Quando canta il ghirlingò chi ha cattivo padron mutar lo può

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Piviere tortolino, detto anche "ghirlingò"

Quando canta il ghirlingò chi ha cattivo padron mutar lo può, è un proverbio popolare che amalgama fenomeni naturali con attività umane al fine di regolarle.[1]

Quando canta il ghirlingò[modifica | modifica wikitesto]

«Quando canta il ghirlingò
chi ha cattivo padrone mutar lo può;
quando canta il fringuello
buono o cattivo si tenga quello.»

Il significato del proverbio è maggiormente comprensibile alla luce delle abitudini degli uccelli citati. Quindi, mentre il ghirlingò canta abitualmente in primavera, cioè nel periodo in cui il contadino tendeva a cercare un nuovo padrone; invece il merlo canta intorno al mese di settembre o di ottobre, periodo sconsigliabile per cambiare padrone, perché la scadenza massima da rispettare per presentare le proprie dimissioni era alla fine del mese di novembre.[2] Ecco che il proverbio ammonisce, avvertendo il contadino dei rischi che corre nel caso in cui, tardivamente, cerchi di cambiare occupazione, ed anzi esorta a sopportare, in questo caso, anche un padrone cattivo.[1]

Il ghirlinghò è il nome toscano assegnato all'uccello canterino protagonista del proverbio, che alcuni esperti faticano però ad individuare e preferiscono ritenere che sia il piviere il reale personaggio in questione.[3]

Come sottolinea Corso nella sua antologia di proverbi, anticamente persino alcuni usi giuridici utilizzavano gli elementi o gli eventi della natura come riferimento; ad esempio il primo canto di un uccello, il cuculo, poteva addirittura essere utilizzato come termine per l'annullamento dei contratti agrari.[2]

Quando canta il cuculo[modifica | modifica wikitesto]

«Canta lu cuccu su la cerqua nera,
ricordate patrò che è primavera.
»

("Canta il cuculo sulla quercia nera, ricordati padrone che è primavera"). In questo proverbio è il contadino ad avvertire il padrone che potrebbe, proprio nel momento di maggior bisogno di braccianti, abbandonarlo.

Quando canta la calandrina[modifica | modifica wikitesto]

«Canta la calandrina
e canta il merlo
me n'infoto sior paròn
che xe fora l'inverno.
»

("Canta la calandrina e canta il merlo, me ne infischio signor padrone, che è finito l'inverno"). Ennesima variante sulle rescissioni dei contratti tra braccianti e padroni. È da sottolineare lo spirito di rivalsa dei dipendenti, che emerge in molti proverbi relativi al difficile rapporto di lavoro e di collaborazione con i superiori.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b Carlo Lapucci & Anna Maria Antoni, I proverbi del mese, ed. Garzanti, 1985, pp. 79-80
  2. ^ a b R.Corso, "Proverbi giuridici italiani", Rivista italiana di sociologia, num.V-VI, 1916, Roma
  3. ^ G.Giusti, Raccolta di proverbi toscani, ed. G.Capponi, 1911

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Carlo Lapucci e Anna Maria Antoni, I proverbi del mese, Garzanti, 1985.
  • T. Buoni, Nuovo thesoro de' proverbij italiani, Venezia, 1604.
  • N. Castagna, Proverbi italiani raccolti e illustrati, Napoli, 1869.
  • U. Rossi, Proverbi agricoli, Firenze, 1931.
  • A. Pochettino, Tradizioni meteorologiche popolari, Torino, 1930.
  • A. Arthaber, Dizionario comparati di proverbi e modi proverbiali, Milano, 1929.