Utente:Marcovedoa/sandbox

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La Strategia Nazionale per le Aree Interne (SNAI) è una politica nata nel 2013 promossa dall'Agenzia per la coesione territoriale e dall'allora ministro per la coesione territoriale Fabrizio Barca che mira alla riattivazione delle aree e municipalità remote del Paese. Il documento si propone come una politica attiva per contrastare i fenomeni di declino demografico e marginalizzazione territoriale che caratterizzano specialmente i comuni alpini e appenninici.[1]

Definizione di Area interna[modifica | modifica wikitesto]

Mappa delle aree interne

La definizione si basa sulla dotazione infrastrutturale e di servizi pubblici dei comuni e sull'accessibilità per i cittadini.

In prima istanza il documento classifica i comuni in base alla presenza di servizi pubblici e infrastrutture essenziali. Questi territori, definiti come centri di offerta dei servizi devono infatti possedere:

Successivamente gli altri territori vengono classificati sulla base del tempo di percorrenza che un residente deve effettuare per raggiungere il centro di offerta dei servizi più vicino. Da questo parametro SNAI categorizza i comuni come:

  • Aree di cintura, tempo di percorrenza inferiore a 20 minuti;
  • Aree intermedie, tra 20 e 40 minuti;
  • Aree periferiche, tra 40 e 75 minuti;
  • Aree ultra-periferiche, con tempo di percorrenza superiore ai 75 minuti.[1][2]

Il documento definisce infine come aree interne tutti quei comuni il cui tempo di percorrenza è superiore ai 20 minuti, tutti i territori considerate aree intermedie, periferiche e ultra-periferiche.

Per definire il livello di "perifericità" di un comune il documento utilizza come parametro il tempo di percorrenza che gli abitanti devono fare per raggiungere


Il documento propone da un lato dei parametri per la definizione di perifericità e come politica atta a contrastare il declino demografico e a marginalizzazione delle aree periferiche

Azioni[modifica | modifica wikitesto]

Prima classe di azioni[modifica | modifica wikitesto]

Seconda classe di azioni[modifica | modifica wikitesto]

72 aree pilota[modifica | modifica wikitesto]

Le "aree interne" sono quei territori caratterizzati da una significativa distanza dai principali centri di offerta di servizi essenziali (salute, istruzione, mobilità collettiva); una disponibilità elevata d’importanti risorse ambientali (risorse idriche, sistemi agricoli, foreste, paesaggi naturali e umani) e culturali (beni archeologici, insediamenti storici, abbazie, piccoli musei, centri di mestiere); territori complessi, esito delle dinamiche dei sistemi naturali e dei processi di antropizzazione e spopolamento che li hanno caratterizzati.

In Italia le “aree interne" rappresentano il 53% circa dei Comuni italiani (4.261), ospitano il 23 % della popolazione italiana, pari a oltre 13,54 milioni di abitanti, e occupano una porzione del territorio che supera il 60% della superficie nazionale.

A parte le peculiarità storiche, culturali e naturali di ciascun territorio, una quota rilevante delle "aree interne" ha subito gradualmente, dal secondo dopoguerra a oggi, un processo di marginalizzazione, segnato come elemento principale dal calo della popolazione. Non tutte, però: infatti, laddove i Comuni hanno cooperato per la produzione di servizi essenziali a tutelare e valorizzare le risorse ambientali o culturali, sono emersi esempi di buone politiche e buone pratiche.

Partendo dal forte potenziale di sviluppo che la costruzione di una strategia nazionale, robusta, partecipata e continuativa nel tempo può consentire di liberare, dal 2013 - su impulso del Ministro della Coesione territoriale Fabrizio Barca - l'impegno per lo sviluppo di questi territori è portato avanti nella Strategia nazionale per le Aree interne (SNAI), coordinata dalla Agenzia per la Coesione territoriale, avviata e governata dai Ministeri responsabili per il coordinamento dei fondi comunitari e per i tre servizi essenziali considerati, d’intesa con le Regioni e in cooperazione con ANCI e UPI.

L’intervento vede convergere l’azione di tutti i livelli di governo: Stato Centrale, Regioni e Comuni (in forma associata). Il principio guida è quello di un intervento partecipato e radicato sul territorio in cui lo stesso è il vero protagonista.

Attualmente le aree progetto selezionate sono 71, interessano il 16,9% del territorio nazionale e il 3,46% della popolazione nazionale (2,1 milioni circa al 2011). Il 62% degli abitanti delle aree progetto vive in aree classificate come "periferiche" o "ultra-periferiche", ovvero che distano almeno 40 minuti dai propri poli di riferimento. Le aree sono composte in media da 15 comuni, 30.000 abitanti e caratterizzate da una perdita di popolazione tra il 2001 e il 2011 del 4,3%.

La dotazione di spesa ha raggiunto 190 milioni di euro, ripartiti come segue: 16 milioni per l’anno 2015, 60 milioni per l’anno 2016, 94 milioni per l’anno 2017, 20 milioni per l’anno 2018. L’effetto leva degli interventi è stimato da 1 a 4, rispetto alle risorse del Patto di Stabilità.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c Agenzia per la coesione territoriale - SNAI, su agenziacoesione.gov.it.
  2. ^ a b Sabrina Lucatelli, La strategia nazionale, il riconoscimento delle aree interne, in TERRITORIO, n. 74, 2015-09, pp. 80–86, DOI:10.3280/TR2015-074014. URL consultato il 15 giugno 2021.
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