Battaglia di Raban

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Battaglia di Raban
parte delle guerre arabo-bizantine
Mappa della zona di frontiera arabo-bizantina
DataOttobre/Novembre 958
LuogoRaban, Siria settentrionale
EsitoVittoria bizantina
Schieramenti
Comandanti
Voci di battaglie presenti su Wikipedia

La Battaglia di Raban è stato uno scontro combattuto nell'autunno 958 nei pressi della fortezza di Raban (nel nord dell'odierna Siria) tra l'esercito bizantino, condotto da Giovanni Zimisce (successivamente imperatore nel periodo 969–976), e le truppe dell'Emirato di Aleppo hamdanide condotte dal celebre emiro Sayf al-Dawla (r. 945–967). La battaglia ebbe come esito una vittoria fondamentale per i Bizantini, e contribuì al declino della potenza militare hamdanide, che fino a poco tempo prima era stata una seria minaccia per Bisanzio.

Contesto storico[modifica | modifica wikitesto]

Nel periodo tra il 945 e il 967, l'emiro hamdanide di Aleppo, Sayf al-Dawla, fu l'avversario più pericoloso dei Bizantini sul loro fronte orientale, in virtù del fatto che controllasse la maggior parte delle terre sulla frontiera bizantino-musulmana (Thughūr) e della sua aderenza al Jihād.[1] Sayf al-Dawla aveva già condotto delle campagne militari contro i Bizantini nel 938 e nel 940, ma fu dopo la fondazione di un emirato con capitale Aleppo nel 945, che cominciò a confrontarsi con essi pressoché ogni anno.[2][3] Nonostante la superiorità numerica goduta dai Bizantini,[2][4] l'emergere degli Hamdanidi pose un freno alle offensive bizantine che avevano portato alle cadute di Malatya (934), Arsamosata (940) e Qaliqala (nel 949).[5]

Inizialmente, nel corso del primo decennio di conflitti protratti con i Bizantini, questi ultimi erano condotti dal Domestico delle Scholae (comandante in capo) Barda Foca. Dopo alcuni insuccessi iniziali, Sayf al-Dawla riuscì in breve tempo a ottenere la riscossa: nel 953, sconfisse pesantemente Bardas nei pressi di Marash. Spedizioni condotte da Bardas nei due anni successivi furono anch'esse sconfitte, permettendo a Sayf al-Dawla di rifortificare la zona di frontiera e di rafforzarla contro ulteriori attacchi bizantini.[2][6] Usando la sua cavalleria leggera per eludere i più lenti negli spostamenti Bizantini, Sayf al-Dawla fu inoltre in grado di lanciare profonde incursioni devastanti in territorio bizantino; tuttavia, le sue incursioni evitavano le posizioni fortificate, e non potevano minacciare seriamente l'effettivo controllo bizantino sulle loro recenti conquiste.[7] In seguito al 955, tuttavia, la situazione cominciò a cambiare: l'inadeguato Barda Foca fu destituito e sostituito da suo figlio, l'abile Niceforo, sotto la cui supervisione l'equipaggiamento dell'esercito bizantino fu aggiornato, le sue file riempite di Armeni, e i suoi addestramenti intensificati. I nuovi comandanti bizantini, cioè il fratello di Niceforo Leone e suo nipote Giovanni Zimisce, decisero di applicare una strategia offensiva e cominciarono a devastare in profondità i territori hamdanidi.[2][4][6][7]

Le incursioni di Zimisce e la battaglia di Raban[modifica | modifica wikitesto]

Nella primavera 956, Sayf al-Dawla anticipò l'assalto ad Amida nella Giazira, pianificato da Zimisce, e invase per primo il territorio bizantino. Zimisce reagì occupando un passo nella retrovia di Sayf al-Dawla, e lo attaccò al ritorno. La difficile battaglia, combattuta nella pioggia torrenziale, ebbe come esito una vittoria musulmana in quanto Zimisce perse 4 000 soldati. Nel frattempo, tuttavia, Leone Foca invase la Siria e sconfisse e fece prigioniero il cugino di Sayf al-Dawla, che fu lasciato indietro al suo posto.[2][6] Nel 957 Niceforo prese e rase al suolo la fortezza di Hadath e, nella primavera successiva, Zimisce invase la Giazira.[2][8] Ivi espugnò la fortezza di Dara, e conseguì una netta vittoria nei pressi di Amida su un esercito condotto da uno dei luogotenenti prediletti di Sayf al-Dawla, il Circassiano Nadja. Si narra che, delle 10 000 truppe di Nadja, Zimisce ne avesse uccise la metà e avesse fatto prigionieri più della metà dei superstiti.[2][9]

Rinforzato da ulteriori truppe sotto il comando del parakoimomenos Basilio Lecapeno, in giugno, Zimisce prese d'assalto Samosata e la fortezza di Raban a sud di Hadath. Fu proprio a Raban dove ebbe luogo la battaglia con le truppe condotte da Sayf al-Dawla in persona. La battaglia (che ebbe luogo tra il 18 ottobre e il 15 novembre 958) fu combattuta accanitamente, si narra che il cugino di Sayf al-Dawla nonché poeta di corte Abu Firas avesse rotto due lance alla sua prima carica, ma alla fine i Bizantini prevalsero e l'esercito musulmano cedette e fuggì. Molti degli accompagnatori di corte di Sayf al-Dawla e ghilman caddero nell'inseguimento, mentre oltre 1 700 della sua cavalleria furono fatti prigionieri e sfilarono per le strade di Costantinopoli.[7][9]

Conseguenze[modifica | modifica wikitesto]

La vittoria a Raban rese evidente che i Bizantini stessero avendo la meglio sugli Hamdanidi. Tale successo consentì loro di mantenere il controllo di Samosata, il che significava che erano riusciti a oltrepassare la frontiera fortificata a protezione della Siria settentrionale.[7][9] Nonostante ciò, il sovrano hamdanide era ancora in possesso di un potente esercito in grado di lanciare incursioni in territorio bizantino, fino almeno a una sconfitta catastrofica subita nel novembre 960 per mano di Leone Foca. A causa della disfatta, l'esercito hamdanide si indebolì considerevolmente, la Cilicia venne annessa dai Bizantini nel 964–965, e persino la stessa Aleppo fu presa per un breve periodo dai Bizantini nel 962.[4][10]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Bianquis 1997, pp. 106–107; Kennedy 2004, pp. 276–278.
  2. ^ a b c d e f g Bianquis 1997, p. 107.
  3. ^ Kennedy 2004, p. 276.
  4. ^ a b c Kennedy 2004, p. 277.
  5. ^ Treadgold 1997, pp. 479–484, 489.
  6. ^ a b c Treadgold 1997, p. 492.
  7. ^ a b c d Shepard 2010, p. 151.
  8. ^ Treadgold 1997, pp. 492–493.
  9. ^ a b c Treadgold 1997, p. 493.
  10. ^ Bianquis 1997, pp. 107–108; Treadgold 1997, pp. 495–497, 500–501.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]