Ismaele abbandonato nel deserto

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Ismaele abbandonato nel deserto
La replica del 1850 esposta a Milano
AutoreGiovanni Strazza
Data1844
Materialemarmo
Dimensioni50×118×74 cm
UbicazioneGalleria d'arte moderna, Milano

Ismaele abbandonato nel deserto è una scultura dello scultore lombardo Giovanni Strazza (1818-1875) una cui replica del 1850 è esposta alla Galleria d'arte moderna di Milano.[1]

Storia e descrizione[modifica | modifica wikitesto]

La prima scultura fu commissionata dal signor Pietro Gonzales, mostrata a Roma nel 1844 e presentata ufficialmente all'esposizione di Brera del 1846,[2] in quella che fu secondo la critica la mostra di statuaria che inaugurò un nuovo filone di scultura romantica che tentava di affrancarsi dai modelli canoviani che avevano fino ad allora monopolizzato la scultura. Nell'opera infatti Giovanni Strazza si distacca dai soggetti mitologici fino ad allora dominanti per dedicarsi ad un filone narrativo biblico, con un naturalismo spinto probabilmente parallelo alla pittura romantica lombarda che si stava sviluppando in quegli anni. L'opera mostra infatti notevoli similitudini con l'Abele morente (1842) di Giovanni Duprè, aspramente criticato per la troppa adesione al vero tanto che alcuni lo accusarono di aver fatto un semplice calco, e con il quadro della Moglie del levita di Efrai di Cherubino Cornienti[3].

Carlo Tenca, visitatore della mostra, così commentò l'opera:

«giace sul suolo col corpo stanco e sfinito, colle braccia cadenti, col viso sparuto, colle labbra tumide e desiose, nelle quali si legge il fiero tormento dell’arsura[…]La verità di quella terribile agonia è tale, che non si può guardarla senza un brivido, come se si assistesse al letto d’un moribondo. Quel corpo giovine ed esausto, donde vedesi quasi a dipartir la vita, quei capelli arruffati e sparsi sulla fronte, quella bocca, donde si direbbe uscire l’anelito mortale, e da cui s’intravede la lingua incollata alle labbia, hanno una tal espressione di ambascia e di patimento che stringe il cuore»

Anche lo scritto e giornalista Giuseppe Rovani così commentò il realismo dell'opera:

«la potenza prodigiosa con cui nel volto dell’assetato fu espresso il contrasto tra la vita e la morte, e alle regioni del diaframma l’oppressione mortale e la stentata respirazione e una tal quale gonfiezza prodotta dagli arsi ed infiammati visceri»

Dell'opera lo scultore realizzò due repliche: la prima nel 1850 come dono dello stesso Strazza all'Accademia di Brera e oggi esposta alla Galleria d'Arte Moderna di Milano; sempre nel 1850 una seconda replica di minori proporzioni per il signor Francesco Lucca.[4]

Note[modifica | modifica wikitesto]

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Stefano Grandesso, La scultura tra neoclassicismo e romanticismo, in Ferdinando Mazzocca (a cura di), La Galleria d’Arte Moderna e la Villa Reale di Milano, Cinisello Balsamo, Silvana editore, 2007.
  • Antonio Caimi, Lo Scultore Cav. Prof. Giovanni Strazza - Commemorazione, in Atti dell'imp. regia Accademia di belle arti in Milano, Anno MDCCCLXXV, Milano, Tipografia di Alessandro Lombardi, 1875, pp. 71 e segg..

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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