Tripedalia binata

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Tripedalia binata
Immagine di Tripedalia binata mancante
Classificazione scientifica
Dominio Eukaryota
Regno Animalia
Sottoregno Eumetazoa
Ramo Radiata
Phylum Cnidaria
Classe Cubozoa
Ordine Carybdeida
Famiglia Tripedaliidae
Genere Tripedalia
Specie T. binata
Nomenclatura binomiale
Tripedalia binata
Moore, 1988

Tripedalia binata è una specie di piccole cubomeduse tropicali della famiglia Tripedaliidae. Come le altre specie della famiglia, questa medusa non produce la sindrome di Irukandji con il suo veleno, una caratteristica propria comunque all'ordine delle Carybdeida[1].

Le T. binata si contraddistingue per i tentacoli che sono uniti a due a due.

Caratteristiche[modifica | modifica wikitesto]

T. binata misura normalmente meno di 10 mm di lunghezza dell'ombrello, anche se certi esemplari raggiungono i 14 mm[2], con un diametro di poco inferiore[3]. Ai quattro lati dell'ombrello cubico, ogni pedalium si suddivide in due tentacoli: una caratteristica unica fra le Carybdeida, condivisa solo con le altre Tripedalia[2][4][5].

Il velarium possiede 7-8 canali per quadrante. Ogni ropalio è aderente alla parte superiore della nicchia poco profonda che lo ospita. Nella parte inferiore del roaplio, vi è una statociste, un organo che serve alla medusa per bilanciarsi, con all'interno una piccola pietra di gesso, lo statolito, a forma di cuore[6].

La campana è coperta da nematocisti, disposte disordinatamente. I tentacoli alternano fasce spesse e meno spesse lungo tutta la loro lunghezza e presentano due tipi diversi di nematocisti, mentre sull'esombrella ve ne è solo uno[7].

Distribuzione e habitat[modifica | modifica wikitesto]

La T. binata è diffusa nell'oceano Pacifico centro-meridionale, lungo le coste vicino a Darwin, Weipa e Cairns[8]; alcuni esemplari sono stati pescati inoltre nel fiume Jambu, in India orientale[4]. Tipicamente vive nelle lagune di mangrovie[5] e nelle acque salmastre poco profonde. Esemplari di T. binata sono stati visti nuotare assieme a folti gruppi di Chironex fleckeri in acque marine poco profonde e sabbiose, nei pressi di una foresta di mangrovie[7].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ (EN) Bastian Bentlage, Paulyn Cartwright, Angel A. Yanagihara, Cheryl Lewis, Gemma S. Richards & Allen G. Collins, Evolution of box jellyfish (Cnidaria: Cubozoa), a group of highly toxic invertebrates, in Proceedings of the Royal Society B: Biological Sciences, vol. 277, n. 1680, 2010, pp. 493–501, DOI:10.1098/rspb.2009.1707, PMC 2842657, PMID 19923131.
  2. ^ a b (EN) TASRU, Tripedalia binata (Moore 1988) [collegamento interrotto], su jcu.edu.au, James Cook University. URL consultato il 15 settembre 2015.
  3. ^ In media le T. binata possono misurare 9 mm per 7 mm.
  4. ^ a b Moore.
  5. ^ a b (EN) Carybdeid jellyfish, su Stinging jellyfishes in tropical Australia, CRC Reef Research Centre. URL consultato il 9 ottobre 2014 (archiviato dall'url originale il 26 marzo 2012).
  6. ^ (EN) Lisa-ann Gerswin, Taxonomy and phylogeny of Australian cubozoa, tesi di dottorato, James Cook University, 2005, p. 115.
  7. ^ a b Underwood et al., p. 609.
  8. ^ Underwood et al., p. 607.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • (EN) S.J. Moore, A new species of cubomedusan (Cubozoa: Cnidaria) from northern Australia, in The Beagle, Records of the Northern Territory Museum of Arts and Sciences, vol. 5, n. 1, 1988.
  • (EN) A. Underwood, S. Taylor e J. Seymour, Range extension of the Cubozoan, Tripedalia binata Moore (Cnideria: Carybdeida: Carybdeidae) from far north Queensland, Australia, in Memoirs of the Queensland Museum - Nature, vol. 56, n. 2, South Brisbane, Queensland Museum, 2013.

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