Śloka: differenze tra le versioni
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[[File:Emistichio di schloka.jpg|Basato su Macdonell, Arthur A., A Sanskrit Grammar for Students, Appendix II, p. 232 (Oxford University Press, 3rd edition, 1927).]] |
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I semiversi Pathyā e Vipulā sono collocati nello schema in ordine di frequenza. In 2579 semiversi presi da [[Kālidāsa]], [[Magha]], [[Bhāravi]] e [[Bilhana]], ognuna delle quattro forme ammissibili di schloka ha una frequenza rispettivamente di 2289, 116, 89, 85 occorrenze<ref name=MacDonell/>. |
I semiversi Pathyā e Vipulā sono collocati nello schema in ordine di frequenza. In 2579 semiversi presi da [[Kālidāsa]], [[Magha]], [[Bhāravi]] e [[Bilhana]], ognuna delle quattro forme ammissibili di schloka ha una frequenza rispettivamente di 2289, 116, 89, 85 occorrenze<ref name=MacDonell/>. |
Versione delle 10:23, 16 feb 2014
Lo schloka (in sanscrito श्लोक, pronunciato ˈɕloːkə e anglicizzato in shloka o sloka con il significato di "canzone", dalla radice śru, orecchio[1]) è una categoria di versi della metrica vedica anuṣṭubh. Rappresenta la base della poesia epica indiana e può essere considarata la forma del verso indiano per eccellenza, dal momento che si tratta di quella che appare più frequentemente nella poesia classica in sanscrito[1]. Il Mahabharata e il Ramayana, per esempio, sono scritti quasi esclusivamente in schloka. La visione tradizionale è che questa forma di versi venne in mente a Valmiki, l'autore del Ramayana, vedendo un cacciatore abbattere uno di due uccelli in amore.
Caratteristiche
Lo schloka è considerato un distico. Ogni emistichio di sedici sillabe può essere in forma normale (pathyā) o estesa (vipulā), come si può vedere nello schema riportato.
I semiversi Pathyā e Vipulā sono collocati nello schema in ordine di frequenza. In 2579 semiversi presi da Kālidāsa, Magha, Bhāravi e Bilhana, ognuna delle quattro forme ammissibili di schloka ha una frequenza rispettivamente di 2289, 116, 89, 85 occorrenze[1].
I vincoli metrici relativi a un emistichio in base a due pāda che lo costituiscono sono i seguenti[2]:
- In generale:
- La 1ª e l'8ª sillaba di ciascun pāda sono entrambe ancipite.
- La 2ª e la 3ª sillaba di ciascun pāda non possono essere entrambe leggere (laghu, "⏑"), quindi almeno una delle due, in ciascun pāda, deve essere pesante (guru, "–").
- La 2ª, la 3ª e la 4ª sillaba del secondo pāda non possono formare un ra-gaṇa (pesante-leggera-pesante o "– ⏑ –")
- La 5ª, la 6ª e la 7ª sillaba del secondo pāda devono formare un ja-gaṇa (leggera-pesante-leggera o "⏑ – ⏑"), rafforzando la cadenza giambica.
- Nella forma normale (pathyā)
- La 5ª, la 6ª e la 7ª sillaba del primo pāda devono formare un ya-gaṇa (leggera-pesante-pesante o "⏑ – –")
- Nella forma estesa (vipulā) la 4ª sillaba del primo pāda è pesante. Inoltre è permessa una delle seguenti forme variate:
- na-vipulā: la 5ª, la 6ª e la 7ª sillaba formano un na-gaṇa (leggera-leggera-leggera o "⏑ ⏑ ⏑")
- bha-vipulā: le sillabe dalla 2ª alla 7ª formano un ra-bha gaṇas (pesante-leggera-pesante-pesante-leggera-leggera o "– ⏑ – – ⏑ ⏑") o un ma-bha gaṇas con una cesura intermedia (pesante-pesante-pesante-(cesura)-pesante-leggera-leggera o "– – – , – ⏑ ⏑")
- ma-vipulā: le sillabe dalla 2ª alla 7ª formano un ra-ma gaṇas con una cesura dopo la 5ª (pesante-leggera-pesante-pesante-(cesura)-pesante-pesante o "– ⏑ – – , – –")
- ra-vipulā: la 5ª, la 6ª e la 7ª sillaba formano un ra-gaṇa che segue una cesura ((cesura)-pesante-leggera-pesante ", – ⏑ –")
Da segnalare è la volontà di evitare una cadenza giambica nel primopāda. A titolo di confronto le sillabe dalla 5ª alla 7ª di ciascun pāda nell'anuṣṭubh in sanscrito vedico antico formano tipicamente uno ja-gaṇa (leggero-pesante-leggero o "⏑ – ⏑") o un giambo.
Un esempio di stanza che non rispetta i requisiti classici di uno schloka è la seguente, presa dallo Śatapatha Brāhmaṇa:
- āsandīvati dhānyādaṃ rukmiṇaṃ haritasrajam
- abadhnādaśvaṃ sārańgaṃ devebhyo janamejaya[3]
Tradotto letteralmente con:
- "Ad Āsandîvat, Janamejaya lega per gli dei un [cavallo] a macchie nere, mangiatore di grano
- cavallo, decorato con un ornamento d'oro e con ghirlande gialle."[4]
Note
- ^ a b c MacDonell, pp. 232-3, 1927.
- ^ Roland Steiner, Die Lehre der Anuṣṭubh bei den indischen Metrikern, appendice IV, Swisttal-Odendorf, Hahn, Michael & Jens-Uwe Hartmann, 1996, ISBN 81-208-0505-4.
- ^ Shatapatha Brâhmana M.13.5.4.2, su vedavid.org. URL consultato il 20 marzo 2013.
- ^ Fourth Brâhmana. Different arrangements of the chants of the asvamedha, su sacred-texts.com. URL consultato il 20 marzo 2013.
Bibliografia
- James Stutley, Margareth Stutley, A Dictionary of Hinduism, Munshiram Manoharlal Publishers, 2002, ISBN 81-215-1074-0.
- Arthur A. MacDonell, A Sanskrit Grammar for Students, appendice II, 3ª, Oxford University Press, 1927, ISBN 81-208-0505-4.