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Kenji Nakagami (中上健次?, Nakagami Kenji) (Shingū, 2 agosto 194612 agosto 1992) è stato uno scrittore e critico letterario giapponese.

È noto per essere il primo e probabilmente l’unico scrittore giapponese del dopoguerra ad identificarsi come un burakumin e per essere una delle figure più influenti e controverse del panorama letterario nipponico.[1]

Vince il Premio Akutagawa nel 1976, all'età di soli 30 anni, grazie alla raccolta Misaki, prima opera della trilogia con protagonista il personaggio di Akiyuki, ambientata in un buraku nella regione di Kishū.[2]

Nato il 2 agosto 1946 all’interno del buraku nella cittadina di Shingū, nella prefettura di Wakayama, Kenji Nakagami è figlio illegittimo. Ha pochi contatti con il padre biologico, ma viene cresciuto dal secondo marito della madre. È uno dei primi burakumin ad ottenere un'istruzione.[3] Nel 1965, dopo essersi diplomato, si trasferisce a Tokyo, dove inizia a fare uso di droghe e alcol, abbandona l'idea di frequentare un'università e inizia ad ascoltare musica jazz.[4] In questo periodo Kenji inizia a pubblicare poesie e brevi racconti come Nihongo ni tsuite (1968) e JAZZ (1966), ambientati nell'area di Tokyo in cui vive. Successivamente inizia a lavorare come facchino all'aeroporto di Haneda e contemporaneamente collabora alla rivista "Bungei Shuto".[5] Nel 1970 sposa Yamaguchi Kasumi, scrittrice di romanzi mystery, nota con lo pseudonimo Kiwa Kyō.[6] Un anno dopo nasce la prima dei tre figli della coppia.

Trascorre un lungo periodo viaggiando nella penisola di Kii, interessandosi al folklore della regione e sul tema della discriminazione. Il risultato di questi viaggi è la raccolta di saggi Kishū: ki no kuni, ne no kuni monogatari, pubblicata dal Asahi Shinbun.[7]

A partire dal 1978 si reca per sette volte in Corea, scrivendo numerosi articoli e saggi a riguardo, attratto dalle movimentate città come Seul e dalle forme di sperimentazione linguistica degli scrittori coreani. Inoltre è uno dei primi autori giapponesi ad entrare in contatto con il panorama letterario coreano dopo il massacro di Gwangju del 1980, che segna una svolta nella democratizzazione del Paese.[8]

Negli anni 80, Kenji compie numerosi viaggi all'estero: si dirige in India, Pakistan, Turchia, Londra, Irlanda, Stati Uniti.

Muore all'età di 46 anni, il 12 agosto 1992, a causa di un cancro ai reni diagnosticatogli l'anno precedente. Vengono celebrati due funerali: uno privato a Shingū, e uno pubblico a Tokyo al quale prendono parte molti esponenti letterari giapponesi. Durante il funerale, Karatani Kojin tiene un elogio sull'amico e collega Nakagami. [9]

Il rapporto di Nakagami nei confronti della letteratura è ambivalente: se da un lato egli sembra farsi carico dell’ eredità letteraria dei suoi predecessori, dall’altro la rifiuta a favore della letteratura moderna. Questa ambivalenza si riflette soprattutto nella serie di romanzi composti tra il 1975 e il 1992, dei quali fanno parte Misaki, Karekinada e Chi no hate shijo no toki. Sono storie prive di una vera e propria conclusione in quanto ognuna riprende la precedente e il cui protagonista, Akiyuki, è costantemente perseguitato dal passato pur cercando di superarlo.[10] Ad evidenziare l’influenza degli eventi passati nei romanzi, Nakagami sfrutta numerose digressioni e ripetizioni di intere frasi. Il narratore è concentrato sulla sola figura del protagonista sui suoi pensieri, caratteristica tipica del genere dello shishosetsu. Nonostante ciò la serie di romanzi che ruota attorno alla figura di Akiyuki introduce degli elementi nuovi al genere, primo fra tutti la scelta di narrare le vicende di personaggi appartenenti alla minoranza dei burakumin. [11]

La letteratura giapponese fino a Nakagami, non ha mai rappresentato i burakumin in quanto la maggior parte di loro fino al dopoguerra non era in grado di leggere e scrivere.[12]

Opere principali

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  • 1977, Karekinada (枯木灘, Il mare degli alberi morti)
  • 1980, Hosenka (鳳仙花)
  • 1983, Chi no hate shijo no toki (地の果て至上の時, La fine del mondo, il momento supremo)
  • 1984, Monogatari Souru (物語ソウル)
  • 1984, Nichirin no tsubasa (日輪の翼)
  • 1984, Kii monogatari (紀伊物語)
  • 1986, Jūkyūsai no Jeikobu (十九歳のジェイコブ)
  • 1987, Himatsuri (火まつり, La festa dei fuochi)
  • 1987, Amano uta (天の歌)
  • 1989, Kiseki (奇蹟)
  • 1990, Sanka (讃歌)
  • 1992, Keibetsu (軽蔑, Il disprezzo)
  • 1992, Wani no seiiki (鰐の聖域)
  • 1993, Izoku (異族, Razze diverse)
  • 1974, Jūkyūsai no chizu (十九歳の地図, )
  • 1975, Hatodomo no ie (鳩どもの家)
  • 1976, Misaki (岬, Il promontorio)
  • 1976, Jain (蛇淫)
  • 1977, Jūhassai, umi he (十八歳、海へ)
  • 1978, Keshō (化粧)
  • 1979, Mizu no Onna (水の女)
  • 1982, Sennen no yuraku (千年の愉楽, Mille anni di piacere)
  • 1984, Kumano shū (熊野集)
  • 1988, Jūryoku no miyako (重力の都)

Adattamenti cinematografici

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  • 1976, Premio Akutagawa: Misaki
  • 1977, Premio letterario Mainichi: Karekinada
  • 1978, Premio letterario Geijutsu: Karekinada
  1. ^ (EN) Anne McKnight, Nakagami, Japan: Buraku and the Writing of Ethnicity, Minneapolis, University of Minnesota Press, 2011, p. 3, OCLC 939131909.
  2. ^ (EN) Anne McKnight, Nakagami, Japan: Buraku and the Writing of Ethnicity, Minneapolis, University of Minnesota Press, 2011, p. 7, OCLC 939131909.
  3. ^ (EN) Stephen Snyder e Philip Gabriel, Ōe and Beyond: Fiction in Contemporary Japan, Honolulu, University of Hawaii Press, 1999, p. 130, OCLC 863083075.
  4. ^ (EN) David Blake Willis e Stephen Murphy-Shigematsu, Transcultural Japan: At the Borderlands of Race, Gender and Identity, Londra, Routledge, 2008, p. 188, OCLC 804457168.
  5. ^ (EN) Joshua S. Mostow, Kirk A Denton e Ju-Chan Fulton, The Columbia Companion to Modern East Asian Literature, New York, Columbia University Press, 2003, p. 230, OCLC 827704429.
  6. ^ (EN) Stephen Snyder e Philip Gabriel, Ōe and Beyond : Fiction in Contemporary Japan, Honolulu, University of Hawaii Press, 1999, p. 131, OCLC 863083075.
  7. ^ (EN) Sayuri Irene Oyama, Discriminating readings: burakumin and the literature of Shimazaki Tōson and Nakagami Kenji, 2005, p. 146.
  8. ^ (EN) Anne McKnight, Nakagami, Japan: Buraku and the Writing of Ethnicity, Minneapolis, University of Minnesota Press, 2011, pp. 171-173, OCLC 939131909.
  9. ^ (EN) Eve Kathleen Zimmerman, A language of rebellion: myth, violence and identity in the fiction of Nakagami Kenji, 1997, pp. 8-11.
  10. ^ (EN) Alan Tansman, History, Repetition, and Freedom in the Narratives of Nakagami Kenji, in The Journal of Japanese Studies, vol. 24, n. 2, 1998, pp. 258-259.
  11. ^ (EN) Eve Kathleen Zimmerman, A language of rebellion : myth, violence and identity in the fiction of Nakagami Kenji, 1997.
  12. ^ (EN) Nina Cornyetz, Nakagami Kenji‘s Mystic Writing Pad; or, Tracing Origins, Tales of the Snake, and the land as Matrix, in Positions: East Asia Cultures Critique, vol. 3, n. 1, 1995, p. 227.