Utente:Seembax/Negazione della violenza

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COSE DA FARE

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File:Denial of Violence.jpg
Copertina della prima edizione (2014)

Denial of Violence: Ottoman Past, Turkish Present and Collective Violence Against the Armenians, 1789–2009 è un libro del 2014 della sociologa turca Fatma Müge Göçek che tratta della negazione, giustificazione e razionalizzazione della violenza inferta dallo stato contro gli Armeni nell'Impero Ottomano e in Turchia dal XVIII al XXI secolo, con particolare attenzione al genocidio armeno e alla sua persistente negazione in Turchia.[1][2][3] Nel libro viene osservato che il genocidio armeno è stato un atto di violenza che ha consentito la fondazione della Repubblica di Turchia e la sua continua negazione è diventata un principio ideologico dello stato-nazione turco. Il libro è stato elogiato dalla critica per la sua accurata ed estensiva ricerca e innovazione metodologica, anche se per alcuni troppo ricco di informazioni e di non facile lettura per gli estranei all'argomento.

Fatma Göçek ha trascorso 12 anni della sua vita a ricercare, studiare le fonti e scrivere il libro;[4] nel 2014 è stato pubblicato dalla Oxford University Press.[5]

Contenuto[modifica | modifica wikitesto]

All'interno del libro la Göçek analizza 356 fonti, scritte da 307 autori diversi e per lo più turchi, inerenti quanto accaduto durante la violenza collettiva contro la popolazione armena.[5] Le opere non sono state processate e selezionate, bensì "ha letto sistematicamente tutti i libri stampati in Turchia in turco dopo la riforma della scrittura latina del 1928 e che contenevano i ricordi delle persone riguardo ciò che accadeva intorno a loro negli anni dal 1789 al 2009".[4] Questo approccio sistematico, sostiene la scrittrice, aiuta a indagare sulle opere senza cadere vittima dei pregiudizi.[6] I principali argomenti di indagine sono sui modi in cui le élite ottomane e turche hanno compreso, razionalizzato, giustificato e negato la propria cultura di violenza anti-armena attraverso due secoli.[7][8]

Dopo aver sottolineato come il genocidio sia parte fondamentale della cultura turca,[7] analizza la negazione come il processo a causa del quale si continua a perpetuare violenza attraverso i secoli:[6] ogni violenza è fondata su precedenti negazioni e genera nuova negazioni future.[9]

Il libro contiene sei capitoli, di cui un'introduzione e una conclusione. I quattro capitoli principale sono: "Imperial Denial of Origins of Violence, 1789-1907", "Young Turk Denial of the Act of Violence, 1908-1918", "Early Republican Denial of Actors of Violence, 1919 –1973" e "Late Republican Denial of Responsibility for Violence, 1974–2009". AGGIUNGERE RIFERIMENTO A NOTA 11

La Göçek si dichiara speranzosa che la documentazione da lei prodotta, essendo tratta da fonti direttamente ottomane e turche, possa contribuire al riconoscimento da parte dei turchi contemporanei di quanto accaduto, proprio perché narrato così dai loro stessi antenati.[8]

Critica[modifica | modifica wikitesto]

Jo Laycock afferma che, pur essendo un resoconto molto dettagliato, non è per nulla una semplice introduzione: la Göçek presume nella stesura la conoscenza dello stesso genocidio armeno e la volontà di cambiare punti di vista riguardo la questione. Tuttavia, per gli specialisti è "una gradita aggiunta alla documentazione già presente" e "concettualmente e metodologicamente sofisticata".[8] Sossie Kasbarian e Kerem Öktem hanno definito il libro "il miglior risulato nell'ambito" e "un contributo rivoluzionario alla nostra conoscenza del genocidio, della sua negazione da parte delle élite musulmano-turche e del suo ruolo fondamentale per lo stato-nazione turco".[10]

Lo storico Stefan Ihrig, invece, critica il libro poiché dà per buone alcune affermazioni false provenienti dalle sue fonti. Secondo Ihrig inoltre, il libro una versione appannata della negazione e i lettori che non hanno familiarità con la narrativa ufficiale della Turchia potrebbero non apprezzare il risultato prodotto. Però, nonostante secondo la sua opinione l'esperimento della Göçek non è perfettamente riuscito, è d'accordo sul fatto che il libro che ne risulta fornisce un immenso tesoro per lettori e futuri ricercatori. Secondo Ihrig inoltre ogni capitolo potrebbe essere reso un libro a sè stante, con specifiche aggiunte di contesto e narrazione.[4]

Il sociologo turco Ateş Altınordu solleva la criticità della mancanza di dettagli biografici sugli scrittori dei frammenti studiati, costringendo il lettore a consultare la bibliografia per i dettagli. Nonostante ciò, elogia l'impressionante profondità della ricerca e sottolinea la presenza di molte intuizioni originali della Göçek che individuano il libro come un pilastro per gli studi sul genocidio armeno che sarà sicuramente una fonte importante per tutto il futuro della sociologia e della sociologia delle emozioni.

Andrekos Varnava tesse le lodi della Göçek per come utilizza le stesse parole degli autori della violenza per individuarne le colpe e per aver fatto un'analisi profonda e accurata rispettando le fonti; malgrado questo critica la mancanza di distinzione tra genocidio e pulizia etnica e afferma che a causa della corposità e della lunghezza dei capitoli, i lettori potrebbero essere scoraggiati nel proseguire. Varnava considera tuttavia il libro un must read per coloro che sono interessati alla all'argomento e alla negazione di altri stermini di massa.[5]

Keith David Watenpaugh definisce il testo poliedrico: in esso sono raccolti storia, sociologia, emozioni; si tratta di un vero e proprio viaggio di un'intellettuale nella propria storia e in quella del passato della sua famiglia.[7] Vicken Cheterian afferma che Denial of Violence è un libro unico che aprirà nuove prospettive nello studio dei lati oscuri della modernizzazione nazionalista[9]; Eldad Ben-Aharon, invece, sostiene si ha a che fare un'eccellente monografia che riempie una grossa mancanza di studi accademici sul campo.[1]

Pur avendo ricevuto numerosi encomi, una grande pecca del lavoro è la mancanza di riferimenti agli studi più recenti riguardo l'eccidio in sè[5][6] e la conclusione del libro è stata spesso aggettivata come moralista.[1]

Premi[modifica | modifica wikitesto]

Riferimenti[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c Denial of Violence: Ottoman Past, Turkish Present, and Collective Violence Against the Armenians, 1789–2009. By Fatma Müge Göçek., in Journal of Social History, 2017, pp. shw140, DOI:10.1093/jsh/shw140. Errore nelle note: Tag <ref> non valido; il nome "Ben" è stato definito più volte con contenuti diversi
  2. ^ Denial of violence: Ottoman past, Turkish present, and collective violence against the Armenians, 1789–2009 by Fatma Müge Göçek, Oxford, Oxford University Press, 2015, xviii + 656 pp., US$78.00 (hardback), ISBN 978-0-199-33420-9, in Canadian Slavonic Papers, vol. 59, 2017, pp. 428–430, DOI:10.1080/00085006.2017.1377444.
  3. ^ Denial of violence: Ottoman past, Turkish present, and collective violence against the Armenians, 1789–2009. By Fatma Müge Göçek, in International Affairs, vol. 91, 2015, pp. 651–652, DOI:10.1111/1468-2346.12307.
  4. ^ a b c Denial of Violence—Ottoman Past, Turkish Present, and Collective Violence against the Armenians, 1789−2009 Fatma Müge Göcek, in Holocaust and Genocide Studies, vol. 31, n. 3, 2017, pp. 497–499, DOI:10.1093/hgs/dcx048. Errore nelle note: Tag <ref> non valido; il nome "Ihrig" è stato definito più volte con contenuti diversi
  5. ^ a b c d Book Review: Denial of Violence: Ottoman Past, Turkish Present and Collective Violence against the Armenians, 1789-2009, in Genocide Studies and Prevention, vol. 10, n. 1, 2016, pp. 121–123, DOI:10.5038/1911-9933.10.1.1403. Errore nelle note: Tag <ref> non valido; il nome "Varnava" è stato definito più volte con contenuti diversi
  6. ^ a b c Denial of Violence: Ottoman Past, Turkish Present, and Collective Violence against the Armenians, 1789–2009, in Contemporary Sociology: A Journal of Reviews, vol. 45, n. 3, 2016, pp. 309–311, DOI:10.1177/0094306116641407r. Errore nelle note: Tag <ref> non valido; il nome "Altinordu" è stato definito più volte con contenuti diversi
  7. ^ a b c Fatma Müge Göçek. Denial of Violence: Ottoman Past, Turkish Present, and Collective Violence against the Armenians, 1789–2009; Ronald Grigor Suny. "They Can Live in the Desert but Nowhere Else": A History of the Armenian Genocide., in The American Historical Review, vol. 122, n. 2, 2017, pp. 478–481, DOI:10.1093/ahr/122.2.478. Errore nelle note: Tag <ref> non valido; il nome "Watenpaugh" è stato definito più volte con contenuti diversi
  8. ^ a b c Review of 'Denial of Violence: Ottoman Past, Turkish Present and Collective Violence against the Armenians, 1789-2009', in Reviews in History, 2015, DOI:10.14296/RiH/2014/1809. Errore nelle note: Tag <ref> non valido; il nome "Laycock" è stato definito più volte con contenuti diversi
  9. ^ a b Denial of violence. Ottoman past, Turkish present, and collective violence against the Armenians 1789–2009, Fatma Müge Göçek, New York, Oxford University Press, 2014, pp. 656, US$78.00 (hardback), HC 978-0199334209, in Nationalities Papers, vol. 44, n. 4, 2016, pp. 652–654, DOI:10.1080/00905992.2016.1158006. Errore nelle note: Tag <ref> non valido; il nome "Cheterian" è stato definito più volte con contenuti diversi
  10. ^ One hundred years later: the personal, the political and the historical in four new books on the Armenian Genocide, in Caucasus Survey, vol. 4, 2016, DOI:10.1080/23761199.2015.1129787.
  11. ^ (EN) ii.umich.edu, https://ii.umich.edu/crees/news-events/news/archived-news/2015/08/muge-gocek-wins-mary-douglas-prize-for-best-book-2015.html. URL consultato il 12 January 2021.