Utente:Raiko/Incubatrice/Confraternita di San Bartolomeno (Lusignano)

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La Confraternita di San Bartolomeo Apostolo di Lusignano d'Albenga è una confraternita cattolica, con sede a Lusignano della tradizione della Casacce liguri.

La data di fondazione è incerta anche se si può desumere che come le altre della piana sia nata intorno alla fine del 1200; tale fatto è accertato dall'elenco degli iscritti alla confraternita, di cui si ha traccia dal 1400 ad oggi, ma sappiamo che si tratta di una trascrizione poiché le prima pagine sono state cancellate dal tempo.

Delle cariche e dell'impostazione della congragazione, sappiamo che i nomi più antichi registrati sono quelli degli eletti il 12 giugno del 1729: il priore Pietro Bruno, il sottopriore Alessandro Rolando e i massari Giacomo Rolando e Bartolomeo Bruno. Se ne deduce, quindi, che l'ordinamento interno della confraternita prevedeva al vertice i due superiori - il priore e il suo vice - e i due massari. Nulla ci è dato sapere delle altre cariche sociali. Al momento non sono state rinvenute copie degli statuti della confraternita, la cui lettura permetterebbe una comprensione più dettagliata dei meccanismi interni dell'associazione, ma non bisogna disperare, anzi. Da uno dei registri della contabilità conservati nell'Archivio Diocesano[1] si apprende che, nel 1778, una copia dei «capitoli novi» era stata inviata ad Alassio per essere recapitata via mare a Genova, evidentemente per ottenere l'approvazione da parte del Senato della Repubblica. Ciò farebbe sperare che nell'archivio di Stato genovese sia rimasta traccia del testo.

Alla necessità di una riforma degli statuti si era arrivati dopo diverse traversie. Negli anni Trenta e Quaranta del Settecento la confraternita sembra influenzata dagli esponenti della famiglia dei Rolando, la parentela più numerosa e organizzata del paese. Al momento mancano troppi elementi per descrivere come tale predominio si manifestasse concretamente nella vita del villaggio: ad esempio bisognerebbe capire se i Rolando si muovessero come un clan unitario o se avessero ramificazioni e fazioni anche al loro interno, e bisognerebbe studiare, tramite i registri parrocchiali, le eventuali alleanze matrimoniali con le altre famiglie locali. La statistica, però, lascia pochi dubbi: nel 1780, a Lusignano, dei quaranta uomini maggiori di 25 anni, tredici portano il cognome Rolando, e i Bruno, i Tomati e gli Enrico - gli altri tre gruppi familiari con un'articolazione complessa - sono meno della metà[7]. Dal 1729 al 1747, su 114 componenti eletti nel direttivo della confraternita, 62 appartengono ai Rolando; nello stesso periodo 21 dei primi 40 massari dei quali ci sono pervenuti i nomi sono della stessa famiglia. Sembra, dunque, che esista una regola concordata per la quale metà delle cariche della confraternita spettino ai Rolando e le altre siano distribuite a rotazione tra altre famiglie: i Bruno, i Tomati e, a dispetto del minore peso demografico, i Riva e i Nasino. Questo accordo sembra andare in crisi tra il 1747 e il 1750: dalle sintetiche annotazioni dei verbali delle elezioni si desume che cinque tornate elettorali per il rinnovo delle cariche si sono concluse con una votazione a maggioranza semplice, senza raggiungere la consueta unanimità. Il motivo del contendere sembrerebbe essere l'elezione alla masseria di un giovane Rolando, Francesco figlio di Giacomo, e di un esponente della famiglia Guiddo o Guido, Agostino figlio del fu Pietro. Tali scelte furono, evidentemente, approvate e sostenute dai Rolando, che nello stesso periodo conquistano la maggioranza assoluta delle altre cariche, ma lasciarono perplessi altri confratelli. Dopo il 1750 sembra ristabilirsi una certa armonia: non solo la rotazione tra famiglie sembra riprendere regolarmente, ma vengono cooptati nei direttivi membri di lignaggi che non avevano mai avuto accesso alle cariche: i Carpe, i Riccio – Ricci, gli Stalla e gli Enrico. La concessione del priorato del 1761 a Francesco Enrico sembra essere il momento simbolicamente più elevato di questo clima di pacificazione. A farne le spese furono Francesco Rolando e Agostino Guido, che non vennero più ricandidati.

E' opportuno sottolineare che la dinamica delle candidature e delle elezioni non va immaginata solo in termini di competizione tra gruppi e individui, anzi. A metà del Settecento le aree rurali della Riviera di Ponente stanno precipitando in una pesante crisi economica, producendo un quadro di diseguaglianze sociali raggelante. Le radici della congiuntura economica negativa partivano da lontano: «Le ricorrenti carestie e pestilenze tra gli anni Settanta del Cinquecento e gli anni Venti del Seicento furono uno dei corposi motivi della crescita dei debiti (delle comunità locali)», scrive Rodolfo Savelli[8]. Giuseppe Felloni ha calcolato che il peso fiscale sulle comunità del Dominio genovese tra il 1550 e il 1650 sia quasi decuplicato[9]. Claudio Costantini descrive il XVIII secolo nel mondo rurale ligure come una «spirale di miseria e di abbandono», «dove l'emigrazione temporanea apriva spesso la strada a quella stabile, periodicamente sollecitata da eventi catastrofici, come guerre, epidemie, alluvioni, carestie, gelate»[10]: esodi più o meno di massa colpirono la regione negli anni Venti e Trenta del Settecento, nel 1746-7, nel 1764-7, nel 1783. Come questa crisi si sia manifestata alla scala locale nell'albenganese è un problema da studiare: Josepha Costa Restagno ipotizza «una situazione di lenta ma progressiva contrazione», ma premette che «uno studio globale sulle condizioni dell'albenganese in età moderna è lavoro ancora tutto da compiere»[11]. Una delle tante conseguenze della crisi era la “fuga” dalle cariche pubbliche, sia nelle magistrature laiche che nelle articolazioni locali dell'organizzazione ecclesiastica (masserie delle parrocchie, confraternite, etc.): questo sia per l'effettiva assenza dei migranti, temporanei o definitivi, dai paesi, sia per la renitenza dei cittadini ad accollarsi cariche impegnative, non o poco retribuite, e, soprattutto, che comportavano la responsabilità finanziaria in solido tra ente e rappresentante legale pro tempore.

Nell'arco di un decennio, le famiglie più fragili sembrano allontanarsi dalla confraternita, o quantomeno dalla sua gestione, e la sopravvivenza del sodalizio torna ad essere affidata a pochi clan: i Rolando, che, perlomeno, sono tanti e possono darsi il cambio e garantirsi finanziariamente a vicenda, e i Bruno e i Nasino in supporto. La crisi diventa evidente quando, l'8 giugno 1760, il massaro Giovanni Battista Tomati viene eletto priore ma rifiuta la carica; si va a nuove elezioni il 22 giugno, con Francesco Rolando che sostituisce Tomati. Dieci anni dopo troviamo un altro caso di rinuncia: a Giacomo Rolando subentra Pietro Giovanni Rolando. Inoltre, dal 1768 al 1771 e dal 1773 al 1774 nei registri non compaiono nomi di nuovi massari: eccesso di sintesi nella verbalizzazione, o la carica è rimasta realmente vacante per mancanza di candidati o per dissensi interni?

Per rendere le cariche meno gravose la confraternita aveva già introdotto alcuni rimedi. Innanzitutto il priorato e il sottopriorato duravano solo un semestre. Anche nella vicina Ortovero, negli statuti della confraternita di Santa Caterina (sia nella versione del 1608 che in quella ante 1764), la durata di priore e vicepriore era stabilita in sei mesi[12]. La scelta di rendere molto breve la permanenza in carica dei superiori è documentata anche in confraternite di ambiti urbani, come la Lucca del XV secolo[13], o la Sicilia di antico regime: la rapida rotazione aveva anche l'evidente funzione di evitare la concentrazione del potere in poche persone o famiglie. I verbali elettorali di Lusignano sono tutti datati tra l'8 e il 14 giugno, e tra l'8 e il 14 dicembre: se ne deduce che un capitolo degli statuti convocava le elezioni per la seconda domenica di dicembre e giugno; a giugno, con i superiori, si votavano i massari, che rimanevano in carica per un anno. Uno degli effetti pratici della breve durata del mandato era un'equa suddivisione dell'organizzazione dei due principali momenti rituali dell'anno: al, chiamiamolo così, “priore invernale” toccava sovrintendere alle ricorrenze della Settimana Santa, mentre il “priore estivo” si occupava della festa del santo titolare, che si celebra il 24 agosto.

Inoltre dovevano essere previsti, sia nello statuto che nella prassi, criteri di ineleggibilità piuttosto stringenti. In particolare, si può notare come – e questa norma doveva essere formalizzata nei capitoli – le ricandidature dei superiori fossero vietate per almeno tre anni. Non c'erano limiti temporali, invece, per le ricandidature dei massari e per il passaggio dai superiori ai massari e viceversa, anzi, un mandato positivo come massaro rappresentava, talvolta, un buon viatico verso il priorato. E' lecito supporre anche che - per statuto o per prassi? - non si potesse ricoprire la carica di priore o sottopriore per più di tre volte. Nell'arco di sette decenni nessuno degli eletti ha mai conseguito più di tre rielezioni alla stessa carica, se non, forse, Andrea Rolando di Giacomo, eletto quattro volte priore tra il 1740 e il 1759 (ma le omonimie sono sempre in agguato).

Le norme scritte sull'ineleggibilità, la prassi della spartizione delle cariche tra famiglie, la tendenza sempre più diffusa a rifiutare incarichi di responsabilità, e i conflitti di interessi e le incompatibilità con altri ruoli nella comunità (nelle masseria della parrocchia o nella confraria, ad esempio) resero le elezioni, nel corso del Settecento, un vero e proprio rebus, un gioco di incastri dove è rarissimo riscontrare, nell'arco di sette decenni, la rielezione di un priore o di un sottopriore per più di due volte. Normalmente, inoltre, si giungeva alle cariche superiori in età piuttosto avanzata, e ciò contribuiva a ridurre le possibilità di riconferma nel tempo. In questo quadro così frammentato spicca, per dedizione e attaccamento alla confraternita, la vicenda della famiglia Nasino. Tra il 1731 e il 1750 incontriamo Francesco Nasino di Paolo eletto per tre volte priore, per tre volte sottopriore e due volte massaro; Francesco passa il testimone alla generazione successiva, l'omonimo Francesco, Paolo, Pietro e il più defilato Antonio (forse gli ultimi tre sono fratelli, figli proprio di Francesco senior), che, complessivamente, tra il 1753 e il 1787, ottengono tredici rielezioni da superiori e tredici da massari. In particolare, i Nasino si occupano della gestione della masseria negli anni del cantiere del nuovo oratorio, e non è irrealistico immaginarli mentre, come si dice, “tirano la carretta” in senso non solo metaforico durante un periodo di grande sforzo organizzativo. Paolo e Pietro, nel 1787, esercitano in coppia le cariche di priore e sottopriore: la doppia elezione suona come un riconoscimento tributatogli dagli altri fradélli per la loro carriera. Nel frattempo si prepara ad entrare in scena il figlio di Paolo, a sua volta chiamato Francesco, e, salvo le consuete possibili omonimie, per Paolo pare che ci sia stata la soddisfazione di fare in tempo a vedere eletto priore anche il figlio, nel 1809. Approfondire le genealogie lusignanesi consentirebbe di valorizzare meglio il ruolo della familiarità nella gestione della confraternita.

Malgrado l'impegno di alcuni gruppi familiari, il gioco del ricambio delle cariche entra in crisi negli anni Settanta del Settecento. La risposta del gruppo dirigente della confraternita, difficile capire se e in che modo sostenuti o consigliati dalle autorità civili o ecclesiastiche[14], è un ambizioso progetto di riforma dell'associazione: come già accennato, si mette mano alla riforma dello statuto e si delibera una ristrutturazione dell'oratorio. I «capitoli novi» sono pronti nel 1778, e ne viene richiesta l'approvazione al Senato genovese; nello stesso anno inizia il cantiere del nuovo oratorio[15], che si conclude alla fine del 1782. I priori eletti a dicembre, Agostino Rolando e Bartolomeo Tomati, saranno i primi a prenderne possesso; l'inaugurazione dell'edificio è l'occasione per un gesto pubblico di pacificazione: al sottopriorato, dopo 22 anni, torna un rappresentante della parentela dei Tomati, che erano stati esclusi dalle cariche dai tempi delle dimissioni di Gio. Batta nel 1760[16].

Non sappiamo, per ora, i contenuti e la data dell'entrata in vigore dei «capitoli novi», ma resta il fatto che, per cinque tornate elettorali, dal giugno 1785 al giugno 1787, sui fascicoli della confraternita vengono registrati gli eletti ad una ulteriore carica sociale, gli «uomini di banca». Inoltre, nel 1785, un imprecisato «Steffano quondam Domenico» e Agostino Ricci fu Gian Giacomo, vengono definiti «officiali ò sia consiglieri». In una nota a margine si legge, in un italiano piuttosto incerto, che, nel dicembre 1786, Giacomo Carpe, eletto, ha rifiutato una carica sociale, ha pagato la multa relativa alla rinuncia e che «la comunità a [p]oi eleto il capo sindicho come apare»; e rimane il dubbio se il «capo sindicho» coincida con il priore (il subentrato, quindi, dovrebbe essere Francesco Enrico fu Giovanni Maria) o no. Pare, insomma, che l'applicazione del nuovo statuto abbia portato più confusione che benefici, e che il fenomeno dell'abbandono delle cariche sociali non si sia arrestato.

Il governo genovese interviene per risolvere la questione. Il 7 di novembre del 1790 i capifamiglia di Lusignano (quaranta persone) vengono convocati nell'oratorio dal Commissario del distretto di Albenga per la notifica di un decreto. Con la motivazione che «continui disordini e dissensioni che da molti anni a questa parte vegliavano tra gli uomini della M. ca Comunità di Lusignano a causa de' pubblici impieghi», vengono imposte tre nuove norme. Innanzitutto viene stabilita la pena di 10 lire di Genova per chi ricusa l'elezione a priore, e quella di 2 lire per i massari. Poi viene deciso che l'elezione dei massari debba avvenire con l'estrazione a sorte «tra tutti i capi di casa e di tutti quelli che avranno compiuti gli anni 25», con l'esclusione di coloro che fossero debitori della masseria. Infine, viene prevista una multa di 20 lire per i massari che non avessero presentato i conti annuali entro otto giorni prima della scadenza del loro mandato. Tali norme, intese come provvisorie[17], vengono confermate con la medesima procedura tre anni dopo[18].

Non deve sorprendere che i commissari genovesi, un anno e mezzo dopo la presa della Bastiglia, trovassero tempo e risorse per dedicarsi ai problemi di una piccola villa di Albenga: per usare le parole di Rodolfo Savelli «Non è del tutto ovvio giudicare in che misura il patriziato genovese governasse male o bene (…); certo è che governavano, controllavano, legiferavano; si occupavano anche delle più minute questioni di paese»[19]. Non è una situazione insolita neppure l'intervento statuale in un contesto che potrebbe sembrare di ambito ecclesiastico: le ricerche hanno ormai portato alla luce, nella Liguria di antico regime, una casistica di situazioni dove «il principio “statuale” della sovranità su ogni associazione che gestisca un patrimonio entra in urto con l'iniziativa vescovile», urto dal quale nasce un quadro estremamente composito di soluzioni giuridiche nate caso per caso, fatto di compromessi e di soluzioni intermedie[20]. Il caso di studio di Lusignano sembra interessante, per diversi motivi. Ad esempio, si può notare, nel decreto del 1790, che il corpo elettorale per l'elezione dei massari è costituito non dagli iscritti alla confraternita, ma dall'assemblea dei capi casa, indipendentemente dalla loro appartenenza o meno alla confraternita (posto che ci fossero capi casa non iscritti alla confraternita...). Riprendiamo, allora, quella nota a margine citata in precedenza, «la comunità a [p]oi eleto il capo sindicho come apare»: comunità e capo sindicho e non confraternita e priore. La confraternita è, dunque, considerata non solo come associazione volontaria di fedeli, ma come corpo politico della popolazione locale: il linguaggio usato dall'anonimo estensore dei verbali sembra simile (nel vocabolario, non nell'ortografia...) a quello che usavano i giuristi genovesi per giustificare i diritti del foro laico sulle casacce[21]. In una piccola villa come Lusignano, sprovvista di autonomia politica e statutaria[22], la confraternita sembra assumere una chiara valenza politica: il mantenimento in vita della confraternita e la manutenzione del suo luogo fisico di riunione, l'oratorio, sono uno dei presupposti per gli abitanti del luogo per poter qualificare Lusignano come comunità, e rivendicare, ad esempio, il diritto di «parlare col Senato». Genova risponde a tono, riservando a Lusignano il titolo di «Magnifica Comunità» e valorizzando l'oratorio come luogo delle riunioni pubbliche e la confraternita come interlocutore e garante locale del potere statale. Il ruolo laico della confraternita emerge anche dall'esempio di Ortovero, dove l'elezione dei “Consiglieri di Comunità” avviene sotto la regia del priore, che porta alla «banca dell'Oratorio» gli otto candidati dai quali verranno eletti a scrutinio segreto quattro consiglieri[23]. Per completare ulteriormente il quadro, bisognerà, in futuro, cercare di studiare i rapporti tra la confraternita e la parrocchia di Santa Margherita (ad esempio, chiarire se le persone che si trovano coinvolte nella gestione della confraternita avevano anche ruoli nella fabbriceria della parrocchia). Sarebbe anche interessante capire come si ponessero nei confronti della confraternita i grandi proprietari terrieri albenganesi dei dintorni; in alcune aree caratterizzate dall'agricoltura di villa, come la val Bisagno, i Magnifici villeggianti si ritagliano il ruolo di Protettori delle casacce[24]; ma dalla carte che sto illustrando non emerge nessuna testimonianza in tal senso.

Ma ormai si avvicina la turbolenta parentesi repubblicana e imperiale. Se dovessimo basarci solo sulle carte della confraternita di Lusignano, sarebbe difficile sospettare che tra il 1794 e il 1814 sia successo qualcosa di dirompente. La confraternita sembra, apparentemente, riuscire ad attraversare, senza interrompere l'elezione delle cariche sociali, tutta la successione di provvedimenti legislativi e amministrativi che intervengono sulle istituzioni confraternali, dalla requisizione dei preziosi del 1798 alla soppressione e concentrazione delle corporazioni religiose dello stesso anno, dal censimento del 1803 agli accorpamenti forzati nei comuni rurali del 1805, fino alla devoluzione dei beni del 1811[25]. Le uniche anomalie riscontrabili sono tre. La prima è un periodo nebuloso tra il 1798 e il 1802, testimoniato da alcune registrazioni dei verbali incongruenti e incomplete. A mio avviso la compilazione del fascicolo era stata temporaneamente interrotta tra il 1799 e il 1802, e l'anonimo redattore ha aggiornato, a memoria, i verbali solo nel 1803[26], incorrendo anche in un errore cronologico poi corretto (l'elezione del priore Giacomo Carpe era stata registrata nel 1799, ma poi viene cassata e spostata al 1801). La seconda è una variazione statutaria: a partire dal 1799 le cariche sociali vengono elette il primo gennaio e assumono tutte durata annuale. Dal 1800 in avanti i verbali assumono la stessa struttura stereotipata: indicazione della data, formula «Nuova elezione de' superiori», «de priori» o «de priore e sottopriore», e, infine, l'elenco dei nominativi dei due superiori e dei due massari. La terza anomalia è la proroga, nel 1812, del direttivo del 1811 (Pasquale Rolando di Antonio priore, Gianbattista Rolando di Francesco sottopriore, Gianbattista Enrico fu Giovanni Maria e Gianbattista Tomati fu Benedetto massari). Si tratta delle persone che si ritrovarono ad avere la responsabilità dell'attuazione delle norme che prescrissero il passaggio dei beni delle confraternite alle fabbricerie parrocchiali, promulgate nel 1811[27]. Forse la complessità e la delicatezza della situazione hanno imposto la permanenza in carica dello stesso direttivo fino alla conclusione della procedura. Resta il fatto che la piccola (e indebitata)[28] confraternita di San Bartolomeo sembra passare più o meno indenne attraverso i rivolgimenti rivoluzionari e napoleonici, dimostrando una notevole capacità di resilienza agli eventi. Cosa sia successo si può intravedere traendo un paio di spunti da altri studi: Mario Moscardini segnala che l'agente che rappresenta la Comune di Lusignano nell'Assemblea municipale di Albenga del 1799 si chiama Bartolomeo Tomatis[29]. Ma un Bartolomeo Tomati di Andrea, nel 1799, è anche il priore della confraternita. E, nel caso non si trattasse di lui, c'è un suo omonimo, Bartolomeo Tomati fu Antonio, che era vicepriore l'anno prima. Dal 1795 al 1805, gli anni della Repubblica Ligure, i Tomati occupano le cariche sociali per otto volte con cinque persone diverse. Dalle ricerche di Giorgio Barbaria su San Fedele[30] emerge, tra i locali coinvolti nell'amministrazione filofrancese nel 1797, un altro nome noto: Pietro Nasino fu Francesco, già priore nel 1787, che verrà rieletto nel 1802. Durante la Repubblica Ligure i Nasino ottengono le cariche sociali quattro volte con tre persone diverse. Sembra, quindi, che le famiglie che si sono orientate in modo più positivo verso il nuovo regime politico si impongano anche nella confraternita, e la “francesizzino” dall'interno. Alla luce di questo è più comprensibile spiegare la lacuna nelle registrazioni delle elezioni dal 1799 al 1803: in questo periodo anche la confraternita sembra aver vissuto una sua confusa “fase rivoluzionaria”, con i Tomati, i Nasino e gli Stalla in posizioni influenti e con modifiche radicali delle proprie regole. Ad esempio, è in questo periodo che le cariche sociali, come già detto, diventano annuali anziché semestrali. Il cittadino Bartolomeo Tomati - quello figlio del fu Antonio - ridiventa priore nel 1810: forse le sue relazioni politiche sono state utilizzate per affrontare la difficile fase della devoluzione del patrimonio della confraternita alla parrocchia. Anche in queste circostanze è difficile tracciare un confine netto tra associazione di fedeli e corpo politico, tra pratiche religiose e vicende laiche: nella vita della confraternita tutto si mescola in modo inestricabile.

Se le carte di Lusignano non raccontano molto del passaggio della rivoluzione democratica, della restaurazione dicono ancora meno. Dal 1815 al 1895 i fascicoli riportano una precisa ma monotona sequenza di schematici verbali di elezioni, con circa 300 nomi leggibili di priori, sottopriori e massari (alcuni non sono identificabili per piccole lacune nelle carte). I giochi di spartizione tra parentele, ormai, sono molto meno vincolanti e l'alternanza tra famiglie è più libera; ovviamente i Rolando fanno sempre la parte del leone, con più di ottanta elezioni conquistate, seguiti dai Bruno con 51 cariche, dai Tomati e dai Nasino con una trentina, e così via con i De Andreis, i Ricci, gli Enrico, i Riva, i Carpe e sporadiche presenze dei Navone e dei Veglio, fino alla comparsa episodica dei Risso, dei Guido, dei Beffa e dei Maurizio. Spicca il record di rielezioni al priorato di Domenico De Andreis (sei volte dal 1842 al 1864), che apre la strada ai cinque mandati del figlio Agostino. La confraternita nel 1871 ha 102 iscritti, ma l'estensore del registro precisa che 24, in realtà, «sono fuori in America»[31]. Un'analisi della partecipazione reale dei fradélli alla vita associativa si ricava consultando le uniche due pagine pervenuteci di un quaderno dove sono stati annotati non solo i nomi degli eletti, ma anche quelli dei candidati esclusi e il numero di preferenze ottenute. Se tra il 1845 e il 1848 esercitano il diritto di voto dai 44 ai 60 elettori, nel 1867 i votanti scendono a 39, e la cosa è comprensibile dopo l'epidemia di colera del 1855[32], ma, nel 1880, ormai, precipitano a 14. Negli anni Quaranta le elezioni sono ancora piuttosto vivaci: per le cariche di priore e sottopriore vengono presentate tre candidature, con l'esclusione di chi riceve meno consensi della terna; per la masseria si sfidano due coppie di candidati, che si presentano già abbinati tra loro. I verbali del quaderno svelano che, probabilmente con la riforma del 1799, era stato introdotto un nuovo sistema elettorale: i confratelli votavano a scrutinio segreto col metodo del voto inclusivo ed esclusivo. I voti venivano conteggiati utilizzando urne o bussolotti divisi verticalmente al loro interno in due contenitori colorati in modo diverso (bianco e nero, rosso e nero, nero e marrone, etc.): deponendo sassolini, palline di legno o, più spesso, fagioli in uno o nell'altro contenitore si esprimeva il voto negativo o positivo sul candidato, le cui preferenze finali risultavano dalla somma algebrica tra voti favorevoli e contrari[33]. Nel periodo postunitario la dialettica gradualmente si stempera, e si presenta al voto solo il numero minimo di candidati necessario per ricoprire le quattro cariche principali, rendendo le votazioni una mera formalità; il fenomeno della fuga dalle cariche che aveva minato la confraternita alla fine del Settecento si ripresenta un secolo dopo. Sulla crisi ottocentesca delle confraternite sono state scritte pagine molto convincenti[34]; senza stare a riprenderne il quadro socioeconomico di riferimento e le relative interpretazioni sociologiche, penso che non sia difficile, nel concreto, immedesimarsi nei confratelli alle prese con una gestione sempre più controllata e burocratizzata delle associazioni, sottoposte a una normativa ecclesiastica e civile sempre più penalizzante. I confratelli di San Bartolomeo sospendono temporaneamente l'attività nella prima metà anni Novanta, forse anche in relazione ad ulteriori gravose modifiche legislative: la legge 17 luglio 1890, concernente la vigilanza e la tutela delle istituzioni pubbliche di beneficenza, che venne estesa indistintamente alle confraternite, e il regio decreto del 12 gennaio 1890 n. 6591, che chiamava le confraternite a concorrere, in proporzione dei loro averi, al mantenimento degli inabili al lavoro[35]. Pasquale Rolando, eletto nel 1895, è l'ultimo priore dell'elenco “ritrovato”. Il libro dei conti dei massari si ferma al 1885; nelle ultime pagine del libro un parroco annota, tra il 1900 e il 1901, di avere assunto il ruolo di amministratore[36].

L'altro nucleo delle “carte ritrovate” di Lusignano, quello descritto supra al punto b), sono frammenti di documentazione contabile e amministrativa. Si tratta di schemi di rendiconti degli anni 1728 - 1732, 1734, 1736, 1737 e di poche altre notazioni sparse. I conti esprimono anni di un certo fervore organizzativo della confraternita. Uno degli obiettivi che si pongono i fradélli è l'acquisto di una nuova statua processionale del santo titolare, e, per questo, si ricorre a una raccolta di fondi. Dal 1728 al 1730 vengono stanziate 179 lire e 4 soldi, mettendo insieme donazioni di singoli cittadini e cittadine e altri proventi. I donatori registrati sono venti, e sono molti i nomi che si incontrano anche nell'elenco delle cariche sociali, in maggioranza appartenenti alla famiglia Rolando. Spicca per generosità la donazione di un certo Giovanni Antonio Bruno fu Calocero: di lui si precisa che è il «genero di Bernardo Della Valle», e versa 18 lire, che verranno impiegate per «la nova vedriata del nicchio, e per far accomodare la vedriata vecchia» nella nicchia dell'oratorio dove verrà collocata la statua. Bruno, tra l'altro, era uno dei locatari dei terreni di proprietà della confraternita[37]. Tra le donazioni figurano anche quella del rettore della parrocchia, Gaetano Dolera, che sborsa 12 lire, e quelle di due donne, Geronima Buona e Maria Rolando, che rappresentano una delle scarne testimonianze di partecipazione femminile alla confraternita. Simbolico - di una lira - il contributo dei «confratelli di Santo Spirito»[38], ma è interessante il dato che in paese fosse attiva, contemporaneamente alla confraternita, anche la confraria; due anni dopo, nel 1730, i confratelli busseranno nuovamente alla porta della confraria per battere cassa, e questa volta otterranno 16 lire. Altri incassi vengono da due questue. Nel 1728 viene sollecitata una raccolta di canapa: quindici coltivatori donano da 5 a 15 libbre e mezza di canapa a testa, che viene venduta per 14 lire e 8 soldi; interessante la composizione familiare dei coltivatori di canapa: cinque Bruno, “solo” tre Rolando, due Nasino e poi un Della Valle, un Tomati, un Ricca, un Sifredi e un Enrico. La questua «d'olivi» del 1730 porta in cassa 29 lire e 6 soldi. Affittando un terreno nelle Giairette ad Ambrogio Rolando (anche lui tra i venti donatori di denaro) e recuperando un vecchio credito insoluto per un terreno nella stessa zona, si ottiene ulteriore denaro e si mettono insieme le 179 lire per l'acquisto e l'allestimento della statua.

La statua di San Bartolomeo viene commissionata a un anonimo «maestro del Finale» per 60 lire. Non è dato sapere se il maestro che «indorò il Santo suddetto in più volte», e che fornì i fiori finti che completavano l'apparato decorativo della cassa processionale sia lo scultore stesso. Una volta consegnata, la statua venne applicata alla cassa con tre viti e venne dotata di una corona. L'arrivo della statua fu l'occasione per rinnovare l'oratorio: oltreché alla costruzione della nicchia per la cassa, i muratori si dedicarono al restauro dell'altare; un pitore si occupò di «rinfrescare li 2 quadretti a lattere di S. Bartolomeo nell'oratorio» e i confratelli si tassarono per far restaurare la tavola con l'elenco degli iscritti. Il tutto, registrato dettagliatamente da don Dolera, comportò una spesa complessiva di 181 lire, 2 soldi e 8 denari. Viene il sospetto, però, l'esecuzione delle opere sia stata difficoltosa: dal 1730 al 1732 vengono iscritti a bilancio interventi per un «restauro di nicchio», non si capisce se quello del San Bartolomeo o uno diverso. Sempre nel 1732 si spende una lira per «rinfrescare li due santi che sono à latere dell'oratorio», e, anche in questo caso, non è chiaro se siano gli stessi quadri già restaurati nel 1730. Nel 1730 una registrazione riporta l'acquisto di «terra che si fu presa in Verzi in due volte»[39]: presumibilmente l'oratorio aveva la volta a botte e fu necessario fare un intervento di riempimento ai rinfianchi, o forse le coperture erano impermeabilizzate con terra pressata, e questo lascerebbe immaginare che la struttura potesse soffrire di infiltrazioni d'acqua[40]. Come già scritto, una quarantina di anni dopo fu necessario ricostruire l'edificio, e questo rende difficile provare ad immaginare le collocazioni precedenti dei nicchi. Qualche inconveniente deve essere capitato anche alla statua di San Bartolomeo: nel 1734 è già necessario spendere 22 lire per «farla rifare»; ma i confratelli non demordono, e nel 1736 completano con un sopraccielo la cassa restaurata. La statua in questione potrebbe trattarsi di quella, lignea e dipinta ad olio, che a Lusignano viene familiarmente chiamata «il San Bartolomeo vecchio», e che oggi è conservata nella navata sinistra della chiesa parrocchiale di Santa Margherita[41].

Dalla contabilità settecentesca emergono frammentari dettagli sui riti e sulle usanze che contraddistinguevano la confraternita di San Bartolomeo. L'associazione si occupava di offrire ai fedeli le candele in occasione della festa della Purificazione della Beata Vergine Maria; nel 1732, ad esempio, sono segnate a bilancio 5 lire e 14 soldi «per libbre 5 e mezza candele» per «Nostra Signora della Candellora». Nel 1730, nella «Secunda Festa di Pasqua di Resurrezione» vengono messi all'asta i diritti di portare in processione la «Santissima Vergine, e misterij» da Lusignano al convento di San Bernardino ad Albenga: i confratelli che si aggiudicano questo privilegio versano complessivamente 3 lire. La «messa all'incanto» dei ruoli dei portatori in processione doveva essere una tradizione radicata: ancora nel 1800 spicca nel rendiconto annuale un'offerta per ottenere la «portata del crocifisso» in occasione di una non specificata ricorrenza[42]. In occasione della festa di San Bartolomeo le spese in cera per candele e polvere da sparo erano notevoli, e assorbivano buona parte delle entrate provenienti dai contratti di gestione dei terreni; se le scorte di polvere erano sufficienti non si disdegnava di far sparare qualche mascolo anche la vigilia della festa del santo, come si fece nel 1757[43]. L'epoca del massimo apprezzamento verso l'arte pirotecnica fu, comunque, il XIX secolo, quando la confraternita, ormai privata delle entrate da gestioni immobiliari, bandiva collette di canapa, grano e cucchetti da seta per garantire un giorno di San Bartolomeo sufficientemente scoppiettante[44]. Forse si praticava l'usanza della Coena Domini: il Giovedì Santo il priore in carica riceveva una dazione di 4 lire che, supporrei, venisse reinvestita in tutto o in parte nell'incontro conviviale. Tra l'altro, questo spiegherebbe perché il “priore d'estate” eletto nel semestre successivo, invece, non ricevesse denaro per il suo mandato. Il Giovedì Santo veniva organizzata la distribuzione di un barile di vino e di particolari biscotti. Tra le spese troviamo acquisti di sale e fenochio, o finochio, nel 1728, nel 1730, nel 1734 e nel 1737; il sospetto che fossero gli ingredienti dei biscotti è confermato dalla lettura di uno dei successivi registri dei massari. Nel 1749, infatti, il fenocchio è qualificato esplicitamente per li biscotti, e costa una lira e 8 soldi; in un'occasione ne vengono acquistate tre libbre, cioè quasi un chilo. Anche la spesa per il sale, comprato per 5 soldi e 4 denari, viene giustificata «per detti biscotti». Una lira e dodici soldi di fenocchio vengono comprati anche nel 1750, assieme a 14 soldi per il sale. Le registrazioni degli ingredienti dei biscotti si concludono qui: non ci è dato sapere se, dopo il 1750, le distribuzioni si siano realmente concluse o se siano proseguite in modo informale, senza lasciare tracce nei documenti; le dazioni ai priori per la Coena Domini, invece, proseguono. Il biscotto di San Fedele, lievemente salato e da consumare imbevuto nel vino, sembra essere un'interpretazione locale dei pani benedetti documentati un po' ovunque, sotto forma di pani, gallette, focacce dolci e salate in molte varianti[45]. Anche l'utilizzo dei frutti del finocchio selvatico come aromatizzante nella panificazione e in pasticceria non è certo una rarità, ma è interessante a livello locale perché è presente anche in uno dei dolci tradizionali ingauni più apprezzati, i baxìn[46]. A Porto Maurizio la produzione dei «bescotti da Quaréjima» è documentata nel corso del XVIII secolo[47]. A Taggia la distribuzione del biscotto del Giovedì Santo è ancora praticata dai confratelli della SS. Trinità, che, sul loro sito internet, raccontano così le origini della loro usanza: «Dal 1660 la Confraternita della SS. Trinità, “I Rossi”, in occasione del Giovedì Santo, provvede alla distribuzione del grande Biscotto della Quaresima. La storia del Biscotto ha origini lontane nel tempo, risale precisamente al 1580 ed è dovuta al fatto che l’anno precedente Taggia subì una grave carestia e compito della Confraternita fu quello di aiutare i bisognosi. Inizialmente il Biscotto era un semplice e grande Pane della Pasqua. La tradizione si è mantenuta fino ai giorni nostri ed ora i pani, che nel tempo sono stati trasformati in biscotti dolci ben lievitati con un buon sapore di finocchietto selvatico del peso di circa un kilogrammo, vengono donati alle famiglie dei confratelli ed ai benefattori e amici della Confraternita il giorno del Giovedi Santo»[48]. A metà degli anni Ottanta Biagio Boeri aveva studiato questa tradizione taggese, tramandata sia dai Battuti bianchi che dai Trinitari rossi; secondo Boeri[49], il biscotto coi «semi» di finocchio, che sostituisce nelle elargizioni i precedenti pani allo zafferano, compare nei registri dell'Oratorio dei Santi Sebastiano e Fabiano nel 1728, proprio lo stesso anno della prima citazione a Lusignano. A Lusignano la partecipazione alla distribuzione di vino e biscotti era subordinata al versamento dell'«elemosina dei cavallotti»[50], un obolo per la confraternita che veniva raccolto contabilizzando separatamente le offerte delle donne da quelle degli uomini.

L'esame delle carte, quindi, ha rivelato che il primo curatore dei documenti «ritrovati» è stato il sacerdote Gaetano Dolera. Il rettore della parrocchia di Santa Margherita non solo approvava i rendiconti della confraternita quando gli venivano sottoposti, ma era, in realtà, anche l'estensore della contabilità stessa, svolgendo, non sappiamo se in modo ufficiale o informale, un ruolo assimilabile a quello del cancelliere del sodalizio. Anche i fascicoli dei verbali delle elezioni sono stati – la calligrafia corrisponde – aggiornati in prima persona da don Dolera fino agli anni Quaranta del Settecento. Dai documenti emerge l'ombra di un personaggio attivo ed energico, abile ad inserirsi nella società locale e a dialogare con tutte le sue articolazioni. Gli perdoneremo, quindi, le carte e i conti non sempre ordinatissimi. Probabilmente non è un caso che alcuni segnali di difficoltà della confraternita, come le elezioni «difficili» del 1747-50, siano emersi dopo la scomparsa o il trasferimento del rettore, a conclusione di un mandato a Lusignano di quasi un ventennio. Se la consuetudine dei parroci di fungere, in modo ufficiale o meno, da cancellieri fosse proseguita, è lecito porsi il dubbio se l'archivio della confraternita venisse conservato in parrocchia piuttosto che nell'oratorio. Lo stato delle carte lascia intuire un lungo periodo di conservazione in condizioni non ottimali. La sua parziale conservazione ha reso, comunque, possibile la riscoperta di una minima ma interessante fonte storica per il movimento confraternale ingauno durante l'età moderna. Per chi volesse dedicarsi al suo studio, non trovo raccomandazione migliore che quella di Edoardo Grendi, che consigliava di «proiettare la confraternita nel contesto locale», partendo «dalla completezza possibile degli archivi locali»[51].

Tratto da “Sacro e vago Giardinello – Quaderno annuale del Centro studi di storia della chiesa nella Diocesi di Albenga – Imperia «Gio. Ambrogio Paneri»”, numero 4 – 2018.

Archivio storico

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L'Archivio Diocesano della Diocesi di Albenga-Imperia conserva un piccolo fondo archivistico inedito, recentemente acquisito, inerente la confraternita di San Bartolomeo in Lusignano, frazione del Comune di Albenga. Provo, in via del tutto preliminare, a segnalarne alcuni motivi di interesse.

Il fondo è composto da ventisei carte, conservate sciolte in una busta. Per scrivere questo contributo ho ipotizzato, senza incontrare particolari problemi interpretativi, l'ordinamento originale del fondo.

Il fondo è così articolato:

a) due fascicoli, composti da cinque carte ciascuno (38 x 27,5 cm), piegate a formare venti pagine; facevano parte di un registro smembrato (presentano la medesima filigrana nella stessa posizione) e contengono annotazioni datate dal 1731 al 1880;

b) sette carte sciolte, di dimensioni diverse, piegate a formare ventisei pagine, che provengono anch'esse dal registro smembrato di cui al punto a). Il registro è stato squinternato prima del suo utilizzo: alcuni dei fogli così ottenuti conservano la numerazione di pagina originale del registro rilegato, ma sono stati compilati (tra il 1728 e il 1888) con orientamento capovolto, cosicché il numero di pagina, dove ancora leggibile, compare all'angolo esterno basso del verso delle pagine. Tali numeri di pagina non sono consecutivi: se ne deduce che si deve scartare l'ipotesi che il registro fosse stato utilizzato orientato al contrario e squinternato solo in seguito;

c) una carta sciolta 42,5 x 31 cm, con bella filigrana «Picardo» con leone rampante, che reca copia di un contratto di livello inerente una casa di proprietà della confraternita, datato 1786;

d) una carta sciolta senza filigrane, che misura 30 x 21 cm, piegata in quattro pagine, e che è stata ottenuta smembrando un quaderno rilegato in sedicesimo. Contiene annotazioni datate tra il 1845 e il 1880;

e) quattro carte sciolte tagliate da un registro rilegato in ottavo, tre delle quali presentano la numerazione originale: sono contrassegnate con i numeri di pagina 1, 69, 89; la carta non numerata dovrebbe essere, seguendo l'ordine cronologico, una di quelle immediatamente successive alla pagina 69 (forse la 71?). Contengono annotazioni datate dal 1879 al 1895;

f) una carta sciolta 16 x10,5 cm circa: si tratta di una ricevuta di pagamento datata 1787;

g) due piccole carte sciolte che misurano 7,5 x 20 cm e 6 x19,5 cm circa: sembrano due segnalibri ricavati tagliando fogli usati più grandi. Uno dei testi che erano stati vergati sul foglio tagliato è scritto in versi in rima, dei quali si leggono solo le parole conclusive: sembra essere la minuta di un componimento poetico o di un canto religioso. L'annotazione sull'altro foglietto cita le «Quaestiones disputatae» di San Tommaso d'Aquino, specificando che l'edizione è «riportata dal Panzer[1] (…) il quale la crede edizione del 1475»: potrebbe essere, quindi, realmente un segnalibro, inserito in una copia di tale opera dell'Aquinate.

Ho verificato presso l'Archivio Diocesano quale altra documentazione relativa alla confraternita di San Bartolomeo fosse conservata nel fondo relativo alla parrocchia di Lusignano. Ho individuato, al netto di eventuale documentazione inclusa nelle carte sciolte della parrocchia, tre registri: «Libro de' conti dei massari della Ven. Confraternita di San Bartolomeo apostolo. Anno 1749»[2] (1749 – 1855), «Libro dei conti dei Massari di S. Bartolomeo»[3] (dal 1857 – 1885, con ulteriori annotazioni per il 1900-1901) e «Registro della Confraternita di Lusignano col nostro titolare S. Bartolomeo»[4], un registro dei soci compilato nel 1871, interrotto e poi ripreso e aggiornato più volte fino al 1977.

Per quanto riguarda i contenuti, le carte si possono differenziare in due gruppi: verbali delle elezioni delle cariche sociali e documentazione contabile e amministrativa della confraternita. Senza volermi addentrare in una prematura e presuntuosa ipotesi di ricostruzione generale della storia del sodalizio[5], ho provato, con una buona dose di svagato empirismo, ad approfondire alcuni spunti che mi sembravano interessanti.

Dall'escussione dei documenti, e in particolare dei due fascicoli descritti sopra al punto a), ho ricavato una tabella quasi completa dei detentori delle cariche sociali della confraternita di San Bartolomeo in Lusignano dal 1729 al 1895. Non è possibile pubblicarla in questa sede per motivi di spazio (conta, complessivamente, di più di settecento nominativi), ma si può usare come punto di partenza per alcune riflessioni sul percorso istituzionale della confraternita.

Elenco delle cariche sociali

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DATA ELEZIONE PRIORE SOTTOPRIORE MASSARO 1 MASSARO 2 Nota 1 Nota 1
06/12/1729 Pietro Bruno fu Bartolomeo Alessandro Rolando Giacomo Rolando fu Gio. Batta Bartolomeo Bruno fu Antonio
12/11/1729 Francesco Rolando fu Antonio Bernardo Bruno fu Andrea
06/11/1730 Bartolomeo Bruno fu Gio. Antonio Agostino Rolando fu Antonio Gio. Antonio Bruno Giacomo Rolando fu Gio. Batta
12/17/1730 Marcantonio Bruno Bernardo Rolando fu Antonio
06/10/1731 Giacomo Rolando fu Gio. Batta Bartolomeo Riva fu Carlo Giacomo Rolando fu Gio. Stefano Francesco Nasino fu Paolo
12/09/1731 Bartolomeo Riva fu Francesco Gio. Bartolomeo Rolando fu Francesco
06/08/1732 Gio. Antonio Bruno fu Andrea Francesco Nasino fu Paolo Gio. Andrea Bruno fu Domenico Antonio Rolando di Carlo
? dicembre 1732 Bernardo Rolando fu Bartolomeo Giacomo Rolando fu Gio. Stefano
06/14/1733 Alessandro Rolando Agostino Rolando Antonio Rolando di Carlo Stefano Bruno
12/13/1733 Francesco Rolando fu Antonio Bernardo Bruno
06/13/1734 Antonio Rolando di Paolo Gio. Arnaldo Bartolomeo Riva fu Carlo Marcantonio Bruno
12/12/1734 Bartolomeo Riva fu Pietro Francesco Stefano Bruno
06/12/1735 Gio. Bartolomeo Rolando fu Francesco Bartolomeo Riva fu Carlo Agostino Rolando Francesco Nasino fu Paolo
12/11/1735 Marcantonio Bruno Bernardo Rolando fu Antonio
06/10/1736 Francesco Nasino fu Paolo Damiano Rolando fu Stefano Bernardo Rolando fu Bartolomeo Giacomo Rolando fu Gio. Stefano
12/09/1736 Giacomo Rolando fu Gio. Batta Giacomo Rolando fu Alessandro
06/09/1737 Bernardo ? Francesco Rolando fu Antonio Antonio Tomati di Pietro Gio. Bernardino Riva di Bartolomeo
12/08/1737 Bartolomeo Riva fu Francesco Agostino Rolando
06/08/1738 Antonio Tomati di Pietro Gio. Stefano Bruno Bernardo Rolando fu Bartolomeo Pietro Rolando di Francesco
12/14/1738 Bartolomeo Ricci Gio. Bartolomeo Rolando fu Francesco
06/14/1739 Antonio Rolando di Carlo Bernardo Rolando fu Bartolomeo Bernardo Rolando fu Antonio Andrea Rolando di Giacomo
12/13/1739 Giacomo Rolando fu Alessandro Francesco Nasino
06/12/1740 Andrea Rolando di Giacomo Bernardo Riva di Bartolomeo Marcantonio Bruno Pietro Giovanni Tomati
12/11/1740 Pietro Rolando di Francesco Bernardo Rolando fu Antonio
06/11/1741 Pietro Giovanni Tomati Giacomo Rolando fu Stefano Bernardo Bruno Agostino Rolando
12/25/1741 Gio. Bartolomeo Rolando fu Francesco Giacomo Rolando fu Gio. Battista
06/10/1742 Stefano Bruno fu Antonio Bartolomeo Riva fu Francesco Francesco Enrico fu Antonio Bernardo Rolando fu Bartolomeo
12/09/1742 Francesco Nasino fu Paolo Simone Stalla
06/08/1743 Bernardo Rolando fu Bartolomeo Francesco Maria Carpe fu Gio. Maria Agostino Rolando fu Antonio Damiano Rolando fu Gio. Stefano
12/08/1743 Bernardo Riva di Bartolomeo Giacomo Rolando fu Alessandro
06/14/1744 Agostino Rolando Francesco Rolando Antonio Rolando fu Carlo Andrea Rolando di Giacomo
12/13/1744 Giacomo Rolando fu Gio. Stefano Bartolomeo Riva fu Carlo
06/13/1745 Antonio Rolando di Carlo Antonio Tomati Giacomo Rolando fu Gio. Alessandro Giovanni Arnaldo
12/12/1745 Andrea Rolando di Giacomo Pietro Rolando di Francesco
06/12/1746 Antonio Rolando fu Agostino Bernardo Rolando fu Antonio Stefano Bruno Damiano Rolando fu Gio. Stefano
11/11/1746 Francesco Nasino fu Paolo Francesco Maria Carpe fu Gio. Maria
06/11/1747 Bernardo Riva Francesco Rolando di Bernardo Giacomo Rolando fu Alessandro Stefano Bruno
12/10/1747 Bernardo Rolando fu Bartolomeo Andrea Arnaldo x
06/09/1748 Stefano Bruno fu Antonio Francesco Rolando fu Antonio Agostino Guiddo fu Pietro Francesco Rolando di Giacomo x
12/08/1748 Giacomo Rolando fu Alessandro Giacomo Rolando fu Stefano Francesco Rolando di Giacomo Agostino Guido fu Pietro x
06/08/1749 Antonio Tomati fu Pietro Gio. Pietro Domenico Rolando di Francesco Gio. Bartolomeo Rolando fu Francesco Antonio Rolando di Carlo x
12/14/1749 Andrea Rolando di Giacomo Bernardo Rolando fu Antonio
06/14/1750 Francesco Maria Carpe Francesco Nasino fu Paolo Antonio Rolando fu Agostino Francesco Rolando di Giacomo x
12/13/1750 Antonio Rolando di Carlo Bernardino Riva fu Bartolomeo
06/13/1751 Francesco Enrico fu Antonio Francesco Rolando di Bernardo Francesco Rolando fu Antonio Giovanni Maria Enrico di Francesco
12/12/1751 Antonio Rolando fu Agostino Damiano Rolando fu Gio. Stefano
06/11/1752 Pietro Domenico Rolando di Francesco Giacomo Rolando fu Alessandro Bartolomeo Riva fu Carlo Bernardo Rolando fu Bartolomeo
12/10/1752 Andrea Arnaldo fu Giannettino Stefano Bruno fu Gio. Antonio
06/10/1753 Simone Stalla Francesco Nasino fu Pietro Gio. Batta Tomati Gio. Maria Enrico di Francesco
12/09/1753 Bernardo Rolando fu Bartolomeo Antonio Rolando di Francesco
06/09/1754 Bernardo Riva fu Bartolomeo Gio. Maria Enrico di Francesco Francesco Rolando fu Antonio Antonio Rolando di Lorenzo
12/08/1754 Gio. Bartolomeo Rolando fu Francesco Agostino Riccio fu Gio. Giacomo
06/08/1755 Francesco Rolando fu Bernardo Antonio Rolando fu Agostino Francesco Maria Carpe Paolo Nasino fu Francesco
12/14/1755 Pietro Rolando di Francesco Andrea Rolando fu Giacomo
06/13/1756 Antonio Tomati fu Pietro Gio. Giacomo Rolando fu Alessandro Antonio Rolando di Lorenzo Francesco Bruno fu Vincenzo
12/12/1756 Francesco Rolando fu Antonio Stefano Bruno fu Antonio
06/12/1757 Francesco Maria Carpe fu Gio. Maria Paolo Nasino fu Francesco Antonio Rolando di Giacomo Pier Gio. Rolando fu Bernardo
12/11/1757 Bernardo Rolando fu Bartolomeo Antonio Rolando di Francesco
06/11/1758 Agostino Ricci fu Gio. Giacomo Francesco Bruno fu Vincenzo Bernardino Riva fu Bartolomeo Antonio Rolando di Lorenzo
12/10/1758 Antonio Rolando fu Agostino Pier Gio. Rolando fu Bernardo
06/10/1759 Bernardo Riccio (?) fu Bartolomeo Antonio Rolando fu Carlo Antonio Rolando di Giacomo Gio. Batta Tomati fu Andrea
12/09/1759 Andrea Rolando di Giacomo Giacomo Rolando fu Alessandro
06/08/1760 Gio. Batta Tomati fu Andrea Gio. Maria ? Di Francesco Pier Domenico Rolando di Francesco Giacomo Rolando fu Alessandro
06/22/1760 Francesco Rolando fu Antonio Gio. Maria ? Di Francesco Pier Domenico Rolando di Francesco Giacomo Rolando fu Alessandro
12/14/1760 Lorenzo Bruno di Vincenzo Stefano Bruno fu Antonio
06/14/1761 Antonio Rolando di Giacomo Bernardo Rolando fu Bartolomeo Paolo Nasino fu Francesco Francesco Bruno fu Vincenzo
12/03/1761 Andrea Bruno fu Domenico Francesco Nasino fu Pietro
06/17/1762 Paolo Nasino fu Francesco Antonio Rolando fu Agostino Pietro Domenico Rolando di Francesco Francesco Bruno fu Vincenzo
12/12/1762 Antonio Rolando Pietro Gio. Rolando fu Bernardo
06/12/1763 Francesco Bruno fu Vincenzo Andrea Rolando fu Giacomo Giacomo Rolando fu Alessandro Pietro Nasino fu Francesco
12/12/1763 Francesco Rolando fu Antonio Giacomo Rolando fu Gio. Battista
06/10/1764 Giacomo Rolando fu Alessandro Antonio Rolando di Francesco Lorenzo Bruno fu Vincenzo Gerolamo Rolando fu Giacomo
12/09/1764 Bernardo Rolando fu Bartolomeo Francesco Rolando di Giacomo
06/09/1765 Antonio Rolando di Giacomo Pietro Francesco Nasino Antonio Rolando fu Agostino Antonio Rolando di Francesco
12/08/1765 Paolo Nasino fu Francesco Giacomo Rolando di Antonio
06/08/1766 Giovanni Rolando fu Bernardo Sebastiano Rolando fu Bartolomeo Francesco Riva fu Bernardo Antonio Rolando di Bernardo
12/14/1766 Lorenzo Bruno fu Vincenzo Gerolamo Rolando fu Pietro Giacomo
06/08/1767 Antonio Rolando di Bernardo Francesco Riva fu Bernardo Paolo Nasino fu Francesco Francesco Rolando fu Antonio
12/08/1767 Andrea Bruno fu Domenico Francesco Bruno fu Vincenzo
06/08/1768 Antonio Rolando di Francesco Bernardo Rolando fu Bartolomeo
12/08/1768 Andrea Rolando fu Giacomo Andrea (?) fu Giovanni
06/17/1769 Gio. Stefano Rolando fu Damiano Francesco Rolando fu Antonio
12/10/1769 Antonio Rolando fu Agostino Pietro Nasino fu Francesco
12/10/1770 Giacomo Rolando fu Gio. Batta Paolo Nasino fu Francesco
12/17/1770 Pietro Gio. Rolando fu Bernardo Antonio Rolando fu Lorenzo
06/10/1771 Giacomo Rolando di Andrea Francesco Rolando fu Lorenzo
12/08/1771 Francesco Riva Agostino Rolando di Antonio
06/12/1772 Stefano Rolando fu Alessandro Lorenzo Bruno fu Vincenzo Stefano Rolando fu Damiano Antonio Bruno
12/08/1772 Andrea Bruno Giacomo Rolando fu Antonio
06/12/1773 Stefano Rolando fu Damiano Giovanni Battista Bruno
12/09/1773 Antonio Rolando fu Agostino Antonio Bruno fu Stefano
06/15/1774 Paolo Nasino fu Francesco Giacomo Rolando fu Gio. Battista
(?)/12/1774 Antonio Rolando di Francesco Francesco Bruno fu Vincenzo
06/24/1775 Andrea Rolando fu Giacomo Agostino Rolando Antonio Rolando di Bernardo Giovanni Rolando fu Bernardo
12/12/1775 Francesco Riva Lorenzo Bruno fu Vincenzo
06/10/1776 Giacomo Rolando fu Antonio Sebastiano Rolando fu Bartolomeo Giacomo Rolando fu Gio. Batta Agostino Rolando di Antonio
12/06/1776 Antonio Rolando di Bernardo Antonio Rolando fu Giacomo
06/12/1777 Agostino Ricci fu Giacomo Pietro Gio. Rolando fu Bernardo Pietro Nasino fu Francesco Francesco Andrea Bruno fu Domenico
12/07/1777 Gio. Bartolomeo Rolando fu Giacomo Stefano Rolando fu Alessandro
06/10/1778 Gio. Maria Enrico fu Francesco Francesco Rolando fu Gio. Bartolomeo Agostino Ricci Antonio Rolando fu Giacomo
12/12/1778 Giacomo Rolando fu Gio. Batta Pietro Nasino fu Francesco
06/13/1779 Antonio Rolando fu Francesco Agostino Rolando di Antonio Francesco Bruno fu Vincenzo Bartolomeo Rolando fu Giacomo
12/12/1779 Andrea Bruno fu Bartolomeo Gio. Battista Bruno fu Vincenzo
06/10/1780 Giacomo Rolando di Andrea Paolo Nasino fu Francesco Francesco Riva fu Bernardino Antonio Nasino fu Francesco
12/10/1780 Vincenzo Enrico di Francesco Santino Rolando di Antonio
06/10/1781 Giacomo Carpe di Andrea Andrea Bruno fu Domenico Pietro Nasino fu Francesco Gio. Bartolomeo Rolando fu Giacomo
12/12/1781 Gio. Batta Enrico fu Gio. Maria Stefano Rolando fu Domenico
06/09/1782 Antonio Rolando fu Bernardo Pietro Nasino fu Francesco Paolo Nasino fu Francesco Francesco Riva fu Bernardino
12/01/1782 Agostino Rolando di Antonio Bartolomeo Tomati fu Antonio oratorio nuovo
06/01/1783 Francesco Maria Carpe Antonio Bruno fu Stefano Giacomo Rolando di Andrea Antonio Rolando di Bernardo
12/14/1783 Gio. Batta Bruno fu Vincenzo Gio. Batta Bruno fu Stefano
06/06/1784 Agostino (?) fu Giacomo Giacomo Rolando fu Gio. Batta Antonio Rolando fu Agostino Francesco Riva fu Bernardino
12/05/1784 Andrea Bruno fu Domenico Francesco Rolando fu Gio. Bartolomeo Francesco Nasino Vincenzo Enrico
? giugno 1785 Antonio Tomati fu Benedetto Antonio Rolando fu Francesco Stefano (?) fu Damiano Agostino Ricci fu Gian Giacomo
? dicembre 1785 Antonio Rolando fu Agostino Giacomo Rolando fu Antonio Francesco Riva fu Bernardino Andrea Tomati fu Gio. Batta
? giugno 1786 Stefano Rolando fu Alessandro Lorenzo Bruno fu Vincenzo Andrea Bruno fu Domenico Bartolomeo Tomati fu Antonio Antonio Bruno fu Stefano Vincenzo Enrico fu Francesco
? dicembre 1786 Francesco Enrico fu Giovanni Giovanni Stefano Rolando fu Damiano Francesco Rolando di Giacomo Francesco Rolando fu Bartolomeo
? giugno 1787 Pietro Nasino fu Francesco Paolo Nasino fu Francesco Giacomo Rolando fu Andrea Giacomo Rolando fu Antonio Francesco Riva fu Bernardino Andrea Bruno fu Domenico
12/10/1787 Francesco Stalla fu Simone Bartolomeo Tomati fu Antonio
06/14/1788 Gio. Batta Bruno fu Stefano Andrea Tomati Giacomo Rolando di Andrea Giacomo Rolando fu Antonio
12/14/1788 Giacomo Rolando fu Gio. Batta Gio. Batta Bruno fu Vincenzo
? giugno 1789 Francesco Riva fu Bernardino Francesco Nasino di Paolo Paolo Nasino Antonio Rolando fu Francesco
? dicembre 1789 Vincenzo Enrico fu Francesco Antonio Bruno fu Stefano
06/06/1790 Andrea Bruno fu Domenico Francesco Rolando di Giacomo Agostino Ricci Pietro Nasino
? dicembre 1790 Antonio Rolando fu Agostino Santino Rolando di Antonio
06/06/1791 Antonio Rolando fu Francesco Agostino Ricci fu Gio. Giacomo Andrea Tomati fu Gio. Batta Antonio Nasino fu Francesco
12/17/1791 Stefano Rolando fu Damiano Francesco Rolando fu Gio. Bartolomeo
06/10/1792 Domenico Panero fu Gio. Batta Andrea Tomati fu Gio. Batta Andrea Bruno fu Domenico Giacomo Carpe fu Andrea
12/09/1792 Bartolomeo Tomati fu Antonio Antonio Tomati di Benedetto
06/02/1793 Giacomo Rolando fu Gio. Batta Gio. Batta Bruno fu Stefano Pietro Nasino Giacomo Ricci
? dicembre 1793 Giacomo Carpe fu Andrea Francesco Nasino di Paolo
? giugno 1794 Agostino Rolando di Antonio Francesco Riva fu Bernardino Domenico Panero fu Gio. Batta Gio. Batta Bruno fu Stefano
12/08/1794 Giacomo Rolando fu Andrea Antonio Bruno fu Stefano
06/07/1795 Gio. Batta (?) fu Giovanni Maria Antonio Rolando fu Francesco
? dicembre 1795 Antonio Rolando fu Bernardo Pietro (?) di Giacomo Agostino Ricci Pasquale Rolando di Antonio
? giugno 1796 Gio. Batta Tomati di Benedetto Andrea Bruno fu Domenico Agostino Ricci Pasquale Rolando di Antonio
06/10/1797 Paolo Nasino fu Francesco Bartolomeo Tomati fu Antonio Andrea Bruno fu Domenico Agostino Rolando di Antonio
12/04/1797 Francesco Rolando di Giacomo Gio. Batta Rolando fu Giacomo
06/04/1798 Giacomo Rolando fu Gio. Batta Gio. Batta Bruno fu Vincenzo Giacomo Carpe Francesco Nasino di Paolo
12/09/1798 Francesco Stalla fu Simone Antonio Tomati fu Benedetto
1799 Bartolomeo Tomati di Andrea
1800 Francesco Stalla fu Simone Antonio Tomati fu Benedetto
1801 Giacomo Carpe fu Andrea Francesco Rolando di Giacomo Francesco Enrico fu Gio. Maria
1802 Pietro Nasino fu Francesco Bartolomeo Tomati fu Antonio Giacomo Tomati di Antonio Gio. Battista Tomati fu Benedetto
1803 Antonio Tomati fu Benedetto Giacomo Rolando fu Gio. Batta Francesco Nasino di Paolo Francesco Riva fu Enrico
1804 Giacomo Rolando fu Andrea Pasquale Rolando fu Antonio Gerolamo Rolando di Stefano Francesco Carpe di Giacomo
1805 Antonio Rolando fu Bernardo Giovanni Battista Enrico di Giovanni Francesco Bruno fu Andrea Alessandro Rolando fu Stefano
1806 Agostino Rolando di Antonio Pietro Rolando di Giacomo Francesco Bruno fu Andrea Alessandro Rolando fu Stefano
1807 Domenico Panero fu Gio. Batta Gio. Batta Bruno fu Vincenzo Pietro Nasino fu Francesco Francesco Rolando fu Stefano
1808 Giacomo Riccio fu Agostino Francesco Panero fu Vincenzo Francesco Nasino di Paolo Bernardo Rolando di Francesco
1809 Francesco Nasino di Paolo Francesco Enrico fu Vincenzo Agostino Rolando di Antonio Pietro Carpe di Giacomo
1810 Bartolomeo Tomati fu Antonio Agostino Rolando fu Antonio Gianbattista Enrico fu Giovanni Maria Gianbattista Tomati fu Benedetto
1811 Pasquale Rolando di Antonio Gianbattista Rolando di Francesco Gianbattista Enrico fu Giovanni Maria Gianbattista Tomati fu Benedetto
1812 Pasquale Rolando di Antonio Gianbattista Rolando di Francesco Gianbattista Enrico fu Giovanni Maria Gianbattista Tomati fu Benedetto
1813 Giacomo Rolando di Andrea Antonio Rolando fu Bernardo Bartolomeo Tomati fu Andrea Francesco Enrico fu Gio. Maria
1814 Gianbattista Enrico fu Giovanni Maria Pietro Nasino fu Francesco Bartolomeo Rolando fu Francesco Francesco Rolando fu Steffano
1815 Giacomo Ricci fu Agostino Francesco Enrico fu Vincenzo
1816 Francesco Nasino fu Paolo Francesco Enrico fu Giovanni Maria
1817 Domenico Panero fu Gio. Batta Pasquale Rolando fu Antonio Francesco Rolando fu Stefano Pietro Bruno fu Lorenzo
1818 Giacomo Rolando di Andrea Gio. Batta Tomati fu Benedetto Gerolamo Rolando di Stefano Bernardo Rolando di Antonio
1819 Antonio Rolando di Bernardo Stefano Rolando fu Damiano Giacomo Tomati fu Andrea Alessandro Rolando fu (?)
1820 Giacomo Ricci fu Agostino Francesco Enrico fu Giovanni Maria Giovanni Tomati di Bartolomeo Bernardo Rolando fu Francesco
1821 Bartolomeo Tomati di Andrea Agostino Rolando fu Antonio Pietro Carpe fu Giacomo Francesco Riva fu Enrico
1822 Gianbattista Tomati fu Benedetto Giacomo Rolando fu Andrea Pietro Tomati fu Bartolomeo Francesco Bruno fu Andrea
1823 Alessandro Rolando fu Stefano Gianbattista Rolando fu Giacomo Pietro Bruno fu Lorenzo Antonio Rolando fu Stefano
1824 Francesco Enrico fu Giovanni Maria Francesco Carpe fu Giacomo Giacomo Rolando fu Francesco Andrea Bruno fu Francesco
1825 Giacomo Ricci fu Agostino Bernardo Rolando fu Francesco Gerolamo Rolando di Stefano Francesco Rolando di Stefano
1826 Giovanni Rolando fu Stefano Giovanni Tomati di Bartolomeo Giacomo Tomati fu Benedetto Giovanni (?) di Francesco
1827 Francesco Bruno fu Andrea Pietro Bruno fu Andrea Giacomo Ricci fu Agostino Paolo Nasino fu Francesco
1828 Paolo Nasino fu Francesco Francesco Rolando fu Stefano Giovanni Rolando fu Stefano Donato Navone fu Francesco
1829 Gio. Batta Navone fu Francesco Pietro Tomati fu Bartolomeo Francesco Bruno fu Andrea Giovanni Tomati fu Antonio
1830 Bartolomeo Giacomo Ricci fu Agostino Giovanni Nasino fu Francesco Francesco Tomati di Giacomo Andrea Rolando di Paolo
1831 Andrea Bruno fu Lorenzo Giovanni Tomati di Bartolomeo Francesco Rolando fu Stefano Natale Bruno fu Bartolomeo
1832 Giovanni Rolando fu Stefano Andrea Rolando di Pietro Pietro Nasino fu Francesco Gianbattista Tomati di Giacomo
1833 Paolo Nasino fu Francesco Francesco Bruno fu Andrea Andrea Tomati fu Gio. Batta Luigi Enrico di Francesco
1834 Francesco Rolando fu Stefano Pietro Bruno fu Lorenzo Andrea Rolando fu Francesco Giovanni Tomati fu Antonio
1835 Bartolomeo Giovanni Tomati Pietro Enrico fu Gianbattista Pietro Rolando fu Pasquale Francesco Enrico
1836 Giacomo Ricci fu Agostino Donato Navone fu Francesco Gianbattista Bruno di Pietro Giacomo Rolando di Gianbattista
1837 Pietro Tomati fu Bartolomeo Andrea Rolando di Pietro Francesco Rolando di Alessandro Giovanni Nasino fu Francesco
1838 Paolo Nasino fu Francesco Andrea Carpe di Francesco Stefano Rolando di Francesco Francesco Nasino fu Bartolomeo
1839 Pietro Bruno fu Lorenzo Giovanni Maria Enrico di Francesco Amerigo Guido fu (?) Francesco Rolando di Bernardo
1840 Bartolomeo Nasino fu Francesco Francesco Ricci di Antonio Bernardo Enrico fu Vincenzo Luigi Enrico di Giovanni Maria
1841 Andrea Bruno fu Lorenzo Stefano Rolando fu Stefano Andrea Bruno fu Francesco Pietro Nasino fu Francesco
1842 Domenico De Andreis Giacomo Rolando di Pietro Maria Francesco Enrico fu (?) Francesco Nasino di Andrea
1843 Paolo Nasino fu Francesco Pietro Bruno di Lorenzo Francesco Rolando di Giacomo Stefano Rolando di Gerolamo
1844 Andrea Rolando fu Pietro Bartolomeo Nasino fu Francesco Agostino De Andreis di Domenico Andrea Ricci di Antonio
1845 Andrea Carpe di Francesco Francesco Ricci di Antonio Antonio Rolando fu Francesco Lorenzo Bruno di Pietro
1846 Domenico De Andreis Giacomo Rolando fu Pietro Maria Gio. Batta Tomati di Giacomo Francesco Nasino fu Bartolomeo
1847 Paolo Nasino Pietro Bruno Francesco Rolando di Bernardo Giovanni Rolando di Antonio
1848 Pietro Enrico fu Francesco Bartolomeo Nasino Agostino De Andreis di Domenico Gio. Batta Navone fu Donato
1849 Agostino De Andreis di Domenico Francesco Ricci di Antonio Alessandro Rolando di Francesco Gio. Batta Bruno di Pietro
1850 Luigi Enrico fu Francesco Bernardo Rolando fu Francesco Stefano Rolando fu Gerolamo Gio. Batta Rolando fu Alessandro
1851 Domenico De Andreis fu Francesco Francesco Nasino fu Bartolomeo Giovanni Nasino fu Francesco Francesco Navone fu Donato
1852 Bartolomeo Nasino fu Francesco Paolo Nasino fu Francesco Giovanni Bruno di Andrea Stefano Rolando di Francesco
1853 Gio. Batta Bruno di (?) Pietro Enrico fu Giovanni Battista (?) Isidoro fu Gio. Batta Vincenzo Enrico di Bernardo
1854 Francesco Ricci di Antonio Andrea Carpe di Francesco Francesco Bruno di Andrea Alessandro Rolando di Antonio
1855 Domenico De Andreis Bernardo Rolando fu Francesco Francesco Nasino di Andrea Francesco Enrico di Pietro
1856 Pietro Bruno fu Lorenzo Pietro Nasino fu Francesco Giovanni Bruno di Marco Antonio Tomati di (?)
1857 Andrea Carpe di Francesco Agostino De Andreis di Gio. (?) Giacomo Ricci di Francesco Domenico Enrico (?) Bernardo
1858 Francesco Ricci di Antonio Giovanni Tomati fu Antonio (?) Rolando fu Pietro Aronne Bruno di Andrea
1859 Bartolomeo Tomati di Giovanni Luigi Enrico fu Francesco Francesco (?) di Pietro Bartolomeo Enrico di Filippo
1860 Domenico (?) Bartolomeo Nasino Francesco (?) fu Bartolomeo Francesco Rolando di Stefano
1861 Giovanni Bruno fu Andrea Andrea Bruno di Francesco Francesco Enrico di Luigi Gianbattista Beffa fu Giuseppe
1862 Agostino De Andreis di Domenico Giacomo Rolando fu Andrea (?) Rolando fu Tomaso Gio. Batta Bruno fu Antonio
1863 Giacomo Ricci di Francesco Giovanni Tomati fu Antonio Bartolomeo Enrico di Filippo Bartolomeo Nasino di Francesco
1864 Domenico De Andreis fu Francesco Pietro Nasino fu Francesco Giacomo Tomati di Francesco Giacinto Bruno fu Andrea
1865 Francesco Ricci fu Antonio Luigi Enrico fu Francesco Aronne Bruno fu Andrea Giovanni Rolando fu Pietro
1866 Giacomo Rolando fu Andrea Gio. Batta Bruno fu Pietro Francesco Rolando di Stefano Bartolomeo Enrico di Pietro
1867 Bartolomeo Nasino fu Francesco Vittorio Ricci di Francesco Giovanni Maurizio di Francesco Pier Giovanni Enrico di Francesco
1868 Giovanni Bruno fu Andrea Giovanni Tomati fu Antonio Giovanni Tomati di Bartolomeo Bartolomeo Nasino di Francesco
1869 Agostino De Andreis di Domenico Francesco Ricci di Antonio Pasquale Bruno fu Andrea Francesco Enrico di Luigi
1870 Giacomo Rolando Luigi Enrico Giacinto Bruno Stefano Rolando di Giacomo
1871 Vittorio Ricci di Francesco Giovanni Bruno fu Andrea Niccolò Bruno di Andrea Paolo Enrico di Bartolomeo
1872 Giovanni Bruno fu Andrea Francesco Enrico di Luigi Francesco Rolando di Stefano Giovanni Rolando di Stefano
1873 Agostino De Andreis di Domenico Bartolomeo Nasino di Francesco Giacomo Tomati di Francesco Giuseppe Beffa fu Giovanni
1874 Giacomo Rolando fu Andrea Francesco Tomati di Giovanni Lorenzo Rolando di Stefano Andrea Carpe fu Francesco
1875 Vittorio Ricci di Francesco Bartolomeo Nasino di Francesco Aronne Bruno fu Andrea Pietro Bruno di Gio. Batta
1876 Gio. Batta Bruno fu Pietro Adamo Rolando fu Pietro Pasquale Bruno fu Andrea Giovanni Rolando fu Stefano
1877 Bartolomeo Tomati di Giovanni Agostino De Andreis fu Domenico Francesco Rolando di Francesco Amedeo Tomati di Gio. Batta
1878 Francesco Ricci fu Antonio Giacomo Rolando fu Andrea Giacomo Tomati fu Andrea Andrea Carpe fu Francesco
1879 Bartolomeo Nasino fu Francesco Bartolomeo Nasino di Francesco Pasquale Bruno fu Andrea Paolo Enrico di Bartolomeo
1880 Giovanni Bruno fu Andrea Francesco Enrico di Luigi Lorenzo Rolando di Stefano Pietro Bruno di Gio. Batta
1881 Adamo Rolando fu Pietro Francesco Navone fu Donato Aronne Bruno fu Andrea Giacomo Tomati di Gio. Batta
1882 Francesco Ricci fu Antonio Aronne Bruno fu Andrea Francesco De Andreis di Agostino Andrea Enrico di Paolo
1883 Agostino De Andreis Pietro Bruno di Gio. Batta Pasquale Bruno fu Andrea Stefano Rolando fu Giacomo
1884 Francesco Rolando di Stefano Giacomo Rolando fu Andrea Lorenzo Rolando di Stefano Andrea Carpe di Francesco
1885 Adamo Rolando fu Pietro Giovanni Rolando fu Stefano Gerolamo Rolando di Alessandro Giacomo Tomati fu Andrea
1886 Bartolomeo Nasino di Francesco Francesco De Andreis di Agostino Luigi (?) Andrea Carpe fu Francesco
1887 Vittorio Ricci di Francesco Aronne Bruno fu Andrea Pietro Rolando di Giacomo Francesco Navone di Carlo
1888 Pietro Bruno di Gio. Batta Giovanni Veglio fu Giuseppe Andrea Enrico di Paolo Andrea Bruno fu Gio. Batta
1889 Francesco Rolando di Stefano Giovanni Rolando fu Stefano Bartolomeo Riva di Francesco Bartolomeo Rolando di Alessandro
1890 Agostino De Andreis fu Domenico Giacomo Tomati fu Gianbattista ? Francesco Maurizio di Bartolomeo
1891 Bartolomeo Nasino Giovanni Bruno Bartolomeo Enrico di Paolo Giuseppe Veglio di Giovanni
1892 Vittorio Ricci di Francesco Giacomo Rolando fu Andrea Andrea Bruno di Aronne Andrea Bruno di Giacinto
1893 Giacomo Tomati fu Gio. Batta Stefano Veglio di Giuseppe Gerolamo Rolando di Alessandro Bartolomeo Riva di Francesco
1894 Bartolomeo Riva di Francesco Giovanni Rolando fu Stefano Gio. Batta Enrico fu Piergiovanni Andrea Carpe fu Francesco
1895 Pasquale Rolando fu Pietro Bartolomeo Enrico di Paolo Stefano Rolando fu Giacomo Francesco Risso di Samuele
Priore Vice-Priore Segretario/Tesoriere
2010/2011 Maurizio Pinuccio Enrico Flavio Meneghetti Andrea
2011/2012 Enrico Flavio Radiuk Raiko Meneghetti Andrea
2012/2013 Enrico Flavio Radiuk Raiko Meneghetti Andrea
2013/2014 Radiuk Raiko Enrico Antonio - Antonello Meneghetti Andrea
2014/2015 Radiuk Raiko Enrico Antonio - Antonello Meneghetti Andrea
2015/2016 Radiuk Raiko Enrico Antonio - Antonello Meneghetti Andrea
Priore Vice-Priore Segretario Tesoriere
2016/17 Radiuk Raiko Enrico Antonio - Antonello Radiuk Jgor Meneghetti Andrea
2017/18 Radiuk Raiko Enrico Antonio - Antonello Radiuk Jgor Meneghetti Andrea
2018/19 Radiuk Raiko Enrico Antonio - Antonello Radiuk Jgor Meneghetti Andrea
2019/20 Radiuk Raiko Enrico Antonio - Antonello Radiuk Jgor Meneghetti Andrea
  1. ^ ADA, Parrocchia di Lusignano, reg. n. 25, p. 26

[1] Il riferimento è a Georg Wolfgang Franz Panzer, (1729 - 1805), bibliografo tedesco autore degli Annales typographici (1793-1803).

[2] ADA, Parrocchia di Lusignano, reg. n. 25.

[3] ADA, Parrocchia di Lusignano, reg. n. 26.

[4] ADA, Parrocchia di Lusignano, reg. n. 33.

[5] Un quadro di sintesi sulle istituzioni religiose di Lusignano in A. Granero, Albenga Sacra, Elio Ferraris Editore, Savona 2001, pp. 116 – 117.

[7] ADA, Ivi, reg. n. 27, Chiesa parrocchiale di Lusignano, cc. 1 – 2.

[8] R. Savelli, Scrivere lo statuto, amministrare la giustizia, organizzare il territorio in Repertorio degli statuti della Liguria, Società Ligure di Storia Patria, Genova 2003, p. 188.

[9] Cfr. G. Felloni, Distribuzione territoriale della ricchezza e dei carichi fiscali nella repubblica di Genova (secoli XVI-XVIII), in A. Guarducci (a cura di ), Prodotto lordo e finanza pubblica: secoli XIII-XIX. Atti della ‘Ottava Settimana di Studi’, 3-9 maggio 1976, Istituto Datini, Firenze 1988, pp. 765-803.

[10] C. Costantini, La Repubblica di Genova, Utet, Torino 1986, p. 462.

[11] J. Costa Restagno, Albenga, Sagep, Genova 1985, pp. 78 – 79.

[12] Scuola elementare di Ortovero, Ortovero: tradizioni religiose della confraternita di S. Caterina V. e M…, in proprio, Ortovero, anno scolastico 1988/89, pp. 88 e 147.

[13] R. Savigni, Le confraternite lucchesi (secc. XIV-XVI) e l'evoluzione della religione civica: relazioni tra chierici e laici e ridefinizione dei confini, in Brotherhood and boundaries = Fraternità e barriere, Seminari e convegni, 26, Edizioni della Normale, Pisa 2011, pp. 423 – 446.

[14] A Lusignano, contemporaneamente, sembra esserci fermento anche in parrocchia, per la quale, nel 1776, viene acquistato a Genova un crocifisso di grande qualità artistica; viene da pensare che, dietro queste iniziative di valorizzazione degli edifici religiosi, ci sia una regia unitaria, magari quella di un parroco particolarmente attivo. F. Franchini Guelfi, Sculture maraglianesche nella Diocesi di Albenga – Imperia, in «Sacro e Vago Giardinello» n. II, Centro Studi di Storia della Chiesa “Gio Ambrogio Paneri”, Albenga 2016, pp. 6- 8.

[15] ADA, Parrocchia di Lusignano, reg. 25, Libro de' conti…, f. 1v.

[16] L'uso delle occasioni cerimoniali delle confraternite come teatro pubblico di pacificazioni familiari non era sfuggito a Edoardo Grendi: E. Grendi, Le confraternite liguri in età moderna, in F. Franchini Guelfi (a cura di), La Liguria delle casacce, vol. 1, Provincia di Genova / Comune di Genova / Cassa di Risparmio di Genova e Imperia, Genova 1982, p. 23.

[17] Ovviamente la Repubblica non poteva modificare in modo definitivo lo statuto della confraternita senza una deliberazione in tal senso da parte dei confratelli, e senza l'attivazione della procedura di approvazione.

[18] ADA, Parrocchia di Lusignano, reg. n. 27, Chiesa parrocchiale di Lusignano, cc. 1 – 2.

[19] R. Savelli, Repertorio… cit., p. 187.

[20] E. Grendi, Il Cervo e la repubblica, Einaudi, Torino 1993, p. 33.

[21] Cfr. E. Grendi, Le confraternite... cit., p. 23.

[22] I rapporti politici tra il Comune di Albenga e le sue ville dovevano essere regolati dagli statuti di Albenga del 1608, parzialmente riformati (almeno i criminali e i campestri) nel 1663 e approvati nel 1673. Le modalità concrete di applicazione delle norme, e il linguaggio politico e le pratiche cerimoniali collegate mi sembrano ancora argomenti in attesa di studio.

[23] Così in un documento del 1774 pubblicato in Scuola elementare di Ortovero, Ortovero: tradizioni... cit., p. 181.

[24] Cfr. E. Grendi, Le confraternite… cit. p. 27.

[25] L'autrice che ha approfondito maggiormente questo periodo è Anita Ginella. Cfr. A. Ginella, Le confraternite della Valbisagno tra Rivoluzione e Impero (1797-1811), in «Atti della Società Ligure di Storia Patria, nuova serie», XXIII/2, Genova 1983, pp. 195 – 320 e A. Ginella, Le confraternite del Cantone di Albenga tra rivoluzione democratica e Impero, in «Atti e Memorie della Società Savonese di Storia Patria, nuova serie», vol. XIX, Savona 1985, pp. 125-138.

[26] La «messa a norma» dei libri sociali dovrebbe essere avvenuta in occasione del censimento delle confraternite del 1803.

[27] Il decreto del prefetto Chabrol che impose l'attuazione della legge imperiale del 1809 venne emesso il 6 marzo del 1811: A. Ginella, Le confraternite del Cantone… cit., p. 128. Vedi anche L. Calzamiglia, Angelo Vincenzo Dania, Dominici Editore, Imperia 2000, pp. 41 – 42.

[28] Dai dati del censimento delle confraternite del 1799 risulta che l'Oratorio di San Bartolomeo, con entrate di 33 lire e 10 soldi, e passività per 148 lire e 10 soldi, era una delle confraternite più indebitate del Cantone di Albenga (posto che i dati comunicati fossero reali). Cfr. A. Ginella, Le confraternite del Cantone… cit., p. 137.

[29] M. Moscardini, Albenga da Napoleone all'Unità d'Italia: 1794-1861, Bacchetta Editore, Albenga 2011, p. 98.

[30] G. Barbaria, Storia di San Fedele in Albenga, in San Fedele: una Comunità, la sua Chiesa, il suo Oratorio, Liceo Statale “G. Bruno”, Albenga 2001, p. 101.

[31] ADA, Parrocchia di Lusignano, reg. 33, Registro della confraternita di Lusignano col nostro titolare San Bartolomeo.

[32] L'epidemia del 1855 aveva causato a Lusignano non meno di 29 morti su 338 abitanti. Cfr. M. Moscardini, Albenga da Napoleone... cit.

[33] Urne e bussolotti di questi tipi sono stati esposti, ad esempio, alla mostre sulle confraternite di Savona del 1984 e di Genova del 1982. Cfr. i relativi cataloghi: C. Chilosi e altri, Arte, storia e vita delle confraternite savonesi, Regione Liguria – Comune di Savona, Savona 1984, pp. 170- 171 e F. Franchini Guelfi (a cura di), La Liguria delle casacce, vol. 2, Provincia di Genova / Comune di Genova / Cassa di Risparmio di Genova e Imperia, Genova 1982, pp. 176 – 177.

[34] Ad esempio, per un quadro generale genovese e ligure F. Franchini Guelfi, Le casacce, Carige, Genova 1973, pp. 161 – 181; per la diocesi di Albenga – Imperia A. Arecco, Storia della Diocesi di Albenga – Imperia e dei sui vescovi / Da metà Seicento a oggi, Diocesi di Albenga-Imperia, Albenga 2018, pp. 267 – 274.

[35] Per avere un punto di vista di un giurista dell'epoca sulla legislazione postunitaria in materia di confraternite, e soprattutto sulle difficoltà tecniche della loro applicazione e sulla complicata evoluzione della giurisprudenza segnalo un testo facilmente reperibile digitalizzato in rete: C. Schanzer, La trasformazione delle confraternite nel diritto pubblico italiano, F.lli Capaccini Editori, Roma 1899.

[36] ADA, Parrocchia di Lusignano, reg. 26, Libro dei conti… cit.

[37] Per i suoi canoni Bruno paga, ad esempio, 5 lire nel 1734 e 6 lire nel 1736. Supporrei che si trattasse di un contratto di livello.

[38] Per una veduta d'insieme sul fenomeno delle confrarie nella Diocesi di Albenga-Imperia A. Arecco, Storia della Diocesi di Albenga-Imperia e dei suoi vescovi – Da metà Seicento a oggi, Diocesi di Albenga-Imperia, Albenga 2017, pp. 138 – 140.

[39] Al momento non saprei dire se si parla di Verzi l'attuale frazione di Loano o di un altro toponimo, e tanto meno che caratteristiche avesse questa terra: l'unica certezza è che si tratta di un materiale edile, perché la registrazione è inserita nelle spese di cantiere.

[40] Sull'uso delle terre argillose come leganti e/o impermeabilizzanti segnalazioni in G. Spalla, L'architettura popolare in Italia – Liguria, Roma – Bari, Laterza, 1984, ad es. pp. 40 e 156.

[41] Per manifesta incompetenza rinuncio a ogni analisi di ambito artistico dell'opera; nella scheda CEI dell'Inventario dei beni culturali mobili della Diocesi di Albenga - Imperia (n. 3062 di 07 - 214) la statua (altezza 160 cm; larghezza 57,5 cm; profondità 53 cm) è attribuita genericamente a bottega ligure del XVIII secolo.

[42] ADA, Parrocchia di Lusignano, reg. 25, p. 47.

[43] Ivi, p. 11r.

[44] Ivi, ad esempio p. 47 e seguenti.

[45] Elenco alcune segnalazioni già edite per luoghi liguri: E. Ferrua Magliani, I fradélli, Casabianca, Sanremo 1986, pp. 119 e 164 per Valloria e altri luoghi dell'imperiese; A. Arecco, Storia della Diocesi di Albenga -Imperia e dei suoi vescovi : Dal XV secolo all'attuazione del Concilio Tridentino, Diocesi di Albenga-Imperia, Albenga 2007, p. 297 per la colazione della fugaccia ad Ortovero; P. L. Gardella e E. Meoli, Confraternite nel Genovesato, De Ferrari, Genova 2010, pp. 33 e 173 per Casella e Voltaggio, F. Franchini Guelfi (a cura di), La Liguria delle casacce, vol. 2 cit., pp. 178 – 180 per S. Ilario, Molassana, Voltaggio, Mele, Multedo, Borzoli; in quest'ultimo caso si tratta di schede di stampi di cottura dei pani, esposti alla mostra di Genova del 1982.

[46] I baxìn, probabilmente, rappresentano una variante locale dei dolci quaresimali: sull'introduzione dei fenungetti genovesi a Porto Maurizio almeno dalla fine del XVII secolo, e sul loro legame con la confraternita di San Pietro vedi G. De Moro, Porto Maurizio nel Settecento, Circolo Parasio, Imperia 1978, pp. 543-544. Il biscotto (chiamato «pane di San Rocco»), i baxìn e la focaccia venivano insaporiti coi diacheni di finocchio selvatico anche a Borgomaro. Nella produzione commerciale odierna il finocchietto generalmente viene sostituito dall'anice verde.

[47] G. De Moro, Porto Maurizio... cit., p. 542.

[48] http://www.confraternitasstrinitataggia.it/i_biscotti_7.html

[49] B. Boeri, I biscotti della Settimana Santa a Taggia, in «Archivio per le tradizioni popolari della Liguria», Anni XIII – XIV, 1984-5, Archivio per le tradizioni popolari della Liguria, Genova 1985, p. 68.

[50] Il cavallotto era una moneta d'argento coniata fino al XVII secolo. A Valloria nel 1794 il nome della moneta, non più in circolazione, veniva storpiato in cavoloto, ma il meccanismo della raccolta delle elemosine durante la distribuzione del Giovedì Santo era lo stesso di Lusignano. E. Ferrua Magliani, I fradélli cit., pp. 119 e 164.

[51] E. Grendi, Le confraternite liguri… cit., p. 38.