Hymni

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Inni
Titolo originaleHymni
Ritratto di Sant'Ambrogio da Milano
AutoreSant'Ambrogio
1ª ed. originale386
Genereinno
Sottogenereletteratura cristiana
Lingua originalelatino

Gli Hymni (in italiano Inni) di Ambrogio di Milano, dottore della Chiesa, composti a partire dal 386, ricoprono un ruolo fondamentale nella storia della liturgia e della poesia cristiana occidentale[1].

Gli inni furono composti in quartine di dimetri giambici: degli innumerevoli componimenti a lui attribuiti dalla tradizione (San Benedetto nella sua Regola utilizza ambrosianus come sinonimo di "inno"), solo quattro sono sicuramente autentici: Aeterne rerum conditor, Deus creator omnium, Iam surgit hora tertia, Intende qui regis Israel[2]. Tuttavia, vi è un ampio consenso degli studiosi anche riguardo l'autenticità ambrosiana per testo e musica di altri nove inni: i cristologici Splendor paternae gloriae (a cui allude Ambrogio stesso in un suo discorso), Illuminans Altissimus e Hic est dies verus Dei, ed i martirologici Agnes beatae virginis, Victor Nabor Felix pii, Grates tibi Iesu novas, Apostolorum passio, Apostolorum supparem e Amore Christi nobilis[3], espressione della sua propaganda in favore del culto dei martiri.

Secondo sant'Agostino, Ambrogio rimase strettamente fedele alla musica liturgica greca:

(LA)

«Nos adhuc frigidi a calore spiritus tui excitabamur tamen civitate attonita atque turbata. Tunc hymni et psalmi ut canerentur secundum morem orientalium partium, ne populus maeroris taedio contabesceret, institutum est [...]»

(IT)

«Noi stessi, sebbene freddi ancora del calore del tuo spirito, ci sentivamo tuttavia eccitati dall'ansia attonita della città [Milano]. Fu allora, che s'incominciò a cantare inni e salmi secondo l'uso delle regioni orientali, per evitare che il popolo deperisse nella noia e nella mestizia [...]»

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Bosio-dal Covolo-Maritano, 91.
  2. ^ Bosio-dal Covolo-Maritano, 55.
  3. ^ G. Biffi, Gli inni di Sant'Ambrogio, Bologna 2001 (PDF), su meicbo.it. URL consultato il 27 dicembre 2017 (archiviato dall'url originale l'11 maggio 2006).
  4. ^ Traduzione di Carlo Carena.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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