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Prassilla (poetessa) (in greco: Πράξιλλα, Pràxilla; Sicione, V secolo a. C.) è una poetessa greca antica.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Le prime informazioni sulla vita di Prassilla risalgono al 452 a. C., anno in cui partecipò ai LXXXII giochi olimpici [1], anche se ebbe il momento di massima fama solo tre anni più tardi, nel 455 a. C. [2] . In seguito a questo evento ottenne la gloria poetica in tutta la Grecia, tanto che Lisippo realizzò in suo onore una statua in bronzo.

Antipatro di Tessalonica, nell'Antologia palatina, la consacrò fra le Muse della poesia greca al pari di Saffo [3].

Opere[modifica | modifica wikitesto]

Delle opere di Prassilla ci rimangono alcuni frammenti la cui attribuzione è dubbia: se non mancano autori classici che trattano le sue opere (Zenobio (sofista), Ateneo di Naucrati) , non mancano neanche alcune controversie.

Scrisse principalmente ditirambi il cui argomento probabilmente non era dionisiaco, poiché i titoli che ci sono pervenuti (l'Achille e l' Adone) non lasciano pensare ad un argomento erotico. Tali frammenti infatti ci raccontano un Adone che, appena giunto in Ade ed interrogato a proposito di ciò che di più caro avesse lasciato nel mondo dei vivi, risponde: “La cosa più bella che lascio è la luce del sole, in secondo luogo le stelle splendenti e il volto della luna, poi i cocomeri maturi, le mele e le pere”. Zenobio, nella sua raccolta di proverbi, ci tramanda un detto riferito a coloro ritenuti sciocchi che spiega chiaramente come doveva suonare il verso alle orecchie dei suoi contemporanei: "sciocco come l'Adone di Prassilla". A proposito di tale affermazione, Albin Lesky afferma che il detto fosse rivolto all'autrice stessa dell'opera e non alla rappresentazione che ella dà dell'eroe[4]. Umbertina Lisi replica invece che le intenzioni della poetessa fossero altre, ovvero che volesse "presentarcene l’ingenuità infantile col fargli rimpiangere la dolcezza delle frutta accanto al fulgore del sole e degli astri"[5].

Di tutt'altra natura sono invece gli scolii, recitati e spesso cantati durante i simposi, che valsero erroneamente alla poetessa la fama di eterea. La raccolta, della quale conosciamo solamente due opere, peraltro di incerta attribuzione, doveva avere carattere esortativo e ricalcare lo stile attico.

Altre opere che purtroppo non ci sono giunte le possiamo riscontrare in citazioni di altri autori classici, come in Ateneo (Deipnosophistae, XIII, 603 a): “Prassilla la Sicionia afferma che Crisippo fu rapito da Zeus”. Pausania il Periegeta e Esichio di Alessandria ci lasciano invece intuire altre opere di carattere mitologico: “da Prassilla è stato scritto che Carneo era figlio di Europa e lo allevarono Apollo e Latona”.

Degno di nota è il fatto che il metro utilizzato dalla poetessa nelle sue opere è giunto fino a noi col nome di Prassilleo, esemplificativo dell'innovazione che Prassilla apportò alla poesia greca.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Taccone, Angelo. 1949. Canti dell'ellade antica: antologia della lirica Greca. Istituto italiano d'arti grafiche.

Fraccaroli, Giuseppe. 1913. Lirici greci. Torino, Fratelli Bocca.

Bergk, Theodor. 1843. Poetae lyrici Graeci, III. Lipsiae, Sumtu Reichenbachiorum fratrum.

Michelangeli, Luigi Alessandro. 1889-97. Frammenti della melica greca, VI. Bologna, Zanichelli.

  1. ^ ricontrolla
  2. ^ Cessi, Camillo. 1925. Quadro storico della letteratura greca - ad uso dei licei classici. Napoli, Rondinella Alfredo.
  3. ^ Antologia Palatina, IX, 26
  4. ^ Lesky, Albin. 1957. Geschichte der griechischen Literatur. Bern, Francke.
  5. ^ Controlla lisi