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Il Bunraku (文楽) o Ningyō jōruri (人形浄瑠璃) è un tipo di teatro giapponese che è caratterizzato dall'uso di marionette di dimensioni umane, mosse da un burattinaio all'inizio e da tre burattinai poi. Assieme al Kabuki, al Teatro no e al Kyōgen, è una delle maggiori espressioni artistiche del Giappone nell'ambito delle arti performative. Il Bunraku è riconosciuto come bene intangibile del Paese e designato anche dall'Unesco come Patrimonio Immateriale dell'umanità.

Sviluppo del Bunraku

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L'uso del burattino in Giappone è molto antico.[1] Già dal X secolo si hanno testimonianze di individui di una comunità nomade che era dedita alla manipolazione di pupazzi chiamati kugutsu (傀儡回)[1]. Dal periodo Heian in poi, la manipolazione dei burattini acquista un valore ludico e intrattenitivo[1]. Dalla fine del periodo Heian, appaiono monaci ciechi che, suonando uno strumento a corda chiamato biwa, cantano le gesta epiche della battaglia tra i clan Heike e Minamoto, le morti di eroi valorosi e i tumultuosi anni che segnano la fine di un'epoca. [1] Nel XVI secolo, dalle isole Ryūkyū viene introdotto un nuovo strumento, lo shamisen: usando lo stesso plettro grosso del biwa, lo shamisen introduce sonorità nuove ai racconti dei monaci. [1] Da qui in poi, il recitatore e il suonatore saranno due persone distinte, dando così spazio a nuove tecniche e riservando alla musica non più solo il ruolo di accompagnamento ma bensì di scandimento della narrazione, punteggiandola, sostenendola e ritmandola. [1] Più tardi, alla melodia e alla musica, vengono abbinati anche i gesti dei burattini, portando così alla nascita del Ningyō Jōruri: alle origini fu un teatro di figura nei luoghi di ritrovo come le vicinanze dei santuari Shintō o dei templi buddhisti durante festività per poi essere riconosciuto definitivamente in periodo Tokugawa e trovare la sua rappresentazione nelle platee di Edo, Ōsaka e Kyōto.[2]

Secondo la tradizione, lungo le sponde del fiume Kamo a Kyōto sarebbero nati sia il Kabuki che il Ningyō Jōruri: in quest luogo, infatti, artisti girovaghi e di strada tollerati dalle autorità si raccoglievano e si esibivano al pubblico.[2] In particolare, per quanto riguarda il teatro dei burattini, la figura del precursore è associata a un narratore di nome Menukiya Chōzaburō 目貫屋長三郎 che avrebbe recitato un brano chiamato Jūnidanzōshi accompagnandosi con il suono dello shamisen e manipolando un ebisukaki di Nishinomiya. Il nome Jōruri deriva da questo racconto, in cui la recitazione si concentra sull'amore tra il protagonista epico per eccellenza Minamoto no Yoshitsune e la principessa Jōruri che richiamerà in vita l'amato grazie all'aiuto del Buddha salvifico Yakushi.[2]

Jōruri Antichi

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Il passaggio decisivo per il teatro dei burattini è rappresentato dall'apparizione della letteratura scritta: grazie all'introduzione della stampa, i testi letterari prima tramandati mnemonicamente, ora sono messi per iscritto e destinati sia alla recitazione che alla lettura.[3] In questa fase, i temi maggiormente rappresentati sono incentrati sulle passioni, sulle peregrinazioni, salvezza, vendette e ricompense della tradizione degli honjimono.[3] Nell'arte, sono presenti raffigurazioni dell'area di Shijō Kawara in cui si affollavano i teatri, dove si nota l'apparizione di primi palcoscenici con una cortina frontale, rappresentata da un semplice telo tra palco e spettatori, oppure una specie di paratia o scatola che si sporgeva verso il pubblico dietro la quale i burattinai muovevano i pupazzi tramite i loro lembi del kimono incalzati dal racconto del narratore posto dietro.[3]

Kinpira Jōruri

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Tra il 1650 e il 1670 appare nelle opere Sakata no Kinpira 坂田金平 che fu il protagonista principale della produzione di opere di questo periodo, accompagnato dai nipoti o figli degli Shitennō 四天王, quattro cavalieri che furono guidati da Minamoto no Raikō 源頼光.[3] Combattendo contro i nemici dell'impero, contro animali fantastici, demoni e eserciti, in breve tempo conquisteranno la scena del teatro dei burattini. [3] La personalità irruenta di Kinpira si scontra spesso ma si equilibra con Watanabe no Taketsuna, ideatore dei piani e stratega in battaglia: le loro discussioni vengono spesso placate dall'apprezzamento dell'astuzia del compagno o dall'intervento del signore. I testi sono scritti da Oka Seibee, primo scrittore ufficiale; la narrazione è condotta da Izumidayū. [4]

Da questo periodo in poi, cambia la scrittura dei testi: si passa, infatti, da un copia e incolla di storie preesistenti alla elaborazione di personaggi con proprie qualità e ambientazioni. Il filone tematico riprende sempre i kojōruri ma nascono nuovi eroi secondo i gusti del periodo Edo: i palcoscenici abbondano di lotte, figure di guerrieri e di giovani coraggiosi. L'intreccio stesso della storia cambia allontanandosi dai classici monogatari: i quattro cavalieri e il loro condottiero Minamoto, all'inizio conoscono la sconfitta, l'esilio e la caduta sotto i colpi dei nemici ma poi, grazie alle loro gesta sovrumane, l'ordine dell'Impero viene ristabilito.[3]

Per quanto riguarda la struttura del palcoscenico, non ci sono grandi variazioni: il narratore è posto al centro in una posizione più elevata rispetto ai burattini di modo da controllarne i movimenti, i pupi sono mossi a due mani con bastoni lunghi o corti per reggerne il dorso permettendo così anche l'uso di armi come lance e spade nelle scene di combattimenti. [4]

Kaganojō e Tosanojō a Kyōto

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A Kyōto, appaiono due figure di narratori che tra il 1670 e il 1680 diverranno piuttosto conosciuti: Uji Kaganojō 宇治加賀情, interprete di drammi influenzati dal teatro Nō, e Yamamoto Kakudayū 山本角太夫 (o Tosanojō 土佐掾).[5] Kaganojō scelse opere ispirate al teatro classico, mescolandole con tratti più recenti tratti dalla cronaca: la sua recitazione è molto diversa da quella incalzante e dura delle opere guerresche, preferendo invece un tratto più dolce e delicato ispirato alla classicità.[6] Grazie alla presenza di canto melodico e scene liriche, all'inizio della vicenda, nel suo momento cruciale o nel finale augurale compaiono scene danzate con canzoni popolari e heikyoku (canti dell'epoca Heike).[6] Kaganojō, inoltre, fu uno dei precursori nella scelta di collocare diverse scene nei quartieri di piacere e nell'apparizione di personaggi di cortigiane (Keisei).[6] Tosanojō nel suo teatro Dewaza inaugura uno stile ricco di pathos, con toni piangenti, di dolore: nelle sue opere appaiono figure religiose come bodhisattva e divinità che compiono miracoli sostituendosi a vittime di uccisioni e di torture o protagonisti che ascendono al Nirvana dopo aver raggiunto la buddhità.[7] I burattini sono chiamati karakuri perchè meccanici, a fili o a movimento d'acqua, divenendo l'attrazione del teatro. [7]

Chikamatsu Monzaemon

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Nel periodo del 1700 appare la figura di Chikamatsu Monzaemon, il quale costituisce una delle figure di maggiore importanza nella storia delle opere del Bunraku. Infatti, il lessico e la tecnica della tradizione devono essere usati nel Bunraku come veicoli dei sentimenti: con Chikamatsu, quindi, l'arte del jōruri si avvicina al reale con elementi di finzione per suscitare piacere. [8] La sua scrittura si scosta dalla metrica tradizionale poetica di 5-7 sillabe per concentrarsi invece sulla musica e sul ritmo della recitazione. [8] I generi prediletti da Chikamatsu erano i Jidaimono, ovvero i drammi di ambientazione storica, e gli Sewamono, ovvero i drammi di attualità.[9] Nei cinque atti che caratterizzano i Jidaimono, personaggi ed eventi passati nel mondo letterario e teatrale vengono rivisitati e uniti a folklore, burattini, effetti scenografici, il tutto enfatizzato dall'importanza data ai sentimenti umani, all'ideale dell'armonia tra passioni (Ninjyō) e doveri (Giri).[9] Nell'intreccio dell'opera, vengono inseriti avvenimenti inventati o tratti dalle fonti, personaggi della tradizione e del teatro Nō e l'abilità dello scrittore sta appunto nel riuscire a variare il racconto con originalità e creatività. I protagonisti sono spesso personalità storiche, alle quali si affiancano personaggi con ruoli di secondo ordine e spesso fittizi.[10] I Sewamono, invece, sono un genere creato a Chikamatsu: sono drammi di attualità che traggono materiale dalle vicende di cronaca, allargando così gli orizzonti del jōruri. Nei tre atti che caratterizzano questo genere, il presente di vicende di amanti anonimi, ben lontani dalle gloriose figure storiche e tradizionali dei Jidaimono, la purezza e il fascino del sentimento denunciano le costrizioni di un'epoca.[10] Pur attingendo dalla realtà quotidiana, Chikamatsu riesce ad arricchire la vicenda con la sua visione dell'ideale umano, attraverso il linguaggio dei burattini.[10]

  1. ^ a b c d e f Bonaventura Ruperti, Storia del teatro giapponese: dalle origini all'Ottocento, Venezia, Marsilio, 2015, p. 123, OCLC 956166839.
  2. ^ a b c Bonaventura Ruperti, Storia del teatro giapponese: dalle origini all'Ottocento, Venezia, Marsilio, 2015, p. 124, OCLC 956166839.
  3. ^ a b c d e f Bonaventura Ruperti, Storia del teatro giapponese: dalle origini all'Ottocento, Venezia, Marsilio, 2015, pp. 125-126, OCLC 956166839.
  4. ^ a b Bonaventura Ruperti, Storia del teatro giapponese: dalle origini all'Ottocento, Venezia, Marsilio, 2015, p. 127, OCLC 956166839.
  5. ^ Bonaventura Ruperti, Storia del teatro giapponese: dalle origini all'Ottocento, Venezia, Marsilio, 2015, p. 128, OCLC 956166839.
  6. ^ a b c Bonaventura Ruperti, Storia del teatro giapponese: dalle origini all'Ottocento, Venezia, Marsilio, 2015, p. 129, OCLC 956166839.
  7. ^ a b Bonaventura Ruperti, Storia del teatro giapponese: dalle origini all'Ottocento, 2015, Marsilio, 2015, p. 130, OCLC 956166839.
  8. ^ a b Bonaventura Ruperti, Storia del teatro giapponese: dalle origini all'Ottocento, Venezia, Marsilio, 2015, p. 132, OCLC 956166839.
  9. ^ a b Bonaventura Ruperti, Storia del teatro giapponese: dalle origini all'Ottocento., Venezia, Marsilio, 2015, p. 133, OCLC 956166839.
  10. ^ a b c Bonaventura Ruperti, Storia del teatro giapponese: dalle origini all'Ottocento., Venezia, Marsilio, 2015, pp. 134-135, OCLC 956166839.