Cure palliative: differenze tra le versioni

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Le '''cure palliative''', secondo la definizione dell'[[Organizzazione mondiale della sanità]], si occupano in maniera attiva e totale dei pazienti colpiti da una [[malattia]] che non risponde più a trattamenti specifici e la cui diretta evoluzione è la [[morte]].<br/>
Le '''cure palliative''', secondo la definizione dell'[[Organizzazione mondiale della sanità]], si occupano in maniera attiva e totale dei pazienti colpiti da una [[malattia]] che non risponde più a trattamenti specifici e la cui diretta evoluzione è la [[morte]].
Numerosi Paesi in tutto il mondo hanno legalizzato l'[[eutanasia]] come libera scelta cosciente del malato terminale, alternativa al prolungamento dei tempi di vita assistito dalle cure palliative.


== Premessa ==
== Premessa ==

Versione delle 21:30, 27 mar 2016

Le informazioni riportate non sono consigli medici e potrebbero non essere accurate. I contenuti hanno solo fine illustrativo e non sostituiscono il parere medico: leggi le avvertenze.

Le cure palliative, secondo la definizione dell'Organizzazione mondiale della sanità, si occupano in maniera attiva e totale dei pazienti colpiti da una malattia che non risponde più a trattamenti specifici e la cui diretta evoluzione è la morte.

Premessa

Nella lingua italiana, il termine palliativo è spesso usato come sinonimo di qualcosa di inutile, di fittizio, o anche di "effetto placebo".[1] Al contrario bisogna rendersi conto che "palliativo" vuol dire che non agisce sulla causa della malattia (terapia eziologica). Per esempio quando il dolore è dovuto ad un cancro, la cura eziologica è la rimozione del cancro, ma quando questo non è possibile si può comunque eliminare il dolore senza eliminarne la causa, si realizza quindi una terapia palliativa.

Il termine deriva da "palliare", ovvero coprire, nascondere con un pallio, che nell'Antica Grecia e nell'Antica Roma era il telo di lana che si poggiava su una spalla e si drappeggiava intorno al corpo, sopra la tunica.

Il controllo del dolore, di altri sintomi e degli aspetti psicologici, sociali e spirituali è di fondamentale importanza. Lo scopo delle cure palliative è il raggiungimento della miglior qualità di vita possibile per i pazienti e le loro famiglie. Alcuni interventi palliativi sono applicabili anche più precocemente nel decorso della malattia, in aggiunta al trattamento oncologico.[2]

Origine del nome e diffusione

La parola cure <<palliative>> è derivata dal termine latino pallium ("il mantello che ti copre dietro"; protegge), sinonimo di assistenza (ad-sistere = "stare (seduto) accanto"), "accoglienza" e più <<precisamente>> "adesione" solidale e supporto (lett. portare sotto) -ai malati-,... e al loro nucleo famigliare ed affettivo, nonché sollievo, al dolore.

Le cure sono fornite grazie al contributo decisìvo di medici, infermieri, psicologi, fisiatri; e associazioni di volontari specializzate che forniscono assistenza umana e altamente professionale h24, festivi inclusi, insieme a materiale sanitario quali "aste" per flebo e materassini con lettino antidecubìto.

Storia

La tradizione di fornire cure a tutti i bisognosi di conforto, anche ai moribondi, possono essere considerate alla base dell'istituzione degli ospedali, carattere che acquisirono in particolare con il passaggio della gestione agli ordini ecclesiastici, durante il medioevo. La nascita della moderna medicina palliativa, intesa come consapevole e mirata opera del portare sollievo ai malati senza speranza di guarigione, è però attribuita a Cicely Saunders, ex assistente sociale e infermiera inglese, poi divenuta medico con lo specifico scopo di portare la medicina su un campo allora poco praticato. Dopo aver trascorso molti anni accudendo malati di tumore in fase terminale, Saunders decise di fondare un'istituzione apposita per permettere un trattamento dignitoso a tutti coloro su cui gravava una prognosi infausta. Vide così la luce nel 1967 il St Christopher, ospedale intitolato al patrono dei viaggiatori, in cui l'attenzione principale, non potendo più focalizzarsi sulla guarigione, si rivolgeva alla qualità dell'ultima parte della vita dei pazienti, attraverso cure studiate appositamente per limitarne la sofferenza e i disturbi più invalidanti. Il modello trovò accoglienza rapida, diffondendosi in tutto il mondo, grazie a istituzioni pubbliche e private, contribuendo a sviluppare una disciplina medica specifica[3].

Il dolore totale

«Crediamo che a questo punto ci siano pochi punti cardine nella terapia del dolore intrattabile. Primo, dobbiamo cercare di fare una valutazione il più accurata possibile dei sintomi che tormentano il paziente. Questo non ha il significato di fare una diagnosi e dare un trattamento specifico, perché questo è già stato fatto, ma ha lo scopo di trattare il dolore e tutti gli altri fenomeni, che possono accrescere il generale stato di sofferenza, come fossero una vera e propria malattia»

Così la dottoressa Saunders definiva il dolore totale, come un approccio di cura che riguardasse non solo il male fisico del paziente, ma tutti gli aspetti che contribuivano ad acutizzarlo. La Saunders se ne era resa conto curando i feriti della seconda guerra mondiale. Partendo da qui, aveva sviluppato, attraverso rigoroso studio e osservazione clinica, che se somministrati a intervalli regolari i farmaci antidolorifici potevano dare un estremo beneficio ai pazienti. Ma alla singola terapia medica andava poi aggiunto un concreto sostegno psicologico, sociale e spirituale: questi, assieme alla terapia medica costituiscono i quattro pilastri fondamentali delle cure palliative. Il dolore totale è un concetto cardine delle cure palliative, che occorre conoscere per comprenderne la ricchezza. È un approccio in un certo senso rivoluzionario, in quanto consente di guardare alla persona nella sua totalità.

Obiettivi delle cure palliative

Obiettivo principale delle cure palliative è dare senso e dignità alla vita del malato fino alla fine, alleviando prima di tutto il suo dolore, e aiutandolo con i supporti non di ambito strettamente medico che sono altrettanto necessari, come si evince dalla precedente definizione. La dottoressa Cicely Saunders (medico inglese che per prima concepì gli Hospice come luogo e metodo di trattamento dei malati e delle malattie terminali), amava ripetere ai suoi pazienti «Tu sei importante perché sei tu e sei importante fino alla fine». Questo tipo di medicina, dunque, non è solo una semplice cura medica, ma può favorire un percorso di riconciliazione e pacificazione rispetto alla vita del malato e delle persone che gli stanno attorno.
Gli obiettivi delle cure palliative sono ben riassunti così:

  • Affermano il valore della vita, considerando la morte come un evento naturale;
  • non prolungano né abbreviano l'esistenza del malato;
  • provvedono al sollievo dal dolore e dagli altri sintomi;
  • considerano anche gli aspetti psicologici e spirituali;
  • offrono un sistema di supporto per aiutare il paziente a vivere il più attivamente possibile sino al decesso;
  • aiutano la famiglia dell'ammalato a convivere con la malattia e poi con il lutto.[4]

Pazienti oggetto di cure palliative

Si stima che ogni anno in Italia, su 250 000 persone che dovrebbero essere seguite con approccio palliativo, ben 160 000 sono malati di cancro, mentre le altre 90 000 farebbero parte della sfera delle malattie croniche degenerative. Questi ultimi sono destinati a crescere con il continuo invecchiamento della popolazione. La scelta di non ridurre le cure palliative, come spesso ancora succede, alle cosiddette cure degli ultimi giorni, generalmente non più di due settimane, richiede una sinergia tra medico di famiglia, medico oncologo e medico esperto in cure palliative (bisogna precisare che in Italia ancora non esiste una specializzazione post laurea definita, ma si arriva a fare cure palliative da percorsi diversi come l'oncologia, l'anestesia o la geriatria)

Attuazione delle cure palliative

Gli hospice

L'hospice è la struttura residenziale in cui il malato inguaribile e la sua famiglia possono trovare sollievo per un periodo circoscritto e poi fare ritorno a casa o per vivere nel conforto gli ultimi giorni di vita. Ha alcune caratteristiche precise: l'accesso libero per i familiari (le camere sono anche dotate di letti per farli dormire, quando necessario, all'interno della struttura), la possibilità di condividere alcuni spazi, come la cosiddetta tisaneria, il calore dell'arredamento, il soddisfacimento di profondi bisogni passivi di relazione sociale. Ne esistono sia all'interno di ospedali sia in luoghi specifici, caratterizzati dall'essere immersi in uno scenario di natura.

Lo stesso argomento in dettaglio: Analgesia controllata dal paziente.

L'hospice <<non è luogo dove si va a morire>>, ma a vivere al meglio una fase naturale della propria esistenza (terminale di una malattia incurabile), e dai cui è sempre possibile tornare alle cure domiciliari, quando questo non è impossible in via temporanea o definitiva.

Gli standard programmatici di riferimento italiani, previsti dalla legge, indicano un valore da 30-50 posti letto per ogni 1 milione di abitanti.

All’esterno in genere la struttura è circondata da un’ampia area verde, progettata per essere "vivibile" da parte di tutti gli ospiti.
La connessa camera di osservazione consiste in uno spazio nel quale viene ospitata la salma in attesa delle esequie, diversa dalle sale mortuarie dell'ospedale (spartane, ma decorose), e di una cerimonia "toccante" (parole e musica di violino), molto raccolta e assolutamente rispettosa.

Il rischio principale non è pe ri malati terminali, quanto per il personale di servizio in un lavoro impegnativo e stressante: se non si riesce a mantenere un adeguata distanza dal paziente, senza "distacco" (emotivo), triplica rispetto ad altri ambienti il "rischio" di burnout con pesanti ripercussioni sulla vita professionale, e privata (dove presente).

Le cure domiciliari

È possibile attivare lo stesso tipo di assistenza che si riceve in hospice anche a livello domiciliare. È risaputo infatti che qualsiasi persona si trovi nella fase finale della vita preferisca di certo trascorrere questa nella propria casa. Occorre che ci siano dei requisiti fondamentali però, prima fra tutti la presenza di un familiare che si assume il compito di care giver (dall'inglese: "colui che dà assistenza"), che viene formato dagli operatori all'assistenza del malato nelle operazioni più semplici. A domicilio è prevista la visita periodica, a seconda delle fasi di malattia può essere più o meno frequente, della cosiddetta équipe domiciliare di cure palliative, di cui fanno parte il medico palliativista, l'infermiere, l'operatore socio-sanitario, lo psicologo e i volontari. Ma di là dalla visita periodica una buona equipe di cure palliative domiciliari deve garantire la disponibilità nelle 24 ore con reperibilità telefonica, per soddisfare ogni esigenza di "rapporto" sociale o di assistenza medica.
Il medico di base è perfettamente in grado di svolgere le stesse funzioni, ma non ha la specializzazione o piuttosto il titolo legale per prescrivere le necessarie dosi di analgesico, in particolare quando queste, per essere efficaci, possono comportare un accorciamento dei tempi di vita del paziente terminale.

In Italia: la rete

La rete di cure palliative, seppur autonoma, si integra con la rete della terapia del dolore. L'articolazione della rete di cure palliative può essere ricondotta a tre nodi fondamentali: l'abitazione del malato, l'ospedale e l'hospice.

In Italia il primo servizio di cure palliative domiciliari è nato nel 1977, grazie a una collaborazione tra Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, Fondazione Floriani e i volontari della Sezione provinciale di Milano della Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori. Il primo hospice è invece nato nel 1987. Si tratta della struttura che è sorta in Lombardia, presso la "Casa di cura Domus Salutis" di Brescia. Secondo il Libro Bianco degli hospice ad aprile 2010 erano 175 le strutture residenziali attive in tutta Italia con un disequilibrio ancora evidente tra nord e sud. Anche l'assistenza domiciliare in cure palliative, di cui è stata definita una prima mappatura ufficiale, promossa tra gli altri dal ministero della Salute, Società Italiana di Cure Palliative, Società Italiana di Medicina Generale e Fondazione Floriani, presenta ancora delle disparità tra regioni.

Nell'aprile 2012 il secondo Libro Bianco a cura dell'"Associazione No Pain Onlus" ha monitorato la situazione italiana a distanza di due anni dall'entrata in vigore della legge 38/2010.[5] Appare evidente come la normativa non sia ancora stata applicata in tutti i suoi punti. I centri italiani presentano risorse esigue, personale impiegato a tempo parziale, modelli organizzativi e prestazioni elementari: aspetti che soddisfano solo minimamente gli standard internazionali per la gestione delle sindromi dolorose.[6]

Legislazione italiana

Le leggi fondamentali per il movimento italiano delle cure palliative sono due. La prima ha avuto come scopo principale il finanziamento degli hospice per favorirne la nascita e lo sviluppo,[7] effettivamente poi avvenuto negli anni 2000. La seconda legge ha invece voluto sancire l'istituzione della rete delle cure palliative, ovvero l'integrazione tra hospice e assistenza domiciliare.[8]

Il volontariato

Ruolo importante all'interno delle cure palliative ha il mondo del volontariato. Le principali sigle sono riunite sotto la Federazione Cure Palliative.

Vera e propria pioniera in questo campo è stata la Fondazione Floriani, impegnata a Milano in questo campo fin dalla metà degli anni settanta. Nel 1987 nasce a Roma l'Antea, associazione che svolge l'attività di assistenza sia in casa sia in hospice, gratuitamente, per i malati in fase terminale e le loro famiglie.

Note

  1. ^ www.treccani.it
  2. ^ National Council for Hospice and Palliative Care Services WHO-OMS 1990 modificata dalla Commissione ministeriale per le cure palliative 1999
  3. ^ Siddhartha Mukherjee, L'imperatore del male. Una biografia del cancro, Neri Pozza Editore, luglio 2011, pp. 352-354, ISBN 978-88-545-0331-1.
  4. ^ Cancer Pain Relief and Palliative Care", World Health Organization Technical Report Series, 804, 1990
  5. ^ legge 38/2010
  6. ^ Cure palliative e terapia del dolore: legislazione, strutture, associazioni e formazione medica | Fainotizia
  7. ^ L 39/99
  8. ^ L 038/2010

Bibliografia

  • Max Watson, Oxford handbook of palliative care, Oxford, Oxford University press, 2005, ISBN 0-19-850897-2.
  • Dino Amadori, Libro italiano di cure palliative, Milano, Poletto, 2007, ISBN 978-88-95033-09-9.
  • Cristini Carlo, Vivere il morire : l'assistenza nelle fasi terminali, Roma, Aracne, 2007, ISBN 978-88-548-0921-5.
  • Joseph C. Segen, Dizionario di medicina moderna, Milano, McGraw-Hill, 2006, ISBN 978-88-386-3917-3.
  • Cicely Saunders, Vegliate con me. Hospice, un'ispirazione per la cura della vita, Bologna, Dehoniane, 2008, ISBN 978-88-10-51059-9.

Voci correlate

Collegamenti esterni

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