Vai al contenuto

Unità aristoteliche

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Le cosiddette unità aristoteliche (di tempo, di luogo e d'azione) rappresentano un canone di narrazione che intreccia interessi storici, letterari e filosofici.

Origine del termine

[modifica | modifica wikitesto]

Aristotele nella Poetica aveva affermato che «la favola deve essere compiuta e perfetta», dovendo in altre parole avere unità, ossia un inizio, uno svolgimento e una fine (unità di azione).

Il filosofo aveva anche asserito che l'azione dell'epopea e quella della tragedia differiscono nella lunghezza «perché la tragedia fa tutto il possibile per svolgersi in un giro di sole 24 ore o poco più, mentre l'epopea è illimitata nel tempo» (unità di tempo).

Canone drammaturgico

[modifica | modifica wikitesto]

In realtà la formalizzazione delle tre unità è successiva, e risale all'umanesimo cinquecentesco, quando, in seguito alla traduzione in lingua latina nel 1536 della Poetica, i canoni aristotelici vennero interpretati e completati con norme e indicazioni. L' "invenzione" delle tre unità è contemporanea alla teorie del verosimile di Ludovico Castelvetro (1505-1571) o a quelle di Giraldi Cinzio sulla necessità di limitare la narrazione ad eventi accaduti ad un unico personaggio. Nel 1500, quindi, ciò che in Aristotele era l'osservazione e descrizione di uno stato di fatto del teatro a lui contemporaneo venne interpretato come una norma o canone; per questo motivo esse sono anche definite "pseudoaristoteliche".

  • unità di luogo - l'azione deve svolgersi cioè in un luogo unico, nel quale i personaggi agiscono o raccontano le vicende accadute. Nella tragedia greca spesso le azioni non vengono compiute e viste "in presa diretta" ma soltanto riferite o raccontate sulla scena.
  • unità di tempo - la più comune interpretazione di questa norma è che l'azione debba svolgersi in un'unica giornata dall'alba al tramonto.
  • unità di azione - il dramma deve comprendere un'unica azione, con l'esclusione quindi di trame secondarie o successivi sviluppi della stessa vicenda.

Questi canoni vennero adottati per discriminare il teatro "alto" - la tragedia - dal teatro "basso" o popolare - la commedia -, ma furono utilizzati più per classificare le opere del passato latino e greco che come canone per la scrittura di nuove opere.

Ben Jonson è uno dei più famosi autori moderni che si attiene alle tre unità. La locandiera di Carlo Goldoni è un'altra opera che si attiene alle tre unità aristoteliche. Anche Torquato Tasso, nella composizione della Gerusalemme liberata, si rifà alle tre unità aristoteliche.

Il Vangelo secondo Luca segue il criterio letterario dall'unità di luogo (tutto si svolge a Gerusalemme) e di tempo (tutto avviene nell'ambito di una giornata) riunendo la resurrezione e l'ascensione in un solo giorno, indica che i due eventi sono inseparabilmente congiuntivi: Gesù risorge dalla tomba entrando direttamente nella gloria di Dio.

Negli Atti degli Apostoli invece l'Ascensione di Gesù al cielo un'anima e corpo avviene quaranta giorni dopo la risurrezione.

Sal 89,12 e Qo 3,1-9 invita a cogliere e contare lo scorrere del tempo, Lc 4,21 invita a interpretarlo come evento che complessivamente si compie in un unico giorno di salvezza.[1]

  • Silvio D'Amico, Storia del Teatro drammatico, IV voll., Garzanti, Milano, 1958.

Collegamenti esterni

[modifica | modifica wikitesto]