Società ad azionariato diffuso: differenze tra le versioni

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Una '''società ad azionariato diffuso''' è una [[azienda]] - solitamente di grandi dimensioni - che suddivide il proprio [[capitale sociale (economia)|capitale sociale]] tra moltissimi azionisti. La frammentazione del capitale di rischio viene mantenuta impedendo ai soci di possedere un numero di [[azione (finanza)|azioni]] superiore ad una percentuale minima del totale (tipicamente dal 3 al 5%). Questo comporta che non sia presente un gruppo di controllo tra i possessori di azioni. Sarà, invece, il gruppo dirigente a prendere le decisioni. Quella delle società ad azionariato diffuso è una tipologia di impresa poco sviluppata in [[Europa]] (ad es. in [[Italia]] nel 2006 le società a proprietà diffusa sono il 17,7% sul totale), mentre negli [[Stati Uniti]] sono diffuse e spesso quotate in [[borsa valori|borsa]].


== Governo societario e amministrazione dell'azienda ==
== Governo societario e amministrazione dell'azienda ==

Versione delle 00:44, 22 feb 2017

Una società ad azionariato diffuso è una azienda - solitamente di grandi dimensioni - che suddivide il proprio capitale sociale tra moltissimi azionisti. La frammentazione del capitale di rischio viene mantenuta impedendo ai soci di possedere un numero di azioni superiore ad una percentuale minima del totale (tipicamente dal 3 al 5%). Questo comporta che non sia presente un gruppo di controllo tra i possessori di azioni. Sarà, invece, il gruppo dirigente a prendere le decisioni. Quella delle società ad azionariato diffuso è una tipologia di impresa poco sviluppata in Europa (ad es. in Italia nel 2006 le società a proprietà diffusa sono il 17,7% sul totale), mentre negli Stati Uniti sono diffuse e spesso quotate in borsa.

Governo societario e amministrazione dell'azienda

Sebbene l'adozione di un gruppo dirigente libero da vincoli porti innegabili vantaggi sul versante della reattività, sorge, dalle teorie dei costi di transazione (Ronald Coase in particolare) e dalla teoria dell'agenzia, un fondamentale dilemma legato all'efficienza di una società ad azionariato diffuso. In parole povere, ci si chiede come può la gestione di un non proprietario (un soggetto quindi più di altri propenso ad effettuare shirking, cioè atti di opportunismo) quale è il dirigente, essere efficace ed efficiente? Sono noti, nel mondo aziendale, gli scontri tra le due compagini:

  • da una parte la proprietà, interessata alla riscossione dei dividendi, ed in misura minore alla perpetuità dell'impresa e responsabile delle strategie di fondo,
  • dall'altra la direzione, composta da professionisti del governo d'impresa, sicuramente intenzionato a rendere la società di cui è dipendente più importante, ma con scopi - più o meno manifesti - inevitabilmente personali (essere assunto da compagnie più grandi, stipendi maggiori, gratificazioni).

Un potenziale conflitto può manifestarsi, dunque, in sede di distribuzione del reddito d'esercizio: gli azionisti sono interessati a percepire per intero le quote di utili; l'alta direzione opterebbe per reinvestire tali capitali in autofinanziamento, al fine di potenziare la crescita d'impresa. Rimane sempre inoltre il rischio che il gruppo dirigente, il cui mandato è a termine, si presti a trame e giochi di altre compagnie, che in futuro li gratificheranno adeguatamente.

Il tipo di gestione degli organi societari adottato dalle società ad azionariato diffuso tende dunque verso un'illimitata fiducia nei confronti del gruppo dirigente, sul quale incombe una minaccia sufficientemente forte: esso risponde dei risultati conseguiti, e non ha garanzie di rimanere in carica se fa perdere soldi al pubblico azionista. D'altra parte le direzioni che contemplano una gestione attiva (cioè in cui i soci prendono le decisioni), tipiche delle imprese tedesche e giapponesi (le cosiddette imprese consociative), hanno svantaggi speculari: un'eccessiva burocratizzazione aumenta il rischio di conflitti d'interesse, la leadership deve mantenersi sempre ben salda pur nelle inevitabili difficoltà. Infine, per completezza, le imprese padronali, tipicamente italiane, possiedono una compagine azionaria unitaria e stabile, che vincola finanziariamente e gestionalmente l'attività economica, il che assicura rapidità decisionale ma trascura la qualità e la rapidità della direzione.

Storia e dinamiche di sviluppo

Le società ad azionariato diffuso - in quanto Società per Azioni - sono state, a partire dal XVIII secolo, strumenti ideali per la raccolta di grandi capitali: in primo luogo per la possibilità di partecipazione da parte di un vastissimo bacino di piccoli azionisti e poi per la disponibilità di strumenti di pagamento diversi dal denaro a chi offre servizi alla compagnia (dai dipendenti ai fornitori) detti security, ovvero partecipazioni azionarie, derivati, obbligazioni, eccetera. I piccoli azionisti vengono chiamati anche speculatori in quanto essi non sono interessati al controllo della società, bensì alla distribuzione di dividendi e alla compravendita dei relativi diritti (sulla quale, appunto, speculano al variare della valutazione del titolo), fungendo in un certo senso come fossero prestatori di danaro, più che veri proprietari. Negli Stati Uniti, l'interesse che essi hanno ad una valutazione precisa e veritiera del loro investimento viene garantito dal fatto che, in particolare nelle società ad azionariato diffuso, il prezzo dei titoli viene controllato dalla SEC (Securities and Exchange Commission), l'equivalente della CONSOB italiana, anno per anno con vari rapporti (10-K, 13D, 144...) che rendono noti a tutti i rendimenti della società ad azionariato diffuso. In realtà alcuni detrattori ritengono che questa misura di trasparenza rechi dei vantaggi alle imprese che non hanno l'obbligo di rendere pubblici tali dati (come le aziende private), dato che si rendono ad esse chiare le linee strategiche dei concorrenti ad azionariato diffuso.

Nascita di una Società ad Azionariato Diffuso

Il processo di conversione di una compagnia, da privata a società ad azionariato diffuso (più raro, ma non impossibile, il caso contrario, in particolar modo tramite leveraged buyout), è determinato da una serie di eventi che abbassano sensibilmente la rosa di possibili candidate a questo "salto". Innanzitutto è necessario che l'impresa abbia conseguito negli anni un rafforzamento significativo della liquidità e dei profitti, a cui segue un'offerta pubblica iniziale, che disperde le quote di capitale. In realtà questo è un passo tutt'altro che obbligato: grandi compagnie come Goldman Sachs, UPS o IKEA sono rimaste private ed hanno conseguito parimenti grandi margini di utile.

Voci correlate

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