Utente:Fioreblu27/Sandbox

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Introduzione

Remilk è una start up israeliana nata nel 2019 che ha messo a punto un processo di fermentazione di precisione per produrre latte in modo perfettamente sostenibile, il latte sintetico, ovvero prodotto artificialmente in laboratorio sfruttando dei lieviti specializzati e il processo di fermentazione per la produzione delle proteine del latte. [1][2][3]

Il prodotto così ottenuto non contiene lattosio, colesterolo, tracce di antibiotici o ormoni, mantenendo inalterati il gusto e i valori nutrizionali. [1][2]

Secondo uno studio condotto da Remilk, chi ha assaggiato il latte e i latticini prodotti con queste proteine non percepisce alcuna differenza: il sapore, il profumo, la consistenza, la piacevolezza sono identici a quelli dei prodotti tradizionali.[3]

Vantaggi

Il vantaggio principale della fermentazione di precisione è che elimina la necessità dell'uso di animali nella produzione di latticini, riducendo la quantità di acqua utilizzata, limitando le emissioni di gas serra in atmosfera e riducendo la superficie di suolo occupato; infatti per produrre in laboratorio la stessa quantità di latte di una fattoria occorre il 99% in meno di terreno. [1][2]

I dati dell'USDA del 2021 mostrano che ci sono 9,4 milioni di vacche da latte solo negli Stati Uniti, le quali richiedono enormi quantità di energia, terra e acqua, ma sono altamente inefficienti nella produzione del cibo: convertono solo il 14% delle proteine che consumano in proteine commestibili agli esseri umani. [2]


Note

  1. ^ a b c (IT) Riccardo De Marco, Dopo la carne, via libera in Israele al latte “sintetico”: cos’è e come si produce, su geopop.it, 9 maggio 2023. URL consultato il 24 aprile 2024.
  2. ^ a b c d Precision Fermentation Perfected: Fermentation 101, su turtletree.com, Turtle Tree. URL consultato il 24 aprile 2024.
  3. ^ a b Alessandra Apicella, Latte sintetico: il caso Remilk, in Largo consumo, 10/2022, p. 24.


Test NEMO

Con il test NEMO (dall'inglese Neuroendocrine detection and MOnitoring assay), si identifica in modo precoce e pratico un tumore alla prostata molto aggressivo, quello di tipo neuroendocrino resistente alla castrazione (CRPC-NE). Il sistema si basa sulla rilevazione e quantificazione di alcune modificazioni epigenetiche, ovvero alterazioni che influenzano l'attività del DNA senza cambiarne la struttura e che possono essere rilevabili in frammenti di DNA dispersi nel circolo sanguigno, chiamati "cell-free DNA" (cfDNA). [1] [2]

Per sviluppare il test, il gruppo di ricerca si è focalizzato sui livelli di metilazione del cfDNA, un tipo di DNA frammentato e rilasciato nel sangue da cellule sia normali, sia tumorali.

Oltre a fornire un grande numero di informazioni, il fatto che il cfDNA sia presente e rilevabile nel circolo sanguigno renderebbe il test molto pratico e ripetibile, se la sua efficacia dovesse essere confermata in ulteriori studi clinici.

Basta un prelievo di pochi millilitri di sangue per estrarre il materiale necessario a caratterizzare i siti di metilazione di interesse. Ciò renderebbe possibile anche eseguire più prelievi nel corso della malattia.

Funzionamento

Il sistema funziona in modo semplice. Dopo il prelievo di sangue, il cfDNA viene estratto, sequenziato e sottoposto al test NEMO, con il quale è possibile analizzare le caratteristiche di particolari siti del DNA. L’approccio è infatti mirato perché si valutano specifiche regioni genomiche che, secondo studi precedenti, aiuterebbero a distinguere l’insorgenza di CRPC-NE e a quantificare l’abbondanza dei frammenti tumorali in circolazione. NEMO dunque qualifica e classifica il segnale di metilazione e risponde assegnando due punteggi. Da un lato fornisce la percentuale di materiale tumorale che può essere utilizzata per monitorare la risposta del paziente alle cure. Dall’altro segnala l’eventuale presenza di malattia di tipo CRPC-NE, come indicazione diagnostica.


Risultati

Secondo i risultati dello studio, il test NEMO sembra dare risultati accurati e affidabili sia in numerosi sistemi sperimentali di laboratorio, tra cui cellule di tumore alla prostata in coltura, organoidi e tessuti di origine animale, sia su campioni ottenuti da 222 pazienti. Per esempio, il test NEMO è stato applicato, sperimentalmente e retrospettivamente, a campioni di sangue di pazienti a cui era già stata diagnosticata una forma avanzata di tumore alla prostata. Nell’85% dei casi il test è riuscito a identificare in modo corretto i pazienti con CRPC-NE, mentre nel 95 per cento dei casi ha individuato coloro in cui la neoplasia non si era ancora trasformata in questa forma più aggressiva. I dati dello studio hanno inoltre evidenziato una correlazione tra i livelli di cfDNA tumorale e la prognosi dei pazienti.

Dunque, ci sono tutte le premesse affinchè NEMO possa contribuire alla diagnosi di CRPC-NE in modo accurato e pratico. In futuro potrebbe affiancare o persino sostituire la biopsia tissutale ed essere utile anche per monitorare la risposta dei pazienti con CRPC-NE alle terapie. Tuttavia, prima che questo avvenga bisognerà raccogliere ulteriori dati su pazienti.

Note

  1. ^ Fondazione AIRC per la Ricerca sul Cancro ETS, Tumore alla prostata aggressivo: dove non arriva la biopsia, potrebbe arrivare il test NEMO, su airc.it, 16 aprile 2024.
  2. ^ (EN) Gian Marco Franceschini, Orsetta Quaini, Kei Mizuno, Francesco Orlando, Yari Ciani, Sheng-Yu Ku, Michael Sigouros, Emily Rothmann, Alicia Alonso, Matteo Benelli, Caterina Nardella, Joonghoon Auh, Dory Freeman, Brian Hanratty, Mohamed Adil, Olivier Elemento, Scott T. Tagawa, Felix Y. Feng, Orazio Caffo, Consuelo Buttigliero, Umberto Basso, Peter S. Nelson, Eva Corey, Michael C. Haffner, Gerhardt Attard, Ana Aparicio, Francesca Demichelis, Himisha Beltran., Noninvasive Detection of Neuroendocrine Prostate Cancer through Targeted Cell-free DNA Methylation., su aacrjournals.org, 1º marzo 2024.