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Guido Bortoluzzi (Puos d'Alpago, 7 ottobre 1907Meano, 8 ottobre 1991) è stato un presbitero italiano.

Terzogenito di quattro figli, nacque Il 7 ottobre del 1907 a Puos d’Alpago, poco lontano dal lago di S. Croce in provincia di Belluno, da genitori entrambi insegnanti elementari. La nonna Caterina lo portò a balia per un anno al suo paese, poiché la mamma non aveva latte. Dalla balia egli ricevette il latte e tanto amore materno, e visse uno dei rari periodi sereni della sua infanzia. Dopo poco la famiglia si trasferì a Farra d’Alpago , dove vissero in una piccola casa molto fredda, in tutti i sensi, perché fra i genitori non c’era armonia. La madre era molto dura col marito e i figli, ed il marito andava spessissimo a caccia per stare lontano da casa, e si fermava anche a dormire nei cascinali. Così si ammalò di tubercolosi continuando a bestemmiare. Ma all'ultimo momento Guido, che non aveva ancora quattro anni, istruito dalla nonna, fece in modo che si accostasse ai sacramenti prima di morire. Eravamo nel 1911. Con la morte del padre la famigliola divenne molto povera. Don Guido scrive: “Ebbi un’infanzia e una fanciullezza senza i giochi e gli spassi di quell’età per dover accudire alle faccende di casa, ma con la gioia di andare in chiesa alle funzioni e a cantare”. Durante un’ escursione per andare a prendere il latte, all’età di dieci anni gli accadde un fatto che rafforzò la sua decisione di offrire tutto se stesso alla Madonna e al Signore e diventare prete: la Madonna lo aveva miracolosamente salvato dal pericolo di cadere in un precipizio. Pioveva a dirotto e il cielo si era oscurato. Mentre stava scivolando inesorabilmente verso un burrone volse le sue insistenti preghiere alla Madonna promettendole che si sarebbe fatto prete. Ritornò a casa malconcio, con gli indumenti strappati, ma salvo.

La visione dell'apparizione della Madonna a Fatima il 13 ottobre 1917

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Di lì a poco ci fu un altro episodio che don Guido ricorderà da adulto con molta commozione. Il 13 ottobre 1917 Guido aveva 10 anni , e giocava con un amichetto. quando suonò la campana dell'Ave Maria di mezzogiorno e l'amichetto scappò via. Egli rimase solo e pensò a quella sera in cui aveva corso il pericolo di perdere la vita, ed alla sua promessa alla Madonna che l'aveva salvato. All'improvviso ebbe la visione della Madonna che appariva a tre bambini suoi coetanei e stava compiendo un miracolo (il miracolo del sole). Per paura di essere considerato un visionario non disse niente a nessuno. Solo l'indomani, sui giornali, apparve la notizia dell'apparizione a Fatima in Portogallo.

Quando Guido ebbe 12 anni il parroco di Farra d'Alpago notò la sua bontà e correttezza e gli propose di entrare in Seminario.Furono anni duri, in cui patì il freddo e la fame. Qui accadde un fatto importante, che segnò la vita del futuro sacerdote.

Prima predizione

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Nel 1922 don Giovanni Calabria, canonizzato da Giovanni Paolo II, mentre era in visita al Seminario di Feltre, lo vide mentre entrava in classe con i suoi compagni, e, parlando col Rettore disse che quel ragazzo da anziano avrebbe scritto un libro molto importante sulla Bibbia, ed in particolare sulla Genesi. Finito il ginnasio a Feltre, il giovane Guido si trasferì, con altri Seminaristi della provincia, al Seminario di Belluno dove vi erano solo le classi superiori. Passarono gli anni e Guido crebbe meditando sempre le parole di don Calabria nel suo cuore.

Seconda predizione

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Nel 1928, mentre frequentava il secondo anno di teologia, il grande carismatico boliviano Padre Matteo Crawley tenne un ritiro per tutti i chierici e predisse a ciascuno il suo avvenire. Fra gli altri predisse ad Albino Luciani che sarebbe salito ai più alti gradi della gerarchia ecclesiastica. Ma soggiunse: “Ooooh..! Ahimè..! Ma durerà poco!”. Fissando negli occhi don Guido disse che avrebbe ricevuto da anziano una rivelazione sui punti oscuri della Genesi Biblica. Descrisse in breve quale sarebbe stata la sua vita dicendo che avrebbe sofferto molto anche per l’incomprensione dei confratelli e dei Superiori.

Terza predizione

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Nel 1932 mons. Gaetano Masi, Padre spirituale dei seminaristi, concluse gli Esercizi Spirituali con questa espressione: – E quando il Signore si degnerà manifestare a uno di voi – guardando diritto al chierico Guido – il mistero del peccato originale, ringraziateLo, perché solo per mezzo della conoscenza della vera essenza del peccato originale potranno essere compresi il mistero e l’economia della Redenzione. – La consapevolezza della sua missione maturava così, lentamente, nel suo animo, nella riservatezza, modestia e umiltà, col cuore pieno d’attesa e di riconoscente abbandono nella serena disposizione di accettare la Volontà di Dio tutta intera.

Don Guido sacerdote

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Egli era certissimo della sua vocazione, consapevole già allora che stava portando la croce con Gesù. Celebrò la sua prima Messa il 2 febbraio del 1932, data che fu ricordata da lui negli anni come la più importante della sua vita e ad ogni anniversario era preso da grande commozione.

Don Guido fu subito mandato cappellano a Fusine, frazione di Zoldo Alto in provincia di Belluno, dove rimase fino al 1934 quando fu nominato Parroco a Dont, frazione di Forno di Zoldo, a pochi chilometri di distanza dalla sede precedente. Vi rimase dieci anni, dando tutto se stesso ai suoi parrocchiani e al restauro della chiesa che aveva urgente bisogno di un tetto nuovo e di altri interventi di manutenzione.

Incontro con Teresa Neumann

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A Dont Don Guido ebbe la visita di Teresa Neumann che venne appositamente dalla Germania fino a Dont per conoscerlo. Egli ne aveva già sentito parlare, ed aveva anche acquistato un paio di libri che parlavano di lei. Ma quando ella si presentò alla porta della sua canonica, a piedi, vestita con modestia e con un fazzoletto in testa, lì per lì non la riconobbe. Ella si presentò e gli disse che desiderava conoscere l’uomo sul quale Dio aveva grandi progetti di Misericordia ed aggiunse: “ Quando il Signore le parlerà scriva tutto, proprio tutto! Il Signore le vuole molto bene. – E, dopo una breve pausa, aggiunse: – Lei avrà molto da soffrire. –

Curato a Casso

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Nel 1945 fu mandato Curato a Casso, paese che al tempo della Repubblica Veneta era stato per secoli un bagno penale della Serenissima, dove venivano mandati i detenuti politici e comuni, le prostitute, gli indesiderabili di ogni provenienza e gli ex-galeotti dàlmati che non potevano più esser impiegati come rematori sulle galere. Gente difficile, dunque, i loro discendenti. paese povero, poverissimo, dove si allevavano i cinghiali al posto dei maiali, dove le case non erano intonacate, dove talvolta famiglie di due o tre generazioni vivevano in un’unica stanza, e dove poteva accadere che ragazzine di dodici anni partorissero figli illegittimi, talvolta frutto di incesti. In questo contesto don Guido ebbe molto da lavorare e ovviamente gli fu opposta molta resistenza. La sua sincerità dal pulpito gli procurò non pochi nemici. Molti furono gli attentati alla sua vita, ma nessuno riuscì. La parrocchia, per quanto turbolenta, era piccola, per cui a don Guido restava molto tempo per studiare. Dedicava tutto il tempo libero alle sue ricerche su tutto ciò che riguardava la comparsa dell’uomo sulla Terra e le scoperte scientifiche riguardo all’evoluzione per comprendere meglio ciò che il Signore gli avrebbe rivelato.

1945: la visione della catastrofe del Vajont

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Nel primo anno del suo ministero a Casso egli ebbe un sogno profetico. Vide, con 18 anni d’anticipo, la tragedia del Vajont in tutti i suoi particolari. Sconvolto, cercò di responsabilizzare i paesi interessati inviando ai rispettivi sindaci e parroci lettere circostanziate. Descrisse perfino la linea di demarcazione tra le case che sarebbero state travolte e quelle che sarebbero rimaste illese. Ma, a quell’epoca, la diga e il lago del Vajont non c’erano ancora e, dunque, non fu preso seriamente. Tutti ne risero, ma molti di costoro persero la vita diciott’anni dopo. Incominciava così per don Guido il calvario di essere considerato un personaggio strano. Al tempo della sciagura del Vajont, avvenuta nella tarda serata del 9 ottobre del 1963, don Guido da dieci anni era partito da Casso ed erano passati diciott’anni da quella visione. Molti avevano dimenticato la sua profezia ed erano andati incontro alla morte.

La celebrazione della S. Messa con San Pio da Pietrelcina

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Nel 1953, si ritirò a Farra per due anni accanto alla mamma anziana e malata che nel frattempo era rimasta sola perché i due figli più anziani erano morti e l’altro figlio, Giulio, si era sposato. Fu durante questo periodo che don Guido si recò a San Giovanni Rotondo per incontrare Padre Pio. Al suo arrivo provò dapprima una delusione: il Frate lo fece attendere per quattro giorni prima di riceverlo. Ma quando ormai era deciso a rinunciare all’incontro e a ritornarsene a casa, fu avvicinato spontaneamente da Padre Pio che lo invitò per l’indomani a celebrare insieme a lui la S. Messa. Non fu una concelebrazione come la conosciamo ai giorni nostri per cui i Sacerdoti concelebrano sullo stesso altare. Padre Pio invitò don Guido a celebrare su di un altare laterale, seguendo però all’unisono gli stessi atti e le stesse preghiere. Durante la Messa, che durò più di due ore, Padre Pio si rivolse più volte a don Guido con tono robusto dicendogli: – Vada più piano, vada più piano! – Non era infatti nello stile di don Guido avere lunghe pause, nonostante celebrasse sempre la S. Messa con calma e grande devozione. Tornò a casa più sereno. Pare che questa concelebrazione sia stata l’unica nella vita di S. Padre Pio.

Parroco a Chies d’Alpago

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Nel 1955 venne mandato Parroco a Chies d’Alpago, un altro paesino della provincia di Belluno, all’estremo limite del bellissimo anfiteatro della Valle d’Alpago ai cui piedi, in riva al lago di S. Croce, c’è Farra con la casa paterna dove abitava ancora la sua vecchia madre, sempre più anziana e malata, che morirà nel gennaio del 1970. Spesso, nella bella stagione, vi scendeva in bicicletta o in corriera. Mai ebbe un mezzo di trasporto proprio né una perpetua. Ogni suo risparmio era per la chiesa o per i suoi libri di studio. Rimase Parroco di Chies d’Alpago per più di vent’anni, fino al 1976. Andava nascendo in lui la convinzione di essere indegno agli occhi del Signore dal momento che quanto gli era stato predetto in gioventù non si era ancora avverato. Ma i tempi del Signore non sono i nostri... Ed ecco che all’improvviso, quando le innumerevoli mortificazioni avevano temprato il suo animo e la sua fede e lo avevano spogliato di ogni soddisfazione ministeriale, il Signore arrivò al Suo appuntamento. Fu durante la sua permanenza a Chies d’Alpago che don Guido ebbe quasi tutte le rivelazioni, sia sotto forma di ‘locuzioni interiori’, che di ‘sogni profetici’ e di ‘visioni in stato di veglia’. Solo la rivelazione del ‘peccato originale’ l’ebbe nella casa paterna a Farra d’Alpago. Ricevette otto rivelazioni fra il 1968 e il 1974. Don Guido fa una prima ed una seconda relazione al suo Vescovo, ma senza alcun esito. Fra il 1976 e il 1977 viene mandato per diversi mesi in isolamento a Pieve di Cadore. È un periodo grigio perché nessuno dei suoi confratelli, neanche l’Arciprete di Pieve, è disposto ad ascoltarlo. Nel 1977 viene inviato Parroco a Vìnigo, un villaggio di poche ‘anime’ che non richiedeva un grande lavoro, per cui gli rimaneva molto tempo per la preghiera e per gli studi. Questo è il momento più importante delle sue riflessioni. Può finalmente dedicarsi al riordino dei suoi scritti e alla stesura definitiva del suo manoscritto.

L’incontro con il Patriarca Albino Luciani, il futuro Papa Giovanni Paolo I

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Don Guido aveva capito che il riconoscimento delle rivelazioni, seguendo la via gerarchica, gli era precluso. Nel frattempo mons. Albino Luciani, suo ex-compagno di Seminario e già Vescovo di Vittorio Veneto, era stato nominato Patriarca di Venezia, per cui era diventato suo Superiore e Superiore anche del suo Vescovo. Don Guido decise di scrivergli, visto che il Patriarca , come sappiamo, aveva condiviso con lui le predizioni, fatte ad entrambi da Padre Matteo Crawley nel 1928, in cui ad Albino era stato predetto che “sarebbe salito ai più alti gradi della gerarchia ecclesiastica” e al chierico Guido che “da anziano il Signore gli avrebbe rivelato i passi oscuri della Genesi Biblica”. Così don Guido gli raccontò, con una breve relazione, le rivelazioni avute dal Signore. Gli spiegò tra l’altro che “Dio fu Padre e Madre per il primo Uomo” non solo spiritualmente ma anche fisicamente, perché creò nel seno di una femmina preumana sia il gamete maschile, e così Dio gli fu Padre, sia il gamete femminile, e così Dio gli fu Madre, formando la cellula germinativa del primo Uomo. Gli disse anche che per la creazione della prima Donna, Dio le fu solo Madre, poiché le fu padre l’Uomo stesso, generando, ‘in similitudine naturae’, nel sonno, come dice la Bibbia.. Il Patriarca gli rispose affettuosamente. Tuttavia lo invitò al riserbo poiché, fin tanto che tali rivelazioni non fossero state approvate dalle competenti autorità ecclesiastiche, ossia dal suo Vescovo, esse mantenevano il carattere di rivelazioni private. Dopo qualche tempo don Guido s’incontrò con il Patriarca Luciani a Vittorio Veneto dove questi era venuto a guidare un ritiro spirituale di un solo giorno invitato dalla sua affezionata vecchia Diocesi. Alla fine del ritiro, il Patriarca lo avvicinò e lo pregò di trattenersi per parlargli. Ma l’ora era tarda e don Guido, preoccupato di non perdere il treno utile per la coincidenza con l’ultima corriera, gli rispose che sarebbe tornato presto per poter parlare con più calma e corse via. Intanto il Patriarca fu eletto Papa e non ebbe più l’occasione di rincontrare don Guido. Tuttavia nel suo discorso introduttivo al Soglio Pontificio non esitò a ripetere che “Dio è, per l’uomo, Padre e Madre”, affermazione che diede a molti motivo di riflessione.

Gli anni della vecchiaia

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Il dolore per la scomparsa di Papa Luciani, fu per don Guido un’ulteriore prova dolorosa. La solitudine spirituale gli diventava sempre più pesante. Nell’inverno del 1985, a Vìnigo scivolò sul ghiaccio e, per non cadere, si afferrò ad una palizzata lussandosi la spalla destra impedendogli da allora in poi di usare con disinvoltura la mano per scrivere. Nel gennaio del 1987, don Guido trovò alloggio nella Casa di Riposo di Meano, una frazione di S. Giustina a pochi chilometri da Belluno. Don Guido, sebbene già ultraottantenne, manteneva tutta la sua vivacità fisica e intellettuale. Il Signore gli aveva promesso una mente limpida, buona vista e buon udito per tutta la vita e così fu. Quegli occhi, che si erano tanto affaticati sui libri, con un paio di occhiali gli consentirono di leggere fino alla fine. Anche il suo udito rimase perfetto. Ma non poteva più scrivere. Il suo pensiero era sempre rivolto a come poter ottenere il PLACET della Santa Sede. Don Calabria aveva predetto tanti anni prima che il messaggio era “urgente” e don Guido si sentiva responsabile di tanto ritardo. Poiché la via gerarchica fino a quel momento si era dimostrata impercorribile, andava progettando d’informare direttamente il Cardinale Ratzinger. Sfiduciato, finì poi per desistere pensando che la S. Sede, senza un parere favorevole del Vescovo competente, non l’avrebbe nemmeno preso in considerazione. Accanto all’intima gioia di esser stato fatto partecipe della conoscenza di quelli che erano stati i misteri della Genesi e del più ampio e profondo valore della Redenzione, don Guido sperimentava la Passione intima di Gesù. Nella sua vita si ripetevano inimmaginabili umiliazioni. La sufficienza che molti suoi confratelli non si curavano di nascondere gli diventava sempre più pesante. Il marchio di una fama di ‘visionario’ era il suo pane quotidiano. Tuttavia don Guido non perse mai la fiducia nella Provvidenza. Continuava a coltivare una profonda serenità d’animo per la certezza che il Signore avrebbe portato a compimento il Suo progetto. Appena poteva raccogliersi in preghiera o sui suoi libri esprimeva gioia dagli occhi. Aveva l’entusiasmo di un giovane, certo che in un modo o in un altro tutti avrebbero conosciuto la verità e avrebbero così compreso la grande Misericordia di Dio. Le rivelazioni non andarono perdute con la sua morte. Un giorno, sentendo che le forze gli andavano calando e che non gli restava ormai molto tempo da vivere, don Guido avvicinò la dott. Renza Giacobbi, che ormai da anni conosceva, e le disse che desiderava lasciarle in eredità i suoi scritti perché li riordinasse e li ricopiasse in attesa dell’approvazione del suo Vescovo. Le promise che lui le sarebbe stato vicino e l’avrebbe aiutata sempre, . Le disse anche che non le sarebbero mancate solitudine, sofferenze e incomprensioni anche dagli amici più cari,. Le confidò le sue delusioni e perfino le derisioni, le ostilità, e la noncuranza dei Superiori: umiliazioni pungentissime, ma superabili solo con la preghiera e se non ci si aspetta gratificazioni,. Gli rimase sempre la consolazione d’aver fatto il possibile per amore della Verità e per amore di Dio. La signora Renza, accettò quest’impegno.

La malattia e la morte

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Verso la fine degli anni ’80 don Guido cominciò a manifestare i primi sintomi di un tumore intestinale che si sarebbe manifestato apertamente ai primi di luglio del 1991. Fu operato e riportato alla Casa di Riposo. Il suo declino fu rapido, ma la sua mente rimase vigile fino alla fine. L’8 ottobre, il giorno dopo il suo 84° compleanno, tornò alla casa del Padre. Erano presenti il Vicario generale, la Madre Superiora della Casa di Riposo e la signora Giacobbi. L’indomani la salma, dal volto sereno e disteso, era composta nella bara. Vestito di bianco, nei suoi paramenti sacerdotali, aveva l’austerità di un patriarca, un aspetto regale pur nella semplicità. Gli anziani della Casa di riposo vennero alla spicciolata a dargli l’ultimo saluto. Tutti erano stati confortati dalle sue buone parole. La Santa Messa funebre fu accompagnata da bellissimi canti di voci bianche. Sul marmo veronese della sua semplice tomba si leggono queste belle e assai appropriate parole:

“CANTERÒ IN ETERNO LE TUE LODI, O DIO, SIGNORE DELL’ UNIVERSO”.

Le rivelazioni

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Don Guido, stimolato dal suo profondo amore per la Sacra Scrittura e dalle predizioni delle rivelazioni che avrebbe dovuto ricevere sulla Genesi, studiò approfonditamente per tutta la vita tutti i libri e gli articoli che aveva potuto trovare su quell’argomento. Si rendeva conto che mentre l’evoluzionismo negava l’azione e dunque l’esistenza di Dio Creatore, il creazionismo, senza il quale non si può salvaguardare la fede nel Dio Creatore, non dava ancora tutte le risposte. Per anni si era tormentato nel tentativo di risolvere razionalmente i quesiti esistenziali dell’uomo, come la presenza del dolore che la Bibbia considerava una colpa ereditata dal peccato originale. “Ma, com’è possibile ereditare una colpa? – si chiedeva don Guido – Si possono ereditare solo le conseguenze di una colpa. Ma quale poteva essere questa colpa per lasciare delle conseguenze anche fisiche sull’uomo?” Egli sentiva che, al di là di questi interrogativi, c’era un vuoto di conoscenza, perché, se Dio è Giustizia, oltre che Misericordia infinita, il principio dell’eredità della colpa è inaccettabile. Era convinto che quando l’uomo non capisce l’operato di Dio è perché non conosce completamente i fatti che la Provvidenza, per carità imperscrutabile, ha celato nel mistero. Don Guido, nella sua totale fiducia in Dio, mai aveva dubitato della Sua Misericordia, e neppure della Sua Parola depositata nella Bibbia. Egli comprese che Dio vuole essere anzitutto conosciuto per essere amato in modo consapevole non solo col cuore ma anche con un’adesione completa della mente. Tutte le risposte che cercava gli vennero date con la rivelazione tanto attesa. Divisa in otto puntate per la mole delle informazioni trasmesse, la rivelazione era molto impegnativa ad essere trascritta perché ricevuta sotto forma di visioni di episodi inediti, accompagnati dalla spiegazione diretta del Signore. Don Guido, preoccupato di non saper essere un testimone fedele, si sente inadeguato. Ma Il Signore lo rassicura dicendogli: – TI AIUTERÒ A RICORDARE E A CAPIRE. – Ciò significa che l’azione dello Spirito Santo non si era esaurita col primo tentativo di don Guido di mettere per iscritto quanto aveva appreso, ma lo accompagnò per tutti gli anni di lavoro. Non era una semplice trascrizione che Dio voleva, ma uno sforzo a ragionare e a collegare con la logica quanto stava imparando sotto la Sua paterna guida. Infatti, certe comprensioni avvennero per gradi e alcune solo quando il Signore gli fece rivivere questo o quell’episodio incompreso, commentandolo. Don Guido comprese che aveva trovato la verità che andava cercando. Anzi, comprese che “la Verità stessa gli era venuta incontro” svelandogli alcuni punti oscuri della Genesi Biblica. Capì anche però che niente di erroneo era contenuto in essa, solo di oscuro, nascosto dietro molte allegorie, perché la Rivelazione agisce sempre per gradi a seconda della capacità del momento di essere capita.

Le 8 rivelazioni

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1.Con la prima rivelazione ricevuta nel 1968 sotto forma di locuzione interiore: apprende che l’unico carattere umano di Caino è la parola. Da qui viene a don Guido la certezza che, se l’Uomo è stato creato perfetto, come è detto nella Genesi, e se Caino ha di umano solo la parola, il suo aspetto non è umano. Ciò significa che a monte c’è stato un problema di ibridazione genetica. 2.Nella seconda rivelazione, ricevuta nel 1970 sotto forma di sogno profetico, apprende che il “peccato originale” è stato commesso “solo” dall’Uomo con una femmina preumana e che il frutto di questo rapporto è Caino. 3.Nella terza rivelazione, ricevuta anch’essa sotto forma di sogno profetico nel 1970, vede la morte di Abele e comprende che con il peccato originale la violenza e le deviazioni sessuali sono entrate nell’uomo. 4.Con la quarta rivelazione, ricevuta anch’essa sotto forma di sogno profetico e sempre nel 1970 vede le prime generazioni degli ibridi: gli uomini della preistoria simili agli ominidi. 5.La quinta rivelazione, detta “la grande visione” per l’estensione degli argomenti mostrati e perché ricevuta in stato di veglia, comprende la nascita dell’Universo, della terra, della luna e della prima Donna. In questa rivelazione Dio spiega ‘la creazione mediata’ ossia la modalità con cui ha creato ogni specie, compresa quella umana. In sintesi, Dio ha creato i gameti che costituirono la prima cellula, o zigote, del primo Uomo e della prima Donna. Naturalmente, Dio ha dovuto collocare quegli zigoti in un alveo dove potessero nutrirsi e crescere fino alla nascita. Perciò dovette porli nell’utero di una femmina di una specie preumana già esistente, appartenente alla specie degli ancestri. Va chiarito che i due capostipiti umani, l’Uomo e la Donna non discendono da quella specie perché i gameti della loro prima cellula sono stati creati direttamente da Dio in tutta la loro perfezione e definizione di specie umana. La pseudo madre non ebbe che la funzione di nutrice e di incubatrice. È quella femmina che la Genesi chiama Eva e che fu, successivamente, partecipe del peccato di Adamo. La novità della rivelazione sta anche nella distinzione della delle due figure femminili: Eva, la femmina della specie ancestre e la Donna, la prima figura femminile del genere umano, esente da ogni partecipazione del peccato originale. Don Guido fa notare che la Genesi scritta in ebraico usa uno stesso vocabolo (ishà) per indicare sia la Donna che la femmina ancestre, Eva, la complice di Adamo nel peccato originale. È questa che divenne la madre naturale di Caino, primo ibrido, e di tutti gli ibridi che da questi furono generati. Da ciò la definizione di Eva come ‘madre di tutti i viventi’, ossia di tutti gli uomini, in quanto tutti gli uomini discendono da Caino. È questo fatto che può aver creato fraintendimenti nelle traduzioni e nell’interpretazione. 6.Nella sesta rivelazione, ricevuta nel 1974 sotto forma nuovamente di sogno profetico, don Guido: assiste all’ “ultimo pasto di Abele”, figlio legittimo di Adamo e della Donna, poco prima di essere ucciso. 7.Nella settima rivelazione, ricevuta pure nel 1974 come sogno profetico,: il Signore spiega a don Guido che responsabile indiretto della morte di Abele è l’Uomo-Adamo per aver genra-to con Eva Caino, un irresponsabile, contro il volere di Dio. Il Signore sottolinea inoltre che la Donna era completamente estranea a quel ‘peccato’ perché in quel momento ella aveva solo un paio d’anni. Per cui la responsabilità era da addebitarsi interamente all’Uomo. Don Guido Capisce inoltre la profonda ribellione dell’Uomo a Dio e la sua mancanza di penti-mento. 8.Nell’ottava rivelazione, ricevuta ancora nel 1974 e nuovamente sotto forma di locuzione interiore, don Guido comprende il vero Amore di Dio e il Suo misericordioso progetto di Redenzione per l’uomo ibrido, ossia per tutto il genere umano. Termine delle rivelazioni.

Nel 1982, durante l’ultima stesura del manoscritto, il Signore gli ripropone la visione di alcune scene già viste nelle visioni precedenti per correggere le sue errate interpretazioni o convinzioni. Così egli comprende, fra l’altro, che gli ancestri erano miti ed obbedienti ausiliari dell’Uomo, e che l’istinto della violenza era entrato nell’uomo ibrido come conseguenza dello squilibrio genetico dovuto al ‘peccato originale’.

Dagli scritti di don Guido Bortoluzzi: Genesi Biblica Quarta edizione Luglio 2010 © Grafica5 edizioni

Collegamenti esterni

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