Discussione:Ortografia della lingua italiana

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Ortografia della lingua italiana
Argomento di scuola primaria
Materiagrammatica italiana
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Progetto Wikipedia e scuola italiana

Possibile che una pagina così importante giaccia in uno stato così pietoso, molte delle cose dette sono vere, ma sono anche molto approssimative non del tutto corrette, servirebbe un tecnico per darci un taglio più autorevole a tutta la voce.

Bon, io sono un tecnico, e se ci sono cose "non del tutto corrette" (o anche solo approssimative)... sarei lieto di sapere quali sono :-) A parte questo, sì, avendo un po' di tempo sarebbe simpatico continuare il lavoro...Mirko Tavosanis (msg) 00:23, 9 apr 2009 (CEST)[rispondi]
Il de la per esempio, sulla sito dell'Accademi della Crusca - in un intervento che ora non riesco a rintracciare - non viene affatto indicato come una grafia realmente usata per indicare un tempo le preposizioni articolate, ma viene ascritto ad un errore/imprecisione degli amanuenzi, in quanto anche allora la pronuncia delle preposizioni era "della" e non "de la". PersOnLine 12:27, 9 apr 2009 (CEST)[rispondi]
La grafia de la è stata usata per molto tempo per le preposizioni articolate e come tale si ritrova non solo nei testi originali ma anche nelle edizioni moderne. Un po' di esempi dalla Gerusalemme liberata:
Dà il segno Aletto de la tromba
... a danno ancor de la soggetta gente
i Franchi han già il sermone appreso de la Soria
... ma, visto che è una forma diffusissima (e, all'epoca, ancora del tutto regolare), per gli esempi c'è solo l'imbarazzo della scelta. Chiaramente poi la pronuncia reale era in quasi tutti i casi quella moderna: era solo la grafia che non la registrava. Ma questo è appunto ciò che è detto nella voce. Mirko Tavosanis (msg) 18:18, 9 apr 2009 (CEST)[rispondi]
Visto che lei è socio dell'Accademia della Crusca, MI piacerebbe sapere per non vi mette d'accordo, perché da questo ne deduco tutt'altro.PersOnLine 21:13, 9 apr 2009 (CEST)[rispondi]
No, io non sono socio della Crusca! Mirko TavoNI è diverso da Mirko TavoSANIS (anche se, a complicare le cose, io mi sono laureato e ho fatto il dottorato appunto con Tavoni come relatore... l'ennesimo caso di nomen omen). Io sono questo!
Per quanto riguarda la sostanza del discorso, invece, il brano di Nencioni dice proprio quello che c'è scritto nella voce! Diamo per scontato che la pronuncia della preposizione articolata a inizio Cinquecento (per esempio) fosse nella maggioranza dei casi della: per lungo tempo è stato comunque diffuso l'uso di scrivere de la - cosi' come, del resto, oggi in italiano standard si pronuncia treccase e si scrive tre case. Alla fine ha prevalso l'uso oggi normale. Punto. Per convincersi di quanto fosse diffusa la grafia de la basta leggere i testi. Mirko Tavosanis (msg) 23:30, 9 apr 2009 (CEST)[rispondi]
Però più sotto nella pagina compare anche lei se ci guarda bene. PersOnLine 23:56, 9 apr 2009 (CEST)[rispondi]

Giusto... Ho visto infatti che la pagina non elenca i soci della Crusca, ma quelli dell'ASLI, l'Associazione per la storia della lingua italiana. Mirko Tavosanis (msg) 15:27, 10 apr 2009 (CEST)[rispondi]

Cieco e cielo[modifica wikitesto]

e poi che cos'è "celo": un'insolita grafia unita per "ce lo", sul modello di "glielo", che non trova riscontro in alcun dizionario? una forma verbale del verbo celare? Se proprio si deve esemplificare una motivazione distintiva ascrivendola alla i forse è meglio l'esempio cieco e ceco, anche se in questi casi la "i" ha motivazione etimologica; mentre l'unica lettera che veramente ha funzione distintiva è la h nelle verbo avere (dove è anche etimologica) e nelle interiezioni ah!, oh!, ecc.
Sì, celo è forma del verbo celare :-) Se a questa si vuole aggiungere qualche altro esempio, come cieco (in cui la i, appunto, non è etimologica)... va benissimo! Dopodiché penso sia evidente che, visti questi esempi, la h non risulta affatto l'unica lettera ad avere valore distintivo nell'ortografia italiana :-) Mirko Tavosanis (msg) 18:18, 9 apr 2009 (CEST)[rispondi]
Infine, non voglio fare il saputello ma voglio capite, il Sabatini-Coletti mi dà 'cieco' come risalente al XIV secolo (e immagino già con l'attuale grafia) e 'ceco' all'anno 1847, per quale motivo in apparente assenza di ambiguità avrebbero sentito il bisogno di aggiungere una i per distinguerla da un parola che non esisteva? Poi dalla Treccani apprendo che 'cieco' deriva da caecus e 'cielo' da caelum, entrambe con ae prima di una c, che nella grafia attuale viene reso con cie, se questa trasformazione non è il frutto di un processo storico comune a entrambe le parole, ne dovrei dedurre che si tratterebbe di un puro "caso fortuito" la presenza della i, non dovendo essere questa etimologica; a meno che io non interpreti male il significato di etimologico? Trovo certamente che oggi quella i abbia, in entrambi i casi, anche un valore distintivo, ma la motivazione principale mi sembra decisamente etimologica e poi distintiva solo accessoriamente, al contrario della h che, sia nel verbo avere che nelle interiezione, ha una giustificazioni prima distintiva e poi etimologiche. PersOnLine 21:13, 9 apr 2009 (CEST)[rispondi]
Infatti non ho detto che la i di cieco è stata messa per ragioni distintive... ha acquisito questo valore, casualmente, in seguito. Per l'etimologia, sono io che ho capito male: avevo immaginato che tu pensassi all'origine latina, e la i nel latino non c'è. Però c'è stata, probabilmente, in una fase intermedia del volgare fiorentino, e, sì, in questo senso la i di cieco (come quella di cielo) può essere definita "etimologica" (nel senso in cui usa ora la parola, per esempio, Serianni: "biografia di una parola", non semplicemente "individuazione della base più antica"). Per la spiegazione dettagliata, vista l'ora, rimando a domani :-) Mirko Tavosanis (msg) 23:30, 9 apr 2009 (CEST)[rispondi]

Rieccomi, pronto a riprendere... :-)

Decidere come classificare le i non pronunciate di cielo e cieco richiede una discussione sorprendentemente lunga.

Questo perché la i di cieco e cielo proviene da una trafila particolare. Le due parole vengono rispettivamente da CAECUM e CAELUM; -AE- latino alla fine dell'età classica è stato uniformato su E aperta, e ne ha seguito il destino, passando (in Toscana) al dittongo ie. Nei casi in cui il dittongo era preceduto da una consonante occlu-costrittiva palatale ("affricata"; l'originale occlusiva latina in questi casi si era palatalizzata proprio a causa della presenza di E), la i del dittongo è scomparsa per assimilazione (Castellani, Saggi, I, 124). Quindi nell'alto medioevo sono presumibilmente esistite forme come gielo, gieme e gienero che sono poi diventate quelle attuali. Nei casi provenienti da AE e con C davanti (non ne conosco con GAE-) la i di questa fase intermedia si ritrova nella scrittura, nonostante fosse scomparsa dalla pronuncia.

C'è solo un problema con questa ricostruzione (anche se mi sembra che nessuno si sia mai occupato della faccenda): la i è documentata nei testi toscani a partire dal Duecento (v. il TLIO). A quel punto, però, avrebbe dovuto essere già scomparsa da un pezzo nella pronuncia reale. Perché mai, allora, un mercante fiorentino avrebbe dovuto inserire una i in una parola che ai suoi tempi non l'aveva, e in assenza di i nel modello latino? L'imitazione del latino sembra l'unica ragione possibile per spiegare la forma duecentesca della voce; certo, la base etimologica latina prevedeva una A e non una E, ma la A era incompatibile con la pronuncia. Se questo ragionamento è corretto, la i è stata per così dire "reinserita" nello scritto da persone che non sapevano che era esistita anche nel parlato... e per una trafila del genere, io devo ammettere che sono un po' riottoso a parlare di "origine etimologica". Forse "ispirazione etimologica" sarebbe più adeguato, e meno ambiguo?

Tutto questo naturalmente esula dal problema del valore della grafia. Su questo punto, la classificazione di cielo come grafia distintiva non è mia ma di Serianni, che dice che "la si è mantenuta per distinguere graficamente la parola dall'omofono celo" (Lezioni di grammatica storica italiana, 1998, p. 25). Non so che base abbia Serianni per esserne così sicuro; certo, le possibilità di confusione erano molte in un genere letterario fondamentale per la cultura italiana come la poesia petrarchista, quindi il discorso è verosimile. Nella sua Grammatica, uscita quasi in contemporanea, sulla stessa questione Serianni dice però l'opposto: cita la i di cielo come un segno presente "per pura ragione etimologica" (I, 34).

Nel caso di cieco, invece, mi sembra evidente che la i non si è conservata per valore distintivo.

Riassumendo:

1. le i di cieco e cielo sono probabilmente nate con intenzione etimologica (sbagliata);

2. si sono forse conservate (almeno la seconda) perché dotate di un reale valore distintivo (il fatto che si siano conservate entrambe mi lascia dei dubbi: se ci fosse stata una pressione in senso contrario, perché avrebbe dovuto resistere anche cieco?);

3. oggi sicuramente hanno questo valore distintivo, anche se nella realtà dell'uso scritto i casi rilevanti devono essere davvero pochissimi.

Adesso si tratta solo di trovare un modo per dire sinteticamente queste cose nel corpo della voce, senza ambiguità :-)

Mirko Tavosanis (msg) 16:13, 10 apr 2009 (CEST)[rispondi]

Queste sono il genere di informazioni che uno s'aspetterebbe di trovare su wikipedia! Il problema è un altro: esistono altri casi simili a cielo e cieco, intendo con IE attuale al posto di un AE latino? data questa lista probabilmente l'intero argomento della "I sovrabbondante" potrebbe meritare una pagina a sé. A proposito questa I graficamente superflua, che non può neanche essere definita diacritica, ha tecnicamente un nome. PersOnLine 17:29, 10 apr 2009 (CEST)[rispondi]

Ahimè, no: non esistono altri casi paragonabili. Gli AE latini accentati si sono regolarmente evoluti in ie (LAETUM > lieto), ma, se erano preceduti da C, la i non solo non si è mantenuta nella pronuncia ma non è presente nemmeno nella grafia. E questo sia per parole di uso quotidiano che per parole colte (CAELEBS > celibe, CAESPES > cespo eccetera). Mirko Tavosanis (msg) 23:40, 11 apr 2009 (CEST)[rispondi]

Sistemare la pagina[modifica wikitesto]

Penso che in questa pagina andrebbero accorpati gran parte dei contenuti sull'uso dell'apostrofo e dell'accento, perché in quelle pagine sono un tantino fuori posto essendo solo riguardanti l'italiano. Inoltre bisognerebbe anche affrontare i principali dubbi del nostro sistema ortografico, la presenza della I diacritica prima della E, i casi di dubbi CU- e QU-, e i casi in cui la Z si scrive scempia. PersOnLine 01:25, 22 lug 2010 (CEST)[rispondi]

Nel 1° caso è una mera questione di coerenza grafica, dato che nella tabella a fianco le lettere straniere, che non dovrebbero far parte dell'ortografia italiana standard nel senso che essendo appunto straniere non seguono regole standard per grafia e pronuncia dell'italiano, sono in corsivo e non ho fatto altro che metterle in corsivo anche in questa. Nel 2° caso come nel 3° si tratta di una semplice verità: Wikipedia dovrebbe riportare informazioni vere, non false, e di quelle vere il maggio numero possibile; dire quindi che anche la "y" rappresenta, fra l'altro nella maggior parte dei casi, una i semiconsonantica oltre che una i vocalica e che la "j" corrisponde spesso e volentieri alla nostra g dolce, dato che la stragrande maggioranza delle parole in cui compare è inglese, mi sembra quantomeno doveroso.

  1. Le lettere straniere le ho messe in corsivo non perché vadano per forza così, ma per distinguerle dalle altre più schiettamente italiane, volendo (e forse è meglio) si può anche usare un colore diverso per marcare la loro "estraneità" all'attuale sistema grafematico italiano. Tuttavia l'uso del corsivo nella secondo tabella è del tutto inutile visto che la loro estraneità è già marcata dal fatto di essere tra parentesi.
  2. Quello che dici sulla j è vero e lo so, ma devi anche tenere presente che questa pagina tratta dell'ortografia italiana, ed è quindi forviante mettere sullo stesso piano ciò che appartiene alla scrittura e alla pronuncia delle parole italiane e di quelle straniere, specie in uno specchietto riassuntivo che vuole innanzitutto fare il punto della situazione a sommi capi, altrimenti a che pro fare un paragrafo apposta sui grafemi stranieri?
PersOnLine 19:42, 8 set 2010 (CEST)[rispondi]
PS: firmati, trovati un nick, o ancora meglio registrati così è più facile discutere con un utenza che non con un numero

Intanto mi scuso se ieri sono stato troppo aggressivo, è che continuava a saltarmi la connessione (avrai visto che continuavo a cambiare l'IP e ci mettevo 10 minuti per fare modifiche minime) ed ero nervoso di mio. Per quanto rigurada il corsivo forse hai ragione tu, non avevo considerato le parentesi. Per quanto riguarda le pronunce di "j" e "y" il fatto è che nella tabella a fianco vengono indicate proprio quelle pronunce per quelle lettere, così ho messo fra parentesi anche le lettere straniere che corrispondono a quelle pronunce. Se proprio si deve, a questo punto togliamole tutte in modo da non lasciare solo un'informazione parziale, io la penso così...

I dati sulle pronunce italiane (o italianizzate) di j e y li ho ricavati dalla grammatica Serianni (praticamente una delle migliori grammatiche moderne, se non la migliore), quindi i valori /i/ e /j/ per J e solo /i/ per y ci devono state poiché indicati da una fonte autorevole come italiani; per tutti gli altri valori stranieri, invece, come /ʤ/ per j, basta indicarli nell'apposito paragrafo, che lì apposta per quello e perché anche non si finire più di elencarli considerando tutte le pronunce straniere.
Le discrepanze tra le tabelle invece io le lascerei, perché non sono gratuite, ma vogliono rappresentare il quadro fono-grafematico dell'italiano sotto due punti di vista diversi: il primo data una lettera (italiana o straniera) quali valori fonologici le sono tradizionalmente attribuiti, il secondo, invece, dato uno dei 30 fonemi italiani quali lettere italiane sono usati per rappresentarli in parole italiane, e viene poi aggiunta tra parentesi anche l'uso occasionale dei grafemi stranieri quando corrispondono a particolari usi comunque italiani (vedi la k utilizzata con intento negativizzante in grafie come Kossiga o kapitale, o la y tipica dei vezzeggiativi, tommy). PersOnLine 12:54, 9 set 2010 (CEST)[rispondi]

Allora va bene come l'hai sistemata adesso. Ti segnalo che ho notato che "C/G dura/dolce" sono fuori posto nella tabella ma non so come sistemarle, pensaci tu a metterle al loro posto.

PersOnLine: riguardo alle modifiche che ho fatto, credo che "Rugg(i)ero" debba essere scritto maiuscolo in quanto nome proprio e non vocabolo, mentre "giente" non l'ho mai trovato da nessuna parte neanche come variante di "gente" nemmeno su un vecchio vocabolario di mio padre e non solo su uno nuovo (manca persino da questo vocabolario etimologico d'inizio '900) per questo sono convinto che non debba essere inserito, fra l'altro in italiano la dittongazione da E a IE avviene in sillabe aperte e non chiuse (come in "gen-te") diversamente per esempio dallo spagnolo.

Giente, basta il Treccani? Comunque lo ho oscurato perché non è ben chiaro il motivo etimologico di quella arcaica 'i'. Per [ruggiero], invece, hai parzialmente ragione: il nome proprio si scrive sia senza che con, ma c'è anche un vocabolo comune, che a quanto pare, si scrive soltanto con la 'i', ruggiero. PersOnLine 18:07, 16 ott 2010 (CEST)[rispondi]

Dato che gli argomenti trattati qui sono perfettamente inseribili nella voce Alfabeto italiano, propongo di unire le due voci. Noto che c'è un po' di confusione generale su tutte le voci di linguistica tra ortografia, alfabeto, sistema di scrittura, ecc... Sarebbe meglio per ogni lingua creare delle voci univoche che parlino del sistema di scrittura della lingua stessa (sistema che comprende segni, ossia i grafemi, e un insieme di regole per combinarli, ossia quella che viene "volgarmente" chiamata ortografia); la voce del sistema di scrittura dovrebbe quindi contenere, a mio parere, il set di grafemi, le corrispondenze grafema-fonema(-allofono) e le "regole ortografiche". --SynConlanger (msg) 15:18, 29 mag 2012 (CEST)[rispondi]

Non sono d'accordo, l'alfabeto è un'entità ben precisa che può avere benissimo una propria voce senza fare una megavoce-trattato sul "sistema di scrittura". Le regole grammaticali su elisioni, maiuscole, punteggiatura ecc. con l'alfabeto non c'entrano niente. Come l'origine delle lettere, latina o straniera, non c'entra con l'ortografia. Forse qualcosa può essere spostato da una voce all'altra ma nel complesso stanno meglio separate --Bultro (m) 15:25, 31 mag 2012 (CEST)[rispondi]
Di fatto la voce Alfabeto italiano (ossia sistema di scrittura italiano, che poi la terminologia tecnica non sia diffusa è altro conto) è abbastanza scarna: contiene semplicemente una lista dei grafemi e le corrispondenze con i fonemi... Questa voce ripresenta ciò, ripetendosi più volte nel testo senza, tra le altre cose, citare una fonte specifica delle informazioni contenute (come segnala anche il template) facendo pensare ad una ricerca originale. Io proporrei una rivalutazione dei contenuti per una resa più sistematica degli stessi e una conseguente unione con la voce alfabeto italiano. Di fatto, questa voce è una megavoce-trattato sul sistema di scrittura. :) --SynConlanger (msg) 15:46, 31 mag 2012 (CEST)[rispondi]
Qui si propone una revisione delle voci che trattano di fonologia e grafemica italiana. --SynConlanger (msg) 00:22, 14 giu 2012 (CEST)[rispondi]

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