Utente:EG2002/Sandbox

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Attività medica di Giulio Mancini[modifica | modifica wikitesto]

Gli studi di medicina intrapresi presso l'Università padovana da Mancini afferivano, così come nel resto della penisola, al cosiddetto Collegio delle Arti, il cui curriculum studiorum prevedeva cinque anni di filosofia e "chi desiderava ottenere anche la laurea in medicina doveva aver seguito altri due anni di lezioni e un anno di pratica o da solo o con qualche medico"[1]. Ciò lo avvicinò all'aristotelismo dello Studio, consolidando in lui l'inclinazione all'interpretazione naturale dei fenomeni, accompagnata da un certo scetticismo nei confronti di talune forme di devozione tipicamente popolari[2]. In tal senso è significativo sottolineare la riesumazione, avvenuta nel maggio del 1625, del cadavere del padre generale dei Chierici regolari Ministri degli Infermi, Camillo de Lellis, morto undici anni prima: innanzi allo stupore dei presenti per il perfetto stato di conservazione del corpo, Mancini, "tratto fuori un coltello diede in quel cadavero un colpo, in uno de' fianchi e n'uscì il sangue con maraviglia di chi era presente e ne furono intinte molte mappe di lino. Onde Giulio huomo peraltro assai di proprio parere, crollando il capo, se n'andò senza dir altro"[3].

All'atteggiamento schietto e spesso collerico[4] egli accosta grande precisione metodologica, rapidità e precisione diagnostica[5], documentando consulti e terapie all'interno dei consilii, raccolte di appunti su cause e andamento delle malattie, accompagnati da bozze delle lettere spedite a pazienti e colleghi contenenti consigli terapeutici[6].

Nei suoi anni a Bologna intrattenne rapporti con Gaspare Tagliacozzi, attivo nel campo della rinoplastica, e frequentò il museo di Ulisse Aldrovandi, al quale manifestò, ricevendo una risposta poco entusiasta, il suo interesse per la cosmesi, in particolare per la pianta alcanna[7].

Dopo un periodo a Siena, in seguito al tentativo fallito di ottenere la cattedra di Medicina di secondo luogo, lasciò la cattedra di Anatomia e Chirurgia di cui era titolare e nel 1591 si trasferì a Viterbo.

Nel 1592 fu nominato medico presso l'Arcispedale di Santo Spirito in Saxia; tra il 1598 e il 1601 ricoprì l'incarico di examinator in chirurgia e offrì consulti presso i tribunali romani[6].

Il 9 agosto 1623 Papa Urbano VIII lo nominò suo medico personale: la stima del pontefice gli valse il conferimento di benefici ecclesiastici quali il canonicato di San Pietro e la carica di protonotario apostolico e gli permise di entrare in contatto con medici e filosofi come il linceo Giovanni Faber e il medico scozzese Henry Blackwood. Con Faber assistette inoltre nel 1624 all'autopsia di Marco Antonio de Dominis, arcivescovo di Spalato[8].

Nel 1629 partecipò alle riunioni della Congregazione della sanità presiedute dal cardinale Francesco Barberini in relazione alle misure da adottare contro l'avanzamento della peste[9].

  1. ^ Elisabetta Dalla Francesca, Emilia Veronese (a cura di), Acta Graduum Academicorum gymnasii patavini. Ab anno 1551 ad annum 1565, Roma/Padova, 1971, ISBN 9788884555168.
  2. ^ Donatella Livia Sparti, Novità su Giulio Mancini: medicina, arte e presunta connoisseurship, Firenze, Mitteilungen des Kunsthistorischen Institutes, 2008, p. 55.
  3. ^ Domenico Regi, VI, in Memorie historiche del Venerabile P. Canonico Camillo De Lellis, IX, Napoli, 1676, p. 240.
  4. ^ BAVR, Barb. Lat. 4316, c. 33v.
  5. ^ Degli Archiatri Pontificj, II, Roma, Stamperia Pagliarini, 1784, p. 94.
  6. ^ a b Silvia De Renzi, A Career in Manuscripts: Genres and Purposes of a Physician’s Writing in Rome, 1600–1630, in Italian Studies, vol. 66, n. 2, Luglio 2011, pp. 234 - 248.
  7. ^ Siena, Archivio della Società di Esecutori di Pie Disposizioni, Fondo (Mancini, C.XIX, 166, cc. 240r, 243rv)
  8. ^ Lettera di Faber a Galileo, in Edizione nazionale delle opere di Galileo Galilei, XIII, Firenze, G. Barbèra, 1968, p. 207.
  9. ^ Luciana Duranti, Le carte dell'archivio della Congregazione di Sanità nell'Archivio di Stato di Roma, in Ufficio Centrale per i Beni Archivistici e della Scuola Speciale per Archivisti e Bibliotecari dell'Università di Roma (a cura di), Studi in onore di Leopoldo Sandri, Firenze, Le Monnier, 1983.