Utente:Marti D'Amico/sandbox

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Datazione[modifica | modifica wikitesto]

La Ciris è un poema conforme alla moda dei poetae novi: infatti, neoterico è il tipo di poesia e l'argomento ma anche la tecnica, la lingua e la versificazione. Quindi si pensa che attingesse a qualcuna di quelle fonti ellenistiche in cui erano contenuti i tesori da cui i "poetae novi" amavano prendere i segreti delle loro composizioni, le loro novità. Gli studiosi riescono ad identificare questa fonte in Partenio di Nicea, vissuto a Roma, durante la giovinezza di Virgilio. in un frammento della Metamorfosi di Partenio troviamo la versione: di Scilla che tagliato il capello al padre, consegnata la città nelle mani di Minosse di cui si era innamorata; e di come Minosse invece di compensarla la legò sulla nave trascinandola verso il mare finchè la fanciulla si trasformò in uccello. Anche il Culex poemetto di Virgilio si ricollega a Partenio che diede al discepolo l'argomento e lo spunto da svolgere in grandi epilli. Entrambi gli epilli, dunque, hanno origine da uno stesso ambiente scolastico e letterario, che per molte vie si è potuto identificare e ricostruire con precisione[1].

Uno dei più rinomati avversari dell'autenticità volle attribuire il poemetto ad un giovane amico di Virgilio, notissimo rappresentante dei poetae novi, Cornelio Gallo. I critici dicono che nella Ciris sono ripetuti interi versi delle Bucoliche, Georgiche e dell'Eneide. Ma era solito di Virgilio incastrare i suoi versi in altri contesti e questo dovrebbe valere come come indizio a favore dell'autenticità.

Secondo alcuni autori [2] è inaccettabile pensare che la Ciris sia opera di un imitatore di Virgilio dell'età augustea o del primo secolo dell'Impero perchè l'imitazione sarebbe stata del Virgilio alessandrineggiante e poi in quel periodo nessuno ha scritto con la lingua e la tecnica neoterica. Non si può dare una dimostrazione esaustiva perchè gli elementi storici sono pochi.

La Ciris ha un ampio proemio e inizia con una dedica che ci chiarisce gli stati d'animo e di vita dell'autore, indirizzata a un giovane nobile di nome Messalla a cui sembra legato da comunanza di studi e simpatia letteraria; inoltre, secondo alcuni, leggendo la dedica del proemio bisogna riconoscere le vicende e i sentimenti attribuiti a Virgilio infatti si riflette l'intera persona del giovane poeta[3]. Probabilmente il poemetto è dedicato a M. Valerio Messalla Corvino che, di pochi anni più anziano di Virgilio, ebbe fama come oratore e uomo politico, combattè a Filippi nel 42, come capo nell'esercito di Bruto e Cassio, poi si avvicinò a Antonio e poi ad Ottaviano e tenne ufficiali e comandi militari molto importanti, console nel 31 e generale nel 27, raccolse attorno a sè un circolo letterario, dove spiccava la figura di Tibullo. Nel proemio della Ciris Messalla è presentato come sul punto di iniziarsi ad un avvenire glorioso.

Egli quindi non è celebrato per imprese civili e militari bma solo per le sue virtù intellettuali. E' noto che Messalla a venti anni ebbe fama di oratore quando viveva ancora Cicerone, da dove si deduce che aveva frequentato gli studi di retorica quando vi erano anche Virgilio e Ottavio. Nel 45 era andato a perfezionare la sua arte oratoria e nelle discipline filosofiche ad Atene dove si trovavano anche il figlio di Cicerone, Marco e Orazio. Dopo l'uccisione di Cesare era tornato a Roma ed ebbe l'occasione di farsi conoscere in qualche famoso processo. nel 43 torna ad Atene e porta a Bruto una lettera di Cicerone e si è tentati ad attribuire il proemio della Ciris allo stesso anno della lettera di Cicersone, senonchè questa datazione si stacca troppo dal periodo dei comuni studi a Roma. E allora si può concludere per l'anno 45 la composizione del proemio, quando Messalla era andato la prima volta di Atene.

Analisi critica[modifica | modifica wikitesto]

Il Ciris può essere collocato cronologicamente vicino al Culex. Come tanti altri componimenti ci sono molti dubbi e i filologi moderni fanno molta più attenzione ai criteri di lingua, di stile ma fanno pochissima attenzione alle prove più interne e sostanziali. Anche il poemetto Ciris ha in suo favore la tradizione, perchè è presente nelle antiche biografie fra le opere della giovinezza di Virgilio. Non bisogna, però, confrontare la composizione della Ciris con le Bucoliche, Georgiche e con l'Eneide, perchè è quasi sicuramente dimostrabile che i carmi in questione sono di parecchi anni anteriori alle opere maggiori e appartengono ad un periodo nel quale sia l'individualità sia il gusto del poeta non erano formati ma erano sottoposti a quella scuola retorica di Alessandria che trionfava nel primo secolo a.C.

Le espressioni autobiografiche della Ciris possono intendersi come se l'autore fosse più avanti negli anni, cosa che non si addice a Virgilio. l'autore non si dà per uomo maturo, ma per un giovane che sta consolidando le sue tenere fibre: nunc primium teneros firmamus robore nervos[4].

La composizione del poemetto viene riportata più indietro siccome il poeta dichiara più volte di averlo cominciato in altre condizioni di tempo e di spirito e di avere esercitato gli insegnamenti della sua prima giovinezza. Inoltre il carme fu composto in due diversi momenti siccome si possono trovare parti di valore estetico disuguale, alcune bellissime ed altre piuttosto stentate. Motivo per cui si giustificano anche le diversità di stile a confronto con il Culex. La lingua è priva di oscurità, ha in molte parti scioltezza dei movimenti, padronanza del pensiero ed evidenza di immagini. Ma tutto questo è frutto della rielaborazione di cui lui parla del proemio. La Ciris rientra nel periodo della preparazione retorico-letteraria, svoltasi sotto l'influenza di Catullo e delle poesia neoterica. Infatti questo è un poemetto erudito.

Ammesso il concetto della metamorfosi, il mito prescelto aveva il vantaggio di non introdurre nessun essere il quale non trovasse riscontro nella natura delle cose, perché l'uccello "ciris" che significa airone bianco, è un animale che esiste e al poeta non restava altro che spiegarne l'origine etimologica. Si può confrontare la "Ciris" con un carme di pochi anni dopo appartenente alle Bucoliche, l'Egloga VI, su Sileno, che contiene anche un accenno al mito dei Scilla come mostro marino. Antichi commentatori videro in Sileno un'allegoria per Sirone, il maestro epicureo di Virgilio. Da questa identificazione gli antichi stessi hanno pensato a modi per fare corrispondere in ogni particolare atti e aspetti del favoloso personaggio e atti e aspetti del filosofo. E' innegabile che Virgilio ha attribuito a Sileno sensi e concetti della filosofia della quale era stato esponente Sirone. La scena iniziale, dove Virgilio si induce a descrivere la figura del dio gaio e intemperante, che viene fatto prigioniero da ninfe e ragazzi e costretto a cantare ci introduce in un mondo che non appartiene né alla pura ragione né alla pura fantasia ed oscilla fra l'umano e il divino. Come le Muse anche Sileno ama il vero e lo effondono nel canto svolgendo la trama solenne dei miti. Un'altra prova che lega l'egloga e con il poemetto si ha nel mito che allude a Scilla, con versi identici dove si nega la concezione di Scilla come mostro marino. Cosa che rimane in dubbio per i critici del perché Virgilio non parla nel "Sileno" della sua Scilla ma di quella che nella Ciris poi viene respinta.

  1. ^ Augusto Rostagni, Virgilio minore. Saggio sullo svolgimento della poesia virgiliana, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 1961, pp. 240-243.
  2. ^ Augusto Rostagni, Virgilio minore. Saggio sullo svolgimento della poesia virgiliana, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 1961, pp. 185-190.
  3. ^ Augusto Rostagni, Virgilio minore. Saggio sullo svolgimento della poesia virgiliana, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 1961, pp. 191-193.
  4. ^ Rostagni, Virgilio minore" pag. 194.