Utente:SteMascio/Sandbox

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Ritratto di Lecco[modifica | modifica wikitesto]

il Ritratto di Lecco / fine XV, inizio XVI sec.

Il Ritratto di Lecco è un disegno a Sanguigna su carta preparata rossa/rosata (24x16,8 cm e 0,2 mm di spessore) di autore ignoto di ambito leonardesco, in corso di approfondimento di studi, databile tra la fine del XV e l’inizio del XVI sec, conservato in una collezione privata in Lombardia (It)

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Il disegno fa la sua prima comparsa nel panorama delle possibili opere di ambito leonardesco alla fine del 2019 (anno dei festeggiamenti del cinquecentenario della morte di Leonardo Da Vinci) a seguito dell’acquisizione di questo disegno nella collezione di due collezionisti lecchesi, i quali lo presentano per ritrovamento in conoscenza all’opinione pubblica ed in specie al mondo dell’arte il 19.12.2019 durante una apposita conferenza stampa tenutasi a Lecco presso il Palazzo Falck sede della Confcommercio di Lecco alla presenza, in qualità di relatore, dell'esperto vinciano dott. Nicola Barbatelli, scopritore della famosa [[tavola Lucana]] o detta altrimenti Tavola di Acerenza.

Ritratto di Lecco - retro
Il retro del foglio "Ritratto di Lecco" dove è possibile visionare le scritte "Milano" "XVI secolo" e FE SALAI 1511 DINO"

Descrizione e stile[modifica | modifica wikitesto]

L'opera mostra il volto di un uomo, sui 35/40 anni di età, con lunghi capelli e lunga barba. Lo sguardo è rivolto a destra, e il soggetto è posto leggermente di 3/4. Il disegno, per tratto, risulterebbe essere realizzato da parte di autore mancino. Il volto di quest’uomo è caratterizzato da un raffinato sfumato, dai contorni indefiniti e da un tratto assolutamente leggero: un volto assorto, che sembra emergere come in un sogno, come per apparizione improvvisa caratterizzato da dolcezza e umanità incredibile.

Sul retro il disegno riporta nel mezzo le scritte Milano - XVI sec - e un ulteriore scritta nella parte in basso verso sinistra (per chi guarda) e che tramite l’indagine diagnostica è risultata essere stata scritta con inchiostro ferrogallico che così recita “FE Salai 1511 Dino” esattamente uguale alla scritta presente sul “Salvator Mundi” attualmente di proprietà e in collezione della Veneranda Biblioteca Ambrosiana.

Identificazione[modifica | modifica wikitesto]

Il volto per caratteristiche richiama subito alla mente, sebbene in età più giovane, il volto del famoso “Autoritratto di Torino”, ovvero il ritenuto volto di Leonardo Da Vinci, ma, alla luce di una traccia di aureola presente al di sopra del capo, potrebbe anche essere la rappresentazione del volto di un Cristo.

L’opera potrebbe quindi rappresentare una importante testimonianza nella stimolante discussione sulle fattezze di Leonardo da Vinci, ma anche, per taglio frontale, recuperare quell’idea di un possibile ritratto del Cristo, il celebre "Salvator Mundi” che proprio nella bottega del Maestro Da Vinci ebbe a rifiorire per tutto il XVI sec.

Esami e indagini diagnostiche[modifica | modifica wikitesto]

Le indagini diagnostiche fino ad oggi effettuate (sia di natura invasiva che non invasive) hanno confermato l’autenticità dell’opera e una datazione di quest’ultima a cavallo tra il XV e XVI sec. Oltre ad accertamenti presso varie strutture, le principali analisi non invasive (Imaging multispettrale, infrarosso, Fluorescenza Ultravioletta, Ultravioletto Riflesso, Luce Radente, Luce Trasmessa, Macrofotografia, Fluorescenza di raggi X (XRF), Spettroscopia Infrarossa in Trasformata di Fourier (FT-IR),  Microscopia ottica; pH metro) sono state effettuate presso il laboratori della società A.R.T. & CO srl - Spin-off dell’Università di Camerino, abilitata presso il Ministero dei Beni Culturali.

Ipotesi attributive[modifica | modifica wikitesto]

Non è ancora possibile allo stato attuale ipotizzare con buona certezza chi possa essere l’autore di questo disegno a sanguigna. La scoperta di tale disegno è recente, gli studi di approfondimento sono ad oggi in corso da parte della Proprietà del disegno e su questa opera non si sono ancora espressi compiutamente i massimi studiosi vinciani. Tuttavia si possono già riportare in riscontro alcune prese di posizione. Tra le principali:

Previa visione e studio dal vivo del disegno:[modifica | modifica wikitesto]

  • la studiosa Annalisa Di Maria, membro del comitato scientifico del Centro per l'Unesco di Firenze, in una conferenza tenutasi a Milano in data 14.1.2021, previa presentazione di un proprio approfondito studio sull’opera in questione, ha espresso (come in precedenza già anticipato sia dalla stampa che dai media nazionali ed internazionali - novembre/dicembre 2020) il proprio personale convincimento che l’opera in questione possa essere attribuita in autografia al Maestro Da Vinci;

Sulla base di una valutazione preliminare esclusivamente resa tramite analisi delle foto pubblicate dalla stampa/media nazionali e internazionali (e quindi con riserva di poter studiare e valutare dal vivo il disegno in questione):[modifica | modifica wikitesto]

  • il prof. Atila Soares Da Costa Filho, studioso e storico dell’arte portoghese, ha ipotizzato in fattibilità che l’autografia del disegno possa essere ricondotta al Maestro Toscano (vedasi per motivazioni preliminari fra vari articoli quello dal titolo “Mostrar outra face” scritto sulla prestigiosa rivista “Umanitas” edizione n° 145);
  • l’emerito prof. Martin Kemp dell’Università di Oxford, esperto vinciano di fama internazionale, su possibile parternità leonardiana del disegno, ha espresso una preliminare valutazione dubitativa in un intervista rilasciata al quotidiano “The Telegraph” sostenendo però che non può essere “esclusa a priori”;
  • il prof. Pietro Marani e la prof.ssa Chiara Rostagno, tra i massimi esperti vinciani italiani, in un intervista sul quotidiano “il Sole 24 Ore”, sull’ipotesi che possa essere un opera leonardiana hanno espresso forti dubitativi riconducendo il disegno al più per autografia a qualche allievo ovvero rientrante nella cerchia dei c.d. loenardeschi;
  • il prof. Ernesto Solari, altrettanto esperto vinciano italiano, che, anche in specie alla luce della scritta sul retro ritenuta una firma, oltre che per altre motivazioni sinteticamente riportate in un breve studio pubblicato sul sito “Museo Solari” dal titolo “ll Cristo di Lecco non può essere di Leonardo” sembrerebbe orientato a considerarlo in paternità dell’allievo prediletto di Leonardo ovvero a quel Gian Giacomo Caprotti detto Salaì.