Utente:LostagnodiVrodt/Sandbox

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Ipogei[modifica | modifica wikitesto]

«La quantità maggiore di prigionieri fatta ad Himera venne impiegata ad opere di utilità pubblica. Essi tagliarono pietra, non solo per i grandi templi, ma anche per ricavare dei canali sotterranei necessari al deflusso delle acque della città; opera assai grande e degna di considerazione maggiore dello scarso pregio che ebbe. Siccome l'imprenditore del lavoro era nominato Feace, anche questi canali furono denominati feaci. Si costruì insieme una grande vasca detta Colimbetra, del perimetro di sette stadi, profonda venti braccia; condottevi le acque delle fonti e dei ruscelli ne venne vivaio di pesci per i banchetti, e la allietavano cigni e altri volatili; trascurata in seguito essa interrò.»

Gli ipogei (dal greco ùpos, “sotto” e gèos, “terra”) di Agrigento sono cavità e gallerie artificiali, scavate dall’uomo in periodi diversi, nella stessa roccia con la quale sono stati edificati i monumenti storici della città e buona parte del suo centro storico. La loro funzione era quella di raccogliere le acque sotterranee, ma, secondo le ipotesi di molti studiosi, gli ipogei avevano anche una funzione di stampo militare/difensivo. E' stata smentita l'ipotesi che questo sito archeologico avesse una funzione di necropoli, poiché, oltre alla mancanza di loculi e corredi funerari, le civiltà che popolarono questa parte della Sicilia (sicana, greca, romana, araba e normanna) non usavano inumare i cadaveri sotto le città.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Le prime fonti storiche che attestano l'esistenza degli ipogei agrigentini ci vengono date dallo storico siceliota Diodoro Siculo. Nella sua opera di storia universale, la Biblioteca Storica, precisamente nei libri XI e XIII (I secolo a.C.), ci sono molte informazioni utili sulla datazione di questi siti archeologici. Secondo le notizie dello storico di Agyrion (oggi Enna), intorno al 480 a.C., la città di Agrigento (in quei tempi colonia greca col nome di Akràgas) si dotò di un sistema di condotti sotterranei, costruiti sotto la guida di un architetto soprannominato Feace. I lavori di scavo furono agevolati dal fatto che vi era una grande presenza di schiavi cartaginesi, catturati grazie al buon esito della famosa Battaglia di Imera, dalla quale le città di Agrigento, governata dal tiranno Terone, e Siracusa, governata dal noto Gelone, ne uscirono vittoriose.

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Il percorso complessivo degli ipogei è di circa 17 chilometri[2]. Lo studio del tracciato, per il crollo di numerose gallerie e per l'espansione dal centro abitato, è diventato praticamente impossibile. Si possono distinguere quattro grandi “tronchi” in base alla posizione degli antichi condotti:

Primo tronco - Tronco Rupe Atenea[modifica | modifica wikitesto]

Il primo tronco dalla Rupe Atenea, sommità orientale della collina di Agrigento, sino ai templi di Castore e Polluce, comprende i seguenti Ipogei: del Santuario rupestre di Demetra, di San Biagio , di Coddu Virdi, di Tamburello, di Bonamorone, di Filippazzo, di Giacatello, di Sala-Perez, di Zuccarello, di Dara, di Lu Cuccu, di San Calogero, di Pipitusario, delle Forche, dell' Amela, dei Dioscuri.

Secondo tronco - Tronco dello Sperone[modifica | modifica wikitesto]

Il secondo tronco dello Sperone comprende i seguenti Ipogei: Fafante, presso il fiume San Biagio, e Natalello, nel quartiere di Villaggio Mosè.

Terzo tronco - Tronco di Monserrato[modifica | modifica wikitesto]

Il terzo tronco si trova nel quartiere di Monserrato, a sud della città e comprende gl'Ipogei Dovico, Zunica, Sileci, Giudice, Tuttolomondo, Quaglia e Lo Mascolo.

Quarto tronco - Tronco del Colle[modifica | modifica wikitesto]

Il quarto tronco del Colle, parte occidentale della città, è costituito dai seguenti Ipogei: della Villa Piccola, antistante la Porta di Ponte, oggi coperte dalle villette omonime; Mirati, Fontana dei Canali, Gebbia Grande, del Purgatorio, S. Lucia, Acqua Amara, Santa Maria dei Greci, degli Oblati, Puzzillo.

Aspetti geologico-applicativi[modifica | modifica wikitesto]

Dal punto di vista litologico, gli ipogei sono realizzati in una tenera calcarenite, una materia particolarmente porosa che consente all'acqua piovana e alle acque restituite dalle argille sottostanti di trasudare. E' un composto ricco di fossili, di un colore che va dal giallo rossiccio al giallo chiaro. Da questa caratteristica litologica, si desume che gli ipogei furono concepiti come vere e proprie gallerie drenanti per raccogliere l'acqua filtrata dal tetto e dalle pareti e convogliarla, seguendo il verso idraulico, dalla collina sino alla valle.

Le gallerie hanno una forma rettangolare o con tetto a volta e sono scavate interamente nella roccia; i cunicoli, rispetto al piano urbano calpestabile, si trovano ad una profondità che va dai 20 ai 30 metri. Possiamo però trovare, nelle porzioni più basse del territorio urbano di Agrigento, delle gallerie realizzate in scavo a cielo aperto, le quali sono state coperte con lastre di roccia; la loro sezione ha una altezza variabile tra 1.80 e 2,10 m e una larghezza compresa tra 0,95 e 1,10 m.

thumb|Struttura di un pozzo presente negli ipogei.[3]

Lo scavo di tutti gli ipogei, delle stanze e dei pilastri è stato realizzato con grande maestria utilizzando il piccone e cavando la roccia a conci. [3]

A distanza irregolare, lungo il percorso dei cunicoli e in corrispondenza di curve e diramazioni, sono stati rinvenuti dei pozzi di forma circolare che, dai cunicoli, salgono restringendosi come imbuti puntati verso l'alto.[3] Ogni pozzo è dotato di una scala, ricavata nella roccia, che evidentemente permetteva di risalire fino al piano campagna. Si può ipotizzare che questi pozzi avessero la funzione di incrementare le capacità drenanti dei cunicoli, intercettando ogni più piccolo stillicidio e accelerando l'infiltrazione verso i cunicoli stessi.

Ipogeo Giacatello[modifica | modifica wikitesto]

E' uno degli ipogei più conosciuti e si trova nell'omonima contrada. Lo si può raggiungere prendendo per un viottolo che si apre a lato della strada che conduce al Museo Archeologico Nazionale di Agrigento, accanto la chiesa di S.Nicola.[4] Superato l'ingresso, si raggiunge un grande ambiente, il cui spazio corrisponde a 19 metri quadrati e la sua altezza a poco più di 2 metri, puntellato da ben 49 pilastri disposti in diverse file. Il locale riceve luce solare grazie ai lucernai posti in alto, ma in compenso entra anche acqua piovana, pietre, fango e sterpaglia. L’ipogeo si presenta in buono stato [5]. I pilastri, infatti, sono ancora ben compatti e conservano tracce di intonaco idraulico di cui erano rivestiti.

Ipogeo Purgatorio[modifica | modifica wikitesto]

Ubicato quasi al centro del colle di Agrigento, è il più grande fra tutti gli ipogei akragantini. La sua importanza è dovuta alle anomalie strutturali che lo differenziano rispetto agli altri ipogei. L'ipogeo Purgatorio, infatti, ha una struttura labirintica e tante stanze di ogni misura. Secondo le ipotesi dello studioso Calogero Miccichè[2] , l'ipogeo Purgatorio è stato realizzato in due fasi distinte per diversi scopi: in una prima fase, collocabile in età ellenistica, l'ipogeo fu creato per usi idrici (come d'altronde tutti gli altri ipogei); in una seconda fase, che va dal IX al X secolo d.C (coincidente con la dominazione araba), l'ipogeo fu modificato a forma di labirinto per scopi difensivi e militari. Il suo attuale ingresso venne ricavato nel 1850, presso l'omonima piazza.[2] Le misure dei cunicoli sono di 2 metri in altezza e 1 metro e 10 centimetri in larghezza. L'ipogeo può essere visitato solo da esperti speleologi in quanto non sono stati portati avanti i lavori di consolidamento.[2]

Ipogeo del Santuario Rupestre di Demetra[modifica | modifica wikitesto]

E' uno dei più antichi ipogei. La sua costruzione la si fa risalire ad un periodo addirittura precedente alla fondazione di Akràgas, precisamente all'VII secolo a.C. [5] Molti studiosi ritengono che questo ipogeo sia stato scavato per rifornire di acqua le vasche del santuario, destinate alle cerimonie di purificazione.[4] Entrando da una grotta in cui si trova la conca, si arriva in un sotterraneo scavato nella roccia, alto 1 metro e 90 centimetri e largo 95 centimetri, ma, superati 50 metri, si restringe a causa dell'accumulo di terriccio, fino alla completa occlusione della galleria.[4]

Ipogeo degli Ulivi[modifica | modifica wikitesto]

Situato a circa 300 metri a nord-ovest dal tempio di Eracle [5], è accessibile solo da un’imboccatura piuttosto agevole che immette in un corridoio tortuoso e stretto. Il pavimento è abbondantemente coperto di fango, rendendo impervia la traversata. Dopo un percorso lineare di circa 32 metri, l’ipogeo si biforca in due rami in direzione sud est: il ramo principale termina dopo 52 metri , l’altro dopo circa 50 metri. Entrambi si presentano in ottimo stato e conservano visibili tracce di una discreta attività di percolazione e raccolta d’acqua. L’altezza media dei cunicoli è di 1,65 metri, e la larghezza di 72 centimetri.

Ipogeo degli Archi[modifica | modifica wikitesto]

E' situato nella zona settentrionale di Villaseta. L’ingresso immette in due vasche di notevoli proporzioni (12 metri in lunghezza e 5 in larghezza[5]) che raccolgono l’acqua. L’ipogeo procede con un percorso tortuoso, che si sviluppa in direzione nord-est e, dopo aver percorso 80 metri, il percorso viene interrotto da un muro di fattura moderna.[5]

Ipogeo dei Rovi[modifica | modifica wikitesto]

Si trova nel giardino della Kolymbethra, in direzione del tempio di Vulcano. Anch'esso è caratterizzato da una biforcazione, a due metri dall'entrata[5]: il ramo principale si snoda in direzione est per 65 metri, affacciando all’esterno; il ramo secondario, invece, si eleva di 1,50 metri, attraversando il ramo primario. A causa della scarsa consistenza della pavimentazione nel tratto che passa sopra al ramo principale, non è stato possibile esplorare tutto l'ipogeo. Si trovano abbondanti tracce di acqua nel tratto iniziale, che in alcuni punti arriva anche 20 centimetri di altezza. L'altezza media dei cunicoli è rispettivamente di 1,68 metri e la loro larghezza di 80 centimetri.

Situazione attuale[modifica | modifica wikitesto]

A causa del disboscamento delle pendici, della costruzione di acquedotti moderni e delle fognature, i cunicoli non sono più in uno stato di buona conservazione, ma sono tutt'ora ricchi di acque fluenti. Si ipotizza addirittura che, vista la posizione della frana rispetto alla rete di cunicoli e le difficoltà interpretative dei fenomeno di instabilità, la frana verificatasi ad Agrigento nel 1966 sia stata causata dal crollo di alcune cavità sotterranee che fanno parte degli ipogei.[2]

Note[modifica | modifica wikitesto]

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Calogero Miccichè, Gli Ipogei Agrigentini, tra archeologia, storia e mitologia, 1996
  • I.P.S.C.T Nicolò Gallo e S.M.S Luigi Pirandello, Testimonianze Akragantine – Gli Ipogei, 2000

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]