Vivit sub pectore vulnus

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Virgilio con l'Eneide tra Clio e Melpomene (Museo nazionale del Bardo, Tunisi)

La locuzione latina Vivit sub pectore vulnus, tradotta letteralmente, significa la ferita sanguina nell'intimo del cuore (Virgilio, Eneide, IV, 67).[1]

Il poeta commenta gli esiti della passione di Didone per Enea (paragonata a una cerva ferita a morte, che continua a trascinare l'asta mortale), passione dolorosa che la condurrà alla disperazione e al suicidio. Si cita a proposito di passioni forti, violente, che lasciano un'impronta indelebile.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Giuseppe Fumagalli la traduce: "La segreta ferita sanguina ancora nel cuore" (L'ape latina, Hoepli 1987)

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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