Animali fantastici e motivi decorativi fitomorfici

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Mostro marino con testa di cane e mostro marino con testa di leone
AutorePietro Bussolo
Data1525-1526
Materialelegno
Ubicazionebasilica di Santa Maria Maggiore, Bergamo

Il mostro marino con testa di cane e il mostro marino con testa di leone sono due portacandela posti sul coro della basilica di Santa Maria Maggiore di Bergamo.[1]

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Pietro Bussolo, milanese di nascita, dopo aver trascorso alcuni anni nella sua città natale, alla fine del XV secolo si trasferì a Bergamo dove lavorò per la realizzazione di numerose opere sia nella città che sul territorio della Val Seriana, alcune non più reperibili.
Si trasferì poi a Salò per realizzare alcuni lavori importanti come l'ancona per il duomo. Visse poi un periodo a Milano dove non vengono però registrati suoi lavori. Un contratto di affitto lo segnala abitante in San Babila, periodo però che lo vide in gravi ristrettezze economiche tanto da essere incarcerato alla Malastalla per insolvenza.[2] La scena artistica degli intagliatori a Milano vedeva molto attivi quelli che erano stati i suoi allievi, i Da Corbetta. Fece quindi ritorno, ormai anziano, nella città orobica nella seconda decina del XVI secolo.

L'ultimo suo lavoro lo realizzò per la basilica di Santa Maria Maggiore su commissione del consorzio della Misericordia Maggiore per il coro della chiesa mariana, coro che richiese l'intervento di molti importanti artisti del tempo. Il consorzio della Misericordia registra la realizzazione di un unum canem ligneum nucis e unum monstrum marinum ligneum cum facie leonis, vi è anche un terzo accenno a un altro ornamento che probabilmente non fu mai realizzato forse proprio per la morte dell'artista[3]. La registrazione di pagamenti per un Pietro de' Bussi, lo fece identificare già dal Tassi nel medesimo artista che aveva realizzato le decorazioni nel 1497 dell'organo della basilica.[4]

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

I due ornamenti furono locati sulla cornice del coro della basilica successivamente. Non sono certo la parte più importante del coro che ha richiesto il lavoro di molti artisti, sia per gli stalli come il Lotto e il Previtali per i disegni, il teologo Girolamo Terzi per la raffigurazione iconografica, il Capoferri per la realizzazione degli stalli e dei coperti, e di moltissimi intagliatori per la struttura, tra questi anche l'allievo del Bussolo Donato Prestinari.[5]

La struttura del coro subì nel tempo alcune modifiche ma i due lavori del Bussolo sono di facile individuazione, hanno le caratteristiche di alta qualità delle opere tarde dell'artista, dove il morbido modellato con il garbo dei due soggetti pur definiti mostri sono peculiarità quasi uniche.[6].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Animalifantastici e motivi decorativi fitomorfici, su lombardiabeniculturali.it, Lombardia Beni Culturali. URL consultato il 12 ottobre 2018.
  2. ^ Quando i milanesi mantenevano i carcerati e pagavano i loro debiti, su milanocittastato.it, Milano città Stato. URL consultato il 9 ottobre 2020.
  3. ^ Francesca Cortesi Bosco, Il coro intarsiato di Lotto e Capoferri, p. 22.
    «Nell'autunno del 1525 era pure al lavoro lo scultore in legno Pietro Busso che eseguiteunum canem ligneum nucis e unum monstrum marinum ligneum coun facie leonis e ne principava un altro dopo di che interrompeva la collaborazione. Anche Pietro non era nuovo in Santa Maria,m nel 1497 aveva eseguito gli intagli decorativi del nuovo organo»
  4. ^ Bussolo, p 170.
  5. ^ Francesca Cortesi Bosco, Il coro intarsiato di Lotto e Capoferri, p. 21.
    «[...]Alla fine dell'anno iniziava a lavorare alla Fabbrica l'intagliatore Donato di Alzano Superiore, col figlio Pietro quale aiuto, essi intagliavano i primi capitelli delle lesene. Anni prima, nel 1508, per l'altare maggiore di santa Maria Donato aveva fatto quattro grandi candelabri»
  6. ^ Bussolo, p 172.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Marco Albertario, Pietro Bussolo scultore a Bergamo nel segno del rinascimento, Lubrina Editore, 2016, p. 170-173, ISBN 978-88-7766-597-3.