili. Per la prima metà di questo secolo, gli stemmi vengono dipinti secondo lo stile cinquecentesco, con una corona d’alloro stilizzata, accompagnata da nastri policromi (solitamente, rossi e/o blu), interrotti da piccole foglie. In questo modo, lo stemma, sempre ben visibile al centro, è circondato da un contorno policromo, il risultato è assai piacevole. A partire dal 1650 lo stile comincia gradualmente a cambiare. È infatti con lo stemma del 1652, del vicario Niccolò di Antonio Mini,[5] che va affermandosi un nuovo stile, dove l’elemento di rottura con la tradizione precedente è dato dalla scomparsa della corona di alloro sostituita da un drappeggio rosso sulla parte inferiore, collegato con le piume dell’elmo, con le quali crea un contorno molto mosso. Questo è il primo stemma di tipo “ a tendaggio”, proprio di uno stile più sobrio e delicato rispetto al precedente. Il drappeggio e l’elmo piumato diventano i protagonisti di questo nuovo stile barocco. Gli ultimi stemmi dipinti con questo stile sono databili intorno al 1674, dove è possibile notare l’esuberanza e la sovrabbondanza di piume rispetto al motivo araldico che rimane quasi in secondo piano, ne sono un esempio lo stemma del 1674 di Consalvo di Girolamo Ticciati [6], dipinto sempre nello stesso anno. Per quanto riguarda gli stemmi murari anche in questo secolo prevale l’utilizzo della pietra serena, anche se troviamo alcune eccezioni, dal momento che alcuni venivano costruiti in marmo. Questo stemma rappresenta una sorta di rottura e di eccezione rispetto alla tradizione che lo precede, dal momento che il vicario in questione era originario di una famiglia nobile pisana, il quale si trovò a ricoprire una carica fino ad allora rivolta solo ai nobili fiorentini. A partire dal 1623 una caratteristica fino ad allora propria solo degli stemmi dipinti entrerà far parte anche della tradizione degli stemmi murari, ossia la presenza della cela piumata; questo ornamento era poco utilizzato però, forse a causa della sua difficile esecuzione. In tutto l’arco del seicento i materiali utilizzati per la realizzazione degli stemmi rimangono in prevalenza la pietra serena, la ceramica policroma e il marmo dipinto come è possibile notare dagli stemmi del 1614 (per quanto riguarda la ceramica policroma) di Francesco di Adovardo Belfredelli [7], in cui viene utilizzata la maiolica, per la prima volta dopo 70 anni;

Durante il settecento furono creati stemmi sia murari sia dipinti, negli stemmi murari però l’uso delle volute e dei piumaggi è assai ridotto, mentre negli stemmi dipinti continua ad essere accentuato l’ambito decorativo a sfavore della rappresentazione in sé dello stemma. Nei primi anni del ‘700 si afferma uno stile nuovo, per gli stemmi dipinti, caratterizzato dall’uso di una cornice con delle volte laterali enfatizzate da un festone colorito con piccoli tratteggi verticali. Gli elementi propri dello stemma sono rappresentati in maniera imprecisa, primo perché venivano impiegati materiali per la pittura troppo pensanti, che rendevano la rappresentazione difficile per un eventuale realizzazione di dettagli, secondo perché si era ormai perso il valore proprio degli stemmi vicariali, il significato originario araldico del periodo in cui erano stati creati e pensati per la prima volta.

È per questo motivo che nel 1752 gli stemmi vicariali, almeno a Vicopisano, cesseranno di essere rappresentati.

Le carceri di Palazzo Pretorio

Con la conquista da parte dei Fiorentini di Vicopisano e la gestione del comune da parte dei Vicari, risultò necessario creare un luogo dove poter tenere coloro che dovevano essere sottoposti alla giurisdizione del Vicario e della sua corte. Il Palazzo Pretorio, sede della corte del Vicario, presentava un’ottima possibilità di ospitare, oltre alla residenza, anche le carceri vicariali. Tali carceri, come molte altre carceri vicariali toscane, erano suddivise in due tipologie:

  1. Carceri segrete
  2. Carceri pubbliche

questa suddivisione rimase in vigore fino al 1846, fino a che la riforma carceraria non venne modificata.

Nelle carceri segrete, ricavate dalle stanze del secondo piano e da altre zone del palazzo, ad esempio la torre medievale situata sul lato est, venivano detenuti i prigionieri che dovevano essere sottoposti ad un processo che prevedeva una certa segretezza, ad esempio coloro che erano coinvolti in un processo criminale venivano custoditi qui.

Nelle carceri pubbliche, situate al piano terra, invece venivano tenuti in custodia coloro i quali avevano compiuto reati riconducibili all’ambito delle competenze civili del vicario. A tali reati solitamente succedeva una pena pecuniaria, come il pignoramento di beni o la vendita dei beni stessi per poter far fronte all’estinzione del debito. Chi non poteva estinguere tale debito veniva detenuto in queste carceri che inizialmente si chiamavano “prigioni del debito”. Infatti questa sezione delle carceri era popolata da persone povere che non potevano pagare e quindi estinguere il debito e rimanevano prigionieri fino a che i giusdicenti non decidevano di liberarli. Le carceri pubbliche erano quindi carceri di pena dove i detenuti rimanevano per tanto tempo incorrendo a tutti quei disagi connessi ad una reclusione così prolungata in un ambiente poco pulito.

Nel caso di Vicopisano sorse necessario un lavoro di modifica delle celle private le quali vennero rigorosamente separate tra loro al fine di mantenere più segretezza possibile. Mentre le celle pubbliche, che non avevano di questi problemi, erano più che celle vere e proprie delle grandi stanze, con pareti massicce e portanti dell’intero palazzo, con un passaggio libero da una stanza all’altra. Le stanze erano grandi sì, ma non avevano alcuno spiraglio dal quale potesse passare aria o luce, d’inverno infatti, con il freddo, i prigionieri accendevano un fuoco per scaldarsi, ma non essendoci una canna fumaria la stanza si riempiva immediatamente di fumo rendendo impossibile la respirazione. Data la scarsa condizione igienica, alla fine del Seicento, furono apportate delle modifiche per rendere le stanze più abitabili, furono costruite nuove celle, in questo modo diminuì il numero di carcerati per ogni cella; Intorno ai primi anni del ‘700 furono anche costruite delle latrine, fino ad allora assenti, questo però diminuì in parte la grandezza della cella; furono create delle pseudo stanze all’interno della cella, così che ogni carcerato avesse, seppur piccola, una propria stanza, e per far questo furono utilizzate delle ampie e robuste porte. Furono create e ingrandite le finestre già esistenti, rendendo l’aerazione migliore.

Queste carceri prevedevano però anche la presenza di un vano destinato solamente ai carcerieri, per cui l’accesso principale alle carceri, che è rimasto tale fino ad oggi, passava da questa stanza alla quale si accedeva tramite una porta in ferro.

La struttura delle carceri del XVIII secolo è rimasta così fino ad oggi, fu sottoposta solo a imbiancature e riparazioni.

Quando nel Novecento il palazzo venne suddiviso in varie abitazioni, le prigioni non vennero mantenute con questo scopo, di imprigionare i detenuti, ma furono utilizzate o come abitazioni o come cantine e pollai.

Il documento più antico che testimonia la presenza delle carceri vicaresi è un “memoriale delle cose pendenti”[8] . ma i dati di questo memoriale non specificano come fossero articolate e dislocate le celle, in realtà serviva più come documento che testimoniasse come il Vicario di Vicopisano gestisse i propri carcerati. Questo testo rimane però importante dal momento che nessun reperto successivo testimonia la presenza di carceri “pubbliche o private”. Solo negli anni successivi qualche notaio particolarmente scrupoloso, oltre ad annotare il numero dei prigionieri, si adoperò a trascrivere se le celle avevano avuto dei danni e quali fossero, accennando anche ad una relativa localizzazione della cella in questione.

l’esistenza delle carceri private si deve a documenti di notai redatti successivamente, intorno al 1584,”fu fatta la visita alle prigioni di Vicopisano esistenti nel palazzo … et prima si rivedde la prigione della torre, la prigione dell’inferno e la prigione de’ cani, tutte secrete e di poi quella dei debiti detta la pubblica[9]

in poche parole vengono descritte le carceri di Palazzo Pretorio, viene esplicitata la dislocazione delle carceri private e di quelle pubbliche.

Molto più copiosi sono i testi e i documenti del 1600 che testimoniano le modifiche fatte alle carceri pubbliche poste al pian terreno e quelle situate invece nell’ultimo piano del palazzo. “sarebbe bene il fare tre inferriate a tre finestre che sono nelle tre segrete a tetto di d.o vic to per di drento acciò i prigionieri o testimoni o inquisti che giornalmente ci si mettono, non possino affacciarsi a finestre et pigliare et dare parola a qui di fuori[10]. da questo documento si evince la struttura delle carceri che seguivano la conformazione del palazzo: infatti alle tre finestre ogivali del palazzo, visibili dall’esterno, corrispondevano le stanze delle celle all’interno.

Le carceri pubbliche

Situate al piano terra erano suddivise in due zone, le carceri pubbliche femminili e maschili. Le porte di accesso a queste stanze erano separate. Le carceri pubbliche femminili erano formate da una sola stanza. Le porte attraverso le quali si passava per entrare nelle carceri erano formate da lamine di ferro, fissate al legno con grossi chiodi. Superata questa angusta porta, prima di entrare nella cella, si doveva passare un corridoio in discesa scavato direttamente nella roccia verrucana con la quale in palazzo era stato costruito.

Non è possibile dire con certezza se la conformazione attuale delle carceri è quella originale del Quattrocento, ma è molto probabile che i Fiorentini non apportarono grandi modifiche alla struttura dal momento che dovettero adibire a una funzione specifica, quella di prigioni, uno spazio preesistente. I lavori di modifica e manutenzione delle carceri investì un ampio arco di tempo, all’incirca dal XV secolo fino al XVIII secolo. Le prigioni infatti vennero utilizzate a partire dal 1400 ma l’edificio in sé esisteva già dal XII secolo e non era stato pensato con lo scopo di mantenere dei prigionieri.

Note

  1. ^ a b Ewa Karwacka Codini. 1988. Palazzo Pretorio e Palazzo Comunale di Vicopisano. Ospedaletto (Pisa), Pacini Editore. p. 22.
  2. ^ Ewa Karwacka Codini, Palazzo Pretorio e Palazzo Comunale di Vicopisano, Ospedaletto(Pisa), Pacini Editore, 1988, pp. 43-44.
  3. ^ Filippo Mori. 2010. I Segni del Potere. Stemmi e araldica dal Palazzo Pretorio di Vicopisano. Pontedera (Pisa), Tagete Edizioni. p. 25.
  4. ^ Filippo Mori. 2010. I Segni del Potere. Stemmi e araldica dal Palazzo Pretorio di Vicopisano. Pontedera (Pisa), Tagete Edizioni. p.44.
  5. ^ Filippo Mori, I Segni del Potere. Stemmi e araldica dal Palazzo Pretorio di Vicopisano, Pontedera (Pisa), Tagete Edizioni, 2010, pp. 16-66.
  6. ^ Filippo Mori. 2010. I Segni del Potere. Stemmi e araldica dal Palazzo Pretorio di Vicopisano. Pontedera (Pisa), Tagete Edizioni. pp.16-79.
  7. ^ Filippo Mori. 2010. I Segni del Potere. Stemmi e araldica dal Palazzo Pretorio di Vicopisano. Pontedera (Pisa), Tagete Edizioni. pp. 16-66.
  8. ^ AGV, Civile di B. Manetti, F.55, c.1 - 1562
  9. ^ Filippo Mori, Né strapunto né lume. La storia, la vita, le scritte delle carceri vicariali di Vicopisano tra XVI e XX secolo., Pontedera (Pisa), Tagete Edizioni, 2008, p. 36.
  10. ^ Filippo Mori, Né strapunto né lume. La storia, la vita, le scritte delle carceri vicariali di Vicopisano tra XVI secolo e XX secolo., Pontedera (Pisa), Tagete Edizioni, 2008, p. 38.

Bibliografia

  • Ewa Karwacka Codini. 1988. Palazzo Pretorio e Palazzo Comunale di Vicopisano. Ospedaletto (Pisa), Pacini Editore
  • Filippo Mori. 2010. I Segni del Potere. Stemmi e araldica dal Palazzo Pretorio di Vicopisano. Pontedera (Pisa), Tagete Edizioni.
  • Filippo Mori. 2008. Né strapunto né lume. La storia, la vita, le scritte delle carceri vicariali di Vicopisano tra XVI e XX secolo. Pontedera (Pisa), Tagete Edizioni.

Altri progetti

Collegamenti esterni